- Details
- Hits: 101
La locomotiva cinese rallenta?
di Vincenzo Comito
Secondo alcune stime l’economia cinese è in fase di rallentamento. In realtà per il momento il Pil è in crescita di oltre il 5%. C’è senz’altro un cambio di strategia in atto e si presentano alcuni problemi, soprattutto sociali, che la dirigenza cinese è chiamata ad affrontare
Premessa
Da qualche tempo i media occidentali pubblicano articoli molto critici sull’attuale situazione economica cinese, prevedendo prospettive molto negative per il Paese asiatico. Bisogna a questo proposito ricordare che ormai da decenni la pubblicistica del Nord del mondo ci ha abituati a vedere sfornare in grande abbondanza previsioni catastrofiche sul Dragone, previsioni poi regolarmente smentite dai fatti.
In realtà nel 2023 il Pil cinese è cresciuto del 5,2% e le stime per il 2024 parlano di un 5,0%. I dati a consuntivo del primo trimestre sembrano confermare la plausibilità di tale valutazione; in effetti il Pil è cresciuto del 5,3%. Certo tali cifre appaiono inferiori a quelle cui Pechino ci aveva abituati in passato, ma, oltre a ricordare che questi dati sono inferiori soltanto a quelli dell’India, va anche considerato che, vista la dimensione cui è ormai giunta l’economia cinese, ottenere tassi di crescita superiori appare un’impresa assai ardua. Certamente, per altro verso, la Cina si trova oggi di fronte ad alcuni problemi di peso mentre sta cercando di cambiare alcuni aspetti del suo modello di sviluppo.
Nel testo che segue cercheremo di fare il punto sulla situazione attuale, avvalendoci anche di molte informazioni tratte da diversi media internazionali, con particolare riferimento ad alcuni articoli apparsi di recente su The Economist.
Le nuove forze produttive
L’economia cinese sta cercando di cambiare, almeno in parte, le sue strategie di crescita. Di fronte a problemi interni (si veda meglio al paragrafo successivo), al rallentamento degli scambi internazionali e all’ostilità crescente dei Paesi occidentali, di fronte anche allo sviluppo impetuoso delle nuove tecnologie, il gruppo dirigente cinese ha messo a punto linee di sviluppo abbastanza nuove.
- Details
- Hits: 86
Sei mesi di crimini di guerra a Gaza
di Lee Mordechai*
In questi sei mesi Israele ha ucciso i civili di Gaza, distrutto infrastrutture e ospedali, limitato l'accesso a beni di prima necessità e compiuto una progressiva pulizia etnica. Ecco le prove che documentano questa operazione
Negli ultimi sei mesi, Israele ha ripetutamente massacrato i palestinesi di Gaza, causando la morte di ben oltre trentamila palestinesi, di cui circa il 70% sono donne e bambini. Altre decine di migliaia di persone sono rimaste ferite. Queste stime sono probabilmente per difetto, considerando la deliberata distruzione da parte di Israele del sistema sanitario di Gaza, che è l’unica fonte indipendente di questi dati (che sono utilizzati anche da Israele, compreso il suo primo ministro e l’esercito).
Israele ha cercato attivamente di provocare la morte della popolazione civile di Gaza. Lo ha fatto attraverso la distruzione di istituzioni civili o umanitarie – come ospedali o agenzie di supporto–- e chiudendo la Striscia di Gaza alle sue necessità: cibo, acqua e medicine. Di conseguenza, la popolazione di Gaza (soprattutto bambini) ha già iniziato a morire di fame e disidratazione.
A causa della mancanza di medicine, procedure mediche difficili come amputazioni e cesarei sono condotte senza anestesia. Israele si è spinto oltre nel tentativo di distruggere il tessuto della società palestinese prendendo deliberatamente di mira istituzioni culturali come università, biblioteche, archivi, edifici religiosi e siti storici.
Disumanizzazione
Il discorso israeliano ha disumanizzato i palestinesi a tal punto che la stragrande maggioranza degli ebrei israeliani sostiene le misure sopra citate. Innumerevoli video dalla Striscia di Gaza difffusi da soldati dell’esercito israeliano attestano ampi abusi nei confronti dei palestinesi (tra cui violenze crudeli e disumanizzazione), saccheggi continui, ormai la norma, e la distruzione selvaggia di ogni tipo di proprietà senza che vi siano state conseguenze.
- Details
- Hits: 102
Le complesse relazioni tra Israele e Iran
di Thierry Meyssan
Benché la retorica dei mullah sia chiaramente anti-israeliana, le relazioni tra i due Paesi sono molto più complesse di quanto appare. In Iran ci sono due opposti schieramenti: uno che vuole fare affari con il resto del mondo e con ogni mezzo; l’altro che aspira a liberare i popoli dalla colonizzazione. Il primo ha continuato a fare affari con Israele, il secondo invece lo combatte, in nome degli stessi principi per cui si oppone all’imperialismo del Regno Unito e degli Stati Uniti
Il conflitto tra Israele e Iran è distinto dal conflitto tra la popolazione araba di Palestina e gl’immigrati ebrei.
Diversamente da una convinzione diffusa, i persiani non sono mai stati nemici degli ebrei. Nell’Antichità fu Ciro il Grande a consentire agli ebrei di fuggire da Babilonia, dove erano stati ridotti in schiavitù.
Dopo la seconda guerra mondiale, quando gli Stati Uniti s’impadronirono dei resti dell’impero britannico, il presidente statunitense Dwight Eisenhower riorganizzò il Medio Oriente. Per dominarlo, designò propri rappresentanti due potenze regionali: Iran e Israele, Paesi che furono al tempo stesso amici e rivali.
Eisenhower inviò in Siria il segretario di Stato, John Foster Dulles (fratello del direttore della Cia, Alan Dulles), per organizzare un’alleanza tra Iran e Siria al fine di contenere le ambizioni israeliane. Il 24 maggio 1953 Damasco e Teheran firmarono un trattato di difesa reciproca. All’epoca il presidente siriano, generale Adil Chicakli, era filo-britannico e anti-francese. Questo trattato è ancora in vigore [1].
