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pensieriprov

La Repubblica al capolinea

di Sandro Arcais

dsc 0386Con l’avvento di Draghi si chiude un ciclo e se ne apre uno nuovo. Come ha affermato Lucio Caracciolo

Questo governo è spartiacque. Fine di un non-regime, quello successivo alla Prima Repubblica, seguito per trent’anni da un declino tendente al caos.

Se Draghi fallirà, fallirà l’Italia. Se riuscirà, avremo un’altra repubblica. Presidenziale di fatto se non di diritto, perché la selezione dei ministri di questo esecutivo è funzionale al trasferimento di Draghi al Quirinale

Detto in altra maniera, più colorita, con Draghi si è sotterrato il corpo ormai in avanzato stato di putrefazione della Repubblica nata dalla Resistenza e basata sulla Costituzione e si sancisce anche in Italia la vittoria schiacciante del capitale nella sua decennale lotta di classe dall’alto contro il lavoro.

Con Draghi, si chiude il lungo ciclo apertosi con la nascita della Repubblica (se non prima, sin dal collasso della monarchia, l’8 settembre 1943) in cui il “quarto partito” evocato da De Gasperi, sconfitto nella lotta per la guida del nuovo stato nato dalle ceneri della monarchia fascista, intraprende una sorda e paziente guerra di condizionamento e contenimento dei progetti dei vittoriosi partiti di massa, in particolare di quello cattolico. Le loro casematte sono i ministeri e le istituzioni finanziari, la grande impresa privata e le sue organizzazioni sindacali, i sostanziali e pesanti appoggi esterni, inglesi, soprattutto, e statunitensi.

Questo lungo ciclo può essere diviso in almeno cinque fasi:

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lafionda

L’alternativa c’è

Leandro Cossu intervista Pino Cabras

5788066 1246 m5s bandiera4 fg 20210218201025Abbiamo intervistato Pino Cabras, deputato sardo eletto nel 2018 col MoVimento Cinquestelle, “dissidente” della fiducia al Governo Draghi e fondatore della componente del gruppo misto “L’Alternativa c’è”.

* * * *

Il voto della fiducia al governo Draghi non è di certo il primo che vede lei e gli altri “dissidenti” prendere una posizione non allineata rispetto al resto del gruppo parlamentare ma di sicuro più coerente al programma del MoVimento Cinque Stelle per le elezioni del 2018. Penso, per esempio, alla riforma del MES votata a metà di dicembre dello stesso anno. L’espulsione a seguito del voto contrario al Governo Draghi è stato il culmine di un processo di snaturamento del MoVimento iniziato da quando è diventato partito di governo?

Il M5S ha esaurito assai più presto del previsto la propria spinta propulsiva che derivava dagli anni in cui era il “partito della crisi”, ossia la forza politica che rappresentava milioni di cittadini sommersi da quel che definisco l’Europeismo Reale e che premevano per un’alternativa al rigorismo dei “dittatori dello spread”. Il problema è che assieme a una retorica che suonava rivoluzionaria, il M5S non esprimeva anche una progettualità altrettanto coraggiosa e intransigente rispetto al cuore delle decisioni, ossia la politica economica. In un certo senso ci si accontentava di governare i milioni di euro, ma i miliardi li governava lo stato profondo: cioè le tecnostrutture burocratiche, una cinghia di trasmissione fra Bruxelles e Francoforte e le opache decisioni economiche di quei palazzi romani inaccessibili alla classe dirigente grillina, concentrata sulla “scatoletta di tonno” di Montecitorio, in parte già svuotata.

