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Bankitalia, la svolta necessaria

di Enrico Grazzini

fig4L'indipendenza delle banche centrali è sempre più oggetto di dibattito e di contrasti accesi in tutto il mondo, sia in ambito accademico che nella sfera politica1 . Fino a qualche anno fa, l'ideologia dell'indipendenza assoluta della Banca Centrale dalla sfera politica, dai governi e dal parlamento, era un tabù indiscutibile, nel senso che non se ne poteva neppure discutere senza commettere il reato di lesa maestà ed essere accusati di chissà quali intenti eversivi. Ma da quando è scoppiata la crisi globale, da quando le banche centrali sono intervenute massicciamente nell'economia per salvare le banche commerciali private, comprando decine di miliardi di titoli tossici e organizzando il salvataggio delle banche fallite; da quando le banche centrali hanno avviato iniziative di espansione monetaria per comprare i debiti di stato – come è stato fatto ovunque, in USA, in Giappone e da ultimo anche nell'eurozona -; da quando le banche centrali sono intervenute sui mercati finanziari per comprare titoli pubblici e privati, gonfiando i valori dei mercati e favorendo così oggettivamente gli investitori finanziari che detengono questi valori, allora la loro indipendenza e neutralità e le loro politiche sono state messe in discussione, a destra come a sinistra2.

In Italia invece una semplice mozione parlamentare di (implicita) critica all'operato dell'attuale vertice di Banca Italia, una mozione che auspica semplicemente una svolta dell'operato della massima istituzione monetaria italiana, viene ancora considerata quasi come un reato. La nomina del governatore è disposta con decreto del presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio superiore della Banca d'Italia. E la legge che c'è va ovviamente rispettata (anche se può essere criticata). Ma, con tutto il rispetto dovuto al Presidente della Repubblica, supremo garante della democrazia e dell'unità nazionale, non credo che si possa censurare una forza politica come il PD, o come il Movimento 5 Stelle, solo perché ha pubblicamente e democraticamente sottoposto al Parlamento una mozione che chiede una svolta nelle attività di Banca d'Italia. Anche perché una svolta è davvero necessaria.

Chi scrive non è un fervente simpatizzante dell'ex premier Matteo Renzi e ha votato convintamente NO allo stravolgimento della Costituzione italiana tentata dall'ex premier. Tuttavia credo che questa volta Renzi abbia quasi certamente ragione. Non so e non posso sapere se esistono motivi nascosti e reconditi che hanno spinto il PD a presentare la mozione su Bankitalia in parlamento. Certamente Renzi ha voluto difendere il suo partito, il PD, ovvero il partito di governo, dalle accuse di non avere gestito a dovere il sistema bancario, e anzi di essere colluso e corresponsabile delle crisi bancarie pagate poi da migliaia di risparmiatori e dai contribuenti. E' anche possibile che esistano altri motivi non confessabili, e se qualcuno li sa, li denunci pubblicamente oppure si rivolga alla magistratura. Ma non credo proprio che presentare in Parlamento una mozione che chiede una svolta nelle politiche di Bankitalia possa di per sé essere tacciato di intenti eversivi.

Anche chi non vuole attaccare una istituzione sacra come Banca Italia, anche chi è molto deferente verso le istituzioni, può considerare molto insufficiente l'opera di vigilanza di Bankitalia verso le banche che sono fallite. E' del tutto legittimo considerare che Ignazio Visco non sia stato all'altezza dei suoi predecessori e che - per usare un eufemismo – potesse fare molto meglio per vigilare le banche giunte al fallimento o a un passo dallo stesso.

A mio parere Visco ha anche e soprattutto il difetto di essere un esecutore passivo e acritico di quanto viene deciso a Bruxelles dall'Unione Europea e a Francoforte dalla Banca Centrale Europea. Esattamente peraltro lo stesso brutto “difetto” del ministro delle Finanze Pier Carlo Padoan. Sono supini di fronte alle istituzioni europee e internazionali senza essere capaci di difendere l'interesse nazionale, ovvero l'interesse dei cittadini e degli imprenditori italiani. Credo che perfino Renzi si stia accorgendo che è impossibile governare un Paese seguendo le suicide regole d'austerità imposte dall'Unione Europea e dettate da Berlino. Forse anche per questo chiede una svolta in Banca d'Italia.

