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lantidiplomatico

Contro il governo Draghi!

di Fosco Giannini, direttore di “Cumpanis”

Nello spirito di collaborazione che si è instaurato con "Cumpanis”, “L’AntiDiplomatico” pubblica come anticipazione il nuovo editoriale della rivista

720x410c50Venerdì 12 febbraio. Mario Draghi sale al Quirinale, scioglie la riserva e presenta la lista dei ministri. Nasce il suo governo. Solitamente, “il suo governo”, è una locuzione tendente - nella dialettica fra presidente del consiglio e ministri - a chiarire chi è il capo di un esecutivo. In questo caso, invece, “il suo governo” è un’espressione totalmente affermativa, nel senso che l’intero governo è sotto il potere di Draghi ed egli non ne è il presidente ma il “dictator”. Quali forze hanno determinato quest’esito nefasto per la democrazia italiana e, per essere meno elusivi, per il movimento operaio complessivo italiano, per “la classe”? Attraverso quali passaggi si è giunti a sottomettere il governo, il parlamento, l’intera politica, l’intero Paese al comando di Draghi? Le forze che hanno spento la luce della democrazia italiana non sono rintracciabili nel vacuo vaudeville della nostra politica: esse sono oltreconfine e oltreoceano e si svelano lungo l’asse euroatlantico Usa-Ue, Biden e Merkel-Macron. E’ decisivo collocare immediatamente e prioritariamente sia la caduta del governo Conte che la costituzione del governo Draghi nel contesto internazionale, poiché questa lettura dei fatti è - non casualmente - quella più rimossa e negata, sia dall’intero arco delle forze politiche parlamentari che dall’intero sistema mediatico. Come, infatti, tutti i cicisbei, i cavalier serventi degli USA, della NATO e dell’Ue che sostengono il governo Draghi, possono arrivare a disvelare la semplice verità, e cioè che sono state proprio queste potenze mondiali ad intervenire sul quadro politico italiano al fine di far cadere i due governi Conte, che, pur mantenendo una natura essenzialmente filo-imperialista, spostavano troppo, e “insopportabilmente” per gli USA, il loro asse commerciale verso la Russia e la Cina? E, conseguentemente, portare l’uomo di cui più hanno fiducia, Draghi, a guidare l’Italia e il nuovo Parlamento di spauriti vassalli che lo ha incoronato?

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appelloalpopolo2

Perché Draghi?

di L'Antieuropeista

draghi bis 300x169 2La tragica Seconda Repubblica, iniziata con la firma del Trattato di Maastricht, è una spirale, un cerchio che si chiude e si riapre senza soluzione di continuità. Ogni nuovo giro inizia con un governo tecnico, che dovrebbe mondare le colpe dei precedenti esecutivi politici troppo attenti al consenso popolare per implementare con rapidità ed efficacia le necessarie riforme strutturali indicate con solerzia dalle istituzioni europee.

Il governo Ciampi, insediatosi nel 1993, ha lavato i peccati della classe politica primo-repubblicana appena travolta dall’evento mediatico di Tangentopoli; ma si trattava di un governo misto, in cui il Presidente del Consiglio, esterno ai partiti, doveva tenerne in considerazione almeno in parte le necessità. Il governo Dini, in carica dal 1995, ha proseguito il lavoro, configurandosi come il primo governo compiutamente tecnico della Repubblica italiana e trascinando il Paese verso l’ambito appuntamento dell’euro.

È seguito oltre un decennio di alternanza sul modello americano tra le due coalizioni neoliberali di centro-destra e di centro-sinistra, fino a che i nodi dell’Unione Europea, che avevano nel frattempo depresso crescita, occupazione e produttività, sono venuti al pettine accentuando in Europa, e in particolare in Italia, la crisi finanziaria globale del 2008. Dopo due anni di rimbalzo, i “sacrifici necessari” dovuti all’innalzamento automatico del deficit e del debito pubblico hanno condotto a furor di popolo e di stampa al terzo governo tecnico, anche in questo caso puro, vale a dire composto esclusivamente da ministri a-partitici.