Nel frattempo il Regno Unito entrava in conflitto con il primo ministro dello scià Reza Pahlavi, Mohammad Mossadeq, che voleva nazionalizzare lo sfruttamento del petrolio. Con l’aiuto degli Stati Uniti, Londra organizzò una “rivoluzione colorata” (Operazione Ajax [2]). MI6 e Cia pagarono migliaia di persone per manifestare contro Mossadeq e ottenerne la destituzione. Accogliendo la “richiesta” del popolo, il sovrano sostituì il primo ministro con il generale nazista Fazlollah Zahedi [3].
- Details
- Hits: 110
Quarta guerra mondiale
di Salvatore Bravo
La quarta guerra mondiale è la normalità nel tempo del capitalismo assoluto, Costanzo Preve ne ha analizzato le dinamiche allo scopo di sostenere l’uscita dalla gabbia d’acciaio del sistema capitale. Essere rivoluzionari significa conservare un sano e realistico ottimismo, l’essere umano per natura è logos, pertanto nessuna notte della ragione è eterna. La quarta guerra mondiale è guerra nel senso largo del termine e, in tal senso, è un evento assolutamente nuovo nella storia dell’umanità. La guerra con le armi è solo una fase della lunga battaglia politica, economica e culturale per piegare l’umanità alla sola grammatica del capitalismo. La prima guerra mondiale (1914-1918), la seconda guerra mondiale (1939-1945), la terza guerra mondiale (1945-1989) e la quarta hanno connotati diversi. Costanzo Preve identifica le prime due con la guerra in senso stretto, le successive con la guerra in senso largo, in un crescendo di violenza economicistica e tecnocratica.
L’esito della quarta guerra mondiale non è ancora deciso, siamo dinanzi a una soglia di imprevedibilità. Essa potrebbe portare a un nuovo incipit nella storia dei popoli, a un nuovo livello di consapevolezza rivoluzionaria o al lungo congelamento di ogni prospettiva storica. Il futuro si gioca nel nostro presente. La storia non è scritta nei testi sacri degli economisti liberisti, le infinite variabili, la prima è la coscienza umana, la quale è individuale e collettiva potrebbero riservare delle sorprese. L’insostenibilità-innaturalità dell’individualismo fluido e atomistico può portare a esiti incontrollabili e reazionari. In tale cornice delicatissima è necessario intervenire per decostruire le dinamiche e le tattiche delle oligarchie in guerra contro i popoli. Il clero mediatico e accademico è parte integrante della guerra in corso. Il fine del loro intervento che in modo tentacolare raggiunge ogni cittadino mediante i media e la formazione ha l’intento di derealizzare e di impedire la comprensione radicale del periodo storico nel quale ci dibattiamo. Il pericolo è l’infrangersi tra gli scogli della menzogna pianificata.
- Details
- Hits: 154
Cosa cresce all'ombra dell'odierno antifascismo?
di Andrea Zhok
La festa del 25 aprile, come celebrazione della liberazione dell’Italia dal nazifascismo, fu istituita subito dopo la guerra, il 22 aprile del 1946 con regio decreto (l’Italia era ancora un regno e non una repubblica; il referendum si sarebbe tenuto due mesi dopo). Se si pensa alla scelta della data, il significato inizialmente inteso è piuttosto chiaro: si trattava di affermare le autorità italiane (a partire dal re) come interlocutori delle potenze occupanti, nonostante l’ovvia compromissione con il fascismo. Per farlo si richiamava la data del 25 aprile 1945, quando il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia aveva proclamato l’insurrezione generale contro le rimanenti truppe nazifasciste, pochi giorni prima dell’arrivo delle truppe alleate (il suicidio di Hitler nel bunker di Berlino è di 5 giorni dopo, il 30 aprile). Con l’istituzione della festività si intendeva manifestare all’interno, ma soprattutto all’estero che l’Italia era altra cosa rispetto al fascismo.
Negli anni del dopoguerra la festività del 25 aprile venne investita di un ulteriore ruolo di compattamento del nuovo arco costituzionale che doveva prendere le distanze dalle ampie rimanenze del regime fascista all’interno delle istituzioni (a partire dalla magistratura).
- Details
- Hits: 103
Il Wall Street Consensus sbarca in Eurolandia
di Andrea Guazzarotti
Oggi il Parlamento europeo ha approvato il nuovo Patto di stabilità (e crescita?) destinato, dopo la sospensione del vecchio Patto durante la pandemia, a vincolare i futuri piani di bilancio degli Stati dell’UE. Dopo lunghe negoziazioni – e nonostante il mea culpa della Commissione sui guasti prodotti dal vecchio – il nuovo Patto riproduce la stessa logica ispirata all’austerity e alla diffidenza di Germania e ‘frugali’ per gli investimenti pubblici a debito. In questo orizzonte, il moltiplicatore keynesiano semplicemente non esiste e tutto ciò che si può fare è risparmiare, oggi, per prepararsi al peggio di domani. Il freno all’indebitamento costringe lo Stato a lasciar inasprire le crisi prima che possano essere prese misure di indebitamento [Märtin, Mühlbach]. L’esito è sconsolante: la Germania ha registrato un gap in investimenti pubblici infrastrutturali (ma anche in investimenti privati) non degno di quell’economia. Non si può investire a debito per prevenire le calamità, lo si può fare solo per riparare i danni, dopo che quelle calamità si saranno verificate!
La confederazione dei sindacati europei prevede che con le nuove regole fiscali europee (comunque meno rigide delle previgenti) solo tre Paesi saranno in grado di finanziarie gli investimenti di cui la stessa UE, per bocca dei tanti documenti prodotti in questi anni specie dalla Commissione, si professa bisognosa.
