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economiaepolitica

Inasprire il vincolo esterno. Il Meccanismo europeo di stabilità e il mercato delle riforme

di Alessandro Somma

Riforma MES 1024x621 660x400Un Superstato di polizia economica

Nel corso degli anni l’Europa unita è divenuta un catalizzatore di riforme che elevano il principio di concorrenza a paradigma dello stare insieme come società, e impediscono a principi alternativi di persistere o eventualmente di riemergere. I Paesi membri sono chiamati a tradurre le leggi del mercato in leggi dello Stato, riducendo così l’inclusione sociale a inclusione in un ordine incentrato sul libero incontro di domanda e offerta. Il tutto presidiato da uno “Stato forte e indipendente” cui attribuire compiti di “severa polizia del mercato”: come sintetizzato anni or sono da un padre del neoliberalismo[1].

Spicca tra questi compiti il contrasto delle concentrazioni di potere economico, ovvero l’isolamento dell’individuo di fronte al mercato, al fine di condannarlo a tenere i soli comportamenti che costituiscono reazioni automatiche agli stimoli della libera concorrenza. E lo stesso deve valere per gli Stati, che si devono rendere incapaci di operare in senso difforme rispetto a quanto corrisponde alle aspettative dei mercati. Anche per questo i Trattati europei codificano il “principio del non salvataggio finanziario”, per cui “l’Unione non risponde né si fa carico degli impegni assunti dalle amministrazioni statali, dagli enti regionali, locali, o altri enti pubblici, da altri organismi di diritto pubblico o da imprese pubbliche di qualsiasi Stato membro” (art. 125 Trattato sul funzionamento Ue).

Il divieto di bail out non costituisce un presidio contro l’indebitamento pubblico, o almeno questa non costituisce la sua principale ragion d’essere. Prevale infatti una diversa finalità: costringere gli Stati a reperire risorse presso i mercati, a cui si conferisce così la funzione di disciplinare i comportamenti degli Stati.

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contropiano2

Il problema tedesco

di Heiner Flassbeck*

ghvjhkmdlmsiudygcygsdkcskolzf 720x300Bisogna ammettere che i media mainstream hanno creato un senso comune fasullo, ma decisamente “forte”, tale per cui la Germania attuale non è criticabile. Qualsiasi porcata faccia (e ne ha fatte molte, alcune delle quali oltre limite della rapine, come nel caso della Grecia, affosatta per salvare le proprie banche troppo “esposte” verso quel paese).

Siamo perciò al punto che soltanto un tedesco può oggi prendersi la libertà di dire qualcosa di sgradevole nei confronti del pensiero economico dominante nel proprio paese, e che notoriamente passa sotto il nome di ordoliberismo. Ovvero liberismo totale (le imprese e i loro interessi sono al posto di comando), ma lo Stato crea le condizioni (l'”ordine”) per cui questa dominanza possa esprimersi senza ostacoli, anzi, con tante facilitazioni.

Nell’imporre questa visione teorico-ideologica-concretissima anche alle istituzioni europee, ispirandone i trattati e i criteri di funzionamento, la Germania è riuscita nel capolavoro di concentrare sul proprio sistema produttivo e finanziario tutti i vantaggi di una Unione di mercato di quasi mezzo miliardo di abitanti senza mai rischiare di condividere gli oneri di una vera unione politico-statuale.

La sintesi di questi vantaggi unilaterali sta nella libertà di sforare ogni parametro di Maastricht senza mai incappare in nessuna “censura” comunitaria. Prima sforava il deficit ma veniva perdonata perché stava pagando i costi dell’unificazione con la Ddr, poi ha cominciato a sforare – e alla grande – sistematicamente il surplus, ma viene sempre perdonata perché “non si possono punire i virtuosi”. E dire che anche uno studente del primo anno capisce che, in una economia “chiusa” dalle stesse regole se qualcuno va in surplus qualcun altro dovrà andare per forza in deficit…

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wallstreetitalia

Riforma Mes: tutti i problemi sul tavolo, spiegati da 4 economisti

A.Battaglia intervista Carlo Cottarelli, Nicola Borri, Sergio Cesaratto, Emiliano Brancaccio

gettyimages 1180134781 2 980x450Non si ricorda facilmente una polemica politica innestata su un tema più tecnico e complesso del Meccanismo europeo di stabilità (Mes, o Fondo Salva Stati). Dopo aver trattato i caratteri generali di questo fondo (si veda la nostra guida per punti), Wall Street Italia ha deciso di entrare nel merito degli aspetti più discussi e spinosi della riforma del Mes. Abbiamo posto le stesse domande a quattro esperti*, estranei all’arena politica.