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lacausadellecose

Il governo del banchiere taumaturgo

di Michele Castaldo

c5422f52741365a4c05859795b0e2b2cNon solo i racconti delle religioni, ma anche la storia laica è ricca di personaggi raccontati in modo mitologico, in genere dopo la loro morte, anzi nella stragrande maggioranza dei casi dopo che da moltissimi anni avevano abbandonato la grigia terra. Nel caso di Mario Draghi, ancora in vita, è già un mito, ovvero l’uomo dei miracoli in economia. E chi se no poteva essere chiamato a governare un paese in crisi? Sicché le speranze superano la fantasia e nel personaggio si ripongono le certezze di uscire dalla crisi e di riprendere il cammino fulgido del capitalismo italiano. Dunque da destra, da centro e da sinistra, tutti concordi nell’applaudire finalmente l’uomo giusto, quello che ci salverà dalla pandemia del Covid-19 con la vaccinazione di massa e ci rilancerà come paese nella nuova fase economica, politica, sociale, culturale e ambientale. Insomma un nuovo mondo di un nuovo benessere. L’uomo giusto, al posto giusto, nel momento giusto.

Il tentativo di queste note è quello di cercare di ragionare con freddezza evitando stupidi proclami. Ce n’è già troppi in giro che vi si dedicano.

Partiamo da un primo dato di fatto: il banchiere Mario Draghi è stato chiamato (da Mattarella o dai grandi gruppi dell’economia?) perché, come dice il filosofo Cacciari, la politica ha fallito. Il che è vero, ma siamo alla constatazione del fatto, non alla sua spiegazione. Allora dovremmo cercare di spiegare perché la politica ha fallito. Se in meno di tre anni cadono due strani governi di segno “opposto” vuol dire che c’è qualcosa di grosso che si muove nelle viscere della terra che sobbalza poi in superficie.

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scenariglobali

Mario Draghi, una vita per le élites

di Luigi Pandolfi

draghi 660x330E fu così che Mario Draghi arrivò davvero. Una scelta disperata del Capo dello Stato per scongiurare l’abisso ad un paese già pesantemente segnato da crisi economica ed emergenza sanitaria? Solo gli ingenui possono credere ad una narrazione di questo tipo. Più passano le ore, più diventa chiaro che l’operazione Draghi era partita molto tempo prima che Matteo Renzi si incaricasse di accelerarne il compimento. Non è complottismo. L’Italia è entrata nella pandemia con un’economia barcollante sul crinale tra stagnazione e recessione, ma soprattutto con un quadro di finanza pubblica incompatibile con le regole europee. Un quadro che la stessa crisi pandemica ha finito per aggravare ulteriormente, per il concorso di due fattori: il crollo del Pil e l’espansione a debito del bilancio statale. Cosa accadrà quando ritorneranno le regole del fiscal compact? Siamo di fronte a una sospensione momentanea delle stesse o la crisi costituirà un’occasione per superarle? Sono domande che in molti si sono fatti in questi mesi. Di certo, un impegno sul rientro dal debito il Governo Conte l’ha già preso nell’ultimo Documento di Economia e Finanza (Def), ma è nel Recovery fund che si trova una risposta più esaustiva a questi interrogativi. È vero che i soldi, per una buona parte da restituire, sono tanti, ma la loro erogazione avverrà a una precisa condizione: che si facciano le cosiddette “riforme di contesto”, alle quali è legata anche la sostenibilità del debito. E chi pensa che queste riforme servano a ripristinare una serie di diritti sociali cancellati in questi anni è totalmente fuori strada.

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contropiano2

“Cosa farà Draghi?” L’ha già spiegato, basta leggere

di Dante Barontini

In calce l'intervista di Mario Draghi al Financial Times del 25 marzo 2020

cosa fara draghiOgni giorno ha la sua pena, anche nel lavoro giornalistico. Quella di oggi è districarsi nel reticolo delle infinite supposizioni su “cosa farà Draghi”. Come avvertiva ieri il nostro giornale, il modo migliore di non capirci nulla è cercare di indovinare seguendo il chiacchiericcio dei talk show, da 30 anni esperti di gossip politico ma a digiuno dei fondamentali. Sia della politica che dell’economia.