- Details
- Hits: 125
L’evoluzione del fascismo in politicamente corretto
di comidad
Si dice spesso che il fascismo non può tornare, ed è vero; ma non può tornare per il semplice motivo che non se n’è mai andato, si è soltanto “aggiornato”. La querela per diffamazione di Giorgia Meloni a Luciano Canfora per la frase secondo cui l’attuale Presidente del Consiglio sarebbe “neonazista nell’animo”, rappresenta appunto un caso paradigmatico e indicativo della nuova veste adottata dal fascismo riciclato. Molti giornalisti, oltre a riferire erroneamente trasformando “animo” in “anima”, hanno cercato di banalizzare la vicenda lamentando il fatto che la Meloni non abbia rinunciato alla querela una volta diventata Presidente del Consiglio, in modo da non far valere la sua posizione di potere nei confronti di un semplice cittadino. In realtà il paradosso politico e giuridico della querela e dell’attuale rinvio a giudizio sarebbe stato evidente persino se la Meloni fosse stata soltanto una deputata, o persino la segretaria di una sperduta sezione di partito. L’abbiccì del mestiere del politico è infatti utilizzare i commenti ostili come sponda dialettica per rilanciare la propria posizione e screditare quella altrui; perciò un politico che fa l’offeso palesa il suo dilettantismo e la sua inadeguatezza al ruolo.
- Details
- Hits: 69
Fino a quando potranno impedire le elezioni in Libia?
di Leonardo Sinigaglia*
Il percorso per giungere a elezioni libere e nazionali in Libia sembra nuovamente essersi arenato per gli interessi dei vari signori della guerra e delle relative milizie. Dopo il fallimento dell’ennesimo piano promosso dall’inviato ONU Abdoulaye Bathily, la situazione è notevolmente peggiorata. Di elezioni non si può parlare, soprattutto se queste vedrebbero la candidatura di Saif al-Islam Gheddafi, una figura sempre più popolare e visto come unica figura in grado di riunire il paese e di riconquistare l’indipendenza.
Due giorni fa, nella città di Zintan, a 120 chilometri a Sud di Tripoli, decine di veicoli e di uomini armati hanno fatto da sfondo alla lettura di un’importante dichiarazione promossa dagli abitanti della zona con la quale questi prendono risolutamente posizione a favore di Saif al-Islam e della sua candidatura, chiedendo che siano al più presto indette elezioni: “Noi, le forze sociali, militari e di sicurezza di Zintan, affermiamo il nostro sostegno alla candidatura alle elezioni presidenziali di Saif al-Islam Gheddafi, perché gode di un ampio sostegno popolare, ha spiccate doti di leadership, è sinceramente impegnato per la nazione libica e ha vasta esperienza politica [...] Non permetteremo a tutti i tentativi sospetti da parte di alcuni attori nazionali e internazionali di impedire a Saif al Islam Gheddafi di esercitare il suo diritto di cittadino libico di candidarsi alle elezioni e servire il suo Paese”.
- Details
- Hits: 545
Gli Usa e il “metodo Giacarta”: il massacro delle popolazioni come politica estera
di Piero Bevilacqua
Chi legge il libro di Vincent Bevins, Il metodo Giacarta, La crociata anticomunista di Washington e il programma di omicidi di massa che hanno plasmato il nostro mondo (Einaudi, 2021) ne uscirà con una visione rovesciata della storia mondiale dopo il 1945, e con l’animo sconvolto. È successo anche a me, storico dell’età contemporanea, e testimone del mio tempo, a cui tanti fatti e vicende qui raccontate erano noti. L’autore è un prestigioso giornalista americano, che è stato corrispondente del Washington Post, del Los Angeles Times, del Financial Times, ha scritto per il New York Times e tanti altri giornali americani e inglesi. Già questa appartenenza al giornalismo USA, per quel che racconta di gravissimo in danno dei governi del proprio paese, costituisce una prima garanzia di imparzialità e obiettività. D’altra parte non sarebbe la prima volta. Quello dei giornalisti americani che scavano nelle carte segrete e denunciano le malefatte dei loro governanti è un fenomeno non raro, che fa onore a quei professionisti. È sintomatico dell’onestà di fondo dell’animo e della cultura antropologica di gran parte del popolo americano, comunque ormai ampiamente manipolati. È così clamorosa la contraddizione con gli ideali democratici della loro formazione, che non pochi giornalisti, allorché scoprono azioni omicide segrete del loro Stato, sono spinti a una ribellione morale che li porta a intraprendere vaste indagini e a scrivere libri come questi.
Ma l’autorevolezza del Metodo Giacarta si fonda sullo scrupolo scientifico di Bevins, sulla vastità e rilevanza documentaria delle sue fonti, che sono carte desecretate degli archivi americani e di vari paesi del mondo, pubblicazioni di altri studiosi, registrazioni dirette di riunioni segrete, telegrammi, testimonianze rese dai protagonisti e soprattutto dai sopravvissuti ai massacri ecc.
- Details
- Hits: 376
Il genocidio di Gaza come politica esplicita: Michael Hudson fa tutti i nomi
di Pepe Escobar – Strategic Culture Foundation
Israele, Gaza e Cisgiordania dovrebbero essere viste come l’inizio di una Nuova Guerra Fredda
In quello che può essere considerato fino a oggi il podcast più cruciale del 2024 [1], il professor Michael Hudson – autore di opere fondamentali come Super-Imperialism e il recente The Collapse of Antiquity, tra gli altri – stabilisce clinicamente il contesto essenziale per comprendere l’impensabile: un genocidio del 21° secolo trasmesso in diretta 24 ore su 24, 7 giorni su 7, in tutto il pianeta.
In uno scambio di e-mail, il Prof. Hudson ha spiegato che ora sta sostanzialmente ‘svuotando il sacco’ su come “50 anni fa, quando lavoravo all’Hudson Institute con Herman Kahn [il modello per il Dottor Stranamore di Stanley Kubrick], venivano addestrati i membri del Mossad israeliano, tra cui Uzi Arad. Ho fatto due viaggi internazionali con lui e mi ha descritto più o meno quello che sta succedendo oggi. È diventato capo del Mossad e ora è il consigliere di Netanyhau”.