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jacobin

Il governo di unità militare

di Andrea Turco

La nomina a commissario per l'emergenza del generale Figliuolo rinnova il mito per cui l'unica organizzazione efficace è quella militare, cioè autoritaria. E per le forze armate il Covid si conferma un affare che aumenta finanziamenti e visibilità

figliuolo jacobin italia 990x361In una scena famosa del film Vogliamo i colonnelli – feroce satira di Mario Monicelli che immagina un colpo di Stato in Italia sull’esempio del regime greco a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta – un gruppo sgangherato di nostalgici fascisti e vecchi arnesi dell’esercito si ritrova ad arringare giovani uomini bianchi che nelle intenzioni dovrebbero costituire la manovalanza del golpe. Il più esagitato è l’onorevole Giuseppe Tritoni, interpretato da Ugo Tognazzi. Le sue parole, a distanza di quarant’anni, risultano paradigmatiche:

Ordine, Obbedienza, Disciplina! Basta con l’anti-storica uguaglianza. Ma che vuol dire? Ma perché un ingegnere deve essere uguale a un muratore… madonna di un dio! Soltanto i coglioni sono uguali l’uno all’altro.

Di quel film, zeppo di riferimenti nemmeno troppo velati al principe Junio Valerio Borghese e alla destra del Movimento Sociale Italiano, quella appena riportata è una delle battute invecchiate meglio. Alla pari dell’invocazione del titolo. Nel dibattito pubblico, almeno in quello mainstream, di fronte alla millantata indisciplina del popolo italiano si finisce prima o poi fatalmente per invocare l’esercito. Ancor di più nell’era Covid che stiamo vivendo. Il governo Draghi ha accelerato questo processo. Il fatto più emblematico in questo senso è il recente affidamento della gestione dell’emergenza Coronavirus al generale di corpo d’armata Francesco Paolo Figliuolo, dal 2018 comandante logistico dell’Esercito italiano.

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Il documento degli ex M5S “L’ Alternativa c’è”

di *******

Primo manifesto di "L'alternativa c'è"

M5S exI nostri principi

● Ci sentiamo ancora collegati al programma elettorale col quale siamo stati eletti nel marzo 2018 nel M5S di allora e per il quale i cittadini ci hanno accordato la loro fiducia e riposto in noi la speranza di un cambiamento. Vogliamo restare fedeli a tutto questo e considerare il programma del 2018 come base di partenza per ogni ulteriore sviluppo.

● La nostra azione nasce in opposizione al governo Draghi, ma esprime una più generale opposizione ai governi ‘tecnici’ e al ‘vincolo esterno’ dietro cui si nascondono politiche neoliberiste che applicano il darwinismo sociale all’economia e alla vita delle persone.

● Mettiamo al centro della politica la persona, la comunità e l’ambiente, non il mero profitto. La politica, e dunque il controllo democratico, deve tornare a governare la cosa pubblica.

● La nostra collocazione è oltre gli schieramenti di destra e sinistra storicamente determinati, che non bastano più a interpretare la realtà, la cultura e i processi economici e sociali, né la geopolitica. Non ci interessano le vecchie etichette e le finte contrapposizioni che nascondono compromessi, interessi trasversali e grandi ammucchiate. Vale ancora il concetto: “Un’idea non è di destra né di sinistra. È un’idea, buona o cattiva”. Il nostro programma ha come riferimento il popolo sovrano – che è il primo attore dell’articolo 1 e dell’articolo 3 della Costituzione – e crede in un forte intervento dello Stato nella sfera economica e sociale.

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sollevazione2

Il declino italiano e san Draghi

di Leonardo Mazzei

liberiamo litalia 600x391Le cifre del declino italiano sono tante e tutte convergenti. La caduta del Pil nel 2020 (-8,9%) non ha precedenti nel dopoguerra. Un vero tracollo, che non è stato però un fulmine a ciel sereno, bensì il picco negativo di una decadenza iniziata vent’anni fa. Ce lo ricorda un pezzo del Sole 24 Ore del 25 febbraio.

L’articolo di Gianni Trovati – Il gelo italiano lungo 20 anni – si basa su un’elaborazione dei dati ufficiali della Commissione europea. Il fine è quello di mettere a confronto l’andamento dell’economia italiana con quello dell’intera Eurozona. Il risultato è impressionante. Dal 2001 al 2020 l’Italia ha perso oltre il 18% rispetto all’insieme dell’area euro. Una vera catastrofe, ma ovviamente il quotidiano di Confindustria si guarda bene dal chiedersi cosa sia successo di particolare 20 anni fa.