I titoli di oggi, sui quotidiani mainstream, rendono bene l’idea. Il Corriere della Sera prova a fare la sua anticipazione, garantendo di avere “fonti” ben addentro al giro di consultazioni (banalmente: le delegazioni entrate ieri e qualche portavoce in vena di “narrazioni”): “Draghi, i cinque punti per il rilancio”.

Quelli di Fiat-Repubblica, che lavorano esattamente nello stesso modo, fa una sintesi numerica diversa: “Draghi, subito tre riforme per rispondere all’Europa”. Si vede che a Molinari sta a cuore ricordare la dipendenza assoluta di questo esecutivo da Bruxelles. Non a torto, del resto…

L’altrettanto Fiat-La Stampa riduce a soltanto due i nodi centrali, “Istruzione e fisco, l’agenda Draghi”.

Il Giornale è sulla stessa linea, con un più sobrio “Il piano di Draghi”. Mentre l’altrettanto destrorso Libero prova a interpretare l’oggi con gli occhiali di ieri, o di “ricondurre l’ignoto al noto”, buttandola sull’orgia politica cui sono abituati gli italici: “Draghi assediato dai postulanti. Vince chi leccherà di più”.

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lafionda

Draghi e governo della finanza: Non prevarranno!

di Geminello Preterossi

sovranismo 11608931. E ti amo Mario

Sgombriamo il campo da un equivoco. Il problema non è la “persona” Draghi. Che ha fatto buone scuole, è stato allievo di Caffè, ama l’Opera ed è pure romanista. Qualità che apprezzo. In politica, però, conta ciò che si rappresenta, le visioni di fondo e gli interessi che ci muovono, e i fatti, le scelte che si sono compiute. I “fatti” di Draghi sappiamo quali sono. Mi limito a un breve ripasso, ma non per amor di polemica, bensì perché si tratta di questioni fondamentali, rivelative di un approccio, di una visione appunto, oltre che dei precisi interessi che Mito-Mario ha sempre scelto di garantire, da quando è entrato nel grande gioco del potere. Ci ricordiamo tutti il ricatto antidemocratico alla Grecia di Tsipras, attraverso la chiusura della liquidità da parte della BCE, per indurla ad accettare il Memorandum imposto dalla Troika e punire la pretesa greca di resistervi, in nome peraltro della volontà popolare esplicitamente espressa. Così come la lettera Trichet-Draghi, che intimava al governo Berlusconi di seguire un preciso programma di “riforme” neoliberiste (ben poco compatibile, peraltro, con il nucleo fondativo, sociale e lavorista, della Costituzione del 1948, formalmente ancora vigente). Anche in quel caso, seguì una pressione dall’alto sui titoli di Stato italiani, per far schizzare lo spread e indurre Berlusconi alle dimissioni: fu co-decisa da Draghi. La maggioranza di Berlusconi era in difficoltà, probabilmente sarebbe entrata in crisi lo stesso da lì a breve, ma l’esito naturale di una crisi politica sarebbero state le elezioni.

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lafionda

Mario Draghi: breve biografia di un incappucciato della finanza

di Thomas Fazi

draghiMontiE alla fine, come da copione, l’“operazione Draghi”, a cui il sistema, nonché Draghi stesso, lavorano alacremente da anni – i servizi fotografici su Draghi che fa la spesa al supermercato, accarezza i cagnolini e vola in economica, ma anche lo stesso, ormai celebre, articolo sul Financial Times in cui Draghi, novello keynesiano, ha riabilitato il debito pubblico (quello “buono”, ça va sans dire) – è stata portata in porto. Ed è subito gara tra i politici e commentatori nostrani ad annunciare la seconda venuta di Cristo.