Il professor Hudson dimostra come “il piano di base di Gaza è lo stesso che Kahn aveva progettato con la divisione in settori della guerra del Vietnam, con canali che tagliavano ogni villaggio, come stanno facendo gli israeliani con i palestinesi. Inoltre, già all’epoca, Kahn aveva individuato il Belucistan come l’area in cui fomentare disordini in Iran e nel resto della regione”.
Non è un caso che il Belucistan sia stato per decenni un territorio “fiore all’occhiello” della CIA e, più recentemente, con l’ulteriore incentivo dell’interruzione con ogni mezzo necessario del corridoio economico Cina-Pakistan (CPEC) – un nodo chiave della connettività per l’Iniziativa cinese del Belt and Road (BRI).
- Details
- Hits: 271
Essere uomini, essere in-relazione
di Luigi Alfieri
Il Tu è più difficile da pensare che l’Io, quasi che l’io per essere vero debba prescindere dall’altro. Ideologia. Il primo atto comunicativo non è lo scambio economico, ma il pianto. Il rapporto sociale primario è il bisogno inerme e il dono gratuito
Cosa ci dà certezza del nostro esistere? Per quale ragione, sebbene le profondità della nostra esistenza siano insondabili e resti sempre aperta la domanda circa il suo senso, nessuno di noi nutre alcun dubbio sulla realtà del proprio essere al mondo, pur non sapendo chiarire definitivamente né che cosa significa esistere, né che cosa è il mondo?
Solipsismi filosofici. La rimozione del Tu
La risposta classica, a tutti nota, è quella di Cartesio: in quanto soggetto pensante e cosciente del mio pensiero, non posso dubitare che il mio pensare implichi immediatamente l’essere[1]. Meno classica, ma ugualmente importante e forse nel complesso più credibile, è la risposta di Schopenhauer: prima ancora del pensiero, è la corporeità, con le sue emozioni e i suoi appetiti, a dirmi indubitabilmente che esisto[2]. Entrambe le posizioni sono tendenzialmente solipsistiche. Che io penso implica che io esisto, ma non implica la reale esistenza di altri, che a me si danno solo come possibili oggetti del mio pensiero che potrebbero non avere autonoma realtà: tanto che alla fine solo la dimostrazione della necessaria esistenza di Dio ha come conseguenza la reale esistenza del mondo e di ciò che ne fa parte, e quindi degli altri esseri umani[3]. In Schopenhauer il solipsismo è addirittura presentato come verità metafisica suprema: la pluralità degli esseri fenomenici è illusoria, c’è un unico soggetto che è oggetto a sé stesso, la mia stessa egoità empirica ricade nell’illusione, ciò che chiamo “io” è solo il riflesso nel fenomeno dell’unico essere e il più alto valore morale è la compassione non in quanto riconoscimento dell’alterità, ma in quanto consapevolezza che né l’Io né il Tu hanno realtà sostanziale e non c’è dunque dolore che non sia dolore di tutti perché dolore del Tutto[4].
- Details
- Hits: 308
25 aprile: la vera lotta oggi è contro il nichilismo storico
di Leonardo Sinigaglia
Anche questo Venticinque Aprile, con l’assunzione di Antonio Scurati al ruolo di novello Matteotti e la “contro-sfilata” milanese della Brigata Ebraica e delle associazioni ultranazionaliste ucraine, promette di coprirsi di ridicolo per opera del cosiddetto “antifascismo istituzionale”, aiutato, da destra e “sinistra”, dalla vasta area dei disobbedienti di ogni specie.
Questo è il secondo anniversario della Liberazione con in carica il governo Meloni, e quale migliore occasione per i fieri “partigiani” del centrosinistra per rinnovare la propria caricaturale e macchiettistica identità “antifascista”! Le forze attualmente al governo sarebbero “fasciste”, l’unico ostacolo rimasto alla piena instaurazione di una nuova dittatura in Italia non sarebbero che loro, i valorosi parlamentari piddini, con la loro visione europea, la loro coscienza progressista e l’attenzione rivolta verso i problemi dei diseredati, come il maschilismo e la fluidità sessuale. Poco importa che il Partito Democratico e Fratelli d’Italia, assieme a praticamente ogni forza dell’arco parlamentare, abbiano sostenuto ottusamente e fanaticamente la guerra per procura della NATO in Ucraina, diffondendo ogni genere di menzogne sulla Russia e armando la mano di veri e propri nazisti che non fanno mistero dei propri propositi genocidi.
- Details
- Hits: 247
L’antifascismo ridotto a marketing
di Ferdinando Pastore
Non esiste un antifascismo sconnesso da una cultura antifascista. Ma è proprio la seconda a essere stata immiserita negli anni del progresso di mercato. Prendiamo ad esempio la filosofia del merito, quella secondo cui un curriculum vitae prestigioso consentirebbe meccanicamente di esercitare le funzioni politiche o di governo. Un medico alla Sanità, un avvocato alla Giustizia, un ingegnere ai Trasporti, un economista al Bilancio; anzi un economista al vertice del Governo, perché oggi sono i mercati a dettare regole e limiti alla democrazia. Nessuna visione dunque, la tecnica è neutra e va applicato buon senso, o intelligenza studiata, perché sia raggiunta l’efficienza amministrativa. D’altronde lo Stato è un’azienda e anche l’essere umano lo è. Quindi perché logorarsi nella militanza, perché immaginare orizzonti collettivi quando l’applicazione scolastica dei vademecum d’impresa coincide con la razionalità? Chi si è formato nel patinato mondo dell’internazionalismo del business, chi ha accumulato patenti di onorabilità tra le correnti dei fiumi azionari, non ha impostazioni ideologiche; è legittimato di per sé nel porsi al comando delle truppe.
- Details
- Hits: 338
Il "piano Draghi": ora sappiamo in cosa evolverà l'UE
di Giuseppe Masala
Io credo che le prossime elezioni europee andrebbero inquadrate nel modo più corretto possibile. Provo a dare la mia interpretazione.
