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sollevazione2

Cosa ci si deve aspettare?

intervista a Leonardo Mazzei

Pubblichiamo l’intervista che Leonardo Mazzei ha rilasciato per la prestigiosa testata tedesca Makroskop

10 ottobre 2020 7D. Il governo cerca di imporre un secondo lockdown che colpisce anche i diritti politici. Quale è il ragionamento del governo, delle èlite in generale – e le reazioni su scala popolare?

R. Proprio oggi, domenica 25 ottobre, è uscito il nuovo Dpcm (Decreto del presidente del consiglio dei ministri) che punta a restringere ulteriormente la libertà di movimento ed attacca il diritto al lavoro di milioni di persone, in particolare quelli dei servizi turistici e della ristorazione. A differenza di quanto avvenuto a marzo, adesso la linea del governo è quella della chiusura progressiva. Ma continuando così alla fine il risultato non sarà molto diverso. Questa strategia viene perseguita con un Dpcm a settimana. Un modo che, se da una parte mostra le difficoltà di Conte, dall’altro sembra fatto proprio per generare, oltre alla paura, un’assoluta incertezza sul futuro. Il precedente Dpcm, del 18 ottobre, ha stabilito di fatto la sospensione del diritto a riunirsi in luoghi pubblici. Contro questa lesione dei diritti democratici, attaccati in parallelo a quelli sociali, manifesteremo il 31 ottobre davanti alle prefetture dei capoluoghi di regione. Il ragionamento delle èlite sembra chiaro: siccome la crisi è gravissima ed il malessere sociale è alle stelle, la sola tecnica di governo che può funzionare è la strategia della paura. E’ una linea che presenta dei rischi anche per il blocco dominante, ma che finora – come dimostrato anche dai risultati delle elezioni regionali di settembre – ha funzionato. Che continui a funzionare è invece tutto da vedersi. Proprio a causa del clima di paura, la reazione popolare è stata finora modesta. Ma a tutto c’è un limite. E i fatti degli ultimi giorni, a Napoli e non solo, ci dicono che le cose stanno finalmente cambiando.

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micromega

“Il Parlamento cancelli i provvedimenti che vietano le manifestazioni di protesta”

Daniele Nalbone intervista Emiliano Brancaccio

Per l’economista le proteste di Napoli sono solo l’inizio: la crisi del Covid distrugge i vecchi equilibri sociali ed è destinata a scatenare un’onda caotica di rivendicazioni. Per scongiurare tentazioni repressive occorre mettere in chiaro che il diritto costituzionale di manifestare va posto allo stesso livello del diritto alla salute

cover artiolo 17“Siamo sull’orlo della più violenta ‘doppia depressione’ nella storia del capitalismo. I vecchi equilibri sociali stanno saltando, dobbiamo attenderci un’onda caotica di rivendicazioni che metterà a dura prova l’intero assetto democratico. In questo scenario, chiedo al governo e al parlamento di assumere un impegno: la tutela costituzionale della libertà di riunione e di manifestazione pubblica deve esser situata allo stesso livello della salvaguardia della salute. Non sono più ammissibili decreti e ordinanze che vietino assembramenti e cortei a causa del covid. Le autorità dovrebbero piuttosto impegnarsi affinché tutte le manifestazioni di protesta si effettuino liberamente, in condizioni di rischio sanitario adeguatamente contenuto”. Per Emiliano Brancaccio, docente di politica economica all’Università del Sannio e voce critica del pensiero progressista, la crisi scatenata dal coronavirus è destinata a minacciare il sistema dei diritti su cui reggono le attuali liberaldemocrazie. Una tesi che l’economista documenta nel suo ultimo libro, in uscita il 12 novembre, dal titolo eloquente “Non sarà un pranzo di gala” (a cura di Giacomo Russo Spena, edito da Meltemi), di cui la rivista Il Ponte ha pubblicato un estratto che sta già facendo discutere. Con questa intervista a MicroMega, rilasciata all’indomani delle proteste di piazza a Napoli, Brancaccio commenta l’ipotesi di un nuovo lockdown, analizza i rigurgiti di crisi sanitaria ed economica e lancia un appello in difesa dell’articolo 17 della Costituzione, che sancisce il diritto di manifestare pubblicamente.

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Professor Brancaccio, il Fondo Monetario Internazionale ha sostenuto che un lockdown generale potrebbe ripristinare la fiducia dei cittadini e aiutare così la ripresa economica. Lei ha criticato questa presa di posizione. Perché?