Perché per esempio Visco non ha avuto il buon senso e il coraggio di opporsi alle micidiali e retroattive norme sul bail-in che hanno colpito i risparmi di decine di migliaia di italiani? Piccoli risparmiatori innocenti hanno pagato le nuove norme europee sull'Unione Bancaria che li hanno resi corresponsabili delle crisi di cui non hanno invece alcune responsabilità. Le obbligazioni bancarie che – sotto gli occhi di tutti e nel silenzio anche di Banca Italia – erano vendute come sicure per decine di miliardi a pensionati innocenti, sono diventate improvvisamente titoli a rischio, titoli carta-straccia. Migliaia di risparmiatori sul lastrico a causa di comportamenti sbagliati o fraudolenti di vertici bancari irresponsabili e delle nuove norme europee sul bail-in. E' possibile o no chiedere una svolta anche in Bankitalia?

Forse abbiamo davvero bisogno di una banca centrale più vigile verso le banche commerciali e più indipendente e critica verso questa Unione Europea. Credo che dovremmo avere una banca centrale meno passiva verso la Banca Centrale Europea e in particolare verso gli organi di vigilanza della BCE. I quali stanno cercando di imporre alle banche italiane la svendita in tempi rapidi di decine di miliardi di crediti deteriorati, minacciando così di scassare tutto il sistema bancario italiano, e aggiungendo la beffa al danno: prima le politiche europee di austerità hanno provocato il fallimento di decine di migliaia di aziende e di famiglie; poi l'Unione Europea e la BCE impongono alle banche di vendere subito a basso prezzo i crediti deteriorati costringendole così a ricapitalizzarsi o a fallire.

Meno male che la popolazione non capisce il nostro sistema bancario e monetario, perché se lo capisse, credo che prima di domani scoppierebbe una rivoluzione. (citazione di Henry Ford)

Per capire la politica monetaria della BCE si può partire da un rapido conto: dal marzo del 2015 al dicembre del 2017 (34 mesi) la BCE ha previsto di realizzare il programma di Quantitative Easing (espansione monetaria) con un finanziamento di circa 2,2 triliardi (migliaia di miliardi) di euro per centrare l'obiettivo statutario di un'inflazione vicina al 2%. Ma il Q.E. non ha ancora raggiunto il suo scopo. Se la BCE avesse distribuito questi soldi invece che alle banche ai 340 milioni di individui dell'eurozona (compresi neonati, bambini e anziani) avrebbe dato la ogni singolo cittadino un reddito aggiuntivo di 190 euro in più al mese (altro che gli 80 euro di Renzi!). L'incremento della domanda avrebbe rivitalizzato immediatamente la capacità produttiva e saremmo usciti subito dalla crisi e dalla deflazione con un'economia molto più dinamica e vivace. Si sarebbe raggiunto l'obiettivo della piena occupazione.

Invece i 2,2 triliardi sono stati concessi alle banche con risultati peraltro assai dubbi. I sistemi bancari periferici sono ancora instabili. Le banche dei paesi centrali dell'eurozona sono ancora carichi di titoli tossici che costituiscono una bomba ad orologeria, sui quali però la vigilanza della BCE – guidata dalla francese Danièle Nouy, - chiude un occhio, o forse tutte e due gli occhi. La politica di espansione monetaria della BCE di Mario Draghi ha aiutato l'economia europea, ma la ripresa è assai fragile e disequilibrata e la disoccupazione in Europa è ingiustamente elevata, soprattutto nei paesi periferici.

Un numero sempre maggiore di economisti teorici considera l'indipendenza assoluta della Banca Centrale un mito dannoso3 . Grazie a questo mito, in pratica il banchiere centrale viene ad acquisire un potere esclusivo, quasi monarchico sulla moneta, senza che ci sia nessun contropotere di riequilibrio e di controllo. Il banchiere centrale viene ad acquisire un'autorità irresponsabile sull'elemento fondante dell'economia capitalista, ovvero la moneta. E poi, a cascata, sul sistema creditizio e sui mercati finanziari.

Il mito dell'indipendenza della banca centrale nasce negli anni '80 per togliere ai governi, ovvero alla sfera politica e allo stato, la possibilità di finanziare in deficit la spesa pubblica alimentando l'inflazione. L'inflazione fa male soprattutto ai creditori e alle banche che erogano credito perché toglie valore ai soldi con cui vengono ripagati i debiti contratti. L'indipendenza della banca centrale era auspicata e promossa innanzitutto per riportare l'inflazione sotto controllo e per togliere potere ai politici. Infatti il sistema politico, attraverso il controllo sostanziale dell'emissione monetaria e quindi della spesa pubblica e dell'inflazione, era in grado di regolare i conflitti sociali e l'accumulazione del capitale. Questo regime soffriva ovviamente di gravi problemi strutturali – prima di tutto l'aumento incontrollato del debito pubblico -, tuttavia l'economia cresceva più di quanto cresca attualmente.