* * * *

Perché l’Eurozona ha bisogno di un fondo dedicato alle crisi finanziarie dei suoi membri? Perché si è ritenuta l’ipotesi di un’assistenza del Fmi non sufficiente a far fronte a questo tipo di crisi?

Cottarelli:

L’Eurozona, a differenza degli Stati Uniti, ha bisogno di un Meccanismo di stabilità perché le probabilità che uno Stato come la Virginia esca dagli Usa è molto bassa. Il problema è che uno squilibrio economico in Europa può, al contrario, sollevare nei mercati il sospetto che uno Stato possa decidere di uscire dall’euro, creando uno sconquasso per l’intera area. Teniamo conto che l’Unione monetaria europea esiste da poco e che negli Usa c’è voluta una guerra di secessione per rendere chiaro che quell’unione non si sarebbe più spaccata.

Il fatto che l’Eurozona si doti di un Fondo monetario europeo nasce dall’idea che i suoi interessi siano meglio tutelati da finanziamenti di origine europea, contrariamente a quelli di tipo globale del Fondo monetario internazionale. C’è poi un altro aspetto, il Fmi non ha risorse illimitate e nel caso di una crisi di un grosso Paese potrebbe non bastare il suo intervento. Il Mes, pur avendo anch’esso risorse limitate, può far scattare l’intervento quasi illimitato da parte della Banca centrale europea.

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sollevazione2

No al MES! Le menzogne degli europeisti e le ambiguità dei "sovranisti"

a cura di Moreno Pasquinelli

Si è svolta il giorno 6 novembre sotto il Parlamento, promossa da LIBERIAMO l'ITALIA, la manifestazione contro il MES e contro l'eventuale ratifica da parte di governo e Parlamento. Sul MES se ne dicono tante, spesso si tratta di colossali bugie. Come stanno davvero le cose ce lo spiega il DOSSIER pubblicato di seguito,curato da Moreno Pasquinelli e approvato del Coordinamento nazionale di LIBERIAMO l'ITALIA

082718926 05687933 d323 4877 bb93 1e1e2f883dbeIl contesto da cui nacque la bestia del Mes

Dopo decenni di finanziarizzazione dissennata, nel 2007-2008, scoppiò negli Stati Uniti la bolla dei mutui subprime, in sostanza la più grave crisi finanziaria dopo quella del 1929. La conseguenza fu il cosiddetto “credit crunch”, il sostanziale blocco dell’offerta di credito da parte delle banche. L’onda d’urto globale travolse anzitutto l’Occidente, ma colpì in modo letale l’eurozona. I governi di Stati Uniti, Giappone e Gran Bretagna, dopo qualche esitazione, decisero di obbligare le loro banche centrali ad esercitare la funzione di prestatore di ultima istanza (lender of last resort), ovvero stampare la moneta necessaria per prestarla a banche e istituti simili, in grave crisi di liquidità. Il paracadute fornito dalla banche centrali evitò in effetti la catastrofe e l’economia poté riprendersi presto.

Per farci un’idea di quanto massiccia fu la manovra della Federal Reserve, basti ricordare che questa acquistò titoli sul mercato per circa 4500 miliardi. Risultato: vero che il deficit salì al 4,2% e il debito pubblico passò al 102% del Pil, ma la disoccupazione scese sotto il 5%, il Pil tornò a crescere del 2% e Wall street tornò presto ai livelli pre-crisi. Una linea “interventista” che la FED non ha mai abbandonato, se è vero, com’è vero, che nel settembre scorso è intervenuta con una gigantesca operazione di 260 miliardi in soccorso di diverse banche a rischio di collasso.

Non fu così nell’eurozona. Alla BCE, del tutto indipendente dai governi e dal Parlamento europeo, tenuta per statuto a rispettare le sue ferree regole monetariste (stabilità dei prezzi e tasso d’inflazione non superiore al 2%) è proibito di agire come prestatore di ultima istanza o di correre in soccorso degli Stati.