I numeri del Sole non lasciano comunque spazio a troppe discussioni sulla drammatica decadenza del nostro Paese. Leggiamo:

«La lunga stagnazione italiana ha ridotto del 18,4% il peso del nostro Paese sul complesso della produzione cumulata dall’Eurozona nei suoi confini attuali. Oggi il Pil italiano vale il 14,5% di quello dell’area euro, contro il 17,7% coperto nel 2001, all’interno di un quadro che negli anni a cavallo del 2000 era piuttosto stabile».

Quale la conseguenza sul reddito medio degli italiani è presto detto:

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commonware

Un Mario vale l'altro?

Giuseppe Molinari intervista Christian Marazzi

chinese dragon colorful.jpeg 2Si fa presto a dire che la nomina di Draghi rappresenta un’edizione aggiornata del governo «lacrime e sangue» di Mario Monti. Già nei tuoi precedenti interventi ci invitavi a guardare anche alle discontinuità nell’approccio dei governi e delle istituzioni finanziarie alla gestione della crisi. Si delinea un «nuovo corso» in cui le politiche fiscali di intervento pubblico, coniugandosi con le politiche monetarie espansive, riacquistano sempre più importanza. La nomina di Draghi e, ancora prima, l’approvazione del Next Generation EU, si iscrivono in questo contesto. Ovviamente, ci sono alcuni elementi che ritornano nella scelta di Draghi: così come nel 2011, viene nominato un «governo tecnico», «un governo dei competenti» per sanare le insufficienze della politica e per incolonnare l’Italia all’interno di un determinato paradigma. In questo caso, però, probabilmente il governo Draghi non sarà chiamato soltanto ad imporre l’austerity ma a definire un piano di spesa per i fondi che arriveranno. Cosa ne pensi?

Inizio con una premessa: questo nuovo governo certifica il collasso della rappresentanza. È un discorso che ci siamo fatti già da qualche anno, ma è avvenuto in un modo per certi versi inimmaginabile, per i partiti sarebbe stato difficile fare peggio di così. È l’attestazione di un problema serio nella società.

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carmilla

La crisi di governo come spettacolo

di Fabio Ciabatti

grisùLa triste commedia messa in scena dalla classe politica durante l’ultima crisi di governo è stata unanimemente e fortemente condannata dai media main stream. Siamo di fronte a una crisi sanitaria, economica e sociale senza precedenti, si lamentano commentatori di ogni risma, e i partiti sono capaci soltanto di fare giochi di palazzo dimenticandosi dell’interesse generale. Vergogna! Alla gogna! Eppure la maniacalità con cui viene seguito ogni sussurro proveniente dalle stanze e dai corridoi del “palazzo” suscita molti dubbi sul significato reale dell’indignazione sbandierata da giornalisti e opinionisti. Se del solito teatrino della politica si tratta, perché puntare ossessivamente i riflettori su questi attori di serie B? In realtà quello che è andato in scena con la complicità di giornali, televisioni e media digitali non è tanto una rappresentazione teatrale di pessima fattura quanto un vero e proprio spettacolo, nel senso che a questo termine attribuiva Debord.

“Lo spettacolo – sostiene il padre del situazionismo – riunisce il separato, ma lo riunisce in quanto separato”.1 Per quel che qui ci interessa possiamo sostenere che lo spettacolo della crisi di governo ha riunificato, a suo modo, la sfera politica e quella economica; la prima intesa come l’istanza che si presume possa garantire l’interesse generale e la coesione complessiva di una società, la seconda come l’ambito in cui i singoli capitali organizzano la produzione finalizzata al perseguimento del profitto.