L'indipendenza della banca centrale nasce e viene sacralizzata dopo che finisce Bretton Woods, quando la finanza inizia a diventare deregolamentata e globale. Indipendenza delle banche centrali, liberalizzazione e globalizzazione dei flussi finanziari, dominio della finanza speculativa slegata dall'economia reale si sviluppano storicamente di pari passo e sono strutturalmente collegate alla crescente diseguaglianza tra le classi sociali.

L'indipendenza delle banche centrali è il pilastro delle teorie neo-liberiste, monetariste e ordoliberiste; peraltro purtroppo anche quasi tutta la sinistra italiana (anche, e forse soprattutto, quella più radicale) si genuflette sempre riverente di fronte alla sacralità del potere monetario “neutrale” del banchiere centrale. L'indipendenza delle banche centrali è però diventata la leva principale del potere dominante del capitale finanziario sul capitale produttivo, sulla politica e sugli stati nazionali. A destra come a sinistra questa indipendenza è tuttavia messa sempre di più sotto attacco4 .

Giornali come il Financial Times e l'Economist denunciano che il presidente americano Donald Trump vuole riconquistare il controllo diretto della politica monetaria5 . Ma le stesse testate ci dicono anche che ormai molti economisti progressisti chiedono che le banche centrali seguano le linee di politica economica decise democraticamente dai parlamenti e dai governi eletti dai cittadini. Una politica monetaria efficace deve prevedere (come minimo) una collaborazione sempre più stretta tra ministero del Tesoro e banca centrale. Le politiche monetarie e quelle fiscali dovrebbero essere in sintonia. Non come avviene in Europa, dove le politiche della BCE di Draghi sono espansive e quelle fiscali dettate dalla Commissione UE, sono invece restrittive, a causa del trattato di Maastricht, del Fiscal Compact e delle politiche di Berlino.

Del resto l'indipendenza della banca centrale è un mito anche perché l'autonomia degli istituti centrali è ovunque molto relativa: da un lato i vertici delle banche centrali sono nominati dai governi. Dall'altro le banche centrali - che hanno il monopolio dell'emissione della moneta legale e che devono regolamentare e controllare le banche, e intervenire finanziandole in caso di crisi - sono “catturate” dal sistema bancario. Il quale sistema bancario ha, come tutte le altre aziende (ma anche di più) come obiettivo prioritario il profitto e certamente non un equilibrato sviluppo economico e sociale.

Il sistema bancario ha un potere enorme: quello di emettere la grande maggioranza della moneta in circolazione, che è moneta legale (banconote e contanti) solo per il 10%, e per il 90% è invece moneta bancaria, moneta creata dalle banche sotto forma di depositi e prestiti6 . Capita così che le banche centrali – che dovrebbero controllare il sistema creditizio in base all'interesse pubblico per conto dello stato – diventino invece i principali rappresentanti degli interessi delle banche che devono regolamentare e controllare.

In teoria lo stato ha potere sovrano sulla moneta; in pratica invece è la banca centrale che domina la politica monetaria. La differenza è sostanziale: il potere politico, nel bene e nel male, è soggetto allo scrutinio dell'elettorato – almeno nei paesi democratici – mentre il potere della banca centrale non è soggetto ad alcun controllo. Con l'indipendenza assoluta della banca centrale la democrazia riceve un colpo durissimo, forse anche mortale. Senza potestà monetaria lo stato infatti non può finanziare gli investimenti per lo sviluppo e deve dipendere dalle banche per tentare di equilibrare le uscite con le entrate.

