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cumpanis

Il progetto strategico della Nato

di Manolo Monereo*

"Cumpanis" ringrazia il compagno Monereo per averci inviato questo articolo, che sarà anche pubblicato dalla prestigiosa rivista spagnola "El Viejo Topo". Traduzione di Liliana Calabrese

IMMAGINE QUINTO PEZZO SEZIONE SCUOLA QUADRI articolo di MonereoL’ottavo Concetto strategico della NATO, approvato a Madrid nel giugno 2022, sostituisce il settimo (Lisbona 2010), chiaramente superato e incapace di raccogliere le sfide di un’Alleanza Atlantica in permanente ricostituzione. Questo documento riprende le raccomandazioni fondamentali del rapporto degli esperti (NATO 2030. Uniti per una nuova era) approvato al Vertice di Bruxelles del 2021 e una serie di iniziative che sono state prese a ritmo accelerato dopo l’intervento russo in Ucraina nel 2014. Come è noto, questo documento è stato approvato quattro mesi dopo l’inizio della guerra in Ucraina. È molto interessante.

La NATO è un’organizzazione che ha più di 70 anni e ha un proprio particolare linguaggio. I suoi documenti richiedono un’interpretazione specifica nella consapevolezza – ed è importante sottolinearlo – che si tratta di testi pubblici seguiti da testi più precisi e concreti, specificati. I concetti strategici sono le disposizioni più importanti dell’Alleanza dopo il Trattato istitutivo. Sono oggetto di numerose discussioni in cui si mescolano descrizioni geopolitiche, approcci politico-strategici più o meno elaborati e piani operativi e organizzativi strettamente militari, espressi in un linguaggio diplomatico, in questo caso, eccessivamente espressivo. Il suo scopo ultimo è quello di definire gli elementi peculiari dei rapporti di forza internazionali, le loro conseguenze politiche, economiche e strategiche e i piani operativi alternativi di cui la NATO si dota. Si tratta di un trattato con vocazione alla continuità, militarmente organizzato, che definisce un attore internazionale che non ha più limiti geografici e che – cosa fondamentale – tende a organizzare in un unico piano (strategico, operativo, organizzativo e tecnologico) tutte le forze armate di ciascuno dei Paesi considerati.

La vocazione centralizzatrice è sicuramente uno degli aspetti più rilevanti del Concetto strategico approvato a Madrid. In pratica, la NATO è una potenza sovranazionale che tende a definire la politica estera di difesa e le alleanze internazionali secondo i criteri e gli interessi dell’amministrazione statunitense. Se si guarda con attenzione, si rileva che la NATO interviene, direttamente o indirettamente, in questioni di grande importanza economica, tecnologica, commerciale e scientifica, che vengono seguite in modo disciplinato dall’Unione Europea e dai suoi organi esecutivi. Le sanzioni non sono solo interventi coercitivi contro la Russia o la Cina, ma promuovono determinate politiche economiche che avvantaggiano palesemente gli Stati Uniti e rendono l’UE più subordinata e dipendente. Non si tratta solo di politica energetica o del gas, ma anche di relazioni economiche impedite con alcuni Paesi, di processi produttivi internazionalizzati e distorti e, in sintesi, della tendenza alla disgregazione del mercato mondiale, che ci colloca inevitabilmente in una zona di influenza esclusiva degli Stati Uniti.

La preoccupazione dei vertici politici e militari della NATO circa l’autonomia strategica dell’UE non esiste più. Il Concetto, si ripete costantemente, è inequivocabilmente impegnato nel legame atlantico, cioè nell’alleanza strategica con gli Stati Uniti. Non si fraintenda: la presunta autonomia, incarnata nella cosiddetta Bussola Strategica, è andata di bene in meglio e, alla fine, rimane solo retorica. La ragione di tutto ciò è che questa proposta è nata non perché l’UE intendesse agire come soggetto autonomo e sovrano in un mondo in rapida evoluzione, ma, al contrario, per il timore che gli Stati Uniti si disimpegnassero dalla difesa europea e si concentrassero sul nuovo centro di gravità dell’Asia/Pacifico. Donald Trump ha spaventato molto le élite europee; Biden, per molti versi, è la soluzione: ancora una volta un presidente americano che difende l’ordine da loro creato e che passa all’offensiva contro chi, in un modo o nell’altro, lo mette in discussione. L’attuale amministrazione statunitense – e questa è la grande differenza con quella precedente – sa che, per vincere questa sfida sistemica, ha bisogno di alleati per costruire un blocco di contenimento il più ampio possibile contro i Paesi del continente che stanno emergendo come grandi potenze.