1 Si dà troppo spazio alla candidatura di quella sciagurata di Ilaria Salis alle elezioni europee. Siamo di fronte alla solita arma di distrazione di massa utile a far distogliere lo sguardo dell'opinione pubblica dai problemi che contano (vedi punto 2). L'unico aspetto interessante della candidatura della Salis è che dimostrano come le elezioni siano solo puro teatro che non influisce sui destini né dei singoli né dei popoli europei. Puro intrattenimento orientato alla distrazione delle masse mentre le élites hanno già deciso i nostri destini nella nostra totale inconsapevolezza.
2 Le élites europee indipendentemente dalla "volontà popolare che verrà espressa nelle elezioni" hanno già deciso il da farsi. Per esporci il progetto hanno messo come front man il miglior cavallo di razza della scuderia: Mario Draghi dal quale il piano prende il nome. Di fatto il cosiddetto "Piano Draghi" non è nient'altro che la evoluzione dell'UE fino alla sua definitiva trasformazione in "Stati Uniti d'Europa".
- Details
- Hits: 199
Una sola parola d’ordine: armarsi. Come anche le ferrovie vanno alla guerra
di Il Pungolo Rosso
Non sarà una sorpresa, ma ora è ufficiale: esiste un vero e proprio programma articolato per settori che riguarda i molti reparti dei preparativi di guerra. Uno di questi è il Piano d’Azione Military Mobility 2.0 più volte implementato e di origini non recentissime1.
L’Italia fa la sua parte in questi adempimenti richiesti da NATO e UE con sicuro ardore. e così il ministero dei trasporti ha dato immediatamente seguito al bando CEF 2 Transport dotato di 330 milioni di euro sotto forma di sovvenzioni a fondo perduto, una pacchia che convince subito gli antieuropeisti alla Salvini. Il bando era intitolato agli adattamenti delle reti di trasporto civile a scopi di “difesa” sviluppando la mobilità militare. Naturalmente partecipa – e viene ammessa a pieni voti – la Leonardo, che stipula un apposito accordo con le Ferrovie Italiane per intervenire in questo senso sui 24.000 km della rete ferroviaria nazionale. Qui è obbligatoria una pausa per denunciare che questo governo al soldo dei guerrafondai impiega per le spese militari miliardi di euro mentre non dedica neppure un centesimo alla sicurezza dei lavoratori delle ferrovie, alla sicurezza dei passeggeri e all’efficienza del servizio di trasporto ferroviario, e neanche alla riduzione dei prezzi di quel servizio.
- Details
- Hits: 515
Dodici provocazioni per un rinnovamento del marxismo
di Carlo Formenti
Premessa. Un bilancio critico e autocritico dopo 20 anni di ricerca di una casa politica
A cavallo del cambio di secolo, di fronte all’approfondirsi della crisi globale (il crollo dei titoli tecnologici al Nasdaq preannunciava la catastrofe finanziaria del 2007/2008), al precipitare del reddito e delle condizioni di vita dei lavoratori e all’acuirsi dei conflitti geopolitici, ho avvertito l’urgenza di riprendere la militanza politica attiva, dopo essermi a lungo impegnato esclusivamente nella ricerca teorica.
Alla fine dei Sessanta, dopo avere militato in alcuni gruppi maoisti e contribuito alla nascita del Gruppo Gramsci, ho intrapreso la carriera sindacale nella federazione unitaria dei meccanici, interrotta nel 1974. Nella seconda metà dei Settanta, dopo una breve esperienza in Autonomia, mi allontanai dalla politica attiva, demotivato dal riflusso delle lotte operaie e dall’evoluzione del PCI e dei partitini della sinistra extraparlamentare, i quali, pur seguendo traiettorie diverse, convergevano verso il postmodernismo liberale. Nei decenni seguenti mi sono limitato a svolgere la professione di giornalista, saggista e ricercatore universitario (caporedattore del mensile “Alfabeta”, autore di diversi libri dagli Ottanta ai primi del Duemila, infine ricercatore all’Università di Lecce).
Il primo passo verso la ripresa di un impegno politico diretto è stato un prudente tentativo di avvicinamento a Rifondazione Comunista tramite la mediazione dell’amico Piero Manni, editore leccese nonché consigliere regionale del Partito. Il rapporto si è interrotto nel 2013, dopo il coinvolgimento di Rifondazione nel cartello elettorale Rivoluzione Civile, che proponeva il giudice Ingroia come “front runner”. Nell’occasione spiegai ai compagni (che avevano adombrato una mia possibile candidatura) che consideravo indigesta l’ammucchiata con forze genericamente “progressiste”, incompatibili con il progetto di ricostruire un partito di classe in Italia.
- Details
- Hits: 141
Venezuela. Sanzioni e manovre USA sulle presidenziali del 28 luglio
di Geraldina Colotti
In questo anno di elezione presidenziale, fissata per il 28 luglio, il Venezuela bolivariano è di nuovo nell’occhio del ciclone. L’attualità ne dà conto, anche a livello internazionale. Intanto, perché il Dipartimento di Stato nordamericano ha deciso di non rinnovare la “General License 44” che aveva autorizzato, fino al 18 aprile, il ripristino delle transazioni commerciali nel settore del petrolio e del gas venezuelano.
Alle numerose imprese multinazionali, sia statunitensi che europee, tornate a investire nel paese, ora viene dato un lasso di 45 giorni per fare i bagagli, o per presentare specifiche richieste di deroga per restare. A loro, la Legge contro il bloqueo, varata dal parlamento venezuelano per far fronte al blocco economico-finanziario (innescato a suo tempo da Obama, incrementato da Trump e mantenuto da Biden), aveva consentito ampi margini di profitto, pur lasciando saldamente in mano dello Stato venezuelano (e della sua principale impresa petrolifera, Pdvsa), il controllo delle risorse.
