Fai una donazione

Questo sito è autofinanziato. L'aumento dei costi ci costringe a chiedere un piccolo aiuto ai lettori. CHI NON HA O NON VUOLE USARE UNA CARTA DI CREDITO può comunque cliccare su "donate" e nella pagina successiva è presente (in alto) l'IBAN per un bonifico diretto________________________________

Amount
Print Friendly, PDF & Email

sinistra

Il liberalfascismo e la generazione vuota

di Piero Pagliani

«Siamo gli uomini vuoti
Siamo gli uomini impagliati
Che appoggiano l'un l'altro
La testa piena di paglia...»
(T. S. Eliot, "Gli uomini vuoti")

Chiamerò "mia generazione" il suo segmento anagrafico e sociale sessantottino, che voleva fare la rivoluzione vietando di vietare e ora è primatista nelle censure e nelle proibizioni.

La mia generazione esulta se Călin Georgescu, candidato romeno alla presidenza, viene arrestato. Persona che politicamente può non piacere, ma il cui vero crimine è la scarsa propensione a far la guerra alla Russia.

La mia generazione esulta se Marie Le Pen viene dichiarata ineleggibile. Non è una politica incantevole ma soprattutto è sospetta di intesa col nemico.

Meglio tifare per Raphaël Glucksmann, il patron del raggruppamento di sinistra anti Le Pen, sostenitore di Kiev "fino alla vittoria". Conosce il mondo. Era stato consigliere del presidente georgiano Mikheil Saak'ashvili, che poi divenne governatore dell'oblast della stuprata Odessa dopo la Maidan, la piazza di Kiev diretta e finanziata dagli Usa e infuocata dai neonazisti con l'aiuto dei cecchini georgiani che sparavano sulla folla e sui poliziotti per renderla incandescente.

La mia generazione si entusiasmava per la Maidan, non vedeva lo stupro di Odessa esaltato dalle amate "Femen" e si preparava alla celebrazione dei "lettori di Kant" con la svastica, commuovendosi per i servizi strappalacrime della "Stampa" e di "Repubblica" sui saluti ai "ragazzi del battaglione Azov" che partivano per il fronte del Donbass (a far che lo possiamo chiedere anche ad Amnesty).

Precorrevamo i tempi mentre persino negli Stati Uniti, in quello stesso momento, venivano espresse riserve nei confronti dei ragazzi ucraini con la svastica e il wolfsangel. Obama li chiamava "i teppisti" e il Congresso varò una legge che proibiva di armare e addestrare il battaglione Azov e le altre formazioni neonaziste.

La proibizione fu tolta in meno di un anno. La guerra in Ucraina, voluta e provocata, scoppiò, e ora, dopo centinaia di migliaia di morti, gli Stati Uniti hanno capito che non possono vincerla.

Lo fanno dire al loro nuovo Presidente, un personaggio sgradevole che mischia il suo impressionante narcisismo personale a quello, altrettanto impressionante, nazionale.

Così ora gli ucro-nazisti sono legati più a Londra e a Bruxelles che a Washington: noi Europei siamo liberal e di sinistra mentre alla Casa Bianca c'è un presidente reazionario.

Possiamo andarne fieri.

"Liberalfascismo" non è un insulto gratuito né una contraddizione in termini, ma uno scherzo amaro tipico del caos sistemico. Viviamo in tempi interessanti. E se qualcuno si ostina a utilizzare le categorie interpretative e valutative usuali è destinato a non capire niente.

Il "fascismo liberale" era stato previsto da Pasolini negli anni Settanta con un ragionamento politico-morale che metteva in guardia dal "fascismo degli antifascisti". Come ogni vero artista (gli unici che possono produrre straordinari lapsus) Pasolini vedeva più in là di ogni teorico e, ovviamente, di ogni politico (e quante gliene dicemmo!).

In quegli anni la crisi sistemica era agli inizi. Ora tutti i suoi nodi stanno venendo drammaticamente al pettine.

Il mio segmento di generazione si è formato nella crisi in culla e poi si è accomodato nella grande casa della crisi diventata adulta. Lì ha trovato soddisfazioni economiche, professionali, politiche e culturali e si è sentito segretamente appagato.

Ora che la crisi sta invecchiando e la casa sta cadendo a pezzi, la mia generazione cerca di puntellarla in ogni modo e mette i catini sotto il tetto perché ci piove dentro. E dà la colpa dell'ammuffimento dei suoi ideali alla pioggia che cade, non al tetto rotto, ai muri fatiscenti, alle finestre infrante, alle porte che non chiudono più.

La mia generazione non è cresciuta con la crisi. La mia generazione è la crisi, è un tutt'uno con essa. Non sopravviverà alla crisi non solo per questioni anagrafiche ma anche perché senza la crisi non può sopravvivere, così come un parassita non può sopravvivere senza organismo ospite.

Ecco perché non capisce niente di questa guerra e si riconosce nei battaglioni Azov, nei neo-liberal-con, negli euro-sociopatici, accorre festosa alle loro piazze e ha disprezzo per le altre. Ecco perché non riesce ad avere un dubbio e meno che meno un senso di colpa per il mondo orrendo che lascia ai suoi figli e ai suoi nipoti.

Diranno i posteri con sconcerto: "La crisi la fé, la crisi la disfece. E senza che nemmeno se ne rendesse conto".

In pochi si sono posti domande elementari: "Ma cosa abbiamo fatto? Cosa non abbiamo fatto?" riuscendo in qualche modo e in qualche misura a sfuggire a questa maledizione.

Che cosa ha spinto quei pochi a chiederselo? Nessuno lo può dire con certezza. Forse un'intuizione: che se non ci sarà un disarmo globale le nuove generazioni non avranno un futuro.

Pin It

Comments

Search Reset
0
Franco Trondoli
Wednesday, 09 April 2025 15:50
https://www.doppiozero.com/critica-del-pasolinismo
Mi scuserà Piero Pagliani,
Ma segnalo questo contributo "dialettico"
per la "Questione Pasolini" , a mio parere, degno di nota.
Grazie
Cordiali Saluti
Like Like like 1 Reply | Reply with quote | Quote

Add comment

Submit