Il FMI non ha fornito evidenze a sostegno di questa tesi ardimentosa. Anzi, i suoi stessi dati indicano il contrario: i lockdown più duraturi sono statisticamente correlati con le crisi economiche più profonde e persistenti.

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carlo formenti facebook

Covid, lo sconforto prima del grande Reset

di Piotr

Uccidere il paziente per uccidere il virus è una soluzione? Uccidere una società per salvarla da una pandemia è la soluzione? Il Covid ci pone di fronte a una gravissima crisi sistemica

1588399792 presidente consiglio giuseppe conte fotogramma

Che sconforto.

Da tempo mi domandavo se non sia un po' stupido un governo che spende i soldi in bonus per biciclette e monopattini ma non potenzia i trasporti pubblici. Davvero pensava che le cose fossero equivalenti per la mobilità?

E così ci troviamo nella demenziale situazione di studenti distanziati in aula e accalcati sui mezzi pubblici. I treni regionali possono imbarcare il 100% dei posti. In quelli per pendolari, come i lombardi di Trenord, addirittura si invitano i passeggeri a non mettere oggetti sui sedili perché devono essere tutti occupati, con anche un bel po' di posti in piedi. Gli autobus possono riempirsi per l'80%, cifra già alta e poi chi controlla?

E così finisce che a scuola non ci si infetta in modo significativo, ma andando a scuola sì. E dunque oggi si ritorna all'odiosa, inutile e desocializzante didattica a distanza, senza che la scuola ne abbia colpa.

Ci si infetta sui mezzi di trasporto, sul lavoro, a casa e negli ospedali. Cosa è stato fatto per prevenirlo? Ad esempio cosa si è fatto per non dover ricoverare per motivi sociali positivi paucisintomatici (persone sole, o al contrario che vivono in case sovraffollate, quelle che convivono con anziani, ecc.)? Bonaccini afferma di aver individuato 1.000 posti letto in strutture alberghiere per questi ricoveri di carattere sociale che non richiedono cure mediche, così da non gravare sugli ospedali. Questo in Emilia Romagna. E nelle altre regioni?

E allora, via con altri palliativi, la chiusura dei teatri, delle palestre e dei cinema, già semideserti e tutti dotati di estrattori d'aria (poveretti, una spesa per nulla e una chiusura per niente; questi i dati dell'AGIS per il periodo di riapertura 15 giugno-10 ottobre: spettacoli 2.782, spettatori 347.262, contagiati 1!), i ristoranti che non possono più servire la cena (il pranzo sì, la cena no: perché?), la proibizione di accompagnare a casa la fidanzata di notte, la raccomandazione (che tra poco mi sa tanto diverrà un obbligo) di non muoversi nemmeno coi propri mezzi (e se uno vuole farsi una gita in campagna, in montagna o in un bosco? Che senso hanno queste raccomandazioni quando già ci sono meticolosi divieti per evitare ogni tipo di assembramento?).

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lavoroesalute

I ‘postumi’ del Sì

Alba Vastano intervista il professor Paolo Maddalena

Costituzione italiana“La concentrazione dei poteri in un uomo solo al comando e la corrispondente riduzione di poteri del Parlamento muterebbe la gerarchia delle fonti, poiché in pratica sposterebbe il potere sovrano dal Parlamento (e cioè dal Popolo) al Governo, con la inevitabile conseguenza che la legge avrebbe la pari forza delle norme e dei principi costituzionali. In sostanza, sarebbe cancellata la Costituzione”
P. Maddalena

Siamo ormai ad un mese dal referendum confermativo che ha chiamato gli elettori ad esprimersi, votando Sì o No, sulla legge costituzionale al taglio dei parlamentari “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari” pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 240 del 12 ottobre 2019 . L’art. 138 della Costituzione prevede che una legge può essere sottoposta a referendum se ne facciano domanda, entro 3 mesi dalla pubblicazione in Gazzetta, un quinto dei membri di una camera o 500mila elettori o 5 consigli regionali. La richiesta di referendum è stata firmata da 71 senatori e approvata dall’ufficio centrale per il referendum dalla Corte di Cassazione.