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politicaecon

Mes: se poco cambia perché niente deve cambiare

Quel Gattopardo del MES

di Sergio Cesaratto e Massimo D'Antoni

visconti gattopardo10Niente di nuovo sotto il sole. Così ha argomentato nella sua audizione il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri a proposito del nuovo MES (il Meccanismo Europeo di Stabilità): la possibilità di ristrutturazione del debito pubblico è già presente nell’attuale versione del trattato e quindi gli allarmi sollevati per le modifiche sono ingiustificati. Eppure tra i primi a sollevare dei dubbi erano stati economisti che, quanto a fedeltà all’ortodossia europea, sono al di sopra di ogni sospetto.

Giampaolo Galli, già deputato del Pd, aveva scritto un articolo nel quale, pur con cautela, metteva in fila gli elementi problematici della riforma. Egli ricordava l’episodio della famosa “passeggiata di Deauville” di Merkel e Sarkozy dell’ottobre 2010: il fatto che per in quella occasione la prima volta si sia menzionata la possibilità di un “coinvolgimento del settore privato” (una perifrasi per dire la ristrutturazione del debito) viene considerato come uno degli elementi scatenanti della speculazione che ha portato alla crisi dei debiti sovrani del 2011. Rilevava come nella nuova versione del trattato si attribuiscano al MES poteri molto ampi, in parte sovrapposti a quelli della Commissione, nella valutazione della sostenibilità dei debiti dei paesi membri, e con maggiore nettezza che in passato si stabilisce che l’assistenza verrà data solo ai paesi con debito sostenibile; una valutazione negativa sul debito rischia dunque di costringere il paese a ristrutturare il proprio debito per poter accedere ai fondi del MES. Se dunque è vero che il testo del trattato non prevede automatismi, in una situazione di reale necessità un paese bisognoso di aiuto con debito dichiarato non sostenibile avrebbe ben poca scelta.

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nicol.forcheri

MES: il golpe è servito

di Nicoletta Forcheri

avvocato stranamoreA parte che il MES è una Société Anonyme di diritto lussemburghese ai sensi della legge sulle società commerciali del 1915. E che per il suo statuto, pur essendo redatto in francese e inglese, è l’inglese a fare fede, sebbene questa non sia una lingua ufficiale del Lussemburgo. Immaginate di creare una società di diritto italiano ma di scriverne lo statuto in giapponese o in inglese pur riferendovi, per i termini e i concetti di legge, a quelli del codice civile italiano dovenon sono né sovrapponibili né semplicemente esistenti nell’altra lingua… Una nebulosa giuridico linguistica.

Ma poi abbiamo una società commerciale privata i cui azionisti noti sono 19 Stati membri dell’eurozona, e che per il resto il MES è coperto dal segreto professionale. Tutti i suoi atti sono segreti e inviolabili. Non solo, ma le sue importazioni sono esenti di dazi. Il suo personale esentasse.

Non basta, perché il suo personale non può mai essere né indagato né citato in giustizia, praticamente immune e impunito per tutte le sue azioni nell’ambito delle sue funzioni, che riguardano essenzialmente operazioni finanziarie speculative e creazione monetaria. Sogno? Mi pizzico, non posso crederci! E noi che per un minibot dovuto ai legittimi creditori dello Stato di massimo 25000 euro per azienda abbiamo dovuto cambiare ministro delle Finanze, e abbiamo inorridito le cancellerie del mondo intero che ci hanno accusato di volere stampare moneta!!

Senonché, avendo il MES personalità giuridica essa non può mai essere citata né indagata ma vice versa può citare in giudizio chi vuole, quando vuole, come vuole, persone fisiche e morali e per le ragioni che vuole.

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sbilanciamoci

MES, c’è un altro modo di salvare gli Stati. E l’Europa

di Massimo Amato

Piagnoni e Palleschi, per ricordar D’Azeglio, così possono essere definiti i due campi di un dibattito sul MES in Italia eccessivamente polarizzato. Eppure una vera alternativa ci sarebbe: un reale safe asset europeo per gli investitori finanziari

IMG00179Attorno alla riforma del MES il dibattito si è, come al solito, polarizzato: fra chi si è stracciato le vesti indicando vittime e carnefici, e chi ha continuato a trattare con sussiego tutti coloro che non hanno capito che l’Europa è una cosa meravigliosa, impossibilitata a far del male a chicchessia. Se non, beninteso, a quelli che se lo meritano.