In questa presentazione non intendo fornire un’analisi dettagliata del documento, ma solo di quegli aspetti che mi sembrano più rilevanti. Nella prefazione si legge che “il nostro mondo è conflittuale e imprevedibile”. Poi si scaglia con forza contro la Russia per il suo intervento in Ucraina, che in seguito verrà definito come una minaccia. Il documento passa poi a elencare le principali sfide: il terrorismo, la crescente competizione strategica e l’ascesa dell’autoritarismo. Si afferma con forza che “il nostro nuovo Concetto strategico ribadisce che l’obiettivo primario della NATO è garantire la nostra difesa collettiva basata su un approccio a 360 gradi”. Definisce i tre compiti principali dell’Alleanza: deterrenza e difesa, prevenzione e gestione delle crisi e sicurezza cooperativa. “Sottolineiamo la necessità di rafforzare in modo significativo la nostra deterrenza e la nostra difesa come spina dorsale del nostro impegno a difenderci reciprocamente ai sensi dell’Articolo 5”.

Si è già detto che la NATO ha un gergo specifico che deve essere compreso. Termini come resilienza, approccio a 360 gradi, concorrente strategico o rivale sistemico hanno un contenuto polisemico che spesso nasconde o neutralizza significati più precisi. La resilienza degli Stati denota adattamento e volontà di trasformazione, una resistenza innovativa ai cambiamenti drastici della situazione economica, tecnologica o politico-militare. L’approccio a 360 gradi è un criterio più intuitivo che concettuale. Si tratta di avere una visione globale delle minacce, delle sfide e degli eventi e, fondamentalmente, una risposta altrettanto mondiale, tenendo presente che ai tradizionali elementi strategici di base (terra, mare e aria) si aggiungono lo spazio e il mondo cibernetico.

C’è un punto che mi preme sottolineare. Alla fine della prefazione si legge: “La nostra visione è chiara: vogliamo vivere in un mondo in cui la sovranità, l’integrità territoriale, i diritti umani e il diritto internazionale siano rispettati e in cui ogni Paese possa scegliere la propria strada, libero da aggressioni, coercizioni o sovversioni. Lavoriamo con tutti coloro che condividono questi obiettivi. Stiamo insieme come alleati, per difendere la nostra libertà e contribuire a un mondo più pacifico”. Leggendo attentamente, è molto sorprendente che questo possa essere detto da un’organizzazione come la NATO, non solo per le sue azioni durante la Guerra Fredda nel promuovere colpi di Stato, cambi di regime politico o semplicemente nel divenire il centro delle fogne degli Stati, ma anche per la sua sistematica violazione del diritto internazionale con il bombardamento di un Paese europeo sovrano come la Serbia o la sua partecipazione in Afghanistan, Libia, Iraq. Stiamo parlando solo della NATO, non degli Stati Uniti, il che renderebbe questa parte troppo lunga. Come disse una volta Margaret Albright, con le Nazioni Unite quando è possibile o, in caso contrario, da soli. Robert Kagan lo va ripetendo da anni: gli Stati Uniti hanno l’obbligo e il dovere di intervenire militarmente per difendere i propri interessi, i propri valori e le proprie norme nel mondo. Lo ha sempre fatto e continuerà a farlo. Se l’ONU è favorevole, tanto meglio; in caso contrario, l’amministrazione statunitense si assumerà i propri obblighi. Punto.

È chiaro che questa dichiarazione ha molto a che fare con la NATO e il suo futuro. L’offerta permanente di ampliamento (“porte aperte”, paragrafi 41 e 44) all’Est (Ucraina, Georgia, Moldavia) dimostra la coerenza delle politiche volte a mettere sotto pressione e ad assediare ulteriormente la Russia. La NATO difenderà questo diritto all’autogoverno, alla sovranità popolare e all’indipendenza nazionale non solo in Europa ma ovunque? Sarà questo il suo criterio? La cosa più curiosa è che il 4 febbraio 2022 Xi Jinping e Vladimir Putin hanno firmato un documento programmatico unico nel suo genere in cui hanno ribadito la volontà di costruire un mondo multipolare su queste basi, opponendosi a un ordine esistente che sancisce l’egemonia statunitense, che trasforma i suoi interessi economici e commerciali in regole e che interviene militarmente senza rispettare i criteri dei diritti internazionali e della Carta delle Nazioni Unite. In ogni caso, latino-americani, africani e asiatici saranno sorpresi dalla dichiarazione della NATO e si aspetteranno che nei rispettivi continenti gli Stati Uniti rispettino l’autogoverno delle popolazioni e il loro diritto di decidere il tipo di regime politico e sociale, compresi Cuba e Venezuela.

