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pandora

Vincolo esterno, classi dirigenti e cultura politica

di Lorenzo Mesini

Vincolo esterno classi dirigenti e cultura politicaNell’anno 1900, mentre era impegnato a tracciare un bilancio dello Stato unitario italiano dopo i suoi primi decenni di vita, Antonio Labriola si poneva la seguente domanda: «Quante garanzie di Stato moderno offre ora l’Italia in quanto a mantenere un posto di utile ed efficace concorrente nella gara internazionale? […] La vecchia nazione italiana componendosi a Stato moderno di quanto si è trovata adattabile e di quanto si è trovata difettiva di fronte alle condizioni della politica mondiale in genere?»[1]. Nel momento in cui scriveva, Labriola guardava all’esperienza politica, ormai conclusa, di Francesco Crispi e al suo tentativo, fondato su presupposti inadeguati, di collocare l’Italia nel concerto delle grandi potenze europee[2]. Il ‘prosaico quesito’ posto da Labriola sulla soglia del Novecento non ha perso la sua pregnanza per chiunque si interessi alle sorti dell’Italia di oggi. Quale posizione e ruolo può ricoprire il Paese sulla scena politica europea e mondiale? Come declinare la sua azione entro i rapporti di forza e le dinamiche che caratterizzano la scena globale?

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contropiano2

Macché crisi di governo, è solo normalizzazione…

di Dante Barontini

crisi normalizzazione renzi conteLa crisi infinita della politichetta italiana sta collassando. Non esiste più alcuna differenza apprezzabile tra i vari “schieramenti politici”. L’unica novità sta nell’annullamento di quanto resta della “alternativa” malamente rappresentata per un decennio dai Cinque Stelle.Pura normalizzazione, insomma, condotta per via di logoramento quotidiano.

I due attori principali, per il momento, sono gli stessi che da un quinquennio dominano la scena mediatica: “i due Matteo”. Come in un serial ormai stanco e ripetitivo…

Che un governo possa cadere per via di una cosa poco chiara ai più, come la “prescrizione”, è indicativo del fatto che i veri giochi si stanno facendo su tutt’altro. E che ad aprire la crisi sia il gruppo di interesse – nessuno riuscirebbe a prendere sul serio “Itala viva” come “partito” – che meno di tutti ha la possibilità di trarre vantaggio da eventuali elezioni anticipate, la dice lunga sul ruolo di “killer su commissione” affidato a Renzi & co.

 

La prescrizione

Togliamo di mezzo questo tema, fonte solo di confusione. In qualsiasi paese di “democrazia liberale” – che è cominciata ad esistere affermando l’habeas corpus, ossia il diritto ad essere processati restando uomini liberi fino alla condanna (con tante e non sempre ovvie eccezioni) – il sistema giuridico deve tenere insieme due esigenze opposte: perseguire chi commette un reato, violando le leggi, e farlo in un processo che abbia “tempi ragionevoli”. Un’ottima panoramica è offerta, una volta tanto, dal Corriere della Sera.

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tempofertile

Dei movimenti di branco: sardine

di Alessandro Visalli

sardine fish 500x500Alcune settimane fa, il 19 novembre, avevo provato una riflessione a caldo[1] sul fenomeno delle Sardine del quale veniva riconosciuto il carattere politico, in quanto orientato ad un nemico. Quando si sceglie di attribuire ad un movimento il carattere politico per il fatto, capitale, che individua un “nemico” giova in genere riferirsi al capitale articolo di Carl Schmitt del 1932[2]. In esso l’autore cerca una specificità del “politico” che sia distinta dall’azione come dal pensiero. Ovvero da ciò che si lascia decidere in base all’essere utile o dannoso (ovvero nel campo dell’economico), buono o cattivo (nel campo della morale), bello o brutto (dell’estetica). È una distinzione eminentemente ‘politica’, dunque, quella che non afferma la cattiveria, la bruttezza o la dannosità, ma designa gli amici (freund) e i nemici (feind). Una distinzione, meramente concettuale, che si fonda su un “criterio, [ovvero] non una definizione esaustiva o una spiegazione di contenuto”, che ha a che fare con ciò che appartiene, ciò che unisce, non necessariamente con ciò che si distingue per il grado dell’utile, bontà o bellezza. Un concetto questo che è catturato da frasi come “è un bastardo, ma è il nostro bastardo”, detto, ad esempio di un dittatore sudamericano (frase attribuita al Presidente Roosevelt e riferita a Somoza)[3].