Una forte e partecipata campagna per il No, forse inaspettata, ha visto coinvolti molti Costituzionalisti e tanti personaggi della cultura italiana. Tanto da far sperare in una svolta rispetto ai fautori per il Sì. Non è andata, ma era anche prevedibile, vista la forte adesione dei partiti parlamentari e dei loro fidelizzati fra gli elettori. Nonostante la sconfitta del No, quel 30 per cento e oltre avrà un peso sulle scelte future del Parlamento nella nuova legislatura post elezioni politiche del 2023?

Delle ragioni del No e delle conseguenze della vittoria del Sì risponde nell’intervista che segue, Paolo Maddalena, costituzionalista, vice presidente emerito della Corte costituzionale.

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nuovadirezione

Ricerca di una nuova direzione

Sulla logica del Cln

di Nuova Direzione

gli orizzonti perduti 1La crisi

La spinta generata dalla crisi sanitaria ancora in corso sta determinando conseguenze dirette ed indirette molto forti. In particolare, si registra un’accentuazione della divaricazione tra sezioni del paese, sia in termini geografici sia di specializzazione, e l’impatto altamente differenziato sul mondo del lavoro (principalmente sull’asse tra impieghi stabili e precari e tra lavoratori autonomi e dipendenti). È evidente l’allargamento di una profonda linea di divaricazione, già presente e costitutiva della retorica neoliberale, tra i settori dei ceti salariati ancora protetti dalle garanzie novecentesche e il vasto mondo dei lavoratori precari senza diritti, in particolare nelle imprese piccole ed a basso livello tecnologico e di competitività, i numerosissimi finti autonomi del settore dei servizi (in particolare nel turismo e settori affini), gli operatori in proprio del commercio al dettaglio, i professionisti e parte del ceto medio produttivo ed imprenditoriale in crescente difficoltà. I primi antepongono la protezione, richiedendola, alla continuità dell’impegno lavorativo mentre i secondi, impregnati dello spirito libertario e della retorica del self-help tipica del mondo neoliberale, sono impauriti soprattutto della potenziale disoccupazione, o del fallimento delle loro attività, passano in secondo piano i rischi sanitari individuali e collettivi (che tendono ad essere negati). La seconda area tende a mobilitarsi contro le misure di protezione sanitaria, percependole come una minaccia concreta e una violazione della propria libertà individuale. La prima costituisce la base, al momento maggioritaria, di consenso alle misure governative di protezione attiva nei confronti dei rischi epidemici (che riguardano molto più la tenuta del fragile sistema sanitario nazionale che non la mortalità diretta in condizioni ottimali, che resta bassa).

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lordinenuovo

Dopo queste elezioni: superare l’irrilevanza con una vera costituente comunista

di Alessandro Mustillo

Copertina referendum 660x4002xHa ragione chi tra gli osservatori politici, analisti, giornalisti ha commentato che a vincere queste elezioni è stata la stabilità. Una sorta di conferma, in alcuni casi quasi plebiscitaria, del potere costituito tanto a livello nazionale quanto locale, il cui vero significato va ben al di là di una semplice consultazione elettorale. Un dato quindi che dovrebbe farci riflettere come preludio di una potenziale via d’uscita dalla crisi in atto, a tutto vantaggio del capitale.

Ma procediamo per passi. Ad uscire rafforzato dal voto è certamente l’asse di governo. La spallata annunciata da parte del centrodestra fallisce in Puglia e Toscana. La vittoria del Sì al referendum cementa l’asse della maggioranza PD con i Cinque Stelle, blindando il Governo fino alla fine della legislatura, salvo macroscopici imprevisti, e tramutando definitivamente i cinque stelle in parte del campo di centrosinistra che si contrappone alla destra Salvini-Meloni. Difficile pensare ad elezioni politiche data la situazione generale, la pandemia, le scadenze istituzionali tra cui l’elezione del Presidente della Repubblica. Difficile pensarci anche a causa di quella forza centripeta rappresentata dalla consapevolezza della futura diminuzione del numero dei Parlamentari che trasforma i deputati di Cinque Stelle, Italia Viva, e di Forza Italia, nei più feroci avversari di ogni scioglimento delle Camere.

L’Italia si avvia così a discutere l’ennesima legge elettorale, risultando pressoché l’unico Paese al mondo a modificare il sistema elettorale quasi ad ogni legislatura da trent’anni a questa parte, sintomo evidente della crisi latente che però trova sempre una sua stabilizzazione. Il PD incassa la modifica degli equilibri interni alla maggioranza e passerà all’attacco sul MES/Recovery Fund e sulle riforme, rompendo l’ormai inesistente resistenza grillina.

