Print Friendly, PDF & Email
Print Friendly, PDF & Email

ilsimplicissimus

La pace dei guerrafondai

di Anna Pulizzi

Immagino quanto possa dispiacere ai nostri gauleiter istituzionali che la battaglia di Nikolajewka, se così si può definire il tentativo parzialmente riuscito di sottrarsi ad un accerchiamento durante la rotta generale di un’armata, non sia avvenuta soltanto un giorno dopo, in modo da poter piazzare un cappello con la piuma sulla Giornata della Memoria, ricorrenza irritante per i tifosi della svastica, compresi quelli ai quali per incrollabile amor di pace stiamo inviando armi, munizioni e quattrini. Non che i robusti soldati di tante battaglie, perlopiù perdute, da Adua a Caporetto e dai monti dell’Epiro alle rive del Don, abbiano in animo di oscurare gli orrori dell’Olocausto con le loro marcette, fanfare, virili molestie e bivacchi intorno alle damigiane. Tutt’altro, credo. E’ che viene comodo e opportuno, volendo nascondere un passato impresentabile e difendere un presente meschino, specie in tempi come questi in cui ci si sforza di porre in luce il lato buono dei nazisti difensori dei “valori occidentali” e assidui lettori di Kant, adombrare certe celebrazioni divenute imbarazzanti per i fidi tenutari di un paese colonizzato.

Print Friendly, PDF & Email

federicodezzani

Rublo ai massimi, euro ai minimi: verità sulla prossima crisi finanziaria

di Federico Dezzani

All’avvicinarsi del terzo mese di guerra russo-ucraina, si assiste ad un fenomeno “paradossale”: il rublo, nonostante le sanzioni imposte dall’Occidente, è al massimo degli ultimi due anni nei confronti del dollaro americano, mentre l’euro viaggia verso i minimi degli ultimi venti anni. Il fenomeno rispecchia la realtà geopolitica: la Russia, ricca di materie prime e tendenzialmente autarchica, è in una posizione migliore per resistere alla prossima crisi finanziaria, con cui gli anglosassoni mirano a scardinare l’euro e l’Unione Europea.

 

Quando la verità è l’opposto delle opinioni

Circa tre mesi fa, aveva inizio il conflitto russo-ucraino abilmente innescato dalle potenze anglosassoni, prima con la rivoluzione colorata del 2014 e poi la costruzione di un dispositivo militare sempre più minaccioso a ridosso delle regioni separatiste filo-russe. Immediatamente il conflitto era impiegato dagli anglosassoni per adottare una serie di dure sanzioni economiche e finanziarie contro la Russia: nell’arco di pochi settimane o al massimo mesi, asserivano i media occidentali, la Russia sarebbe stata piegata e costretta alla pace.

Print Friendly, PDF & Email

linterferenza

Guerra: una coazione a ripetere?

di Norberto Fragiacomo

Quando sentiamo un Edward Luttwak magnificare la presunta bellezza della guerra e il fascino che, secondo lui, essa torna oggidì a esercitare sugli esseri umani proviamo un senso di sgomento, senza renderci conto che la nostra “istintiva” ripulsa è figlia dei tempi: in altre epoche ben pochi avrebbero stigmatizzato come odiosa provocazione l’uscita televisiva del polemologo e polemista americano.

“(…) che la guerra è bella, anche se fa male / che torneremo ancora a cantare” recita il testo di Generale, una fra le più poetiche canzoni antimilitariste scritte negli ultimi decenni in Italia, che ci racconta una scomoda verità: è difficile sottrarsi alla malia di una grande parata militare o di una pattuglia di caccia Sukhoi in volo acrobatico. Armi e uniformi seducono da sempre: ciò che oggi rifiutiamo è lo strazio del campo di battaglia, lo spettacolo delle mutilazioni e della morte cruenta. Non è solo una questione di “gusto”: ci piace credere che, col trascorrere dei secoli, l’essere umano sia maturato, passando da suddito asservito a cittadino consapevole e acquisendo un maggior rispetto di se stesso e dei suoi simili. L’uomo e la vita come “valori in sé”, assoluti e irrinunciabili.

Print Friendly, PDF & Email

peacelink

“Pace Proibita”, da spettacolo, diventa una forza di persuasione morale

di Patrick Boylan

Reduce dal grande successo della serata “Pace Proibita” (2/5/2022) – vista in streaming, da oltre 400.000 spettatori – Michele Santoro ha rilanciato ieri la sua sfida al Pensiero Unico che, in Italia, regna incontrastato nei mass media quando si parla del conflitto in Ucraina.

Il Pensiero Unico che domina oggi in Italia, riguardante il conflitto in Ucraina, è non solo autoritario, ma è anche manicheo. Dipinge, come nei fumetti dei Super Eroi, una odiosa Forza Maligna (Putin, assettato di sangue e di impero, che avrebbe deciso di impadronirsi dell’Ucraina e forse anche di tutta l’Europa, come Hitler) contro una valorosa Forza del Bene, ovvero l’innocente popolo ucraino che eroicamente lotta – come i partigiani italiani nel 1943-45 – per la propria libertà e la propria sopravvivenza.