In questa sede non mi soffermerò sulle manovre di palazzo che ci hanno portato a questo punto. Mi limiterò a evidenziare come le principali responsabilità, a mio avviso, siano da imputarsi non a Renzi, come vuole la vulgata, ma allo stesso Conte, agli occhi di tutti la principale vittima di questa operazione. Se oggi, infatti, Draghi – letteralmente l’incarnazione vivente del vincolo esterno – può presentarsi come il salvatore della patria che può garantire l’arrivo e il “buon uso” dei fantastiliardi dell’Europa, è precisamente perché Conte in primis ha avallato fin dall’inizio la logica del vincolo esterno, presentando il Recovery Fund come un generoso regalo di mamma Europa che lo scolaretto Italia avrebbe dovuto fare di tutto per meritarsi e “spendere bene”, e anzi senza i quali saremmo stati perduti. Insomma, Conte – sospinto da MoVimento Cinque Stelle e PD – non ha fatto che alimentare l’idea dell’Italia come nazione minus habens incapace di gestire se stessa e perennemente bisognosa dell’aiuto (e a volte della “rieducazione”) di qualche “provvidenziale” attore esterno, per definizione più civilizzato e capace di noi.

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lordinenuovo

Mario Draghi: la politica dei padroni

di Redazione

mario draghiLa crisi istituzionale aperta da Matteo Renzi ha avuto come conseguenza il conferimento a Mario Draghi dell’incarico di formare un governo “istituzionale” da parte del presidente della Repubblica. Dopo un giro di consultazioni, in corso proprio da questa mattina a Montecitorio, con partiti e parti sociali Draghi stesso salirà di nuovo al Colle e per decidere se sciogliere o meno la riserva ed iniziare dunque un nuovo esecutivo che subentri al Conte II.

Quella del governo “istituzionale” è una strada che è stata spesso percorsa nel passato recente. Ciò che mostra la storia recente è che in momenti cruciali e in vista di scelte di importanza strategica la ritualità della politica cessa e si decide di fare affidamento sul tecnocrate a disposizione in quel preciso momento storico: governo Ciampi (ex-presidente della Banca d’Italia) in seguito a Tangentopoli, governo Dini (anch’egli ex-governatore della Banca d’Italia) e conseguente riforma del sistema pensionistico ed infine il governo Monti (presidente della Bocconi e già commissario Europeo per l’Italia), nato su l’incapacità politica del governo Berlusconi IV di attuare le riforme volute dall’UE (si pensi a quella che poi sarebbe diventata la legge Fornero).
In questo senso il filo conduttore dei governi tecnici, o sedicenti tali, è quello di avere a capo una personalità di garanzia del sistema capitalista italiano, una personalità riconosciuta solitamente anche a livello internazionale (come nel caso di Monti).

Per questo motivo, l’incarico conferito a Mario Draghi non è assolutamente una novità. Lo è invece la situazione economica in cui versa il Paese. La pandemia da Covid-19 ha riportato il paese a livelli di crescita paragonabili a quelli del 19951, e con lo sblocco dei licenziamenti prossimo venturo l’Italia si appresta a vivere una stagione di tensioni sociali potenzialmente esplosive.

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lantidiplomatico

Dopo Conte, l'avvento dei Draghi. La marionetta Renzi, gli USA e la Cina

di Fosco Giannini*

Nel rapporto di collaborazione che si è costituito tra il nostro giornale e “Cumpanis” pubblichiamo, come anticipazione, il prosssimo editoriale di Fosco Giannini per “Cumpanis”

immagini.quotidiano.netCrisi e caduta del governo Conte, incarico a Draghi e ruolo di Renzi. Nel provincialismo dilagante della “cultura” politica italiana, in pochissimi alzano gli occhi per vedere da che parte è venuta la spinta reale e determinante affinchè un nuovo scenario politico si determinasse nel nostro Paese. Renzi - nella “distrazione” generale, nella cecità di chi crede che un’Italia dominata politicamente dall’imperialismo USA, occupata militarmente dalla NATO e genuflessa ai voleri neoimperialisti dell’Ue sia un Paese libero e autonomo - è eletto a deus ex machina, a grande giocatore di poker, al nuovo principe machiavellico in grado di determinare sia il caos che il suo conseguente e nuovo ordine politico in Italia. E’ vero che i dirigenti di Italia Viva avevano già chiaramente anticipato, ben prima che Mattarella desse l’incarico esplorativo a Fico per un nuovo governo dopo il Conte 2, l’avvento di Draghi. Ma ciò sta solo a dimostrare quanto Draghi fosse già, e da tempo, l’uomo del vecchio ordine imperialista e capitalista, nordamericano ed europeo, quanto quest’ ordine abbia lavorato contro il governo Conte 2 e a favore di Draghi, e non sta certo a dimostrare quanto Renzi sia l’architetto del nuovo quadro politico italiano. La stessa demonizzazione, da parte di quella vasta area politica liberista della quale il PD è sicuramente il massimo rappresentante, di un Renzi quale cinico distruttore del governo Conte, è funzionale a sorreggere l’idea di un’Italia “autonoma”, priva di padroni, libera dagli USA, dalla NATO e dall’Ue, un Paese nel quale, purtroppo, possono però spadroneggiare dei corsari politici come Renzi.