Coglie questo punto Moreno Pasquinelli in un articolo dal titolo espressivo “Sardine: tra Kant e Schmitt[4], su Sollevazione. Il movimento è letto come interprete di una vasta area che unisce un sentimento progressista di ispirazione globalista (anche designato come “neoliberismo progressista”[5]) e un sottostante, e sotto alcuni profili contrastante, umanitarismo di marca cattolica. Materiali eterogenei ma sedimentati, che sono coaugulati da una inimicizia. Quindi una estraneità, quella verso il plebeismo ostentato di Salvini.

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jacobin

Qualcuno era comunista

di Emanuele Bellintani

zingaretti occhetto jacobin italia 1320x481Il Pd medita di cambiare nome. Una specie di riedizione della «svolta della Bolognina» che trent'anni fa portò allo scioglimento del Pci. Ma il partito di Zingaretti non c'entra più nulla con quella storia, così come l'Emilia di Bonaccini

«Qualcuno era comunista perché c’era il grande partito comunista / Qualcuno era comunista malgrado ci fosse il grande partito comunista».

L’ultimo grido disperato di Enrico Berlinguer – simbolo di un tempo ormai passato – sostituì la lotta di classe con un moralismo di sinistra, preannunciando la fine: conosceva la corruzione del sistema politico italiano e ancora di più aveva sotto gli occhi la trasformazione del suo partito in un immenso blocco di potere. Nelle alte sfere del partito già da anni si dibatteva sull’opportunità di «andare oltre» il Pci, sempre più incalzato dall’onda lunga del Psi di Bettino Craxi. In questo quadro, l’eurocomunismo, la «diversità» italiana e l’allontanamento dai Paesi dell’est erano tutte formule retoriche per conservare capre, cavoli e consenso.

Al primo colpo di piccone sul Muro di Berlino, l’Unità diretta da Massimo D’Alema era già pronta a titolare in favore della libertà e del «giorno più bello per l’Europa». Il 12 novembre il segretario del Pci Achille Occhetto, durante la commemorazione per l’eroica battaglia partigiana di Porta Lame, dichiarò di «non voler continuare su vecchie strade, ma inventarne di nuove per unificare le forze del progresso»; tra le righe si leggevano nitidamente il cambio del nome, di simbolo, di teoria politica, l’avvicinamento al Psi di Craxi. Nove milioni e seicentomila elettori, e un milione e quattrocentomila iscritti al partito vennero traumatizzati dall’annuncio del «Papa rosso» che dichiarava finita la religione in cui avevano creduto per decenni e rivelava la riorganizzazione della «chiesa».

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Craxi, il capitalismo italiano e l’elitarismo laico

di Italo Nobile

Craxi e AgnelliBettino Craxi era figlio di un antifascista militante, ma, per i pericoli che avrebbe potuto correre proprio per questo, da piccolo fu affidato ad un collegio cattolico ed anche successivamente, per altre ragioni, entrò in un collegio privato e fu ad un passo dall’intraprendere il percorso sacerdotale[1]. Questa dimensione claustrale e religiosa, motivata però dagli ideali della lotta antifascista, segnano già l’ambiguità di una storia politica che parlava di grandi ideali liberal-socialisti ma si consumava nel chiuso dei meccanismi delle vicende partitiche che alla fine avrebbero contribuito a stritolarlo.