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sollevazione2

Perchè il PD non ha perso

di Leonardo Mazzei

ride bene chi ride ultimo«Il voto dà respiro al governo», questo il titolone del Corriere della Sera di ieri. Una sintesi ineccepibile dell’ennesimo paradosso italiano. Le forze di governo tracollano in voti rispetto alle precedenti elezioni regionali, ma siccome l’attesa era per una disfatta ancor più grande, il generale arretramento diventa una vittoria.

In realtà questo paradosso ne contiene altri due. Il primo è che, salvo la Liguria, i due principali alleati di governo erano invece avversari nelle regioni. Il secondo è che l’illusione ottica del grande successo governativo è esattamente il frutto della stupidità degli avversari, quelli che prevedevano la famosa “spallata”, il “cappotto” del sei a zero ed altre amenità.

Simbolo di questa inarrestabile avanzata delle truppe salvinian-meloniane avrebbe dovuto essere la Toscana. Chi scrive aveva segnalato per tempo quanto fosse improbabile un simile scenario. (Tra parentesi: le quattro previsioni finali lì avanzate si sono realizzate al gran completo, peccato che la Snai non quoti certe cose…).

 

Alcuni dati

Non intendiamo qui perderci nei mille dati da decifrare di ogni elezione, ma qualche numero può essere utile. In termini di regioni “conquistate”, al posto del sei a zero salviniano c’è stato un tre a tre che in realtà non era difficile prevedere. Della Toscana si è detto, ma scontato (e alla grande) era il risultato in Campania, mentre più incerto appariva quello in Puglia. Ma se si comprendono le nobili ragioni del successo di De Luca e delle sue 15 (quindici) liste campane (nulla a che fare col clientelismo, ci mancherebbe!), non sarà difficile capire quelle del De Luca light pugliese, al secolo Michele Emiliano, anche lui accompagnato da 15 liste.

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orizzonte48

Referendum costituzionale tra normalizzazione del vincolo esterno ed efficienza... nella riduzione del PIL

di Arturo*

Schermata del 2020 09 14 13 39 54Come sapete, il 20 e 21 settembre si svolgerà un referendum confermativo ex art. 138 della Costituzione sulla legge costituzionale concernente "Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari".

Posto che votare è un dovere civico (art. 48 Cost.), vi ricordo che non c’è quorum, quindi l’astensione è irrilevante ai fini del risultato.

Credo possa essere interessante un esame molto semplice ma – speriamo – preciso degli argomenti pro e contro più direttamente attinenti al taglio del blog (per gli altri, vi rimando all’articolo della Algostino linkato al n. 5), alla luce di un approccio alla Costituzione che intenda “prenderla sul serio”, come dice Dworkin.

 

1. In primo luogo un riferimento temporale: come si legge su Wikipedia, fu dagli anni Settanta che cominciò ad essere agitato l’auspicio di una riduzione del numero dei parlamentari. Difficile non lasciar correre il pensiero al paradigma della governabilità lanciato dalla Trilaterale (qui, addendum) e da allora dominante nei salotti, buoni o meno buoni che siano.

Questo scambio in Costituente fra Einaudi, ovviamente favorevole alla riduzione, e Terracini tende ad avvalorare molto i sospetti circa la matrice antidemocratica, e specificamente neo-liberale, del provvedimento oggetto del referendum:

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commonware

La crisi smascherata. Reportage dalla piazza No Mask

di Julia Page

Reportage dalla manifestazione No Mask tenuta a Roma il 5 settembre

WhatsApp Image 2020 09 09 at 10.02.54 10. Una doverosa premessa

Da qualche tempo sembrerebbe essere tornato in voga un vecchio adagio, per cui bisognerebbe «fare quel che si dice, dire quel che si fa». Fedeli a questo assunto, abbiamo pensato che convenire sull’avvento di una nuova composizione di riferimento – le famose piazze «spurie», che sempre di più trovano la loro genesi nel declassamento e nella conseguente crisi di mediazione del cosiddetto ceto medio – per poi etichettare a priori (leggi: senza nemmeno avventurarsi in una di queste piazze) i movimenti in ascesa come «imbecilli», «pazzi» o «reazionari», sarebbe da considerare un’operazione se non problematica, quantomeno inutile.