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jacobin

Il giorno della marmotta: il ritorno dei tecnici

di Lorenzo Zamponi

draghi jacobin italia 1320x481Dieci anni dopo Monti, con Mario Draghi torna il «governo tecnico», una specialità italiana che segna l'ennesima morte della politica. L’élite economica prova così ad apparecchiare la tavola per gestire in modo diretto i soldi in arrivo dall’Ue

Il due febbraio è il giorno della Candelora, quando per tradizione si dovrebbe poter prevedere la fine dell’inverno. È il «giorno della marmotta» in cui è ambientato Ricomincio da capo, film del 1993 in cui il personaggio interpretato da Bill Murray è condannato a rivivere all’infinito la stessa giornata. Ed è parso a molti di rivivere le giornate dell’autunno 2011 quando il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, prendendo atto del fallimento del tentativo di ricomporre l’alleanza di governo tra Pd, M5S, Leu e IV, ha annunciato il varo di «un governo di alto profilo, che non debba identificarsi con alcuna formula politica», e dato l’incarico di formare il nuovo governo a Mario Draghi, ex governatore della Banca d’Italia ed ex presidente della Banca centrale europea.

Si prospetta all’orizzonte un nuovo governo tecnico, a dieci anni dall’esecutivo guidato da Mario Monti. Il clima mediatico è sorprendentemente simile: a due ore dall’annuncio di Mattarella, già si leggevano e si sentivano lodi sperticate all’«uomo che ha salvato l’Europa e ora salverà l’Italia» e si agitavano scenari apocalittici in caso di fallimento dell’operazione, dal ritiro dei 209 miliardi di Next Generation Eu al ritorno del rischio di default. Con ogni probabilità nelle prossime ore la pressione dei mercati e delle cancellerie europee si farà sentire con forza, magari attraverso il solito meccanismo dello spread, in modo da convincere anche i renitenti, nell’opinione pubblica e in parlamento, ad appoggiare Draghi.

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coniarerivolta

La crisi politica e le trame dell’austerità

di coniarerivolta

renziofortunaMentre la curva della pandemia non accenna a dare segnali di tregua e le conseguenze economiche della crisi sanitaria si fanno sempre più drammatiche – come segnalano ad esempio le ultime stime del MEF, che indicano una disoccupazione oltre il 12% nel 2021 – una imminente crisi di Governo ha catturato ormai da diversi giorni il centro del palcoscenico. Il redivivo Matteo Renzi, leader di Italia Viva, sembra davvero intenzionato a far cadere il Governo Conte Bis, lamentando una serie di gravi mancanze dell’Esecutivo nella gestione degli ultimi mesi. Renzi e la sua ciurma, infatti, ribadiscono a ogni occasione che la loro battaglia non è per una poltrona in più ma esclusivamente sui contenuti, sulle idee, sui valori!

A onor del vero, dal ponte sullo Stretto ad Autostrade, pochi sono stati gli ambiti che sono stati risparmiati da una sparata estemporanea. Ma, volendo identificare quello che sembra il tema che sta più a cuore ai nostri, la principale accusa scagliata da Renzi contro il Governo di cui fa parte riguarderebbe il mancato accesso ai fondi del cosiddetto MES sanitario.

 

Renzi e il MES sanitario: una bugia dalle gambe corte

Renzi ha, infatti, rispolverato il tema della necessità di ricorrere al MES per incrementare la spesa sanitaria, assumere più personale e comprare più materiale, arrivando addirittura a dichiarare che se avessimo fatto ricorso al MES sei mesi fa ad oggi avremmo più persone vaccinate.

