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sinistra

Fondamento ontico oltre i lavorismi?

di Karlo Raveli, migrante

colonna piastraRisulta che sia stato il mirabile, contraddittorio ma saggio Heidegger a proporci il concetto di fondamento Ontico come “fondamento affettivo di un mammifero, capace di trascendere persino la dimensione parentale ed essere cooptato in attività di affiliazione, amicizia, prosocialità e persino di altruismo”. Come oggi ci spiega assai bene Roberto Marchesini in ‘Intelligenza affettiva, il fondamento che unisce tutte le specie’ (https:// archiviopubblico.ilmanifesto.it/ Articolo/ 2003280233) pubblicato appunto sull’ex-quotidiano comunista. ‘Ex’ ma non ancora totalmente ossequente agli apparati infossicazione globale dei macchinari tipo BlackRock, come il ‘discreto’ concilio londinese di agenzie mondiali di stampa...

Una messa fuoco tanto più significativa e persino straordinaria se teniamo conto delle sintomatiche corrispondenze tra l’epoca ‘neoliberista’ attuale e quella per certi aspetti più brutale in cui visse il giovane Heidegger, con ascesa e assestamento istituzionale dei fascismi europei. Nel suo caso specifico il nazismo, considerando oltretutto come lo visse. Piuttosto contraddittoriamente come sappiamo, ma per certi aspetti non in modo eccessivamente diverso da come oggi subiamo i neo-fascismi assieme ai fenomeni transumanoidi del ‘grande scippo’, il programma oligarchico autistico globale ‘Riassetto 2030/2050’. Ma già comunque attualmente con reazioni di esodi, diserzioni e devianze sempre più significative, se non addirittura epocali. Per cominciare rispetto al lavoro (1) e persino, o diciamo forse tendenzialmente anche verso lo sfruttamento dell’attività altrui (2). Ormai pure evitando la stessa fondamentale riproduzione della specie - vedi le potenziali ‘madri’ dello stato italiano che rinunciano a procreare in questo Plasticene. Certo, con sempre più diffusi e profondi tormenti o smarrimenti, chiamiamoli per ora solo così. Ma nel fondo essenzialmente anti-maieutici.

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machina

Che cos’è la composizione di classe?

di Salvatore Cominu

iuyhbvrwSebbene il concetto di composizione di classe sia uno dei più importanti dell’armamentario operaista, sono pochissimi i testi in cui esso è stato formalizzato a scopo formativo. Il testo di archivio che proponiamo, che è la trascrizione dell’intervento che Salvatore Cominu ha tenuto in occasione di un seminario di autoformazione organizzato a Piacenza nel 2014, tenta di rimediare a questa lacuna ripercorrendo l’origine e lo sviluppo del concetto senza la pretesa di una formalizzazione definitiva ma con il pregio di una rara chiarezza espositiva. Come si leggerà, più che di un concetto si tratta di un metodo che va fatto funzionare tanto importante quanto, di fatto, dimenticato. La sua rilevanza deriva dalla sua capacità di offrire una lettura materialistica, ovvero calata all’interno dei rapporti sociali di produzione storicamente determinati, della produzione di soggettività, senza la quale non è possibile disporre alcun tipo di processo organizzativo. Detto in termini più semplici: senza l’uso di questo metodo difficilmente si potranno scoprire i nuovi soggetti delle lotte. A differenza del concetto di intersezionalità, oggi di moda e a cui il lettore più avveduto certamente avrà pensato, che con esso condivide l'esigenza di un'immagine disomogenea, articolata e stratificata al proprio interno della classe, il metodo operaista non è viziato da un materialismo determinista. Per esso infatti la sottomissione ad una qualche forma di dominio/sfruttamento non è una condizione sufficiente alla produzione di soggetti «rivoluzionari» perché «anche il Capitale soggettivizza». Come sostiene l'autore, all’interno della realtà capitalistica, i soggetti «subalterni» non esprimono alcuna coerenza progressiva, al contrario sono per lo più portatori di una forte «ambivalenza». La «contro-soggettivazione» antagonista non è quindi un processo necessario ma solo un esito possibile degli sforzi organizzativi.