Per questo, sabato siamo andati a vedere con i nostri occhi la famigerata piazza dei «No Mask», certi del fatto che solo lo sguardo inchiestante possa davvero osservare il presente per tracciare linee di ragionamento scevre da due rischi opposti ma speculari: da un lato, appunto, quello di liquidare ogni momento di piazza che esuli dai nostri rigidi (e ormai ristrettissimi) confini come ontologicamente «reazionario» – magari basandoci solo sulle testimonianze del Gruppo L’Espresso o del Partito di Repubblica, oppure sulle dirette Facebook degli interventi dal palco, dimenticando invece che l’importanza delle piazze, anche nostre, sta, in genere, lontano dai riflettori. Dall’altro lato, invece, sta il rischio di trasformare in feticci cose che non stanno né in cielo né in terra: dire che le piazze di oggi e di domani saranno «spurie» (come se poi ci fossero mai state delle piazze – rilevanti – «pure») non vuol dire esaltare e innalzare a emblema dell’imminente rivolta dei soggetti che vanno in giro vestiti come un Gesù blasfemo che brucia la foto del Papa o quelli che naufragano al largo di Ustica alla ricerca della fine della terra (chiaramente, considerata piatta).

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carmilla

Maxiprocessi, zamponi e tortellini

di Giovanni Iozzoli

pizza celereDici “maxiprocesso” e vengono alla mente le memorie complicate degli anni ’80 – Michele Greco e Pippo Calò dietro il gabbione dell’aula bunker di una Palermo insanguinata, centinaia di imputati, gli elicotteri volteggianti sui tetti del palazzo di giustizia. Bene, dimentichiamoci di quell’anticaglia. Ci sono un paio di nuovi maxiprocessi in pista; lo scenario sarà meno melodrammatico e di telecamere ne vedremo pochine. Anche Modena è meno affascinante, come location criminal-giudiziaria. Però è proprio nell’amena cittadina estense che si celebreranno due surreali maxiprocedimenti giudiziari: alla sbarra non ci saranno boss mafiosi e sicari, ma padri e madri di famiglia – classe operaia del segmento modenese più povero e precario –, accusati di aver lottato per difendere la propria condizione.

I processi riguarderanno due vertenze importanti, quella consumatasi ai cancelli dell’azienda Alcar Uno di Castelnuovo Rangone, e quella relativa alla rinomata Italpizza di Modena – vertenze assurte agli onori della cronaca nazionale, in tempi diversi e per ragioni diverse. La Alcar Uno, storico marchio della lavorazione carni suine, è stata anche il teatro, oltre che di una dura battaglia sindacale, del gaglioffo tentativo di incastrare Aldo Milani, incappato nel 2017 in una provocazione dagli esiti fallimentari; mentre la vertenza Italpizza, ha investito un’eccellenza dell’export italiano, vezzeggiata e iper-protetta dalla politica locale .

Gli inquisiti-operai sono sostanzialmente accusati di aver picchettato i cancelli di aziende in cui hanno speso anni e anni della loro vita – ivi producendo valore e profitti. Nell’impostazione della Procura, lo sciopero è l’arma del reato. La busta paga e la dignità, il movente. La scena del delitto: la precarietà, i cambi appalto, le finte cooperative, l’abuso di contratti penalizzanti – le storie tristemente comuni, ormai di massa, dell’Emilia di oggi.

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sbilanciamoci

Il post-Covid e la riforma dello Stato

di Emilio Carnevali

Schermata 2015 04 07 a 16.01.26La pandemia di Coronavirus può essere l’occasione per ripensare radicalmente i compiti e gli obiettivi delle istituzioni pubbliche. Ma perché tale occasione non vada sprecata, occorre uno Stato che “funzioni davvero”. Qualche buon esempio (e qualcuno meno buono) dall’esperienza del Regno Unito

We shall meet again: è stato con un diretto riferimento alle vicende della guerra che la regina Elisabetta ha voluto sostenere il morale dei suoi sudditi durante i giorni più bui del lockdown nel Regno Unito. We shall meet again – “Ci rincontreremo” – cantava infatti la mitica Vera Lynn visitando i soldati al fronte, mentre le bombe della Luftwaffe riducevano in macerie le città inglesi.