Craxi fu infatti uomo di partito, sia pur capace di slanci garibaldini (Garibaldi fu almeno a parole il suo eroe[2]) soprattutto in politica estera (in Cile e a Sigonella), e crebbe come giovane uomo di partito allo stesso modo di suoi autorevoli colleghi (Enrico Berlinguer ed Aldo Moro in primis): vicepresidente nazionale dell’Unuri (Unione Nazionale Universitaria Rappresentativa Italiana), membro del Comitato Provinciale del Psi, dirigente della federazione giovanile socialista, consigliere comunale a Sant’Angelo Lodigiano, membro del Comitato Centrale del Psi, membro del Consiglio nazionale dell’Unione Goliardica Italiana, responsabile di organizzazione del Psi a Sesto San Giovanni, Consigliere comunale a Milano, Assessore all’Economato, Segretario provinciale milanese del Psi, assessore alla Beneficenza e Assistenza, Segretario Provinciale del Psu milanese, Deputato, Vicesegretario nazionale del Psi, rappresentante del Psi presso l’Internazionale socialista, Segretario del Psi, Europarlamentare, Presidente del Consiglio, Vicepresidente dell’Internazionale socialista. Insomma non fu sacerdote, ma divenne una sorta di cardinale laico purnon riuscendo a diventare Papa, anche se fu quasi schiaffeggiato come Bonifacio VIII da una sorta di tumulto popolare all’uscita dell’Hotel Raphael il 30 Aprile 1993[3], in piena Tangentopoli.

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militant

Neoliberismo progressista e populismo reazionario… fra la via Emilia e il West

di Militant

fra la via emiliaI risultati delle recenti elezioni regionali, soprattutto quelle emiliane, ci consegnano alcune indicazioni su cui vale la pena tornare a riflettere provando ad andare oltre il miope sospiro di sollievo di una “sinistra” talmente disastrata che, di fronte alla prospettiva della “brace”, arriva a salutare con malcelata gioia perfino il possibile ritorno della “padella”. Iniziamo però con l’analizzare chi ha vinto e chi ha perso, almeno dal nostro punto di vista.

Anche se la stampa si è comprensibilmente concentrata sulla débâcle di Matteo Salvini, chi esce davvero sconfitto da questa tornata elettorale è però il Movimento 5 Stelle, che ha ormai perso, probabilmente in maniera definitiva ed irrecuperabile, ogni sua residua ragion d’essere politica e sociale. È sempre rischioso provare ad essere categorici quando si parla di politique politicienne, soprattutto in un paese in cui il trasformismo è quasi un tratto antropologico, anche perché si è trattato comunque di elezioni amministrative che hanno coinvolto solo un’esigua parte del corpo elettorale. Eppure la sensazione è che il movimento fondato da Grillo sia ormai costretto all’angolo, un po’ per l’oggettiva impossibilità di dare seguito, anche solo in parte, alle aspettative che aveva suscitato, un po’ per la serie infinita di harakiri politici inanellata dal suo gruppo dirigente. Si trova insomma in quella condizione che i politologi definiscono lose-lose, destinato cioè a perdere in ogni caso, qualsiasi cosa faccia, sia che decida di entrare stabilmente nel campo del centrosinistra sia che decida di andare avanti da solo. I grillini sono di fatto passati, nel giro di un’estate, dall’essere una forza “antisistema”, o almeno percepita come tale, al rappresentare una forza della stabilizzazione euroliberista ed ora pagano inevitabilmente pegno. I dati elettorali, da questo punto di vista, sono davvero inclementi.

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mondocane

Baghdad-Roma: pacifisti antiguerra e pacifisti di guerra

Elezioni: zuppa batte pan bagnato

di Fulvio Grimaldi

soros incElezioni: il punto, anzi il puntino

Archiviamo subito la sempre deprimente questione “elezioni”, per poi passare alle cose serie: pace e guerra, finta la prima, vera la seconda. Sfuggiamo a fatica all’onda anomala dello tsunami orgasmatico del 98% dei media italiani, scatenato dagli esiti giudicati esaltanti da chi padroneggia l’intero sistema di fake news nazionale, simboleggiato dalle 10 pagine della “Repubblica” dedicate ai sette punti di vantaggio di Bonaccini su Borgonzoni, seguite da una pagina sola in cui si nascondono i quasi venti punti di vantaggio del centrodestra in Calabria. Ecchissenefrega, alla Calabria (e molto oltre) ci pensa la ‘ndrangheta.