Resta il fatto che fra gli MES-scettici questa volta si sono dovuti noverare notori euro-entusiasti. In particolare, colpisce la posizione preoccupata del governatore Visco. Come la mettiamo? Forse non è possibile liquidare la questione come un semplice gioco delle parti. Che però merita di esser giocato fino in fondo.

Proviamo, infatti, a portare alle estreme conseguenze il ragionamento dei “piagnoni”. L’Italia è debole a causa di un altissimo debito pubblico, che ormai si autoalimenta: anche a fronte di una lunga serie di avanzi primari positivi ed elevati il peso del debito cresce a causa non solo della stagnazione del PIL aggravata dall’austerity ma anche del costo del suo servizio, che a sua volta tende ad aumentare proprio a causa del livello elevato del debito pubblico. In questo contesto le nuove clausole del trattato, che mettono in mano al MES, più ancora di quanto già non fosse, la possibilità di condizionare finanziamenti a favore di uno stato in difficoltà a una ristrutturazione, più o meno automatica, del debito, possono provocare quello stato di bisogno che il MES sarebbe poi chiamato a sanare. Se le cose andassero così, a rimetterci non sarebbero soltanto le banche, che sarebbero almeno parzialmente compensate dall’accesso al fondo di risoluzione che la riforma prevede alimentato proprio dal MES (buono anche, diciamolo, per eventuali probabili problemi delle banche tedesche), ma i detentori privati del debito italiano.

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seminaredomande

MESsi in trappola

di Francesco Cappello

89691a44 2fda 485f 9c77 1c4d560880abIl meccanismo europeo di stabilità (MES)

è uno dei modi che i paesi ricchi dell’eurozona stanno perfezionando per porsi al riparo, a danno dei più paesi più fragili, dalle perdite provocate dalle loro stesse politiche mercantiliste-ordoliberiste, sostenute e promosse dalle istituzioni della Ue.

Se leggi “fondo salva stati (fss)“ pensi ad una colletta tra stati, utile a venire in soccorso di quei paesi che venissero a trovarsi in grave difficoltà. Bello no? La solidarietà tra stati! Già nella versione sottoscritta, ratificata e finanziata nel 2012 il fss fu ridefinito meccanismo europeo di stabilità. Anche in questo caso immagini che misure a garanzia della stabilità saranno sicuramente positive. C’è forse qualcuno a cui piace vivere tra brutte sorprese, in un mondo imprevedibile, continuamente mutevole e instabile?

Dire, più realisticamente, che il MES sia stato architettato primariamente quale fondo salva grandi banche d’affari non lo avrebbe reso molto popolare. Dire che mira, seppure indirettamente, ad incoraggiare la minimizzazione della spesa pubblica degli stati o a incentivare la svendita di quel che rimane del loro patrimonio pubblico, o ancora, che abbia come effetto quello di dirottare gli investimenti delle famiglie, orientandoli all’acquisto dei prodotti finanziari delle banche d’affari piuttosto che dei titoli del loro stato, avrebbe rischiato di metterlo in cattiva luce.

La denominazione di fondo salva stati ci aveva comunque abituato a convivere con l’idea dell’eventuale default (fallimento) degli stati. Che i paesi membri possano fallire legittima strumenti quali il MES, predisposti al loro soccorso. Tale eventualità appare oggi realistica quale esito reso possibile da una serie di cambiamenti strutturali intervenuti negli ultimi decenni.

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la citta futura

Fondo salva stati. Cosa non vogliono dirci

di Federico Giusti e Ascanio Bernardeschi

Con le modifiche al Meccanismo europeo di stabilità si accentuano i vincoli finanziari nell’eurozona e la finanza espropria gli Stati dei loro poteri, a danno dei lavoratori. Una lotta di classe asimmetrica

6cfb9b415fc2b3862550054cf9c47ec7 XLSi è iniziato a parlare da fine primavera, quando la Lega era ancora al governo del paese, delle modifiche al c.d. Fondo salva stati, fondo con cui l'Ue “aiuta” (virgolette d’obbligo) i paesi in difficoltà, cioè quelli più indebitati. Ma prima di vedere di cosa si tratta, ragioniamo su alcune regole cui devono sottostare i paesi dell’Unione Europea (Ue), secondo il Trattato di Maastricht.