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mondocane

Giornalismo in Italia al tempo del covid e dell'inversione sinistra-destra

di Fulvio Grimaldi

Media e papa castigano chi si lamenta (cioè chi dubita e chi protesta). Variante Covid: punizione globalista per Brexit

krakkenZitto, il nemico ti cancella

Qualche riga in aggiunta, partendo da lontano. Coloro che sono stati incaricati, a forza di miliardi e trilioni, di gestire le comunicazioni tra gli esseri umani, i signori HighTech delle piattaforme, hanno sancito che chiunque, nel Web, contrasti con - o dica cose diverse da - OMS, Bill Gates e Joe Biden, è FUORI! Parlare di tampone dubbio, vaccino incerto, brogli elettorali da ieri non si puo' più. Potete immaginarvi come questo possa riverberarsi sui nostri informatori, quelli della stampa generalista, detta anche ufficiale, o di regime. Quella per la quale quanto divergeva dal dogma nella rete dava tanto fastidio da dover essere soppressa. Non trovi forse un magistrato, in tempi da Palamara, che avalli ogni arbitrio contro la libertà? Basta che vada sul sito "Open" del supergiornalista Enrico Mentana e sa subito cosa deve decretare.

E, a proposito di magistratura ai tempi di Palamara e della stampa ai tempi di Mentana, consentitemi un inciso per dire "auguri, complimenti e brava" al sindaco Virginia Raggi, finalmente sgravata delle infinite vessazioni cui è stata sottoposta. Vessazioni che hanno ripreso a far ghignare una Roma e un establishment devoti ai Buzzi, ai Carminati, ai Casamonica, grazie alle frecce velenose scagliate sulla sindaca dalla Procura di Pignatone, che ha mollato la presa solo perchè il capo è transitato in Vaticano. Dardi roventi sostenuti dalla disponibilità mercenaria dei media a mentire, contraffare, occultare e dei Cinque Stelle poltronari, capeggiati dalla virago cripto-piddina Roberta Lombardi, a vendicarsi di una collega dalla coerenza assoluta e dai nervi d'acciaio.

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lafionda

Manifesto per la sovranità democratica

di Giulio Di Donato

Questo mondo colpevole, che solo compra, spettacolarizza e disprezza ci ha nauseati. Noi protestiamo in modo radicale. Lo facciamo con un clamore e una violenza rivoluzionaria perché la nostra critica verso la società patinata dell’indifferenza, degli inganni e della mercificazione universale è totale e intransigente. E di tutto siam capaci fuorché di attenerci all’ordine degradante dell’orda[1]

Mix vignette Mauro Biani partigiani manif25 apr16Suona paradossale, nelle settimane del distanziamento sociale e del ripiegamento solitario, presentare un testo che raccoglie gli esiti di un dialogo. Eppure questo tempo sospeso è stato anche il tempo in cui si sono creati e alimentati rapporti, affinate e precisate nuove idee, concepiti e realizzati nuovi progetti.

Oggi raccogliamo i frutti di questo intenso lavoro di semina: discuteremo infatti i temi teorici e politici trattati in questo prezioso volume dal titolo Contro Golia. Manifesto per la sovranità democratica, Rogas edizioni, frutto di un dialogo fra Gabriele Guzzi e il Prof. Geminello Preterossi. Questo testo inaugurerà una nuova collana di studi politici, “Inciampi”, diretta dallo stesso Preterossi, che impreziosirà il già ricco catalogo della Rogas edizioni, e andrà ad affiancarsi alle iniziative avviate e promosse sia da l’Indispensabile che da La Fionda (da segnalare l’uscita, sempre in questi giorni, del primo numero del cartaceo).

A discutere i contenuti di questo dialogo, assieme ai due protagonisti, ci sarà Vladimiro Giacché, autore di illuminanti saggi di argomento filosofico ed economico. La prima presentazione non poteva che partire da lui: non solo per le affinità e il legame di amicizia con il Prof. Preterossi, ma anche per la sua capacità di cogliere le implicazioni filosofiche e politiche dei fenomeni economici, collocando e inquadrando storicamente questi ultimi. Uno studioso, inoltre, che ha previsto con largo anticipo gli effetti della crisi che stiamo vivendo, le cui ragioni vanno ricercate nelle contraddizioni sistemiche del cosiddetto finanzcapitalismo globale e nei limiti strutturali del processo di integrazione europea.