 

L’autofagia di Grillo e Di Maio

Quanto ai Cinque Stelle, hanno raccolto quanto hanno seminato Grillo, l’equivoco chierichetto degli orchi piattaformisti di Silicon Valley, il suo ragazzo di bottega Di Maio, il premier all’orecchio della Curia e soci. Hanno raccolto il frutto marcio prodotto dall’inquinamento di Sistema, dalla perdita di alterità, terzietà, rispetto a coloro che dovevano restare l’opposto e il contrario su tutti i piani, internazionale e domestico. Dall’ambiente abbandonato agli ecocidi, ai diritti degli ultimi, penultimi e non primi, dalle servitù in politica estera, all’annacquamento del contrasto all’etnocida operazione migranti del globalista Soros, con le sanguisughe Ong attaccate al bancomat costruito dalle Ong con la pelle degli africani, siriani, afghani. Fino al mancato recupero di una sovranità indispensabile alla democrazia, al riscatto sociale, alla liberazione dal cappio degli eurotiranni. Sulle loro spoglie mortali, ora si erge luminosa la figura di Vito Crimi, uno che suscita lo stesso entusiasmo ed emana lo stesso carisma di una patatina abbandonata dopo il Camparino.

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economiaepolitica

L’ascesa della destra e le responsabilità degli economisti progressisti

di Guido Ortona

poster siluetta astrattPremessa

Mi pare che la situazione politica del nostro paese possa essere riassunta come segue. Il popolo è molto arrabbiato con la classe politica e in particolare con il governo: e con ragione, perché il governo non è capace di risolvere i problemi che assillano la vita quotidiana di tante persone normali. Uno dei più importanti, anche perché da esso ne derivano molti altri, è la mancata creazione di posti di lavoro. Se fossimo più vicini alla piena occupazione, infatti, ci sarebbero meno paura della possibilità di perdere il lavoro e una maggiore fiducia nella possibilità di avere a suo tempo una pensione adeguata; e i giovani smetterebbero di essere disoccupati e di emigrare in massa. E’ evidente che i motivi addotti dal governo per non implementare politiche adeguate (“fra qualche anno le cose andranno meglio”; “ce lo impone l’Europa”; “facciamo del nostro meglio, ma i soldi non ci sono”) non possono soddisfare l’opinione pubblica. Non lo potrebbero nemmeno se fossero veri, e giustamente, perché la democrazia si basa sul diritto/dovere del popolo di ritenere il governo responsabile di ciò che accade nel paese. Ma quei motivi veri non sono. Secondo un rapporto Unioncamere (l’ente che riunisce le Camere di Commercio) la disoccupazione al 2023 (quando si voterà, sempre che non si abbiano elezioni anticipate) sarà ancora superiore al 9% (oggi è intorno al 10), quindi le cose non andranno meglio (a conferma, la legge di bilancio recentemente approvata punta ad un tasso del 9.1% nel 2022, a fronte di un livello pre-crisi del 5.7%).

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mondocane

Di Maio se ne va. Il MoVimento ritorna?

Decisione opportuna, ma tardiva e nel momento sbagliato

di Fulvio Grimaldi

di maio cravattaEra ora, sospira una gran moltitudine dei 5Stelle, dopo aver dovuto assistere, nell’impotenza della mancanza di proposte alternative dichiarate, al precipitare nella quasi irrilevanza della più grande forza politica e sociale del paese, anche l’unica morale nel quadro depravato delle realtà partitiche dei tempi. Nel titolo esprimo impazienza per l’abbandono di uno che valeva tutti, cui non ho risparmiato critiche dure fino allo sberleffo. Sberleffo commisurato alla sua supponenza, alla spropositata ambizione, fonte di irrimediabili cantonate, poi sofferte da tutto il Movimento.

 

Ritiro “tattico”, secondo il garante

Va però visto anche il pericolo, per il futuro del movimento sopravvissuto alla cura Di Maio e sodali, che l’uscita di scena, per quanto probabilmente strumentale e parziale (in vista, magari, di un richiamo “per acclamazione” agli Stati Generali, o al Congresso), sia in questo momento, nell’immediata imminenza delle elezioni in Emilia-Romagna e Calabria, l’ennesima botta micidiale che l’improvvido capo politico infligge alla sua gente. Che, già disorientata prima, ora, in pieno marasma elettorale, si trova addirittura priva del riferimento a quel paparino-padroncino. La sua, da questo punto di vista, è una fuga. Altro che dare la colpa a “chi critica in modo distruttivo anziché costruttivo”. Distinzione falsa e tendenziosa di chi le critiche non le vuole in alcun modo. Come s’è visto con Paragone, esempio di fedeltà all’impegno. Dunque “costruttivo”.