Una di esse dice che nessun paese può avere un disavanzo della bilancia commerciale con l’estero (differenza fra esportazioni e importazioni) superiore al 4% né un avanzo superiore al 6%. Ma la virtuosa Germania non è in regola perché ha stabilmente avanzi maggiori. Gli avanzi della Germania verso in paesi dell’Ue corrispondono ai disavanzi di questi ultimi. Tuttavia nessuno richiama la Germania e sul banco degli imputati vengono messi solo i paesi in disavanzo. Un’altra conseguenza del Trattato è l’impossibilità degli stati in disavanzo commerciale con l’estero di compensare questo svantaggio competitivo con la svalutazione monetaria, visto che la moneta unica è gestita dalla Bce.

Le due cose messe insieme hanno effetti pesanti. Infatti, un indebitamento netto con l’estero del sistema delle imprese dipende dal fatto che nella nazione si acquista più dall’estero di quanto si riesca a vendere, che si consuma più di quanto si incassi, che siamo debitori verso l’estero e che il risparmio netto è negativo. Ciò implica che non possono esserci sufficienti risparmi interni per acquistare il debito pubblico. Quest’ultimo, di conseguenza, deve essere necessariamente detenuto in dosi massicce da risparmiatori e istituzioni finanziarie esteri, visto che è anche proibito dalle regole europee che le banche centrali acquistino i titoli del debito pubblico sul “mercato primario”, cioè direttamente presso gli Stati nel corso delle aste, come invece avveniva una volta.

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vocidallestero

Ue: Draghi ha salvato i banchieri, non i lavoratori

di Thomas Fazi

GettyImages 1174174930La stampa mainstream e i leader europei hanno esaltato in Mario Draghi il salvatore dell’euro. Ma questo, non sorprendentemente, ha significato imporre ai governi misure di austerità in misura sempre maggiore e in modalità sempre meno democratica. In pratica la Banca centrale europea si è mossa all’opposto delle altre banche centrali: mentre queste sostengono i governi per aiutarli a praticare politiche espansive di sostegno all’economia, la BCE condiziona gli aiuti all’applicazione di misure di austerità sempre più rigide. Con un potere di ricatto che mette in discussione il concetto stesso di democrazia in eurozona. Il caso più eclatante è stato quello della Grecia. Da Jacobin.

* * * *

Quando il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi ha lasciato l’incarico, il mese scorso, è stato ampiamente elogiato per “avere salvato l’euro”. Ma lo ha fatto a spese dei lavoratori, sfruttando la crisi per imporre un regime di austerità sempre più ineluttabile.

Quando il mandato di otto anni di Mario Draghi si è concluso, il mese scorso, i governanti europei hanno fatto a gara nel riversare sul presidente uscente della Banca centrale europea (BCE) un tributo di lodi ai confini del culto. Questa auto-adulazione d’élite ha sfiorato il ridicolo. Il presidente francese Emmanuel Macron ha elogiato Draghi per “averci passato il testimone dell’umanesimo europeo“. Il presidente italiano Sergio Mattarella lo ha ringraziato per avere reso “il sistema economico europeo più efficace“. L’ex amministratore delegato del Fondo monetario internazionale (FMI) Christine Lagarde – che ha preso il posto di Draghi come capo della BCE – ha esaltato il suo successo nel “garantire il futuro dell’eurozona e il benessere delle sue popolazioni“. Ma, soprattutto, Draghi è stato celebrato per “avere salvato l’euro“.

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jacobin

Il Mes è la nuova «polizia dei mercati» europea

di Rolando Vitali

La riforma del Meccanismo europeo di stabilità, il cosiddetto Fondo salva-stati, mira a forzare in maniera ancora più violenta i paesi debitori a nuove privatizzazioni e politiche di austerity. È così che si fomentano i nazionalismi

mef jacobin italia 990x361Col sorgere dell’indebitamento dello Stato, al peccato contro lo spirito santo, che è quello che non trova perdono, subentra il mancar di fede al debito pubblico.

Karl Marx, Das Kapital

…gli individui sono ora dominati da astrazioni.

Karl Marx, Grundrisse (1857-58)

Nel dibattito pubblico italiano si sente parlare spesso della riforma del famigerato Meccanismo europeo di stabilità (Mes), ma pochi commentatori spiegano di che cosa si stia discutendo precisamente e che cosa sia realmente in gioco.

 

Che cos’è il Mes?