A questo proposito chiediamo un po’ di pazienza perché vorremmo ribadire, come si sarebbe detto un tempo, alcune banalità di base. E ci piace farlo, a mo’ di omaggio, attraverso un testo di qualche anno fa di Ellen Meiksins Wood, importante esponente del marxismo politico, scomparsa nel gennaio di cinque anni fa.2

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jacobin

Il governo dei Giavazzi

di Lorenzo Zamponi

La nomina dell'economista liberista come consigliere a Palazzo Chigi getta le ombre del passato sulla riconversione ecologica promessa da Mario Draghi

Francesco Giavazzi jacobin italia 990x361Una restaurazione, senza neanche passare per la rivoluzione. È difficile non pensarla in questi termini, di fronte all’ipotesi, riportata da molti organi di stampa, che sia Francesco Giavazzi a sostituire Mariana Mazzucato, teorica dello «stato imprenditore» e di un nuovo modello keynesiano nell’innovazione, nel ruolo di consigliere economico della Presidenza del Consiglio. Sarebbe il quarto incarico governativo a nostra memoria per il professore della Bocconi: dirigente del Ministero del Tesoro tra il 1992 e il 1994, a occuparsi di privatizzazioni, poi consigliere economico di Massimo D’Alema a Palazzo Chigi quando quest’ultimo era definito da Guido Rossi «l’unica merchant bank in cui non si parla inglese», tra il 1998 e il 2000, e infine consulente di Mario Monti per la spending review nel 2012. Anni meravigliosi, in cui sono state poste le fondamenta dell’economia pubblica italiana come la conosciamo ora.

Un suo ritorno a Palazzo Chigi, già anticipato, del resto, dall’utilizzo di frasi intere tratte da un suo editoriale dello scorso anno nel discorso con cui il presidente del consiglio Mario Draghi ha chiesto la fiducia alle camere, sarebbe un segnale molto netto dell’impostazione ideologica che Draghi intende dare al proprio governo. Dopo settimane di chiacchiere su keynesismo e liberalsocialismo e di stucchevoli riferimenti a Federico Caffè come «maestro» del presidente del consiglio, a prevalere nell’organigramma dell’esecutivo sarebbe una scuola nettamente diversa.

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lavoroesalute

‘Il capitale disumano’. Ritratto di un tecnocrate, dal faceto al serio

di Alba Vastano

Draghi è oggi il premier eletto con standing ovation finale, perché tutto il sistema parlamentare odierno è conforme alle politiche neoliberiste europee di cui Draghi è il simbolo e l’esecutore. Per comprendere qual è il compito di un tecnocrate dell’austerity, basterebbe fare riferimento ad una letterina che ci arrivò il 5 agosto 2011. Ripercorrere la sua escalation nel mondo dell’alta finanza europea e l’esecuzione capitale avvenuta sugli Stati nazionali, svelando la sua vera natura di strangolatore di popoli, è un atto di chiarezza e di onestà

immagine 4Via Conte. Habemus Mario Draghi al governo. I suoi ormai fedelissimi estimatori dal centro destra al centrosinistra sostengono che, da super esperto qual è, sia l’uomo che saprà risolvere in breve i tanti guai derivanti da anni di crisi dovuta all’incompetenza dei governanti precedenti. Sono in molti, infatti, nelle fila dei partiti parlamentari, a fidarsi delle competenze di alto spessore del banchiere dell’Ue. Tranne una piccola frangia di occasionali dissidenti, tutte le forze parlamentari sono entrate a far parte del bacino delle larghe intese, realizzando un’anomalia governativa che fino a ieri sembrava impossibile. Ebbene, grazie alla nuova accozzaglia politica di centro destra e centrosinistra, i fini matematici, con l’occasione, sono riusciti a superare l’impossibile fino ad oggi: sommare le pere con le mele.

Tutti a festeggiare la bizantina intesa e a magnificare sua eccellenza, mister Europe, dimenticando le beghe pubbliche da osteria, di cui sono stati attori protagonisti fino a ieri e a cui ormai eravamo, da spettatori inermi, avvezzi e quasi rassegnati. Perché le continue schermaglie parlamentari movimentavano, a volte spassosamente, le nostre giornate, specie in questi tempi spenti di pandemia, in cui l’informazione mainstream ha impennate notevoli nello share televisivo.