Nell’epoca del coronavirus il ricorso a paragoni con le vicende belliche è stato assai diffuso. Si è cercato così di dare riconoscimento alla gravità degli eventi in corso, ma anche di trasmettere il senso della speranza in un “dopo”, nella ricostruzione che inevitabilmente seguirà.

Il secondo dopoguerra ha visto la nascita dello stato sociale nella sua accezione moderna. Fu proprio la straordinaria mobilitazione collettiva innescata dallo sforzo bellico a gettare le basi per un nuovo patto sociale che attribuiva a stati e governi compiti estremamente più ambiziosi che in passato: ad esempio, il celebre Rapporto Beveridge – o, come da titolo originale, il Report on Social Insurance and Allied Services – fu pubblicato in Inghilterra quando le sorti della guerra erano ancora molto incerte (1942).

Oggi molti auspicano che la ricostruzione “post-Covid” possa essere l’occasione per un analogo salto di qualità della nostra convivenza civile, soprattutto per quanto concerne la “riconversione ecologica” dei nostri sistemi produttivi.

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linterferenza

Come tradire Rousseau tra riforma costituzionale e democrazia diretta

di Daniele Gullì

Jean Jacques Rousseau painted portrait 1566982271678 638x425Nei giorni 20 e 21 di settembre ci sarà il Referendum che chiamerà gli elettori a pronunciarsi sulla Riforma Costituzionale che prevede il taglio del numero dei parlamentari. Approvata con il voto favorevole e trasversale di buona parte dell’arco parlamentare, la Riforma prevede una sostanziosa riduzione del numero dei seggi di Camera e Senato. Un cambiamento istituzionale fortemente voluto dal Movimento 5 Stelle, tanto da esser stato il punto principale ed imprescindibile dell’accordo di governo fatto l’estate del 2019 con il Partito Democratico. Se verrà confermato dalla consultazione referendaria, l’organo legislativo della Repubblica italiana, a partire dalla XX Legislatura, sarà composto da 400 deputati e 200 senatori, diventando, di fatto, con un parlamentare ogni 160 mila abitanti, il Parlamento con il rapporto di rappresentanza peggiore dell’intera Unione Europea.

Il Movimento 5 Stelle, dopo esser stato scaricato, oramai un anno fa, dell’ex alleato leghista, ha scelto la riduzione del numero dei parlamentari come primaria battaglia sulla quale accentrare il proprio armamentario comunicativo e propagandistico.

Mosso dalla necessità di rimettere a lucido la propria immagine del bagno sporco di realismo politico in cui si è calato da quando è al Governo, nel tentativo di tornare a rimarcare una netta differenza con i vecchi partiti, il M5S ha rispolverato il mantra della lotta alla casta. Il taglio alle poltrone, secondo il racconto dei proponenti, oltre che apportare un risparmio di spesa per le casse pubbliche, infliggerebbe un colpo ben assestato ai privilegi del mondo della politica. Una posizione curiosa, non tanto perché avanzata dalla forza di maggioranza del Governo in carica, ma perché proposta da chi, fino a due anni fa urlava, saliva sui tetti e si stracciava le vesti in difesa del ruolo centrale che il Parlamento dovrebbe ricoprire all’interno del sistema istituzionale e politico italiano.

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lafionda

NO al referendum confermativo di settembre. Un voto politico: la Costituzione va attuata, non demolita pezzo dopo pezzo

di Giuseppe D'Elia

costituzione italiana 001La vera posta in gioco di questa ennesima partita referendaria, l’obiettivo reale è l’impianto egalitario, solidaristico e genuinamente democratico della Costituzione repubblicana. L’attacco all’assetto istituzionale è solo il primo passo. Se si afferma definitivamente l’idea che la Carta — la Legge Fondamentale — è un problema da risolvere e non un progetto di società da realizzare, la strada per la definitiva cancellazione di ogni conquista sociale del movimento operaio sarà spianata e il ritorno al lavoro servile per quasi tutti è ciò che ci aspetta alla fine della corsa: lavoro scarso, precario, povero e senza nessuna prospettiva di concreto miglioramento per la maggioranza della popolazione e tutta la ricchezza che si concentra nella mani di pochi privilegiati (ricchi e super-ricchi)

* * * *

La questione della rappresentanza, come sappiamo, è il tema concreto messo in gioco da questa ennesima riforma costituzionale.

Tuttavia, a mio avviso, è fondamentale capire che le ragioni del NO vanno difese e sostenute, andando al di là della singola e specifica questione.