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contropiano2

Torna il “bipolarismo obbligato” fondato sulla paura

di Dante Barontini

jvushihiuhlaLa mattina dopo, a schede quasi tutte scrutinate, tirare le somme è un dovere. L’Emilia Romagna è rimasta al Pd e Stefano Bonaccini, rovesciando le previsioni della vigilia, ossia dei sondaggi che davano Salvini e la deriva fascioleghista trionfante.

La “marea nera” – o più banalmente la solita destra conservatrice italica, immutabile da sempre sotto il frenetico susseguirsi di liste dai nomi più diversi (c’era persino un “Popolo delle libertà” ad affiancare “Forza Italia”, come nemmeno negli sketch migliori dei fratelli Guzzanti…), ha invece prevalso in Calabria, sostituendo un’amministrazione targata Pd travolta dalle inchieste sulla ‘ndrangheta (che deve aver perciò velocissimamente cambiato cavallo…).

Il “voto nazionale” era però concentrato in Emilia Romagna, ed è su questo risultato che si deve concentrare l’attenzione per ricavarne indicazioni generali.

Intanto i numeri.

Stefano Bonaccini ha preso il 51,4%, Lucia Borgonzoni il 43,68. Il candidato grillino, Simone Benini, il 3,46.

Dietro, tutti molto sotto l’1%.

 

Torna il “bipolarismo obbligato”

La prima considerazione è matematica: finisce qui la breve stagione del “tripolarismo”, segnata dalla presenza dei Cinque Stelle. Si torna allo schema bipolare, fondato sulla paura. In questo la separazione ridicola dei due schieramenti in una destra e una “sinistra” è totalmente funzionale all’imprigionamento del voto popolare. Esattamente come il “poliziotto cattivo” e quello “buono” in questura: entrambi “lavorano” per mandarti in galera, ma si dividono le parti perché tu ti dimentichi che prendono lo stipendio dallo stesso ufficio.

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contropiano2

Fine di “un’era” molto breve, Cinque Stelle al big bang

di Dante Barontini

sjhcbhebijsojeijLuigi Di Maio annuncia le sue formali dimissioni da capo politico dei 5 stelle e, dice lui stesso, “è la fine di un’epoca”.

Al di là dell’auto-sopravvalutazione individuale, sempre presente in questi casi, la sua rinuncia alla guida solitaria di ciò che resta del movimento Cinque Stelle certifica una crisi che si trascinava dal momento stesso in cui il “capo politico” – definizione resa obbligatoria dalla legge elettorale in vigore, parto delle “menti sottili” di Renzi e Rosato – aveva deciso di fare un governo insieme alla Lega, nel giugno 2018. Data da allora, infatti, la corsa verso il baratro nei sondaggi e soprattutto nei risultati elettorali.

Visto che non ci interessano più di tanto i gossip politici (“si dimette, ma per tornare”, “ora si va alla leadership collettiva”, “Di Battista si scalda in panchina” e via dicendo), preferiamo concentrare l’attenzione sulla fine di una stagione e di una cultura politica che ha avuto un forte successo pur essendo palesemente inconsistente.

E’ questo il piano su cui, ci sembra, si può provare a capire quali strade seguire in futuro per costruire effettivamente un’alternativa politica al tempo stesso radicale ed efficace.

 

Malessere sociale e rappresentanza politica

Da quasi 30 anni – da quando si è introdotta una “logica del maggioritario” nelle leggi elettorali, in curiosa coincidenza con l’entrata in vigore dei trattati di Maastricht e dei “vincoli” lì indicati – il malessere sociale è andato crescendo.