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tempofertile

Alcune note sul discorso di fiducia di Mario Draghi al Senato

di Alessandro Visalli

draghi camera discorso fiduciaSiamo davanti a tempi davvero complessi. Tempi nei quali ci si divide, e giustamente.

A volte solo perché si era già divisi e si era giunti ad un crocicchio nel quale sembrava di stare insieme, ma provenendo da sentieri diversi. Un attimo si era stati nello stesso posto, ma, in effetti, la traiettoria era diversa. Ognuno aveva una sua dinamica.

Altre volte si era nello stesso posto e tempo perché, ad un certo grado, si condivideva un’urgenza primaria, ma questa, al cambiare del contesto necessariamente si dissolve repentinamente. I fatti impongono infatti sempre nuovi ordinamenti, e ci si scopre diversi. Improvvisamente l’amico diviene avversario.

Uno dei termini di maggiore divisione è il giudizio sul governo che si presenta, dichiarandosi necessario.

Capita allora che un discorso[1] per certi versi mediocre, piuttosto banale (ma non privo di chiarezza, a suo modo, di una sua scolastica), nell’articolo[2] di Carlo Galli diventa “concreto e di alto respiro”. Oppure è il senso dell’urgenza e della priorità che fa dire[3] a Mario Tronti che c’è “nientedimeno” che da ridisegnare i confini della divisione dei poteri e si è in presenza di un mutamento di clima politico che rende possibile l’elezione di un capo dello Stato “di sicura garanzia”.

Ovunque, insomma, nelle diverse parti ed anime della borghesia italiana, si respira un clima di sollievo: l’ubriacatura del 2018 si può archiviare, le plebi possono essere ricacciate nei piani bassi dai quali avevano rumorosamente cercato di risalire. Finalmente!

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lantidiplomatico

Quello Draghi è il primo governo occidentale compiutamente "post-democratico"

di David Broder*

Con l'attuale quadro, "è estremamente preoccupante che una tale forza[Fratelli d'Italia] sia l'unica opposizione, con la sinistra sia assente che incapace di rappresentare qualsiasi tipo di alternativa politica a Draghi", secondo David Broder,storico del comunismo italiano e francese, nella sua interessante analisi che illustra come la il Governo Draghi sia il primo governo occidentale compiutamente "post-democratico"

draghi 3Il nuovo governo italiano di Mario Draghi è stato salutato per aver unito tutte le forze politiche dal centro-sinistra alla Lega di estrema destra. Eppure l'adulazione dell'ex capo della Banca Centrale Europea come "salvatore nazionale" continua una tendenza che eleva le decisioni economiche tecnocratiche al di sopra delle scelte democratiche - e sono gli italiani della classe operaia che ne soffriranno.

Mai eletto a nessuna carica pubblica, il nuovo primo ministro ha voluto assicurare agli italiani comuni che aveva a cuore i loro interessi. Ex funzionario della Commissione europea, ha ribadito che il suo obiettivo era ricostruire la fiducia tra i cittadini e le loro istituzioni e superare il preoccupante crollo sociale causato dall'aumento della disoccupazione.

In vista del suo primo voto di fiducia al Senato, il nuovo premier ha promesso di far uscire l'Italia dalla crisi ripulendo le finanze pubbliche, combattendo l'evasione fiscale, garantendo la coesione sociale e riportando l'economia a una crescita sostenibile. I media hanno quasi unanimemente elogiato il tecnocrate per aver salvato l'Italia dal caos lasciato da una classe politica in bancarotta: in mezzo a tanta adulazione, non è stata una sorpresa che abbia iniziato il suo mandato con l'84% di consensi pubblici.