Viene linciato poi, chiunque azzardi una contro-narrativa. Per esempio, queste due:

  1. In realtà, l’aggressione iniziale è stata quella della NATO; l’invasione di Putin è stata soltanto la risposta, per quanto sbagliata e anche tardiva, a quella provocazione.

Print Friendly, PDF & Email

antropocene

Per una decrescita ecosocialista

di Michael Löwy, Bengi Akbulut, Sabrina Fernandes, Giorgos Kallis

Decrescita ed ecosocialismo sono due dei movimenti – e delle proposte – più interessanti nella parte radicale degli ambienti ecologisti.

Certamente non tutt* nella comunità della decrescita si identificano come socialist* e non tutti gli ecosocialisti sono convinti della desiderabilità della decrescita. Ma possiamo osservare una tendenza in aumento di convergenza e di rispetto mutuo. Vogliamo qui cercare di mappare i punti principali su cui andiamo d’accordo ed elencare alcuni degli argomenti principali per una decrescita ecosocialista :

    1. Il capitalismo non può esistere senza crescita. Ha bisogno di un’espansione continua di produzione e consumo, di accumulazione di capitale, della massimizzazione dei profitti. Questo processo di crescita illimitata, basata sullo sfruttamento di fonti di energia fossili a partire dal secolo XVIII, porta alla catastrofe ecologica, cambio climatico, e minaccia l’estinzione della vita sul pianeta terra. Le 26 conferenze ONU sul clima durante gli ultimi 30 anni hanno dimostrato la totale mancanza di volontà da parte delle élite governanti di fermare la corsa verso l’abisso.

Print Friendly, PDF & Email

contropiano2

“Operazione militare” russa: quanto sarà profonda la denazificazione?

di Fabrizio Poggi

Sulle ragioni per cui l’intervento russo in Ucraina, che, all’inizio, sembrava dover essere un’operazione relativamente veloce e senza grossi intoppi, mostri oggi diversi segnali di un conflitto “di lunga durata”, già da tempo è stato scritto e si sono addotte molte spiegazioni.

Le due più chiare e intuitive sono cono costituite, per un verso, dalle ingenti forniture d’armi che la junta nazi-golpista continua a ricevere, il sostegno tecnologico e radio-elettronico assicurato praticamente da tutti i paesi NATO (o vassalli yankee nel mondo), chi in modo, chi in un altro e, per un altro verso, la cautela con cui sinora le forze russe hanno evitato attacchi distruttivi e definitivi contro i reparti militari ucraini, ma soprattutto contro le formazioni neonaziste, per non coinvolgere i civili da quelle tenuti in ostaggio.

Oltre a queste ragioni, in una sintetica disamina della questione, l’ex diplomatico ed ex deputato russo Sergej Markov si concentra sui rapporti di forza tra le parti in conflitto. Nel 2014, ricorda Markov su Komsomol’skaja Pravda, l’87% delle forze ucraine dislocate in Crimea, era passato armi e bagagli dalla parte russa e il restante 13% era rimasto pressoché neutrale.

Print Friendly, PDF & Email

ilparagone

Il muro di gomma della giustizia internazionale globalista

di Gandolfo Dominici*

La piovra globalista è evidentemente protetta da un vero e proprio “muro di gomma” che rende il Draghistan“intoccabile”.

Questi ultimi due anni di Draconiane (e “draghoniane”) restrizioni continuative delle libertà, un tempo “inalienabili” e “inviolabili”, con strumenti coercitivi e per certi versi estorsivi, che al siciliano scrivente ricordano quelli della mafia – “paga il pizzo o ti faccio saltare il negozio” sembra del tutto analogo all’ “iniettati quello che diciamo noi o non ti facciamo lavorare” – hanno portato molti “cittadini” Italiani (ormai sudditi) a rivolgersi fiduciosi alla Procura della Corte Penale Internazionale e ad altre istituzioni sovrannazionali.

Quali sono le funzioni della Procura della Corte Penale Internazionale?

La Procura della Corte penale internazionale può intervenire per reati contro l’umanità, apartheid, tortura, genocidio, esperimenti medici senza consenso ( ai sensi degli articoli 6, 7 ed 8 del proprio statuto) e può imputare anche persone che nel sistema del diritto interno godano di immunità che dunque non rappresenterebbe (in linea ahimè teorica) un ostacolo.