Il punto nodale, insomma, non è solo ed esclusivamente capire se — al netto dei senatori a vita — sia meglio avere 600 parlamentari o 945.

Dirimente è capire bene quale sia la vera posta in gioco, ovvero lo spazio democratico (= il controllo delle istituzioni democratiche) e le politiche concrete che per mezzo di queste istituzioni si possono realizzare.

Non è un caso che il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale metta espressamente in correlazione questo progetto di riforma con i precedenti tentativi, già bocciati dal popolo sovrano, e con la necessità di reintrodurre nel sistema una legge elettorale di tipo proporzionale puro:

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la citta futura

Habemus Papam: Eminentissimum ac Reverendissimum Dominum Mario Draghi

di Ascanio Bernardeschi

Draghi pontifica al meeting di Rimini, ma la ricetta è fare debito a carico delle nuove generazioni, che però dichiara di voler tutelare

84c77d70a0d9fe931ebed453ee1c8b27 XLL’Italia ha un nuovo Papa. E non un Papa divisivo, come quello di stanza in Vaticano, ma un Papa ecumenico: sia le destre moderate, con qualche distinguo di facciata, che – più convintamente – le sedicenti sinistre, plaudono al discorso di Mario Draghi al Meeting di Comunione e Liberazione (Cl), che qualcuno ha letto come un’autocandidatura al soglio del Quirinale.

Già la scelta del luogo per proferire il suo messaggio urbi et orbi è una strizzata d’occhio ai settori più conservatori del cattolicesimo. Lo è anche l’esordio con cui si dichiara “partecipe della vostra [di Cl!] testimonianza di impegno etico”, glissando sull’impegno etico di Formigoni e della Compagnia delle Opere. Ma, potrebbe obiettare qualcuno, si tratta di una formalità e di un gesto di buona educazione nei confronti di chi lo ha ospitato e gli ha offerto quel pulpito. Quindi soprassediamo e veniamo alla “ciccia”, che comunque è sempre ben velata da frasi di apparente buon senso idonee a renderla più facilmente digeribile sia alla destra che alla “sinistra” (sempre sedicente, per essere precisi), come si conviene a un buon Pontefice.

Due sono le parti più rilevanti del suo discorso, una analitica e una propositiva.

Cominciamo dalla prima che attiene essenzialmente alla valutazione della crisi e della capacità di risposta delle istituzioni europee.

Il coronavirus, per sua stessa ammissione, si è abbattuto su un’Italia già in recessione, e tuttavia egli si ostina a denunciarlo come la causa di questa crisi. Potrebbe il mentore del capitale finanziario ammettere che il problema è il capitalismo? No. Quindi passiamogli anche questa.

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citystrike

In autunno: riprendiamoci la scuola

di CityStrike

18589576 small 990x661 1 800x445Partiamo dalla fine, per essere chiari. Il 24 e 25 settembre sono state indette due giornate di sciopero e mobilitazione dai sindacati di base (USB, Cub, UniCobas e alcune sezioni dei Cobas). Queste due giornate sono state fatte proprie da alcune organizzazioni studentesche e da numerosi collettivi universitari. Riteniamo che quelle due giornate di mobilitazione siano importanti. Cerchiamo di spiegare il perché e, contemporaneamente, il motivo per cui non ci convince affatto la mobilitazione prevista per sabato 26 da alcune associazioni e dai sindacati confederali.

 

Le false narrazioni

Ragionare in maniera sensata e convincente su ciò che accadrà a settembre nelle scuole e nelle facoltà, in effetti, non è semplice. Pesano, infatti, la cortina di fumo e le false promesse rilasciate a ogni pie sospinto dalla ministra Lucia Azzolina, rilanciate ripetutamente dai media e avallate dai sindacati confederali ed autonomi. Si fa un gran parlare di rientro in sicurezza, di investimenti, di nuovi spazi e assunzioni. Quindi occorre, in primo luogo, cercare di avere un quadro più chiaro.

Ad oggi gli unici provvedimenti in qualche modo certi sono la firma di un protocollo tra il governo e i principali sindacati dove, all’interno di un fiume di parole di cui si fatica a comprendere l’utilità, si fa cenno a una ripartenza in presenza per le scuole dell’infanzia, vengono riportate alcune norme di monitoraggio, viene ribadita la necessità del distanziamento.