I risultati della deroga alle “sanzioni” sono subito apparsi evidenti agli indicatori economici internazionali. Da quando, a dicembre del 2023, a seguito degli Accordi delle Barbados, conclusi tra governo e opposizione, per far fronte alla “sete” di petrolio dovuta al contesto internazionale Biden ha flessibilizzato le “sanzioni” a Pdvsa, l’economia petrolifera venezuelana è cresciuta del 18 per cento nel primo trimestre del 2024 rispetto allo stesso periodo del 2023.
Anche per questo, le ultime inchieste (per esempio la firma Hinterlaces) stanno dando un ampio margine di gradimento a Nicolas Maduro, candidato – dal Partito socialista unito del Venezuela (Psuv), dagli alleati del Gran Polo Patriottico e dai movimenti popolari – per un terzo mandato.
- Details
- Hits: 285
La costruzione di un sistema di guerra nella Ue
di Alfonso Gianni
Ora se nel mondo c’è una cosa che conviene affrontare con esitazione – ma che dico, che bisogna in tutti i modi evitare, scongiurare, tenere lontana – di sicuro è la guerra: non c’è iniziativa più empia e dannosa, più largamente rovinosa, più persistente e tenace, più squallida e nell’insieme più indegna di un uomo, per non dire di un cristiano. Invece – chi lo crederebbe? – oggi si entra in guerra di qua, di là, dappertutto, con estrema leggerezza, per le ragioni più futili; e la condotta di guerra è caratterizzata da un’estrema crudeltà e barbarie.1
Erasmo da Rotterdam
Sono trascorsi cinque secoli abbondanti da quando le parole del grande intellettuale olandese, poste in esergo, uscirono a stampa dai torchi di Aldo Manuzio.2 Se può esserci ancora qualche dubbio sulla validità delle teorie sul progresso più o meno lineare della civiltà umana, la loro falsificazione trova conferma nei terribili avvenimenti di questi ultimi mesi. La guerra continua, si incancrenisce e si allarga. I vari pezzetti della guerra mondiale descritta da papa Francesco, si congiungono tra loro in un mostruoso puzzle. Da ultimo Israele conduce un attacco “mirato” contro il consolato iraniano a Damasco, uccidendo comandanti dei “guardiani della rivoluzione”; l’Iran riempie il cielo di droni e missili; aerei statunitensi, francesi e britannici, unitamente a quelli israeliani, si alzano in volo per abbatterli. Nel contempo la guerra “dimenticata” in Sudan assomma un bilancio di 12mila morti e oltre sette milioni di sfollati. Ogni appello alla moderazione, per non dire alla trattativa e alla pace, viene immediatamente travolto, per quanto sia alto lo scranno dal quale è stato rivolto.
L’anonima sentenza latina, Si vis pacem para bellum, che ingenuamente consideravamo ormai persino impensabile, esce con sempre maggiore frequenza dalla bocca dei leader europei.
- Details
- Hits: 250
I fondi all'Ucraina, escalation della follia
di Piccole Note
Una nuova dose di droga per la tossica macchina da guerra americana che ha inebriato Zelensky
Il partito della guerra americano, che abbraccia democratici e parte dei repubblicani, vince il braccio di ferro contro la pattuglia dei repubblicani avversi a fornire altri aiuti all’Ucraina. La legge destina 52 miliardi di dollari al complesso militar industriale Usa e al Pentagono e 8 miliardi direttamente a Kiev per pagare stipendi e altro, ma 10 sono di prestiti, che l’Ucraina non potrà mai restituire (la trappola del debito usuale per le colonie).
Una nuova dose di droga per la tossica macchina da guerra americana che ha inebriato Zelensky, il quale ha rilanciato le sue stupefacenti narrazioni sulla vittoria, e i tanti corifei delle guerre infinite.
Su quest’ultimo punto è di interesse l’articolo di Matthew Blackburn, pubblicato su Responsibile Statecraft, che riferisce di come l’Institute of Study of war ha commentato questa svolta.
L’ISW, annota il cronista, “è stato uno dei think tank più citati nei media mainstream relativamente alla guerra ucraina e ha svolto un ruolo di primo piano nel creare e sostenere l’ottimismo” sulle sorti del conflitto. “I suoi report quotidiani sul campo di battaglia hanno ripetutamente messo in risalto le vittorie ucraine e sottolineato i fallimenti e le perdite russe, riproducendo quasi sempre acriticamente la versione di Kiev”.
- Details
- Hits: 277
La lotta alle fake news: uno strumento versatile per il potere
di Il Chimico Scettico
Fake news, definizione: tutto quello che non è in linea con il pensiero unico. Durante la pandemia sono state derubricate alla voce fake news cose che provenivano da Peter Doshi e dal British Medical Journal, da Tom Jefferson, da Ioannidis, da Guido Silvestri, dalla stessa Sara Gandini e via dicendo. Che la lotta alle fake news debba essere centrale in una pandemia non deve stupire, perché ormai lo avrete capito, anche se poi ve lo siete scordato: in una epidemia, vera o presunta (cfr vaiolo delle scimmie), non importano i dati, importa il messaggio, e il messaggio è quello teso a disciplinare la popolazione. E per produrre sparate moralizzanti (il new normal, lo zerocovid etc) non servono competenze particolari. Infatti dalla prima delle virostar all'ultimo dei divulgatori le competenze e le capacità di comprendere qualcosa della dinamica delle malattie infettive erano nulle, e il termine "esponenziale" aveva un puro valore metaforico. Ma attenzione, non era una questione di incompetenza, per niente.
- Details
- Hits: 247
Caso Scurati. Censura, antifascismo e gli "indignati in poltrona"
di Paolo Desogus
Sappiamo già che nei banchi del governo siedono gli eredi del vecchio fascismo. E stiamo facendo esperienza di come quella tradizione sia del tutto compatibile con la ragione neoliberale, oggi egemone, e con il paradigma euroatlantico.
Arrivare alla vigilia del 25 aprile e scoprire che questi signori applicano il principio della censura all’antifascismo è dunque un tantino ingenuo. Può andare per i lettori di Repubblica, cioè agli indignati in poltrona.