Print Friendly, PDF & Email

lantidiplomatico

In Libia la Nato manda l’Isis per riaprire i pozzi

di Michelangelo Severgnini

«Cosa c'è di nuovo in Libia ...?
Non molto, se non che i beniamini di qualcuno, Al Qaeda e Daesh, sono tornati nella parte occidentale della Libia, in una improvvisa e rapida restaurazione del loro regno, completamente liberi e indisturbati.
Sabratha (100 + km a ovest di Tripoli) è ora la loro roccaforte.
Così come Zawiyah (45 km a ovest di Tripoli) e Sorman tra loro.
A parte i libici, tra loro ci sono combattenti stranieri.
Ma chi se ne frega.
I leader libici di Al Qaeda sono tornati nel paese dopo aver trascorso 5 anni in esilio, tra Qatar e Turchia.
All'epoca erano ricercati dalla procura, ma ora ovviamente non più.
La domanda è: chi ha permesso loro di tornare?
Chi li protegge dalla legge? E chi li finanzia?
Ovviamente, gli americani “non hanno idea della loro presenza in Libia”.
Mentre il nostro Dabaiba è piuttosto contento di avere nuovi amici e sostenitori
».

Print Friendly, PDF & Email

jacobin

Chi racconta la Palestina è sotto tiro

di Hamza Ali Shah

Shireen Abu Akleh aveva scelto il suo lavoro «per stare vicino alla gente». Negli ultimi venti anni sono stati uccisi 50 giornalisti palestinesi dall'esercito israeliano, almeno altri 144 sono rimasti feriti

L’altro giorno, molti di noi si sono svegliati con la notizia che la giornalista di lungo corso di Al Jazeera Shireen Abu Akleh era stato uccisa nella Cisgiordania occupata. La donna, cinquantunenne, stava seguendo un’incursione dell’esercito israeliano nel campo profughi di Jenin quando è stata colpita in faccia da un cecchino israeliano, nonostante indossasse un giubbotto antiproiettili. Testimonianze di prima mano dicono che è caduta dopo essere stata colpita, ma la sparatoria è continuata, impedendo ad altri giornalisti di raggiungerla e soccorrerla.

Il primo ministro israeliano Naftali Bennett, con la consueta mancanza di senso di colpa, ha affermato che le informazioni raccolte da Israele suggeriscono che i palestinesi armati siano responsabili della morte della giornalista. Ma Walid al-Omari, capo dell’ufficio di Gerusalemme di Al Jazeera, ha detto che Abu Akleh è stata deliberatamente uccisa e che non ci sono stati scontri con uomini armati sul luogo della sparatoria.

Print Friendly, PDF & Email

lafionda

Contro l’ideologia della resilienza

di Salvatore Bianco

Solo se ciò che c’è si lascia pensare come trasformabile, ciò che c’è non è tutto
T.W. Adorno, Dialettica negativa

L’ideologia si sa, perlomeno nella sua versione negativa di falsa coscienza, è far passare la parte per il tutto, secondo l’adagio marxiano sempre attuale che «le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti; cioè la classe che è la potenza materiale dominante della società è in pari tempo la sua potenza spirituale dominante» (K. Marx, F. Engels, L’ideologia tedesca, Roma 1983, p. 35).

Ciò comporta sistematicamente un cambiare di significato alle parole, trasferendole all’interno di impianti discorsivi e categoriali convenienti per i dominanti e che hanno poco o nulla a che fare con quelli originali. È il caso del termine resilienza che in realtà dalla sua origine metallurgica era già da qualche tempo transitato all’ambito psicologico. Così dal significare la qualità di taluni metalli di subire urti senza snaturarsi, trasferito all’ambito dell’umano, pur conservandone il timbro metaforico, aveva cominciato a descrivere, a fronte di malattie gravi o lutti, la complessa strategia di mobilitazione delle risorse interiori atte a fronteggiarle, per evitare l’irreparabile.

Print Friendly, PDF & Email

marx xxi

La formazione del blocco politico atlantista in Italia e l’organizzazione del fronte contro la guerra

di Roberto Gabriele

La sfida l’ha lanciata Draghi quando, su richiesta di Conte, si è rifiutato di presentarsi in parlamento a riferire sulla natura della collaborazione militare con Zelensky. Conte dovrebbe ora spiegare come, vantandosi di essere il rappresentante del primo partito in parlamento, possa accettare un trattamento così umiliante. Questo fa capire comunque che aria tira in Italia negli ambienti definiti ‘istituzionali’ e che cosa si sta preparando.

Il fatto che Draghi vada da Biden è il segno di una tendenza che sta consolidandosi in Italia rispetto alla partecipazione del nostro paese alla guerra in Ucraina. Il capo del governo certamente non porterà a Washington i dati dei sondaggi che esprimono la contrarietà degli italiani all’invio di armi, ma andrà a ricevere le disposizioni americane su come questa guerra si debba ‘vincere’.

Questa scelta di campo, che fa piazza pulita di alcune esitazioni sul corso che gli avvenimenti stanno prendendo, comporta anche un allineamento di posizioni nel campo politico e governativo e cioè la riorganizzazione del fronte interno.