Se lo stato vuole più denaro di quanto incassa dalle tasse, per investire sul futuro o per contrastare un ciclo depressivo, deve richiederlo e ripagarlo con interesse ai mercati internazionali, alle banche d'affari, ai fondi speculativi, ai fondi pensioni, agli investitori internazionali che, nel mondo occidentale e in tutto il globo, speculano sui titoli di stato. Ma gli investitori finanziari, siano essi anglosassoni, europei, giapponesi o cinesi, non sono enti di beneficenza e mirano solo al profitto, non al benessere delle nazioni e dei popoli. Lo stato indebitato, senza potere di emissione monetaria, diventa quindi schiavo del potere finanziario, diventa l'esattore dei debiti contratti con la finanza presso i suoi stessi cittadini. Così si svuota la funzione pubblica dello stato, che diventa invece l'intermediario che utilizza i soldi dei contribuenti per ripagare i suoi debiti al capitale finanziario.

Le banche centrali hanno ovviamente il compito di tutelare le banche, ovvero gli interessi di chi produce moneta bancaria facendo credito. Le banche centrali hanno insomma il compito di difendere i creditori, e non i debitori: ma i principali debitori in tutto il mondo sono gli stati (il più grande debitore del mondo sono gli Stati Uniti d'America, con circa 20 triliardi – migliaia di miliardi - di dollari di debito pubblico). Capita così paradossalmente che lo stato abbia delegato alle banche centrali il potere sulla moneta, e che le banche centrali, per tutelare il sistema bancario, si contrappongano agli interessi degli stati da cui traggono il loro potere!

Facciamo l'esempio italiano, quello che più ci interessa. La crescita reale del PIL italiano è attualmente di 1,5%, l'aumento dell'inflazione è pari a 0,8%, quindi noi cresciamo nominalmente del 2,3%, mentre il tasso di interesse che paghiamo ai mercati finanziari è del 3%. Questo significa che la nostra crescita reale e il tasso di inflazione non bastano a ripagare l'interesse sul debito pubblico – pari come noto a circa 2300 miliardi, il 132% del PIL - e che dobbiamo indebitarci sempre di più per ripagare una posizione debitoria che continua a crescere. Un circolo vizioso che si autoalimenta e soffoca sempre di più l'economia reale.

Da due decenni ormai l'avanzo primario italiano – che segnala il fatto gravissimo che i contribuenti pagano più tasse di quanto lo stato spende per i servizi ai cittadini, cioè che lo stato depreda i cittadini per pagare gli interessi sul debito – vale circa l'1-2% del PIL (dai 20 ai 30 miliardi circa). Questi avanzi non sono però sufficienti a coprire gli interessi sul debito dello stato e quindi lo stato è stato costretto a chiedere soldi al mercato finanziario per coprire gli oneri del debito stesso (circa 60-80 miliardi all'anno).

Per diminuire il nostro enorme debito pubblico, l'ineffabile Pier Carlo Padoan, ministro delle Finanze, intende fare crescere l'avanzo primario dall' 1,7% del PIL del 2017 al 3,5% circa del 2020. Ovvero: più entrate e meno spese, cioè più tagli alla spesa sociale, più privatizzazioni dei beni comuni e anche più tasse! In questo modo i contribuenti dovrebbero pagare ogni anno ai creditori dello stato circa 67 miliardi all'anno per servire il debito pubblico. Si tratta di un gigantesco e insopportabile salasso a favore della grande finanza.

Tuttavia, l'ideologia corrente ci impone di credere che il potere del banchiere centrale sia politicamente neutro e che la moneta e la politica monetaria siano materia tecnica e neutrale. Una materia molto complessa che può essere gestita solo da personale estremamente competente nel settore specifico (ovvero … i banchieri stessi!) che assume così un ruolo carismatico e sacrale. Ma è vero l'esatto opposto: non c'è nulla di meno neutrale della moneta e non c'è nessuna neutralità tecnica e nessuna apoliticità nelle politiche monetarie.

Sempre di più le banche centrali sconfinano nel terreno propriamente politico che a loro dovrebbe in teoria essere proibito: vedi per esempio le indicazioni sulle riforme costituzionali, sulla controriforma dei contratti di lavoro e sulle liberalizzazioni e privatizzazioni contenute nel testo della famigerata lettera riservata inviata dalla Bce al Governo italiano il 5 agosto 2011, firmata dall'ex presidente Jean Claude Trichet e dal numero uno dell'Eurotower, Mario Draghi7 .

La moneta non è quindi solo economia ma è anche politica: è l'elemento che condensa i rapporti di forza tra le nazioni e tra le parti sociali. Le politiche monetarie hanno effetti redistributivi esattamente come, e forse più delle politiche fiscali. La banca centrale produce moneta esclusivamente a favore delle banche commerciali, le quali a loro volta prestano moneta a favore di chi può già fornire garanzie patrimoniali, ovvero a favore degli strati privilegiati e già ricchi della popolazione.