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materialismostorico

Alcune considerazioni critiche intorno al “sovranismo”

Guglielmo Forges Davanzati (Università del Salento)*

Materialismo Storico. Rivista semestrale di filosofia, storia e scienze umane è una pubblicazione dell'Università di Urbino con il patrocinio della Internationale Gesellschaft Hegel-Marx, n. 1 2019

057272e2810262d00907e67c90d36dab XLE’ una falsa astrazione considerare una nazione, il cui modo di produzione è fondato sul valore, e per di più organizzata capitalisticamente, come un corpo collettivo che lavora unicamente per i bisogni nazionali. (KARL MARX, Il Capitale, libro III).

Una coscienza culturale europea esiste ed esiste una serie di manifestazioni di intellettuali e uomini politici che sostengono la necessità di una unione europea: si può anche dire che il processo storico tende a questa unione e che esistono molte forze materiali che solo in questa unione potranno svilupparsi: se fra x anni questa unione verrà realizzata la parola nazionalismo avrà lo stesso valore archeologico che l’attuale municipalismo. (ANTONIO GRAMSCI, 1931)

1. Introduzione

Il sovranismo economico è una linea di politica economica basata sulla convinzione che è solo il recupero della sovranità monetaria a poter generare crescita. La sovranità monetaria è intesa nella duplice accezione della possibilità accordata alla Banca centrale di stampare moneta e della possibilità della valuta nazionale di essere svalutata rispetto a valute concorrenti. Si propone, a riguardo, un modello nel quale la possibilità di stampare moneta da parte della Banca centrale fa sì che l’espansione del debito pubblico non costituisca un problema, dal momento che i titoli di Stato verrebbero acquistati dalla Banca centrale. Si aggiunge che la svalutazione della moneta – che presuppone, nel caso italiano, l’abbandono dell’euro - accresce le esportazioni, dunque la domanda aggregata e l’occupazione. Si immagina che questi interventi non abbiano costi e, di norma, questa proposta prescinde dall’esistenza di classi sociali e dunque dei possibili effetti redistributivi di queste misure.

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sollevazione2

Sardine: l'arroganza di una minoranza

di Leonardo Mazzei

Né ridere né piangere. Né sopravvalutare né sottovalutare. Torniamo a fare analisi del "movimento delle sardine". Che sia "spontaneo" oppure un prodotto di laboratorio non cambia la sostanza: Salvini è il bersaglio, il fine è debellare "populismo" e "sovranismo". Per questo esso è funzionale al regime dell'élite euro-liberista

29a58ceadd3377d5c5ac55cbb7671bf6 XLSardine a natale

Le sardine manifesteranno a Bologna il prossimo 19 gennaio, cioè esattamente una settimana prima del voto regionale in Emilia Romagna. Forse basterebbe questo a chiudere il discorso su quale sia la loro funzione. Ma di questi tempi ci si emoziona per poco, specie quando entra in campo la piazza.

Secondo il modo di ragionare di certuni, il fatto che la gente manifesti sarebbe di per sé positivo. E questo indipendentemente dalle motivazioni, dai contenuti, dagli obiettivi, dai settori sociali realmente coinvolti nella mobilitazione. Il buffo è che queste argomentazioni vengono spesso da quella "sinistra" che considera i cortei della destra salviniana come redivive adunate fasciste dell'Italia che fu. Eppure anche quella è gente che scende in piazza...

Ma lasciamo perdere queste corbellerie. Il fatto è che la grande stampa continua ad enfatizzare il fenomeno in tutti i modi, segno inequivocabile di come ci si trovi di fronte ad un movimento sistemico, gradito come nessun altro alle neoliberali oligarchie dominanti. Tutto ciò è chiaro come il sole, ma siccome la confusione sotto il cielo è grande, non sarà male provare a fissare in alcuni punti un giudizio più netto su queste piazze benpensanti. Ecco perché ci occuperemo delle sardine a Natale.

 

Le sardine: un movimento neo-conservatore

Come tutte le cose del mondo, anche le sardine hanno le loro contraddizioni. Ma questo non significa che non abbiamo un'anima. O, come dice qualcuno (magari per criticarle), che non abbiano contenuti. L'anima c'è, ed è quella della conservazione. I contenuti ci sono, e sono quelli della delega alle istituzioni e ancor più ai "competenti", cioè di fatto ai funzionari del capitale, ai tecnici delle oligarchie finanziarie che dominano il nostro tempo.