Print Friendly, PDF & Email

comidad

L’autonomia differenziata dell'Isis banderista

di comidad

Gli aedi dell’establishment in questa vicenda ucraina vivono una condizione di frustrazione poiché sanno di non avere più dietro di sé la ”solida e compatta maggioranza” di ibseniana memoria, come ai bei tempi del Covid. In realtà è una semplice questione di rapporti di forza: una cosa è chiamare le masse ad una ludica guerra civile per vessare l’inerme minoranza dei no-vax, altra cosa è il confronto con una potenza nucleare come la Russia. Appare normale che stavolta la maggioranza degli Italiani non voglia starci, anche perché troppe imprese dipendono dal gas russo e dal mercato russo.

La reazione di una parte dell’establishment a questa condizione di isolamento dalla gran parte della pubblica opinione si configura nel neo-maccartismo. Rinato negli USA direttamente ad opera del presidente Biden, il maccartismo è stato immediatamente adottato anche in Italia dall’organo di vigilanza sui servizi segreti, il Copasir, che attribuisce la scarsa popolarità del bellicismo alle spie ed alle fake news della Russia.

Print Friendly, PDF & Email

altrenotizie

Ucraina, la guerra che va ovunque

di Fabrizio Casari

Le cronache militari serie riportano gli avvenimenti in chiave decisamente diversa da quanto racconta Kiev su dettato angloamericano, ma quel che è certo è che i combattimenti non si riducono d’intensità. La genuflessione di Draghi a Washington ha avuto la sua prima reazione nel ricatto di Kiev a Bruxelles: l’Europa si fa dettare l’agenda energetica da Zelensky, al quale andrebbe semplicemente detto che se prova ad interrompere il gas all’Europa, sarà l’Europa a staccargli la spina e consegnarlo alla disfatta. Ma, sebbene gli interessi europei continuino ad essere una variabile minore di quelli USA, sembra farsi strada (timidamente) anche in Europa la necessità di arrivare ad una soluzione politica. Già da ora, però, le ripercussioni internazionali delle decisioni illegali occidentali in materia di sanzioni e blocco di esportazioni coinvolgono un territorio ben più ampio di quello russo o continentale.

Per quanto suoni ingiusto e fastidioso anche solo pensarlo, una guerra in Europa – il continente più ricco e centro nevralgico della finanza internazionale, situato tra Cina, Russia, Oceano Atlantico, Africa e Medio Oriente - non determina le stesse reazioni e conseguenze di una guerra nella (economicamente parlando) periferia del mondo.

Print Friendly, PDF & Email

aldous

Che cosa ha fatto?

di Alberto Giovanni Biuso

Una semplice domanda: che cosa ha fatto la Federazione Russa all’Italia? In quali circostanze, modi, azioni ha aggredito il territorio italiano o le sue rappresentanze, ha tradito gli accordi commerciali o politici, ha leso i diritti dei cittadini italiani? Perché soltanto con azioni di questa natura, gravità e portata si può spiegare il fatto che l‘attuale Governo italiano e l’amplissima maggioranza parlamentare che lo sostiene inviano armi a un Paese -l’Ucraina- in guerra con la Russia, ne sostengono tutte le iniziative, contribuiscono a finanziarne la politica. Soltanto con azioni di questa natura, gravità e portata si può spiegare il fatto che il capo della diplomazia italiana -Luigi Di Maio- enuncia insulti assai volgari nei confronti del Presidente della Federazione Russa. Soltanto con azioni di questa natura, gravità e portata si può spiegare il fatto che artisti e scrittori da molto tempo defunti -come Dostoevskij o Čajkovskij- vengano boicottati nelle Università, nelle sale da concerto, dalle istituzioni culturali.

Print Friendly, PDF & Email

scenari

Le contraddizioni sociali del capitalismo liberale

di Nancy Fraser

La crisi dei tradizionali modelli e strumenti di cura deriva da uno squilibrio sempre meno sostenibile tra famiglia e lavoro? O ci troviamo di fronte a una crisi sociale, politica, economica e culturale assai più vasta e profonda, di cui la trasformazione della cura sarebbe solo un elemento, difficile da isolare rispetto ad altri? In La fine della cura (traduzione di Leonard Mazzone, Mimesis Edizioni, 62 pag., 6 €, 2017) Nancy Fraser, fresca vincitrice del Premio Nonino 2022, propone la sua visione del capitalismo contemporaneo e del modello neoliberale di femminismo.

Su Scenari ne proponiamo un estratto.

* * * *

Prendiamo in esame, anzitutto, il capitalismo liberale-competitivo del XIX secolo. A quel tempo, gli imperativi della produzione e della riproduzione sembravano in reciproca contraddizione. Erano queste, di certo, le circostanze nei primi poli manifatturieri del centro capitalistico, dove gli industriali costringevano donne e bambini a lavorare nelle fabbriche e nelle miniere, bramosi del loro lavoro a basso costo e della loro rinomata docilità.