Si tratta del cosiddetto Fondo salva-stati: quel fondo europeo che dovrebbe tutelare la stabilità finanziaria dell’Eurozona, garantendo una copertura adeguata in caso di crisi debitoria da parte di uno degli stati membri. Il processo di riforma del Mes, di cui si parlava da tempo, si è concretizzato lo scorso giugno ottenendo un primo via libera informale, mentre l’approvazione definitiva dovrebbe avvenire il prossimo 12 dicembre. Il fondo è già attivo dal 2012 e serve a dare assistenza finanziaria ai paesi in cambio di «riforme» che, sostanzialmente, prevedono la solita ricetta in stile Fmi: tagli alla spesa pubblica, privatizzazioni, flessibilizzazione del mercato del lavoro, aumento dell’età pensionabile ecc.

La cosa interessante di questo meccanismo di «protezione» dall’instabilità finanziaria, è che può funzionare anche in maniera inversa: vale a dire, non tanto per «difendere» dall’instabilità, ma per forzare i paesi a prendere determinate decisioni politiche, proprio mettendoli davanti a un aumento dell’instabilità finanziaria.

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contropiano2

L’incubo del Mes sul nostro prossimo futuro

di Francesco Piccioni

jjgvjhnhvjdfhvilhvet 672x300Ci scuserete se torniamo ancora sulla “incredibile” vicenda del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità, che sta per essere approvato tra pochi giorni da tutti i membri dell’Unione Europea. In fondo, riguarda “soltanto” il brutto futuro che attende tutti noi (meno qualcuno). Però vi tranquillizziamo: questa volta non parleremo di “tecnica economica”, ma di politica. A un livello speriamo superiore rispetto alle sciocchezze che ci propina quotidianamente l’informazione mainstream.

Che cosa contenga il Mes, infatti, lo abbiamo già analizzato più volte, ricevendo ogni giorno nuove conferme anziché smentite. In estrema sintesi, è un sistema di regole da applicare in modo pressoché automatico che “convince” – contando sulle normali dinamiche del mercato finanziario – i capitali a fuggire dall’Italia e altri paesi con un forte debito pubblico per indirizzarsi verso le banche tedesche, francesi, olandesi. Le quali hanno problemi assai gravi e rischiano di saltare nei prossimi mesi o al massimo pochi anni. Per funzionare davvero c’è bisogno che venga approvata anche l’implementazione dell’unione bancaria europea, secondo la proposta avanzata ancora una volta dalla Germania tramite il ministro delle finanze Olaf Scholz.

Una volta chiuso il cerchio, il ministero del Tesoro avrebbe difficoltà immense per piazzare i titoli di Stato sul mercato e contemporaneamente le banche avrebbero una tale necessità di capitali da chiudere i rubinetti dei prestiti a famiglie e imprese (oltre a vendere i titoli di Stato italiani, contribuendo così alla caduta del prezzo, all’aumento degli interessi da pagare e a un buco supplementare nei propri bilanci). Una gelata di lungo periodo sull’economia reale che arriverebbe (arriverà) dopo oltre un decennio di crisi-stagnazione.

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lavoroesalute

La sinistra e l’economia: da Sraffa e Keynes alla riforma del MES

Alba Vastano intervista Sergio Cesaratto

Incubo o Lincubo Johann Heinrich Füssli 1“Ora si rischia di allarmare nuovamente i mercati. Le banche italiane e straniere ci penserebbero due volte ad acquistare titoli di un Paese che potrebbe essere assoggettato a ristrutturazione del debito. Di qui i timori del governatore di Bankitalia Ignazio Visco, di Patuelli e dell’on. Giampaolo Galli e di tanti altri. Una ristrutturazione del debito colpirebbe duramente le banche e i risparmiatori. Ѐ una strategia folle” (Sergio Cesaratto)

Un mese e la riforma del MES, il fondo salva Stati, verrà attuata. Vorremmo così non fosse, ma ci sono tutti i presupposti che lasciano pensare ad un amarissimo dono di Natale che l’Europa sta per propinarci. Per comprendere i meccanismi della riforma e le conseguenze che piomberanno come una mannaia sull’economia italiana, già compromessa da un enorme debito, ne parliamo con Sergio Cesaratto, fra i più noti economisti critici internazionali. Tanto umile ed empatico nel privato, quanto serio e rigoroso nella professione. A lui, all’economista eterodosso, appellativo con cui ama definirsi, alla sua militanza universitaria, al suo sentirsi uomo di sinistra, pur criticandone le inadempienze, rivolgo le domande seguenti in questa lunga intervista. Concludendo con quelle più ‘mordaci’, sapendo che chi risponde, lo fa mantenendo la modestia e l’allure elegante del valente professionista. Grazie professor Cesaratto.