Come scriveva Mark Twain, il geniale scrittore americano «le banche ti prestano denaro, se puoi dimostrare che non ne hai bisogno». Ovvero le banche prestano soldi a chi li ha già. Inoltre lo stesso Twain spiegava in maniera divertente “Un banchiere è uno che vi presta l'ombrello quando c'è il sole e lo rivuole indietro appena incomincia a piovere”. Da qui le crisi finanziarie: troppo credito nei periodi di boom, e invece immediate restrizioni quando c'è un accenno di crisi.

La soluzione al problema è incerta e complessa. In tutto il mondo occidentale ci si domanda come fare ad avviare una prospettiva di democratizzazione delle politiche monetarie. La moneta è infatti un bene comune troppo importante per essere lasciato esclusivamente nelle mani dei banchieri, anche dei banchieri centrali. Da un lato il governo non può e non deve avere il potere assoluto sull'emissione monetaria e sulla politica creditizia perché conquisterebbe un potere enormemente concentrato di tipo totalitario. Nella Germania nazista una sola persona, Hjalmar Schacht, aveva assunto la carica di ministro delle Finanze e di governatore della Reichsbank. Così pure nella Russia di Stalin, il potere sulla moneta e sulle banche era concentrato nei vertici del partito e nel supremo leader. Ovviamente questa non può essere la soluzione.

Il dibattito è aperto. Ma, secondo le tendenze emergenti nei paesi democratici, il Parlamento dovrebbe monitorare le politiche della banca centrale e dovrebbe avere soprattutto la possibilità di decidere le linee guida dell'emissione monetaria e delle politiche creditizie. Possibilmente – aggiungo io - queste linee guida dovrebbero essere dettate in accordo con le organizzazioni della società civile, con le associazioni dei lavoratori e degli imprenditori. La politica monetaria ha infatti conseguenze sulla distribuzione dei redditi proprio come le politiche fiscali. La Banca Centrale dovrebbe godere di autonomia operativa ma non di indipendenza assoluta. E le banche pubbliche dovrebbero avere un ruolo indispensabile per indirizzare i finanziamenti a favore dell'economia produttiva.


NOTE
1 Scrive per esempio l'Economist nell'articolo del 17 novembre 2016. “Unaccountable technocrats or convenient scapegoats? Rethinking central bank independence. A timely assessment of the role of central banks in a world of low rates, quantitative easing and populist politicians” L'articolo inizia così (traduzione mia): “I banchieri centrali sono nell'occhio del ciclone. In America, Donald Trump ha affermato che la presidente della Federal Reserve Janet Yellen dovrebbe "vergognarsi di se stessa" per mantenere i tassi troppo bassi; in Gran Bretagna, Mark Carney della Banca d'Inghilterra è stato criticato per le sue previsioni sbagliate sui rischi economici della Brexit; e in Europa, Mario Draghi ha affrontato diversi attacchi dai critici, da una parte in Germania (per essere troppo morbido) dall'altra in Grecia (per essere troppo duro)”.
2 M-RCBG Associate Working Paper No. 67, “Central Bank Independence Revisited: After the financial crisis, what should a model central bank look like?” Ed Balls, James Howat, and Anna Stansbury., 2016, Nel paper si afferma: “popular discontent towards central banks is growing in the US, UK and the euro-zone. We need a more nuanced approach to central bank independence in this brave new world”.
3 Vedi per esempio, tra moltissimi altri: Patrick Artus et Marie-Paule Virard “La folie des banques centrales: pourquoi la prochaine crise sera pire”. Editions Fayard, 2016
4 Vedi Financial Times, Wolfgang Munchau, “Central bank independence is losing its lustre. Monetary policy involves trade-offs that are fundamentally political in nature”. 19-2-2017
5 Vedi Financial Times: “Fed chief Yellen stands by central bank independence”, 17-11- 2016
6 Vedi Bank of England “Money creation in the modern economy”, Michael McLeay, Amar Radia and Ryland Thomas
7 "Sarebbe appropriata una riforma costituzionale che renda più stringenti le regole di bilancio... Sono necessari accordi al livello d'impresa in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende, rendendo questi accordi più rilevanti rispetto ad altri livelli di negoziazione (quello nazionale, ndr)... Il Governo dovrebbe valutare una riduzione significativa dei costi del pubblico impiego, rafforzando le regole per il turnover e, se necessario, riducendo gli stipendi... È necessaria una complessiva, radicale e credibile strategia di riforme, inclusa la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali e dei servizi professionali... Questa dovrebbe applicarsi in particolare alla fornitura di servizi locali attraverso privatizzazioni su larga scala.... . Confidiamo che il Governo assumerà le azioni appropriate. Firmato: Mario Draghi, Jean-Claude Trichet”.