Print Friendly, PDF & Email

sinistra

Resistenza

di Salvatore Bravo

Il 25 Aprile è il giorno in cui la democrazia sociale afferma i propri valori sconfiggendo le forze oscure del nazifascismo. Nella liturgia annuale della ricorrenza però si tende da più parti ad occultare che il sistema capitalistico – già vigente in tutto il Novecento (prima, durante e dopo il secondo conflitto mondiale) e oggi globalizzatosi –, non è così antitetico al nazifascismo come sovente ama dipingersi: il nazifascismo è parte sostanziale della ormai lunga storia del capitalismo.

 

La multinazionale capitalistica della IBM, al servizio di Mussolini e di Hitler

In un articolo pubblicato il 14-02-2001 su “il manifesto” si poteva leggere a proposito di un libro di Edwin Black (La IBM e l’Olocausto. I rapporti fra il Terzo Reich e una grande azienda americana, Rizzoli, Milano 2001):

«[…] uno dei motivi che spiegano il putiferio scatenato dal libro di Black è proprio la generalizzata amnesia postmoderna. Negli ultimi due decenni non solo si è rimossa la memoria dei crimini del capitale in nome del profitto: il capitalismo si è persino trasfigurato in una istituzione “morale”, fonte dei valori che contano […].

Print Friendly, PDF & Email

piccolenote

Da guerra in difesa dell'Ucraina a guerra per sconfiggere la Russia

di Piccole Note

Sul New York Times, Tom Stevenson firma un articolo pregno di ragionevolezza, ancora più significativo per il fatto che il cronista (specializzato in energia, difesa e geopolitica) è stato corrispondente di guerra per il giornale della Grande Mela nelle prime settimane del conflitto. Ne riportiamo alcuni brani.

“All’inizio, il sostegno occidentale all’Ucraina era immaginato principalmente per difenderla dall’invasione. Ora ha un’ambizione molto più grande: indebolire la stessa Russia . Presentata come una risposta di buon senso all’aggressione russa, il cambiamento, in realtà, rappresenta una significativa escalation“. “Espandendo il sostegno all’Ucraina su tutta la linea e accantonando la via della diplomazia per fermare gli scontri, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno notevolmente incrementato il rischio di un conflitto ancora più grande. Si stanno assumendo un rischio di gran lunga maggiore di qualsiasi guadagno strategico realistico“.

Print Friendly, PDF & Email

generazionifuture

Draghismo: linee di continuità fra gestione della pandemia e conflitto in Ucraina

Appunto di Ugo Mattei per DuPre

Ribaltamento emergenziale delle fonti del diritto con al vertice la più infima, il DPCM e la più alta, la Costituzione, alla base della piramide. Concentrazione del potere nell’ esecutivo e completa marginalizzazione del potere legislativo corrotto dal ricatto della fiducia. Atrofizzazione volontaria delle istituzioni di garanzia.

  1. Imponente costruzione mediatica di una narrazione unica con da subito un’ unica soluzione possibile: un massiccio progetto di vaccinazione di massa e utilizzo del c.d. lockdown e della sua minaccia per conseguirlo.
  2. Sussunzione di a) e b) nell’ imposizione generalizzata di un dispositivo di sorveglianza, il green pass, presentato come mezzo per sconfiggere la pandemia, ma in realtà fine generale di targatura e sorveglianza dell’ intera popolazione. (sovversione di fini e mezzi)
  3. Costruzione artificiale di un “capro espiatorio” attraverso l’ uso di un marchio di infamia, quello di “No Vax”, per chiunque eserciti il dubbio e invochi precauzione.

Print Friendly, PDF & Email

bastaconeurocrisi

Emettere debito pubblico o magari anche no

di Marco Cattaneo

Elementi di riflessione per capire le dinamiche di deficit e debito pubblico.

Dal punto di vista di quando (e se) si emette debito, le operazioni di finanziamento del deficit pubblico possono essere suddivise in tre fattispecie.

CASO UNO. Prima il settore pubblico colloca titoli di debito, e poi usa i proventi del collocamento per spendere.

Per effetto dell’operazione di collocamento, il settore privato si ritrova con meno moneta e più titoli. Immediatamente dopo, però, il settore pubblico spende la moneta acquisita tramite il collocamento dei titoli. A spesa effettuata, quindi, il settore privato ha la stessa moneta di prima, perché il settore privato è il destinatario della spesa. E in più ha i titoli.

CASO DUE. Prima il settore pubblico spende, poi colloca titoli di debito.

In questo secondo caso, il settore pubblico utilizza i suoi conti presso l’istituto di emissione per spendere. Il settore privato si ritrova quindi con più risparmio sotto forma di moneta.