Continuiamo con il gergo. Il corollario di un approccio a 360 gradi è quello di trasformare la NATO in un attore politico militare globale senza confini geografici definiti. Il documento etichetta la Russia come un concorrente strategico e la qualifica, come già detto, come una minaccia. È evidente che il nemico della NATO è la Russia e che le sue politiche mirano, direttamente o indirettamente, a isolarla e assediarla con un muro di contenimento sempre più ampio e sempre più vicino a Mosca. La grande novità è la Cina, definita anche come concorrente strategico speciale o sistemico. La NATO introduce una classificazione basata su tre termini: partner, concorrente strategico e rivale o concorrente sistemico. Non è facile da spiegare. Concorrente è colui che è in grado di sfidare, in un modo o nell’altro, l’egemonia statunitense. È un avversario. Qualificare la Cina come un concorrente sistemico – distinto dalla Russia – è legato al tipo di potenza economica, tecnologica e politico-militare che è in grado non solo di sfidare, ma anche di costruire un’alternativa agli Stati Uniti.

L’amministrazione statunitense si sta preparando per un conflitto a lungo termine volto a sconfiggere la Cina.

Non permetterà a una potenza dell’emisfero orientale di sfidare il suo controllo economico e il suo dominio politico. Andrà fino in fondo e si sta organizzando per farlo. La chiave è costruire una correlazione di forze (economiche, tecnologiche, militari) che la limiti, la sottoponga a pressione e la contenga. Taiwan è l’innesco di un conflitto pianificato dalla logica del potere statunitense. Von Lausen distingueva tra aggressore strategico e aggressore operativo. Gli Stati Uniti vogliono costringere la Cina a diventare un aggressore operativo, assumendosi gli enormi costi che ciò comporta. La condizione per essere un aggressore strategico è avere la forza di farlo e di esercitarla. Taiwan è l’obiettivo tattico attorno al quale gli Stati Uniti fissano e definiscono il conflitto. La Cina è obbligata a rispondere. La logica statunitense è impeccabile e implacabile: riarmare un’isola che è una provincia della Cina, rafforzare i settori più indipendentisti e provocare consapevolmente e sistematicamente la leadership cinese. È una trappola provocatoria a cui è difficile sottrarsi. Il sogno di Biden e della sua amministrazione è una nuova Pearl Harbor. L’Ucraina non è solo un precedente, è uno stile strategico che si è affinato nel tempo, saggiando e plasmando un immaginario collettivo cinematografico. L’“iperpotenza” ferita reagisce in modo drammatico e inizia un “gioco dei giochi” con un presupposto difficile da verificare: Russia e Cina non useranno armi nucleari.

Infine, tre questioni.

In primo luogo, i bilanci militari. L’aumento al 2% del PIL è presunto e diventa un minimo suscettibile di essere aumentato in un secondo momento. La corsa agli armamenti, l’uso sistematico di tecnologie distruttive e l’aumento del personale altamente qualificato avranno un impatto duraturo sui bilanci pubblici in un contesto di crisi economica e sociale, in gran parte causata dalla politica di sanzioni contro la Russia.

In secondo luogo, come già osservato, il Concetto pone fine all’illusione dell’autonomia strategica dell’UE. Lo dice esplicitamente e pone dei limiti alle future politiche militari dell’UE. Il paragrafo 43 afferma che “la NATO e l’UE svolgono ruoli complementari, coerenti e che si rafforzano reciprocamente”; “per lo sviluppo del partenariato strategico tra la NATO e l’UE, è essenziale la piena partecipazione degli alleati non comunitari agli sforzi di difesa dell’UE”. È chiaro che questo si riferisce principalmente agli Stati Uniti e alla Gran Bretagna. “La NATO riconosce il valore di una difesa europea più forte e più capace, che contribuisca positivamente alla sicurezza transatlantica e globale e che sia complementare e interoperabile con la NATO”. Il paragrafo è completato in modo che non ci siano dubbi su ciò che si sta dicendo: “le iniziative per aumentare la spesa per la difesa e sviluppare capacità coerenti e che si rafforzano reciprocamente, evitando inutili duplicazioni, sono fondamentali per i nostri sforzi congiunti per rendere l’area euro-atlantica più sicura”.

In terzo luogo, il fianco meridionale. I Paesi del Mediterraneo che fanno parte della NATO hanno cercato di dare maggiore rilevanza alla questione. Non è stato possibile. Pedro Sánchez, nel suo desiderio di allinearsi saldamente con gli Stati Uniti, ha fatto un passo avanti verso il Marocco. Il Paese alawita sta diventando (grazie agli Stati Uniti e all’UE) lo Stato gendarme di un’area geografica vitale e di un continente in conflitto geopolitico. La Spagna sta rischiando molto, accetta il ruolo preponderante del Marocco, mette a repentaglio le relazioni economiche ed energetiche con l’Algeria e invia un segnale di subordinazione agli interessi statunitensi in un momento in cui l’Africa subsahariana sta iniziando a ridefinire il proprio futuro al di fuori delle ex potenze coloniali, e talvolta in opposizione ad esse. Al centro c’è l’emigrazione e i suoi enormi problemi.


* Dirigente storico del movimento comunista spagnolo.

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