Comments

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Vincesko
Saturday, 04 November 2017 13:53
Citazione4: “Sempre di più le banche centrali sconfinano nel terreno propriamente politico che a loro dovrebbe in teoria essere proibito: vedi per esempio le indicazioni sulle riforme costituzionali, sulla controriforma dei contratti di lavoro e sulle liberalizzazioni e privatizzazioni contenute nel testo della famigerata lettera riservata inviata dalla Bce al Governo italiano il 5 agosto 2011, firmata dall'ex presidente Jean Claude Trichet e dal numero uno dell'Eurotower, Mario Draghi7”.

La BCE ha fatto peggio: (a) ha implementato durante la crisi economica, a differenza della FED, della BoE e della BoJ, una politica monetaria restrittiva e varato il QE con esattamente 6 anni di ritardo rispetto alla FED e alla BoE, per non parlare della BoJ; e (b) ha ricattato i governi secondo lei (e la Germania) riottosi alle c.d. “riforme strutturali”, vedi segnatamente la Grecia e, in parte, l’Italia:
[…] Conclusione
Quindi, la BCE o è intervenuta nel modo sbagliato (tasso d’interesse) o è intervenuta in maniera insufficiente (SMP) e sbagliata (contestuale sterilizzazione) o è intervenuta tardi (“whatever it takes”) o troppo tardi (QE) e, dato il ritardo, in maniera insufficiente (Athanasios Orphanides, 2015, v. sua intervista nell’Allegato alla Petizione contro la BCE, aggiornamenti[23]). Ed ha influenzato i decisori politici in senso recessivo, aggravando e prolungando la crisi. Mentre una banca centrale, anche al di là della lettera dello statuto, deve avere come stella polare il benessere del popolo (come è scritto nel sito della BoE), che include in primo luogo la difesa dei titoli sovrani dagli attacchi della speculazione finanziaria, che perciò non è una gentile concessione o peggio ancora una moneta di scambio o ancor peggio un’arma di ricatto (vedi governo Berlusconi), ma un obbligo consustanziale al suo ruolo.[25]
Va anche notato che gli acquisti da parte della BCE dei titoli di Stato italiani sono cominciati il 22 agosto del 2011, dopo circa 20 giorni dalla già citata lettera del 5 agosto della BCE al Governo italiano e il varo da parte di quest'ultimo della seconda, pesante manovra finanziaria correttiva nell'arco di appena 40 giorni (il DL 138 del 13 agosto 2011, di 60 mld cumulati, dopo il DL 98 del 6 luglio 2011, di 80 mld cumulati, che erano stati preceduti dal DL 78 del 31 maggio 2010, di 62 mld cumulati).[24]

Tre casi di DISINFORMAZIONE generale tra i più macroscopici della storia italiana
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2857675.html oppure
http://vincesko.blogspot.com/2017/10/tre-casi-di-disinformazione-generale.html
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Vincesko
Saturday, 04 November 2017 13:51
Citazione3: “Ma le stesse testate ci dicono anche che ormai molti economisti progressisti chiedono che le banche centrali seguano le linee di politica economica decise democraticamente dai parlamenti e dai governi eletti dai cittadini. Una politica monetaria efficace deve prevedere (come minimo) una collaborazione sempre più stretta tra ministero del Tesoro e banca centrale”.