Print Friendly, PDF & Email

corrieredelleregioni

Tra Metaverso e Draghistan: il backstage dell’incontro tra Zuckerberg e Draghi

di Roberto Bonuglia

Benvenuti nel futuro prossimo distopico con il rischio concreto di trovarci un braccialetto elettronico che rischia di farci rimpiangere il Green Pass

Mentre l’infodemia pandemica è diventata guerrodemia geopolitica [1] quest’ultima consolidando gli effetti negativi della prima nell’opinione pubblica mondiale ‒ ridotta ormai ad un grande stadio virtuale nel quale analfabeti funzionali si scannano sugli spalti assumendo posizioni preconfezionate in ortodossia alle latenti, ma coinvolgenti bolle epistemiche [2] e echo cambers [3] ‒ lo scorso 5 maggio alle 10 è avvenuto l’incontro il fondatore di Facebook e CEO di “Meta” Mark Zuckerberg e il Premier Mario Draghi che lo ha omaggiato con «una confezione di vini selezionati da Franco Ricci e Bibenda, contenente anche un Brunello di Montalcino Riserva 2013 di Biondi Santi» [4].

«Per far un amico basta un bicchier di vino, per conservarlo è poca una botte» si diceva una volta. Meeting alquanto particolare, quello tra i leader del Metaverso e del Draghistan. Almeno dal punto di vista simbolico: da una parte, il leader di Facebook, Instagram e Whatsapp, dall’altra, l’unico leader “politico” estraneo al mondo virtuale.

Print Friendly, PDF & Email

sinistra

Terzo tempo

di lorenzo merlo 

Dal corpo unico della storia, la declinazione in tre tempi dai confini osmotici.
Se mai in futuro si potrà scrivere “c’era una volta l’egemonia occidentale”, lo dovremo forse a Putin?

Passato

La spartizione del mondo sottoscritta a Yalta dopo la Seconda guerra mondiale ha mantenuto in equilibro geopolitico l’Est europeo e l’Ovest del mondo.

La crisi dei Missili di Cuba, risposta sovietica alla provocazione americana relativa alla collocazione di missili in Italia e Turchia, fu il picco di tensione registrato nel periodo della Guerra fredda (1947-1991). Punta dell’iceberg della cosiddetta corsa agli armamenti, nientemeno che una competizione di matrice americana per il dominio mondiale. I loro uffici marketing avevano chiare le esigenze da soddisfare per realizzare l’egemonia, diffondere la cultura edulcorata dell’american style, penetrare così nei tessuti sociali, invadere e impadronirsi dei nuovi mercati. Ma anche i loro uffici army sapevano come muoversi per acquisire indirettamente nuovi territori, considerati necessari per il contenimento dell’avversario comunista. Tutto ciò senza mai dimenticare il resto del mondo, Centro e Sud America in particolare.

Print Friendly, PDF & Email

pierluigifaganfacebook

78° giorno del Mondo Nuovo

di Pierluigi Fagan

Chi frequenta questa pagina sa del mio allarme, sin dai primi giorni, per l’enormità che ad alcuni apparve subito come ombra del conflitto in primo piano. Si mostrava una enormità nell’ambizione del piano americano, una enormità di portata “epocale”. Questo dopo due anni di Covid, con maggioranza del partito di Biden alla Camera, ma pareggio al Senato, in un paese spaccato ormai da qualche anno. Ci si domandava quindi i prezzi di una strategia così ambiziosa, rispetto alle condizioni di contesto ed all’effettiva forza dell’Amministrazione.

Ieri ho controllato gli indici di borsa. Negli ultimi sei mesi, il capitale ha perso intorno al 15% tra Milano, Shanghai, Francoforte e poco meno Parigi. Intorno al 10% New York, Tokyo e Londra. Clamorosa la distruzione di capitale nei tecnologici: Nasdaq -30%. Le Monde dice che Standard&Poor 500 ha realizzato la peggiore performance di inizio anno dal ’32. L’inflazione negli Stati Uniti è all’8,5%, la più alta da quaranta anni, quindi FED dovrà alzare i tassi, quindi i titoli perderanno ancora. I tech hanno perso mille miliardi US$ nei tre giorni successivi il recente rialzo dei tassi del FED. Reuters/Ipsos dà Biden al 42% di approvazione ed al 50%, di disapprovazione. Sempre lo stesso tracking dà al 6% l’interesse degli americani per i temi del conflitto, il 29% preoccupati invece dall’economia. Ed a novembre si vota.

Print Friendly, PDF & Email

nicomaccentelli

L’Europa è un’espressione geografica

di Nico Maccentelli

Con la guerra in Ucraina, ciò che è balzato più in evidenza è il ruolo totalmente passivo dell’Unione Europea. Al di là dei timidi tentativi franco-tedeschi per ventilare un ruolo europeo nel contenzioso di questa guerra per procura, il dato di fatto è che l’Unione Europea segue pedissequamente la linea interventista statunitense, ma nel contempo quando deve prendere una posizione comune, le posizioni in realtà sono diverse: da un’Ungheria che vuole sfilarsi dalle sanzioni sul gas russo (magari mandata avanti furbescamente dai tedeschi) a un’Italia che con Draghi rappresenta in questo momento la linea più aderente ai desiderata bellici di Washington.