Quello su cui mi concentrerei riguarda piuttosto le condizioni di possibilità che consentono al governo di intervenire, senza una reazione generale, agli atti di censura.
Io credo che il governo si possa permettere tutto questo perché il 25 aprile non è più rappresentativo del paese. E non lo è perché i valori dell’antifascismo sono stati svuotati del loro senso politico da parte dei partiti che si sono impossessati della sua bandiera, in particolare Pd e affini.
L’Italia del 25 aprile si proponeva di trasformare il paese, di renderlo migliore, più giusto, vicino alle istanze del lavoro, ostile alla guerra e soprattutto democratico, non solo in senso formale, ma sostanziale attraverso il coinvolgimento diretto delle classi popolari nella vita politica nazionale.
- Details
- Hits: 377
L'avviso (finale) del Fondo Monetario Internazionale all'Impero Americano
di Giuseppe Masala
Abbiamo sempre sottolineato che questa enorme crisi geopolitica in corso abbia una origine di tipo economico e monetario. Del resto solo le persone ingenue possono credere che agenti razionali come sono gli USA (o per meglio dire le sue élites) possano rischiare la distruzione di buona parte del mondo a causa di una guerra termonucleare per delle mere rivendicazioni territoriali peraltro relative a paesi neanche particolarmente ricchi e importanti come l'Ucraina. Si può rischiare il mondo per quale stato – tra Ucraina e Russia – avrà la sovranità su Mariupol o Krivoy Rog? Senza offesa per queste ridenti e senza dubbio graziose cittadine ipotizzare che si possa rischiare di uccidere miliardi di persone per quale stato debba controllarle è letteralmente impensabile.
Molto più congrua e razionale invece è l'ipotesi che il vero “Nodo di Gordio” che sta portando il mondo sull'orlo del baratro sia di natura economica e monetaria.
Gli Stati Uniti dalla fine della Seconda Guerra Mondiale hanno assunto il ruolo prima di finanziatore di ultima istanza per consentire la ricostruzione delle aree del mondo distrutte dal conflitto e poi, successivamente, hanno assunto il ruolo di “compratore di ultima istanza” (uso un'espressione molto felice coniata dall'economista Marcello De Cecco), ovvero sia, si sono incaricati il ruolo di assorbire le merci in eccesso prodotte nel resto del mondo inondando contemporaneamente il mondo di dollari.
- Details
- Hits: 412
Democrazia o barbarie (1/3): critica della democrazia pervertita
di Pierluigi Fagan
Il punto centrale della comparazione tra democrazia antica e moderna è nello spirito del tempo, solo dopo nelle forme giuridiche e procedurali. Semplicemente, ciò che diede il nome alla cosa democratica ateniese e greca era lo spirito forte di un tempo che voleva portare i cittadini a governarsi da sé, senza intermediari o strati superiori. Quella moderna invece, pone una funzione intermedia tra cittadini e potere. Essa ha due caratteristiche principali, richiede una delega basata su riconoscimenti di competenza nel portare avanti le istanze delegate; quindi, punta a limitare la partecipazione politica a un singolo atto di voto ogni quattro anni del delegante. Se la originaria democrazia attraeva la gente, la seconda la respinge. Questa seconda è di natura spettatoriale (e infatti ormai è un cardine della società dello spettacolo), la prima mobilita scopo, intento e fine, motivazione, coinvolgimento, azione, partecipazione. Tutte cose che si vogliono evitare dal fronte oligarchico.
La prima forma, la unica e originaria, oggi la diciamo “diretta” solo perché dopo abbiamo inventato la delegata, ma dire che la delegata merita comunque il nome di democrazia è nostro arbitrio. Cioè se si toglie l’essenza a una cosa, quella cosa cambia sostanza o si può continuare a trattarla della stessa sostanza nonostante la si sia devitalizzata? Non importa se ci sono o meno effettive cause di forza maggiore nel doverlo fare, in sé per sé la cosa senza essenza cambia di fatto sostanza. Una democrazia delegata è una variante light della forma oligarchica, non una variante light di democrazia propriamente detta. Salta ad altra categoria come bruco a farfalla, ghiaccio ad acqua a gas.
Al fondo di questa questione, c’è una contraddizione fondamentale.
- Details
- Hits: 320
Da Israele un blando attacco all’Iran ma la vera sfida è con l’Occidente
di Gianandrea Gaiani
La contro-rappresaglia israeliana per i raid con droni e missili di Teheran che avevano colpito la base aerea di Nevatim e installazioni militari nel Golan alla fine ha avuto luogo la notte del 19 aprile a quanto sembra con un raid limitato all’impiego di 3 UAV a lungo raggio armati con altrettanti missili lanciati contro una installazione radar della difesa aerea iraniana a Isfahan, nell’Iran centrale.
Lo ha detto una fonte governativa statunitense alla emittente televisiva ABC parlando di “attacco limitato” aggiungendo che il radar faceva parte della struttura di difesa posta a protezione dell’installazione per la ricerca nucleare di Natanz, programma che secondo diversi osservatori avrebbe potuto essere nel mirino di Israele col rischio di scatenare una ulteriore massiccia risposta iraniana.
Secondo la fonte della ABC “Israele intendeva far capire all’Iran di avere queste capacità” anche se i tre UAV con la stella di David sembra siano stati abbattuti dalla difesa aerea iraniana: al tempo stesso il governo israeliano ha eseguito la rappresaglia che Stati Uniti ed europei avevano cercato di scongiurare per evitare ulteriori escalation ma l’ha effettuata in modo quasi simbolico senza probabilmente scatenare ulteriori risposte dall’Iran.
Israele del resto non intendeva rinunciare al “diritto di replica” (il 18 aprile il ministro della Difesa Yoav Galant aveva detto “Israele deve sapere che ha libertà di azione per fare ciò che vuole, e c’è la garanzia che ciò che è deciso venga anche attuato”) pur senza provocare troppi danni all’Iran e soprattutto senza irritare troppo gli alleati occidentali. Funzionari statunitensi avevano infatti negato il 18 aprile che l’amministrazione Biden avesse dato il via libera a un’operazione terrestre israeliana a Rafah, ultimo baluardo di Hamas nella Striscia di Gaza se Israele avesse rinunciato a colpire l’Iran.