[…] Anche tra il Tesoro inglese e la BoE vige il divorzio ( = indipendenza della BoE), ma la BoE persegue l’interesse nazionale (come è scritto nel suo sito: “Promoting the good of the people”) e, quando è necessario, acquista massicciamente titoli pubblici e controlla il tasso d’interesse passivo, che infatti è basso.
Anche tra il Tesoro USA e la FED vige il divorzio e il divieto per la FED di acquistare titoli del Tesoro sul mercato primario, ma la FED persegue l’interesse nazionale e non solo controlla il tasso d’interesse passivo, che infatti è basso, ma “orchestra” gli acquisti di titoli del Tesoro sul mercato aperto in accordo con i dealer, che sono gli unici abilitati ad acquistarli sul mercato primario.
Anche tra il Tesoro giapponese e la BoJ vige il divorzio, nel senso che è indipendente (art. 3 Statuto), ma la BoJ persegue l’interesse nazionale e deve coordinarsi col Governo (art. 4) e acquista massicciamente titoli pubblici e controlla il tasso d’interesse passivo, che infatti è basso.
Anche la BCE è formalmente e sostanzialmente indipendente dal potere politico (art. 7 Statuto) e, se e quando vuole, a sua completa discrezione, acquista titoli pubblici sul mercato aperto e controlla il tasso d’interesse passivo, che comunque è differenziato per Paese.
La Banca d’Italia, in quanto membro del SEBC, segue le regole ed esegue le disposizioni della BCE.

Il divorzio Tesoro-Banca d’Italia del 1981 e l’indipendenza delle banche centrali
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2853463.html oppure
http://vincesko.blogspot.com/2017/01/il-divorzio-tesoro-banca-ditalia-del.html
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Vincesko
Saturday, 04 November 2017 13:50
Citazione2: “Perché per esempio Visco non ha avuto il buon senso e il coraggio di opporsi alle micidiali e retroattive norme sul bail-in che hanno colpito i risparmi di decine di migliaia di italiani?”.

Questo toccava al Governo, in particolare al ministro dell’Economia Padoan, che per giunta ha commesso l’errore di anticipare l’applicazione in Italia delle regole del bail-in (che io comunque preferisco al bail-out, che – come s’è visto nella scorsa legislatura - pagano i poveri cristi). Poi l’UE a trazione tedesca ci ha aggiunto la sua solita severità contro l’Italia.
In ogni caso, Ignazio Visco lo ha fatto, o almeno dice che ci ha provato (assieme al governo).

a) Banca d’Italia - Che cosa cambia nella gestione delle crisi bancarie
08 luglio 2015
Nell'ambito dell'attività volta a promuovere l'educazione finanziaria dei cittadini, la Banca d'Italia pubblica un documento su "Che cosa cambia nella gestione delle crisi bancarie", che illustra, tra l'altro, che cosa è e come funziona il bail-in(salvataggio interno).
Il 2 luglio scorso il Parlamento ha infatti approvato la legge delega per il recepimento della direttiva BRRD (BankRecovery and Resolutione Directive) che introduce in tutti i paesi europei regole armonizzate per prevenire e gestire le crisi delle banche e delle imprese di investimento.
http://www.bancaditalia.it/media/notizia/che-cosa-cambia-nella-gestione-delle-crisi-bancarie?com.dotmarketing.html

b) Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ora che si colpiscono i ricchi e i benestanti, è più determinato con l’UE di quando si tartassavano i poveri cristi. E chiede subito, naturalmente con il solito suo stile sobrio, la revisione delle norme del bail-in, andate in vigore all’inizio di questo mese.