Eppure, la questione è di una semplicità disarmante anche per un comune cittadino europeo a digiuno di geopolitica: questa guerra rischia di deflagrare in tutto il continente, lo scopo Usa di prolungarla o di estenderla è chiaro, ossia indebolire e separare le potenze del vecchio continente, la Russia dal resto dell’Europa, soggiogando e mantenendo il controllo economico e dentro l’area del dollaro protagonisti mondiali che se uniti avrebbero risorse, tecnologie, mercati con un affaccio terrestre diretto sul mondo asiatico. Un’eventualità mortifera per l’egemonia unipolare degli USA.

Print Friendly, PDF & Email

la citta futura

Le ragioni della Russia

di Aristide Bellacicco

Un esame delle ragioni del conflitto alla luce non dello “scontro fra potenze” ma della volontà di potenza statunitense

È necessario che nella questione Ucraina si operi una scelta di campo: non soltanto da parte marxista ma da parte di tutti coloro che sono ancora in grado di confrontarsi col mondo e con la situazione internazionale sulla base di un atteggiamento razionale che tenga conto della natura storica degli avvenimenti in atto.

La fine della seconda guerra mondiale ha decretato il ruolo egemonico degli Stati Uniti d’America e, insieme, un assetto geopolitico che è stato definito “guerra fredda” nei suoi effetti militari e politici e, sul piano ideologico, ha dato luogo alla contrapposizione fra “democrazie occidentali” e “totalitarismi”.

Paradossalmente, ma non tanto, questa visione ha legittimato nel secolo scorso, e segnatamente dopo la fine dell’Unione Sovietica –vale a dire del principale paese classificato come “totalitario”- la libertà degli Stati Uniti di proporsi e agire come poliziotto del “mondo libero” intervenendo militarmente ovunque l’abbiano ritenuto opportuno in base ai propri interessi: Jugoslavia, Iraq (due volte), Afghanistan ecc.

Print Friendly, PDF & Email

fuoricollana

Le conseguenze sociali dell’economia di guerra in Europa

di Sergio Cesaratto

Il realismo politico offre utili chiavi di lettura all’economia politica internazionale, mai come oggi messa a repentaglio dall’escalation in Ucraina. L’UE e l’Italia rischiano di essere i vasi di coccio nell’inaudita crisi economica che si profila

Con un certo orgoglio ricordo di aver per alcuni anni accennato, nell’ambito dei miei corsi di economia, al realismo politico nelle relazioni internazionali e nella International Political Economy. L’ho fatto in contesti accademici in cui prevaleva (e prevale) un europeismo acritico basato sul pensiero liberale, per cui il mondo si divide in buoni e cattivi. Il libro che adottavo (Sorensen 2008), edito dalla Bocconi, aveva alcune pagine dedicate all’allargamento della Nato ad Est presentando, doverosamente, le tesi opposte. Veniva in particolare citata un’importante lettera indirizzata nel 1997 al Presidente Clinton da parte di 50 eminenti personalità che si opponevano a tale allargamento (McCgwire 1998). Da quegli anni i segnali della crescente aggressività occidentale e della montante rabbia russa sono evidenti. Avevo avvicinato il Realismo politico su suggerimento di un libro nel quale il grande Danilo Zolo esprimeva il suo scetticismo nei riguardi delle guerre umanitarie.

Print Friendly, PDF & Email

perunsocialismodelXXI

Hans Modrow. L'altro lato del muro

di Carlo Formenti

Hans Modrow (oggi novantaquattrenne) è stato membro della Camera del Popolo della DDR dal 58 al 90 per il SED (di cui fu membro del Comitato Centrale dal 67 all'89). E' stato l'ultimo Primo Ministro della DDR. Dopo l'unificazione della Germania è stato eletto al Bundestag e al Parlamento Europeo. E' presidente del Consiglio degli Anziani della Linke. Su queste pagine ho già pubblicato una sua lettera aperta alla Linke, in cui critica la linea del partito ritenendola responsabile dei disastrosi risultati delle ultime elezioni. Qui di seguito anticipo uno stralcio da un capitolo del nuovo libro a cui sto lavorando in cui mi occupo del suo testo “Costruttori di ponti. Le relazioni fra DDR e Cina Popolare” appena uscito per i tipi di Meltemi.

* * * *

Per la stragrande maggioranza – per non dire la totalità – dei cittadini occidentali la DDR è stata un orribile campo di concentramento in cui milioni di tedeschi sono rimasti imprigionati dopo la fine della Seconda guerra mondiale, un incubo totalitario che il film di Florian Henckel von Donnersmarck Le vite degli altri, santificato da un Oscar, ha descritto con toni claustrofobici.

Print Friendly, PDF & Email

vincenzocosta

Lo scontro di civiltà dentro l’Occidente

di Vincenzo Costa

Io credo che vi sia davvero uno scontro di civiltà, ma questo scontro di civiltà non è tra l’Occidente e gli altri, ma all’interno dell’Occidente.