Tutto ciò è accaduto nell'autunno 2011, quando l'ex consigliere di Goldman Sachs Mario Monti è diventato primo ministro italiano. Il suo ormai famigerato governo ha continuato a introdurre una strabiliante austerità che ha spinto verso l'alto la disoccupazione ed ha portato ad un calo del 3% del PIL. Tale fu il crollo di questa figura "provvidenziale", che quando Monti si presentò alle elezioni politiche quindici mesi dopo la sua nomina, solo un elettore su dieci appoggiò il suo partito.

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lantidiplomatico

Contro il governo Draghi!

di Fosco Giannini, direttore di “Cumpanis”

Nello spirito di collaborazione che si è instaurato con "Cumpanis”, “L’AntiDiplomatico” pubblica come anticipazione il nuovo editoriale della rivista

720x410c50Venerdì 12 febbraio. Mario Draghi sale al Quirinale, scioglie la riserva e presenta la lista dei ministri. Nasce il suo governo. Solitamente, “il suo governo”, è una locuzione tendente - nella dialettica fra presidente del consiglio e ministri - a chiarire chi è il capo di un esecutivo. In questo caso, invece, “il suo governo” è un’espressione totalmente affermativa, nel senso che l’intero governo è sotto il potere di Draghi ed egli non ne è il presidente ma il “dictator”. Quali forze hanno determinato quest’esito nefasto per la democrazia italiana e, per essere meno elusivi, per il movimento operaio complessivo italiano, per “la classe”? Attraverso quali passaggi si è giunti a sottomettere il governo, il parlamento, l’intera politica, l’intero Paese al comando di Draghi? Le forze che hanno spento la luce della democrazia italiana non sono rintracciabili nel vacuo vaudeville della nostra politica: esse sono oltreconfine e oltreoceano e si svelano lungo l’asse euroatlantico Usa-Ue, Biden e Merkel-Macron. E’ decisivo collocare immediatamente e prioritariamente sia la caduta del governo Conte che la costituzione del governo Draghi nel contesto internazionale, poiché questa lettura dei fatti è - non casualmente - quella più rimossa e negata, sia dall’intero arco delle forze politiche parlamentari che dall’intero sistema mediatico. Come, infatti, tutti i cicisbei, i cavalier serventi degli USA, della NATO e dell’Ue che sostengono il governo Draghi, possono arrivare a disvelare la semplice verità, e cioè che sono state proprio queste potenze mondiali ad intervenire sul quadro politico italiano al fine di far cadere i due governi Conte, che, pur mantenendo una natura essenzialmente filo-imperialista, spostavano troppo, e “insopportabilmente” per gli USA, il loro asse commerciale verso la Russia e la Cina? E, conseguentemente, portare l’uomo di cui più hanno fiducia, Draghi, a guidare l’Italia e il nuovo Parlamento di spauriti vassalli che lo ha incoronato?

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appelloalpopolo2

Perché Draghi?

di L'Antieuropeista

draghi bis 300x169 2La tragica Seconda Repubblica, iniziata con la firma del Trattato di Maastricht, è una spirale, un cerchio che si chiude e si riapre senza soluzione di continuità. Ogni nuovo giro inizia con un governo tecnico, che dovrebbe mondare le colpe dei precedenti esecutivi politici troppo attenti al consenso popolare per implementare con rapidità ed efficacia le necessarie riforme strutturali indicate con solerzia dalle istituzioni europee.

Il governo Ciampi, insediatosi nel 1993, ha lavato i peccati della classe politica primo-repubblicana appena travolta dall’evento mediatico di Tangentopoli; ma si trattava di un governo misto, in cui il Presidente del Consiglio, esterno ai partiti, doveva tenerne in considerazione almeno in parte le necessità. Il governo Dini, in carica dal 1995, ha proseguito il lavoro, configurandosi come il primo governo compiutamente tecnico della Repubblica italiana e trascinando il Paese verso l’ambito appuntamento dell’euro.