Intervento del Governatore al 22° Congresso ASSIOM FOREX
[…] Alla fine del 2015 il Financial Stability Board ha definito requisiti stringenti in materia di capacità di assorbimento delle perdite da parte delle banche sistemiche a livello globale (Total Loss Absorbing Capacity, TLAC), concentrandosi sugli strumenti subordinati e prevedendo un’entrata in vigore graduale, entro il 2022, dei nuovi requisiti. Nell’ordinamento europeo il cambiamento è stato drastico e repentino. Nel 2013 la “Comunicazione” della Commissione europea aveva disposto l’applicazione immediata di un nuovo regime di burden sharing che imponeva, in caso di crisi di una banca, perdite su azioni e obbligazioni subordinate come precondizione per un intervento pubblico. Nel 2014 la BRRD, approvata dal Consiglio e dal Parlamento europeo, ha esteso quello stesso regime, già a partire da quest’anno, anche alle obbligazioni ordinarie e ai depositi superiori a 100.000 euro (il bail-in); tra questi ultimi, quelli detenuti da famiglie e piccole imprese hanno un trattamento preferenziale. Nell’ambito del regime di burden sharing e secondo le procedure di risoluzione definite dalla BRRD, si è proceduto nel novembre scorso ad attuare gli interventi di risoluzione delle quattro banche di cui ho appena parlato. Nell’introdurre questo delicato cambiamento a livello europeo non si è prestata sufficiente attenzione alla fase di transizione. Nel corso dei lavori tecnici per la definizione della direttiva il Ministero dell’economia e delle finanze e la Banca d’Italia sostennero, senza trovare il necessario consenso, che un’applicazione immediata e, soprattutto, retroattiva dei meccanismi di burden sharing fino al 2015 e, successivamente, del bail-in avrebbe potuto comportare – oltre che un aumento del costo e una rarefazione del credito all’economia – rischi per la stabilità finanziaria, connessi anche col trattamento dei creditori in possesso di passività bancarie sottoscritte anni 8 addietro, in tempi in cui le possibilità di perdita del capitale investito erano molto remote. Le nostre valutazioni furono espresse nelle pubblicazioni ufficiali della Banca d’Italia. Sarebbe stato preferibile un passaggio graduale e meno traumatico, tale da permettere ai risparmiatori di acquisire piena consapevolezza del nuovo regime e di orientare le loro scelte di investimento in base al mutato scenario. Un approccio mirato, con l’applicazione del bail-in solo a strumenti provvisti di un’espressa clausola contrattuale, e un adeguato periodo transitorio avrebbero consentito alle banche di emettere nuove passività espressamente assoggettabili a tali condizioni. Questo approccio, in particolare l’accento sugli strumenti subordinati, sarebbe stato più in armonia con quello adottato dal Financial Stability Board nel determinare i requisiti di TLAC. La BRRD contiene una clausola che ne prevede la revisione, da avviare entro giugno 2018. È auspicabile che questa occasione sia ora sfruttata, facendo tesoro dell’esperienza, per meglio allineare la disciplina europea con gli standard internazionali. […]
https://www.bancaditalia.it/media/notizia/il-governatore-ignazio-visco-al-22-congresso-assiom-forex
http://clericetti.blogautore.repubblica.it/2016/01/30/banche-siamo-sicuri-che-grande-e-bello/#comment-3212
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Vincesko
Saturday, 04 November 2017 13:48
Citazione1: “A mio parere Visco ha anche e soprattutto il difetto di essere un esecutore passivo e acritico di quanto viene deciso a Bruxelles dall'Unione Europea e a Francoforte dalla Banca Centrale Europea”.

Di Ignazio Visco, abbiamo discusso spesso nel blog di Carlo Clericetti su Repubblica.it, anche lui critico verso Visco.
Traggo dal mio archivio 2 commenti:
a) Segnalo queste sorprendenti – per chi le fa, non per il merito – affermazioni del governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, membro del ‘board’ della BCE. Preluderanno a un cambio di rotta del Consiglio direttivo della BCE? Io ne dubito.
La svolta di Visco: l’Europa ha sbagliato nel 2010, e ora i banchieri centrali pensino al benessere della gente e non ai parametri
di Guido Gentili. Analisi di Alberto Quadrio Curzio e Luigi Zingales 5 ottobre 2014
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-10-05/la-svolta-visco-europa-ha-sbagliato-2010-e-ora-banchieri-centrali-pensino-benessere-gente-e-non-parametri-152936.shtml
http://clericetti.blogautore.repubblica.it/2014/10/06/quelle-riforme-sono-sbagliate-lo-dice-il-tesoro/#comment-479

b) Dopo la Grecia, sarà affrontato il caso Germania?
Il Governatore Visco ogni tanto non le manda a dire. Purtroppo, succede troppo raramente. Nel sito della Banca d’Italia non c’è (ancora) traccia di questo intervento.
SIAMO FERMI: L'EUROPA È BLOCCATA TRA CRISI DEL DEBITO E RISCHIO DEFLAZIONE
VISCO: CREDITORI E DEBITORI HANNO LE STESSE RESPONSABILITÀ PER LA CRISI
L'intervento del governatore della banca d'Italia al seminario di villa Mondragone: gli interventi non convenzionali della banca centrale europea sono necessari per combattere il rischio deflazione. Sull'Europa il governatore lamenta la carenza di fiducia reciproca e ricorda: debitori e creditori hanno le stesse responsabilità
25 giugno 2015
http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/visco-deflazione-bce-grecia-mondragone-830a2155-318f-4118-8dce-69588c8afe65.html
Vincesko
http://clericetti.blogautore.repubblica.it/2015/06/25/le-correzioni-sui-compiti-a-casa/#comment-2324
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nicoletta forcheri
Saturday, 04 November 2017 09:56
Parlare del fatto che Bankitalia è quasi al cento per cento composta da soci privati, no???
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