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lafionda

Perchè la fionda?

di Geminello Preterossi

La Fionda, n. 1 2021, n. 1 2021, Nulla sarà come prima?

coronavirus 17 marzo 792394.610x431Perché è lo strumento di chi si ribella all'oppressione. Di chi non può contare su grandi risorse materiali né gode di protettorati mainstream, ma mira dritto perché ha il coraggio delle idee. La forza dell'irriverenza, che fa analizzare in contropelo i luoghi comuni. La passione intellettuale e politica di chi non aderisce alle idee ricevute, ma sottopone tutte le tesi a una verifica attenta. L'ostinazione ragionata di chi non ha paura di smentire la propaganda, squarciando il velo della post-verità del sistema neoliberista. La lucida coerenza di non negare i fatti, o edulcorarli, per approfondire e cercare di capire di più, senza fermarsi di fronte alle convenienze, alle interpretazioni di comodo.

«La fionda» è uno spazio pluralista e libero di elaborazione culturale e politica, promosso da una comunità di persone che condivide alcune precise idee - statualiste, autenticamente democratiche e antiliberiste -, senza compromessi contraddittori né opacità furbesche. Ma che ha l'autentico desiderio di confrontarsi, di dare luogo a un dibattito vero, fecondo, senza tabù. Questo deve essere il tempo della nitidezza e dello spirito critico che non arretra di fronte a nulla. Solo così sarà possibile ripartire non gattopardescamente, ma cambiando paradigma.

La fionda di Davide contro Golia. Ma anche la fionda di Gian Burrasca.

* * * *

In questa rivista si parta di cose serie, non di sovranismo, moltitudine, democrazia sovranazionale e governo mondiate, diritti dei consumatori al posto di quelli dei cittadini, virtù del mercato da contrapporre allo Stato, e via cantando con i ritornelli del neoliberalismo, nelle sue varie declinazioni, e dell'altergtobalismo, viziato di subalternità culturate e antistatuatismo.

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osservatorioglobalizzazione

Tra P2, apparati deviati e Usa: come la magistratura legge le “stragi di Stato”

di Giuseppe Gagliano

Copertina Memoria Civile Strage di Bologna 1280x720 1Il volume al quale vogliamo rivolgere la nostra attenzione è quello curato da Angelo Ventrone e cioè L’Italia delle stragi. Le trame eversive nella ricostruzione dei magistrati protagonisti delle inchieste (1969-1980) (Donzelli 2020) che costituisce un contributo di grande rilevanza sotto il profilo storico per ricostruire le trame drammatiche della strategia della tensione che determinò – è opportuno ricordarlo-135 morti e 560 feriti.

Come osserva il curatore ciò che accade in Italia è un caso unico in tutta l’Europa occidentale. Infatti, l’Italia fu un vero e proprio laboratorio per sperimentare la strategia della tensione, strategia che fu possibile grazie alla collaborazione delle istituzioni politiche e militari italiane.

Se queste stragi furono possibili nel nostro paese ciò fu determinato dalle enormi limitazioni alla nostra sovranità politica, militare ed economica che furono gettate sia dal Trattato di Parigi sia dalla adesione dell’Italia alla Nato piaccia o meno agli storici asserviti al diktat Nato-USA.

La destabilizzazione che fu posta in essere dalla strategia della tensione – caratterizzata da attentati dinamitardi e da tentativi falliti di colpi di Stato – fu resa possibile dalla connivenza e dalla complicità dei servizi segreti italiani, dei gruppi neofascisti, delle forze armate italiane, delle istituzioni politiche italiane e da quelle imprenditoriali ma soprattutto dalla P2 e dal ruolo determinate rivestito sia dalle basi Nato in Italia sia dalla CIA, che poté muoversi sul nostro territorio come se questo fosse un protettorato americano.