È seguito oltre un decennio di alternanza sul modello americano tra le due coalizioni neoliberali di centro-destra e di centro-sinistra, fino a che i nodi dell’Unione Europea, che avevano nel frattempo depresso crescita, occupazione e produttività, sono venuti al pettine accentuando in Europa, e in particolare in Italia, la crisi finanziaria globale del 2008. Dopo due anni di rimbalzo, i “sacrifici necessari” dovuti all’innalzamento automatico del deficit e del debito pubblico hanno condotto a furor di popolo e di stampa al terzo governo tecnico, anche in questo caso puro, vale a dire composto esclusivamente da ministri a-partitici.

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lacausadellecose

Il governo del banchiere taumaturgo

di Michele Castaldo

c5422f52741365a4c05859795b0e2b2cNon solo i racconti delle religioni, ma anche la storia laica è ricca di personaggi raccontati in modo mitologico, in genere dopo la loro morte, anzi nella stragrande maggioranza dei casi dopo che da moltissimi anni avevano abbandonato la grigia terra. Nel caso di Mario Draghi, ancora in vita, è già un mito, ovvero l’uomo dei miracoli in economia. E chi se no poteva essere chiamato a governare un paese in crisi? Sicché le speranze superano la fantasia e nel personaggio si ripongono le certezze di uscire dalla crisi e di riprendere il cammino fulgido del capitalismo italiano. Dunque da destra, da centro e da sinistra, tutti concordi nell’applaudire finalmente l’uomo giusto, quello che ci salverà dalla pandemia del Covid-19 con la vaccinazione di massa e ci rilancerà come paese nella nuova fase economica, politica, sociale, culturale e ambientale. Insomma un nuovo mondo di un nuovo benessere. L’uomo giusto, al posto giusto, nel momento giusto.

Il tentativo di queste note è quello di cercare di ragionare con freddezza evitando stupidi proclami. Ce n’è già troppi in giro che vi si dedicano.

Partiamo da un primo dato di fatto: il banchiere Mario Draghi è stato chiamato (da Mattarella o dai grandi gruppi dell’economia?) perché, come dice il filosofo Cacciari, la politica ha fallito. Il che è vero, ma siamo alla constatazione del fatto, non alla sua spiegazione. Allora dovremmo cercare di spiegare perché la politica ha fallito. Se in meno di tre anni cadono due strani governi di segno “opposto” vuol dire che c’è qualcosa di grosso che si muove nelle viscere della terra che sobbalza poi in superficie.

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scenariglobali

Mario Draghi, una vita per le élites

di Luigi Pandolfi

draghi 660x330E fu così che Mario Draghi arrivò davvero. Una scelta disperata del Capo dello Stato per scongiurare l’abisso ad un paese già pesantemente segnato da crisi economica ed emergenza sanitaria? Solo gli ingenui possono credere ad una narrazione di questo tipo. Più passano le ore, più diventa chiaro che l’operazione Draghi era partita molto tempo prima che Matteo Renzi si incaricasse di accelerarne il compimento. Non è complottismo. L’Italia è entrata nella pandemia con un’economia barcollante sul crinale tra stagnazione e recessione, ma soprattutto con un quadro di finanza pubblica incompatibile con le regole europee. Un quadro che la stessa crisi pandemica ha finito per aggravare ulteriormente, per il concorso di due fattori: il crollo del Pil e l’espansione a debito del bilancio statale. Cosa accadrà quando ritorneranno le regole del fiscal compact? Siamo di fronte a una sospensione momentanea delle stesse o la crisi costituirà un’occasione per superarle? Sono domande che in molti si sono fatti in questi mesi. Di certo, un impegno sul rientro dal debito il Governo Conte l’ha già preso nell’ultimo Documento di Economia e Finanza (Def), ma è nel Recovery fund che si trova una risposta più esaustiva a questi interrogativi. È vero che i soldi, per una buona parte da restituire, sono tanti, ma la loro erogazione avverrà a una precisa condizione: che si facciano le cosiddette “riforme di contesto”, alle quali è legata anche la sostenibilità del debito. E chi pensa che queste riforme servano a ripristinare una serie di diritti sociali cancellati in questi anni è totalmente fuori strada.