È uno scontro tra un Occidente attardato, vecchio, settario, nostalgico del colonialismo, che crede di essere il possessore della verità, e un Occidente aperto agli altri. Tra un Occidente che pensa che gli altri debbano rinunciare alle proprie identità e diventare come noi e un Occidente che ama l’alterità culturale, russa, cinese, indiana, e che vede in essa una fonte di vita, culture da cui imparare, con cui dialogare e con cui costruire insieme un mondo migliore.

Lo scontro di civiltà è tra un Occidente che mira alla propria sicurezza, a scapito della sicurezza degli altri, e un altro Occidente che, invece, sa che la sicurezza della Russia, della Cina, dell’India È LA NOSTRA SICUREZZA. Perché se gli altri si sentono minacciati si armeranno, faranno guerre preventive per impedire di essere attaccati. Se si sentono minacciati anche il loro sviluppo interno sarà bloccato.

Print Friendly, PDF & Email

carmilla

Gli echi del rivoluzionario dagli occhi di tataro

di Jack Orlando

Avevamo già incontrato Lenin di recente, su queste pagine (qui), attraverso le pagine di Guido Carpi e della sua biografia del sensei bolscevico.

Ci ritroviamo di nuovo qui a percorrere i sentieri di Vladimir Il’ič Ul’janov, quasi sempre in un frustrante e recalcitrante esilio; lo si era congedato all’alba del 1905, prima dello scossone rivoluzionario, fermi con lo sguardo su uno dei sommi cardini della sua opera: il militante, il rivoluzionario di professione che opera da cinghia di trasmissione tra processo (di rottura) oggettivo e volontà (politica) soggettiva, figura deputata al rovesciamento dell’esistente.

Lo riprendiamo ora nella frattura del 1905, per accompagnarlo fino alle soglie di quel fatidico ‘17, in un decennio dove il vecchio mondo scivola nella catastrofe fino a frantumarsi nelle trincee, e dove per il rivoluzionario si rivelano in tutta la loro importanza la centralità del partito e la imprescindibile dialettica tra tattica e strategia, tempi duri per gente dura e menti radicali.

Print Friendly, PDF & Email

conness precarie

Tra sindacato e globalizzazione: Amazon cambia pelle?

di Felice Mometti

Non sarà facile e nemmeno scontato. La vittoria di Amazon Labor Union (ALU), di un mese fa, nel grande magazzino JFK8 di Staten Island a New York ha segnato sicuramente un passaggio importante per l’organizzazione dei lavoratori e delle lavoratrici nei centri logistici di Amazon negli Stati Uniti. Il messaggio è stato: Amazon e le grandi corporation si possono battere sui luoghi di lavoro e non solo. Un messaggio amplificato dalla cinquantina di negozi Starbucks che dal dicembre scorso a oggi hanno vinto le elezioni sindacali.

Se un mese fa Amazon aveva sottovalutato la presenza, il radicamento e il dinamismo di ALU a JFK8, adottando gli stessi comportamenti anti-sindacali sperimentati in questi anni contro i sindacati tradizionali, con le elezioni nel magazzino di smistamento LDJ5 – sempre a Staten Island – la strategia è cambiata. E il risultato è stato diverso. Su 1.633 lavoratori e lavoratrici aventi diritto di voto, 380 si sono espressi a favore del sindacato e 618 si sono dichiarati contrari. L’azione antisindacale e ricattatoria di Amazon si è concentrata nell’impedire l’uso di spazi interni, la possibilità di relazioni tra lavoratori, la diffusione di materiale del sindacato, l’uso dei social network all’interno della struttura.

Print Friendly, PDF & Email

barbaraspinelli

Gli orrori neonazisti in Ucraina e la guerra senza fine della Nato

di Barbara Spinelli

Man mano che passano i giorni, i neonazisti che combattono a fianco delle truppe regolari ucraine, e in particolare quelli asserragliati nell’acciaieria Azovstal, sono chiamati con nomi più benevoli: vengono presentati come eroici partigiani, difensori ultimi dell’indipendenza ucraina. Zelensky che inizialmente voleva liberarsi dei neonazisti oggi dipende dalla loro resistenza e li elogia. La loro genealogia viene sistematicamente occultata e anche i giornalisti inviati tendono a sorvolare, ricordando raramente che nel Donbass questa maledetta guerra non è nata nel 2022 ma nel 2014, seminando in otto anni 14.000 morti. Oppure si dice che il battaglione Azov è una scheggia impazzita, certo pericolosa ma non diversa da roba tipo Forza Nuova in Italia.

Invece il battaglione Azov è tutt’altra cosa: è un reggimento inserito strutturalmente nella Guardia Nazionale ricostituita nel 2014 dopo i tumulti di Euromaidan e ha legami organici con i servizi (Sbu, succedaneo ucraino del sovietico Kgb). Così come sono tutt’altro che schegge le formazioni neonaziste o i partiti vicini al battaglione: Right Sector (Settore di Destra), Bratstvo, National Druzhina, la formazione C14, il partito Svoboda oggi in declino, e vari drappelli militarizzati.