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effimera

Pasukanis oggi: fra nuovi autoritarismi e diritto internazionale

di Fabio Simonato

2927dd 1c9c534af4f2460ca5dca875c1607420mv2L’interesse per Pasukanis non termina con quello più generale per la dottrina marxiana che ha caratterizzato gli anni ‘60 e ‘70.  Il giurista russo ha continuato ad essere interrogato sino ad oggi, in particolare nel mondo anglosassone e in quello iberico, venendo ripubblicato e studiato a fondo. In questo solco si inserisce la riproduzione anastatica della copia italiana de La teoria generale del diritto e il marxismo recentemente edita da PGreco.

Un autore che ha affrontato il tema della generale torsione autoritaria dello stato avvalendosi anche degli strumenti introdotti da Pasukanis è Antonio Negri.  Scopo principale del testo Rileggendo Pasukanis è contrastare le letture “revisioniste”[1] – caratterizzate come “istituzionali, privatistiche e sociologiche”[2] – del giurista russo per riattivarne l’attitudine rivoluzionaria. Queste interpretazioni vorrebbero Pasukanis fautore di uno “sviluppo rettilineo ed istituzionale[3] del diritto pubblico sulla base dello scambio commerciale (e quindi del diritto privato), uno sviluppo sostanzialmente pacificato in cui le contraddizioni inerenti alla forma stessa della merce e del diritto sono obliate. Ciò porta inevitabilmente ad un addomesticamento della radicalità rivoluzionaria propria dell’opera di Pasukanis, radicalità che va ricerca nel “nesso fra scambio nel mondo delle merci e capitale complessivo, – autorità, comando dello Stato”[4]. La semplice fondazione “piana” dell’ordine statuale rispetto a quello privatistico non coglie la potenzialità rivoluzionaria che si annida nella contraddizione fra organizzazione del lavoro per mezzo del diritto privato e il comando autoritario su di esso per mezzo dell’azione coercitiva dello stato. L’esposizione di questa antinomia immanente e necessaria alla forma giuridica è per Negri il vero nucleo sovversivo dell’opera di Pasukanis.

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machina

Leggere Lazzarato a Pechino

di Gabriele Battaglia

0e99dc be6530001b534b988034274dab886735mv2Guerra o rivoluzione di Maurizio Lazzarato (DeriveApprodi 2022) è un libro capace di suscitare vivaci discussioni attorno alle sue ipotesi. In questo articolo Gabriele Battaglia analizza il rapporto tra macchina Stato-capitale e guerra a partire dalla complessità dell’esperienza cinese. Andando oltre il dibattito su che cosa ci sia di socialista in Cina, l’autore si interroga proprio sul nesso deterministico tra crescita e guerra, connubio che è stato ed è decisivo nel modello di egemonia americano, come il conflitto in Ucraina dimostra.

* * * *

Lunedì 28 marzo 2023, le cronache riportano che il più noto imprenditore cinese è ricomparso dopo oltre due anni nella natia Hangzhou provocando un brivido di eccitazione nei media e sui mercati. Jack Ma è il fondatore di Alibaba, la più grande azienda di e-commerce al mondo dopo Amazon. Figura leggendaria per le giovani generazioni cinesi, l’ex insegnante di inglese è uno di quegli imprenditori ispirazionali che assumono lo status di guru e fanno tendenza: nel 2017, al meeting annuale della sua azienda, si mise a danzare sul palco travestito da Michael Jackson, copiandone tutte le mossette, per il delirio delle masse. Da sempre brillante, scaltro, attento a non pestare i piedi sbagliati, propenso alle enunciazioni profetiche e perciò astratte, Jack Ma è sempre stato perfettamente in simbiosi con il Partito comunista, tant’è che nel 2015 Xi Jinping se lo portò in delegazione negli Usa. Tuttavia, nell’ottobre del 2020, l’imprenditore-guru si montò forse un po’ troppo la testa e definì pubblicamente «banco dei pegni» il sistema finanziario cinese incentrato sulle grandi banche di Stato.

