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coordinamenta

“Antinomia mistificatrice”

di Elisabetta Teghil

La liberalizzazione commerciale, quella finanziaria, la supremazia del mercato hanno creato un’estensione senza limiti al gioco delle diseguaglianze. La polarizzazione delle ricchezze tra regioni del mondo ha raggiunto limiti inimmaginabili.

E tutti si affannano a voler aiutare i paesi del terzo mondo. Ne abbiamo viste e sentite di tutti i colori. Sviluppi endogeni, partecipativi, integrati, autentici, equi, un bricolage concettuale che non ha cambiato le cose. Ed oggi si è arrivati ad una mostruosità verbale che si esplica attraverso un’antinomia mistificatrice: “aiutiamoli a casa loro”. Aggiungono una specificazione e non mettono in discussione il processo di accumulazione capitalistica. Non ci si concentra sulle disparità sociali, sulla povertà, sul livello di vita, sui bisogni essenziali o sui danni all’ambiente ma ci si basa su un’impietosa rimozione dai nostri occhi della disperazione in cui vivono quei popoli.

Si dimentica, si omette volutamente che sono le potenze occidentali che finanziano le guerre religiose ed interetniche, che depredano quelle popolazioni delle loro ricchezze. C’è tutto un immaginario che rimane immutato, immaginario che non è altro che colonizzazione con altri mezzi. I conflitti armati che attraversano l’Africa e il Medio Oriente hanno i loro prodromi nella gestione occidentale di quei paesi nella stagione della loro indipendenza e nel tentativo, per tanti versi riuscito, di conservarne il controllo dopo la dichiarazione della loro indipendenza.

Naturalmente i paesi africani e mediorientali ne sono le prime vittime e il prodotto legittimo è il terrorismo. Non causato dalla povertà o dalle aspirazioni etnico-religiose, ma promosso e coltivato attraverso l’addestramento e l’approvvigionamento da pare delle potenze occidentali, ognuna con un occhio di riguardo particolare alle sue ex colonie. Naturalmente per i paesi a maggioranza mussulmana con l’aiuto economico degli Emirati Arabi.

Un ingranaggio che ha innescato violenza, miseria estrema, marginalizzazione e ha mandato in soffitta ogni prospettiva economica creando zone inaccessibili, incoltivabili e/o abbandonate. Il terrorismo occidentale praticato attraverso gli ascari locali instilla paura, porta al ripiegamento su di sé, distrugge il tessuto economico esistente, crea zone abbandonate dal turismo e dagli investitori che non siano le ONG di regime. I conflitti artificialmente innescati non fanno che aumentare il numero di sfollati, rifugiati e migranti

La soluzione di “aiutarli a casa loro” è, per essere cauti, falsa e inconsistente perché si tratta di far vivere loro esperienze traumatizzanti e disumane che, per quanta fantasia possiamo avere, sono inimmaginabili. I governanti italiani queste cose le sanno eppure sono indifferenti di fronte ad uno scenario che è stato raccontato più di una volta, in tante occasioni, con il conforto della testimonianza dei sopravvissuti e con la prova dei continui attentati che mietono vittime innocenti.

Oggi, in un contesto di scomparsa delle grandi narrazioni, socialismo, panarabismo, panafricanismo, si assiste ad una radicalizzazione dell’Islam e della collocazione etnica. La seduzione esercitata dai movimenti jihadisti e tribali si basa sull’uccisione delle speranze nate nella stagione dell’indipendenza. E qui tanta responsabilità hanno avuto i movimenti di sinistra nei paesi occidentali che hanno demonizzato nel terzo mondo i governi di ispirazione marxista e qui da noi emarginato, umiliato i giovani delle banlieues, comunque queste si chiamino perché le abbiamo anche noi in Italia, giovani che si affacciavano alla vita sociale e politica.

I conflitti armati che attraversano il Medio Oriente e l’Africa rinviano d’altronde ad un lungo percorso: in Medio Oriente frontiere costruite artificialmente dalle potenze coloniali nel momento della divisione territoriale dopo la caduta dell’Impero Ottomano, in Africa la pretesa delle potenze occidentali di esercitare comunque e sempre il controllo sulle ex colonie.

Ci sono concetti avvelenati che oscurano la capacità di giudizio: “aiutiamoli a casa loro” è uno di questi concetti devastanti perché omette la ragione dello sradicamento di quelle popolazioni e il perché della fuga di massa. E’ fondamentale rendere esplicita la rottura che è stata perpetrata nei confronti di quei popoli in nome dello sviluppo e della globalizzazione che non è altro che l’appropriazione delle loro risorse. Ma d’altra parte cosa aspettarsi da chi ha dato il via alla polarizzazione estrema delle ricchezze anche a casa propria, nei paesi a capitalismo avanzato? la socialdemocrazia, principale artefice di questi principi, non ha neppure più l’alibi di dire che il saccheggio del terzo mondo porta qualche vantaggio alle popolazioni occidentali.

Le guerre e i colpi di Stato condotti a distanza contro governi laici, nazionalisti, di sinistra, un esempio per tutti il Burkina Faso di Thomas Sankara, hanno sconvolto e completamente destabilizzato quei paesi. Le effettive motivazioni di queste guerre sono chiare anche se i paesi occidentali hanno imparato a cambiare vocabolario senza modificare pratica e obiettivi.

Il progetto coloniale nella stagione neoliberista si è tramutato in un progetto neocoloniale, la guerra è a tutto campo a partire da quella economica, dal dumping praticato dall’occidente a vantaggio dei propri prodotti, dai cereali alla carne fino all’industria tessile. Rubiamo loro tutto anche medici, infermieri, ingegneri e informatici che importiamo come una merce.

Anche in quei paesi a tappe forzate si realizza l’ideologia neoliberista: crescita debole, esclusione sociale, smantellamento dei servizi pubblici, privatizzazioni, deterioramento dei servizi di base come scuola e sanità. In questo contesto è nata una classe di nuovi ricchi legati agli interessi occidentali. Da noi, con la nascita dell’iper borghesia, le popolazioni sono scivolate in una disaffezione per la politica, da loro in una forma di cinismo generalizzato.

A tirare le fila ci sono le Agenzie occidentali, ma i loro intermediari sono i “Chicago boys” in America latina, la “Berkeley mafia” in Indonesia, gli “Africaboys” che si fanno promotori dei principi neoliberisti grazie alle posizioni che occupano all’interno dei Ministeri e delle Banche Centrali e, quando tutto questo non basta, c’è una pletora di organizzazioni a cui è delegato il lavoro sporco, strutture che spesso cambiano nome ma non datore di lavoro.

Come durante il periodo coloniale, non siamo noi che aiutiamo loro ma sono loro ad arricchire l’occidente. Così come del resto a casa nostra, sono i poveri che fanno ricchi i ricchi.

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