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marx xxi

L’Emilia Romagna e la crisi che viene da lontano

La fine del Pci e la regione non più rossa

di Lorenzo Battisti

Bologna PCI G Degli Esposti Il Mulino 1966Sembra ormai chiaro che il destino del governo si giocherà nelle prossime elezioni regionali di Gennaio, e in particolare in quelle della mia regione, l’Emilia Romagna (come la solito, il Sud viene dimenticato, ma c’è anche la Calabria al voto).

Il vero fatto nuovo è proprio questo: non solo la regione tradizionalmente rossa è “contendibile”, ma la vittoria della Lega è data quasi per certa dalla maggior parte dei sondaggi. Questo rappresenta un fatto storico, per una regione da sempre considerata rossa, antifascista, progressista e che si scopre d’un tratto verde.

Negli ultimi giorni, prima del pienone di Piazza Maggiore, sono stato colpito dai tanti post sui social network di tanti amici e compagni che avvertono ora l’emergenza dell’onda verde che straripa oltre il Po, dopo aver preso l’Umbria. In particolare sono stato attirato dal post di un compagno che mi sembra riassumere bene l’urgenza avvertita da una parte dei militanti storici della mia regione. E’ un compagno che ha militato nel Pci, tra i miglioristi, e che ha seguito tutto il percorso di trasformazioni fino al Pd, per poi uscire con D’Alema e Bersani in Articolo 1. Ma soprattutto è stato un acuto osservatore delle trasformazioni sociali ed economiche della regione, attraverso il ruolo svolto all’interno dell’istituto demoscopico provinciale. Il compagno scrive:

“Compagni, amici e conoscenti, sia ben chiaro. Questa è davvero la madre di tutte le battaglie. Uno scontro politico a tutto campo. Uno scontro ideologico. Una questione identitaria. Il sangue di noi tutti. Se l'Emilia sarà conquistata non sarà una normale alternanza. […]

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micromega

“Basta con la sinistra moderata, serve radicalità per battere Salvini”

Giacomo Russo Spena intervista Fabrizio Barca

scarica immagini ad alta qualitaApplaudito alla kermesse del Pd, l’ex ministro e portavoce del Forum disuguaglianze e diversità auspica che Zingaretti inauguri una nuova stagione: “Si è aperta una lunga strada che prova a riportare – in una sinistra da anni egemonizzata dal neoliberismo – una cultura che vede la giustizia ambientale e sociale come i veicoli dello sviluppo. Certo, sarà una battaglia”. E poi aggiunge: “Bisogna porsi il problema di rappresentare i subalterni, solo così si sconfigge la destra”.

“Non è il tempo di essere moderati: bisogna affermare una radicalità positiva in contrapposizione alla radicalità della peggior destra. E per radicale non intendo la redistribuzione dei fondi ma di poteri, qui è la sfida”. Fabrizio Barca, da mesi, sta lavorando con il suo Forum disuguaglianze e diversità per strutturarsi sui territori e costruire ponti tra culture differenti che si ritrovano nell'articolo 3 della Costituzione: “Dietro il nostro progetto c'è una certa trasversalità dell'agire politico, siamo mettendo insieme le conoscenze dei mondi della ricerca e della cittadinanza attiva”. Da ActionAid alla Caritas, da Legambiente a varie fondazioni passando per l'associazionismo diffuso, si stanno sviluppando campagne per contrastare le enormi diseguaglianze presenti nel Paese. Un grande lavoro di accumulazione sociale che stride con la crisi, a sinistra, della rappresentanza. Su questo Barca non ha dubbi: “Chi non si pone il problema della rappresentanza dei subalterni, è il vero irresponsabile perché non fa altro che continuare a regalare consensi a Salvini”.

* * * *

I numeri ci consegnano un Paese in depressione e attanagliato da diversi mali: dall'emergenza disuguaglianze all'aumento della disparità Nord/Sud, dall'immobilismo dell'ascensore sociale alla precarietà diffusa e il working poor. Intanto la crescita economica va a rilento e l'Europa ci sta con il fiato sul collo. Caro Barca, siamo pagando le conseguenze dell'assenza di politiche industriali?