- Details
- Hits: 311
Il punto in questione
di Algamica*
Ci sono momenti della storia dove non si ammettono fraintesi e tentennamenti, dove si è chiamati a stare da una parte contro l’altra. Questi anni ’20 del 21esimo secolo rappresentano esattamente il punto di arrivo di una svolta in cui la storia impersonale del modo di produzione capitalistico sta presentando il conto al mondo occidentale per i suoi crimini compiuti per oltre 500 anni in molte aree del mondo e da cui ha tratto straordinari benefici che ha distribuito a cascata fra le varie classi sociali.
Inutile fingere, non siamo in presenza di una crisi ciclica del “capitalismo”, no, siamo di fronte alla crisi generale del modo di produzione capitalistico e del suo epicentro: l’Occidente e fra questo gli Usa.
Contrariamente all’ultimo secolo appena trascorso l’Occidente è privo di prospettiva e proprio per questo diviene una variabile impazzita ma zavorrata nelle sue ali perché priva di quella straordinaria accumulazione di valore che gli permetteva di essere il faro del mondo nei confronti di altri paesi che facevano fatica a rincorrerlo proprio perché non avevano alle spalle secoli di dominio colonialista e imperialista.
Page 1 of 553
Gli articoli più letti degli ultimi tre mesi
Carlo Rovelli: Guerra e pace. Intervista a Carlo Rovelli
Andrea Zhok: Maccartismo. Su un angosciante documento del Parlamento europeo
Paolo Cortesi: Programmi tv come addestramento di massa alla sottomissione
Leonardo Mazzei: Terza guerra mondiale
Ilan Pappe: È il buio prima dell'alba, ma il colonialismo di insediamento israeliano è alla fine
Carlo Formenti: Libere di vendere il proprio corpo a pezzi
John Mearsheimer: “La lobby israeliana è potente come sempre”
Raffaele Sciortino: Stati Uniti e Cina allo scontro globale
Piero Pagliani: Raddoppiare gli errori fatali
Luciano Bertolotto: Credito, finanza, denaro ... fiducia
Giulia Bertotto: Terza Guerra Mondiale? Attenzione al fattore “disperazione”
Daniele Luttazzi: Al NYT hanno scoperto che gli “stupri di massa” erano solo propaganda
Rostislav Ishchenko: Il problema russo non è sconfiggere l’Occidente ma cosa farne dopo
Fabio Mini: Il pantano dell’ultimo azzardo e i trent’anni contro la Russia
Jeffrey Sachs: I perché di questa inutile guerra e come se ne esce
Fabio Vighi: La fiducia nelle istituzioni e i dividendi di guerra
Carlo Rovelli: Dissenso, élites e "anelare alla dittatura"
Big Serge: Guerra russo-ucraina: l’alluvione
Stefania Fusero: La disabilità del male
Adam Entous e Michael Schwirtz: Come la Cia ha preso possesso dell'Ucraina golpista
Konrad Nobile: La Grande Guerra in arrivo: non "se" ma "quando"
Enrico Cattaruzza: Il male nel giardino di Höss. “Zona di interesse” di Jonathan Glazer
Piccole Note: Ucraina, la guerra persa. Senza proiettili e senza uomini
Pino Arlacchi: Perché ha vinto Putin
Gli articoli più letti dell'ultimo anno
Silvia Guerini: Chi finanzia il movimento LGBTQ
Daniele Burgio, Massimo Leoni e Roberto Sidoli: Lenin con gli occhi a mandorla: l’asiacentrismo
Marco Travaglio: Abbiamo abolito i neuroni
Fabio Mini: La “controffensiva” è un fumetto di sangue
Piccole Note: I droni sul Cremlino. Prove di terza guerra mondiale
Joseph Halevi: L’inflazione è da profitti
Andrea Zhok: I quattro indizi che in occidente qualcuno lavora per il "casus belli" nucleare
Wu Ming: Non è «maltempo», è malterritorio. Le colpe del disastro in Emilia-Romagna
Giorgio Agamben: I media e la menzogna senza verità
Nico Maccentelli: Riflessioni su una sinistra di classe che sbaglia
Emmanuel Todd: «Stiamo assistendo alla caduta finale dell'Occidente»
Alessandro Bartoloni Saint Omer: Oltre "destra" e "sinistra" di Andrea Zhok
Alberto Fazolo: Il 24 giugno a sgretolarsi è stata la propaganda sul conflitto in Ucraina
Andrea Zhok: Le liberaldemocrazie bruciano nei cassonetti
Fabio Mini: Zelensky è finito intrappolato
Andrea Zhok: Contro le letture di "destra" e di "sinistra" delle rivolte in Francia
Alessandro Avvisato: Prigozhin in esilio. Il “golpe” finisce in “volemose bene”
Fabio Mini: Quante favole in tv su cause, azioni ed effetti del “golpe”
Guido Salerno Aletta: La Germania si ritrova sola di fronte ai prezzi impazziti
Fabrizio Casari: Guerra e pace, lo strabismo europeo
Mario Lombardo: Ucraina, i droni e la controffensiva
Andrew Korybko: Cosa viene dopo la vittoria della Russia nella battaglia di Artyomovsk?
Redazione: Guerra in Ucraina: quando gli anarco-comunisti collaborano coi fascisti…
Giacomo Gabellini: Le conseguenze del crack di First Republic Bank sul sistema bancario Usa
Franco Romanò, Paolo Di Marco: La dissoluzione dell'economia politica
Qui una anteprima del libro
Giorgio Monestarolo:Ucraina, Europa, mond
Andrea Cozzo: La logica della guerra nella Grecia antica
Qui una recensione di Giovanni Di Benedetto
Moreno Biagioni: Se vuoi la pace prepara la pace
Qui una presentazione del libro