* * * *

Professor Cesaratto, entriamo subito nel vivo, ovvero l’attuale questione del MES , il fondo salva Stati. Anzitutto, per i profani in materia di economia, può spiegare cos’è il MES e come funziona questo meccanismo applicato all’economia europea?

Il Meccanismo europeo di stabilità (MES), detto anche fondo salva-Stati, fu creato nel 2011. Interviene a finanziare uno Stato quando per quest’ultimo non ha più senso finanziarsi sui mercati a causa di tassi di interesse troppo alti. Semplificando, quando i sottoscrittori del debito pubblico non rinnovano i prestiti, non trovando altri acquirenti a tassi ragionevoli, il Paese non può restituire i prestiti in scadenza ed è in default.

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coniarerivolta

Il Meccanismo Europeo di Stabilità e i volti della lotta di classe

di coniarerivolta

jepcoloss 1Ci stanno un economista della Lega, uno del PD ed il Governatore della Banca d’Italia, ma non è una barzelletta, è una storia vera. Lo si capisce perché, al di là delle sfumature, dicono tutti e tre la stessa cosa: il progetto di riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) mette in pericolo la stabilità finanziaria dell’Italia, piuttosto che tutelarla. Tante sfumature, dicevamo. Il Governatore Visco, solitamente ingessato nel linguaggio istituzionale tipico di Bankitalia, parla fuori dai denti di un “enorme rischio” connesso alla riforma, evocando le “terribili conseguenze” dei primi accordi tra i Paesi europei in tema di ristrutturazione del debito pubblico. Secondo Giampaolo Galli (Confindustria e PD, scusate la ripetizione) “una ristrutturazione preventiva sarebbe un colpo di pistola a sangue freddo alla tempia dei risparmiatori … un evento di gran lunga peggiore di ciò che l’Italia ha vissuto negli ultimi anni a causa dei fallimenti di alcune banche … una calamità immensa, generebbe distruzione di risparmio, fallimenti di banche e imprese, disoccupazione di massa e impoverimento della popolazione senza precedenti nel dopoguerra.” La descrizione dell’apocalisse, che ha destato tanto allarme perché uscita dalla bocca di un economista liberista e uomo delle istituzioni come Galli. In confronto, le urla dei variopinti leghisti assomigliano ai capricci di un bambino. E come un bambino, la più grande forza populista e “antisistema” del Paese scarica tutta la sua rabbia in un hashtag, #stopMES, tirando la volata al cinguettio infuriato del capitano contro “l’alto tradimento” delle autorità italiane che sottoscriveranno il patto di riforma del MES nelle sedi europee.

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contropiano2

Mes, il fondo salva-banche tedesche

di Claudio Conti

hvsbckjnsbsdckbskdvdjfilvdfE’ il problema politico centrale, di dimensioni incommensurabilmente più grandi di quelli che la nostra “classe politica” è in grado di concepire (e stendiamo un velo pietoso sulla sedicente “sinistra radicale”…). Più passano i giorni, più la natura del Meccanismo europeo di stabilità si precisa come come “argine” a difesa di interessi nazionali e di classe molto precisi.

Niente a che vedere, insomma, con la pretesa di stabilire “regole uguali per tutti”. A punto che, come abbiano segnalato nei giorni scorsi, anche “europeisti” senza se e senza ma sono stati costretti a spiegare che il “nuovo Mes” è una trappola per alcuni paesi e una ciambella di salvataggio per altri. In dettaglio: va bene per Germania, Francia, Olanda, Finlandia e pochi altri, è una ghigliottina per l’Italia e gli altri Piigs (ma non solo per loro).

Ogni ora che passa c’è un altro “europeista” storico che se ne accorge. Tra gli altri, e questa è veramente una “sorpresa”, arriva persino Repubblica, che affida la sua critica ad Alessandro Penati (un “esterno”, per delimitare in qualche modo la portata della propria “conversione” in itinere).

Il meccanismo è complesso, sul piano regolamentare, ma per di più è comprensibile nella sua “strategia” soltanto se si riesce a tener presente le normali dinamiche “di mercato”. Le quali essendo presupposte come “naturali” non entrano mai nella definizione delle “regole” dei rapporti tra Stati. Ma esistono eccome; anzi, sono determinanti.