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festivaldellacomplessita

Promuovere la cultura della complessità

di Pierluigi Fagan

FDC placeholder arancio 1 1536x1024Promuovere la cultura della complessità. Questo è l’intento sottostante il Festival che giunge quest’anno alla sua tredicesima edizione. Cosa intendiamo con “cultura della complessità” e perché riteniamo che la sua diffusione meriti impegno?

Il concetto di complessità non dà vita ad una nuova disciplina ma ad una teoria della conoscenza. Riguardando la conoscenza in generale, riguarda tutte le discipline che usiamo per conoscere l’uomo ed il mondo. La complessità è sempre esistita, come sono sempre esistiti i fenomeni che solo dal XVII secolo in poi abbiamo cominciato ad indagare con la scienza e come sono sempre esistiti i problemi che si sono posti per la prima volta gli antichi Greci ionici da cui parte la storia della filosofia. In questi due epocali casi non emersero nuovi fenomeni ma nuovi modi di conoscerli.

 

Una nuova forma di conoscenza adeguata ai tempi

Le due culle teoriche della cultura della complessità, la Teoria dei sistemi di Bertalanffy e la Cibernetica di Wiener, sono dell’immediato dopoguerra. Dall’immediato dopoguerra ad oggi, abbiamo assistito ad un notevole e rapido incremento della complessità del mondo. Sono vertiginosamente aumentate le varietà del mondo (triplicazione della sua popolazione e degli Stati), le loro interrelazioni (trasporti, telecomunicazioni, interdipendenze, scambi, Internet, globalizzazione etc.), si è formato per la prima volta un vero e proprio sistema-mondo organizzato in sottosistemi.

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gyorgylukacs

Prefazione a Ontologia dell’essere sociale

di Alberto Scarponi

ontologia dell essere sociale iiL’Ontologia è l’ultimo lavoro e l’ultima grande opera sistematica di György Lukács, morto a Budapest il 4 giugno 1971. Le circostanze della sua composizione, il fatto che l’autore avesse annunciato più volte negli ultimi anni di essere al lavoro su questo argomento, le anticipazioni di qualche suo contenuto che se ne sono avute Lukács vivente1, il modo frammentario in cui finora è stato pubblicato lo stesso testo originale tedesco per le difficoltà incontrate dai curatori nella redazione del manoscritto2, l’uso in campo marxista del termine di «ontologia», con il connesso sospetto di intrusioni metafisiche e cadute idealistiche, hanno fatto sì che intorno a quest’opera si coagulasse un’intensa atmosfera di attesa variamente intonata. E non sono mancati i giudizi definitivi in base a quanto già apparso in pubblico.

Il lettore italiano, avendo intanto a disposizione questa prima parte, potrà ora giudicare per via diretta la validità, la portata e anche il senso di quest’ultimo impegno del filosofo ungherese scomparso.

E non a caso viene di usare la parola «impegno», con tutte le sue assonanze. Perché, quali che saranno le riflessioni critiche suscitate dalla lettura del testo, comunque si articoleranno le eventuali obiezioni di merito rispetto al discorso che vi è contenuto, quest’Ontologia crediamo debba essere considerata un lavoro ancora una volta militante, di un uomo legato alla vita del movimento operaio e profondamente impegnato a intervenire, a dare il proprio contributo di pensatore alla lotta per il socialismo.

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perunsocialismodelXXI

La matematica ethnic fluid

di Piero Pagliani

5e723d862300003d1ade4a26Girando su Internet alla ricerca di articoli di matematica di mio interesse, mi sono imbattuto in uno intitolato “Mathematx vivente: verso una visione per il futuro”, di Rochelle Gutiérrez [1].

L'autrice si occupa d'insegnamento della matematica agli studenti universitari, presso l'Università dell'Illinois a Urbana-Champaign e non è una specialista di matematica ma ha un bachelor’s degree in “Human Biology” a Stanford e un PhD in “Social Science” all'Università di Chicago.

Poco male. Nemmeno io ho una laurea in Matematica. Ne ho studiata a iosa, prima per laurearmi, mille anni fa, in Filosofia su un tema ostico e all'epoca ai suoi esordi (una dimostrazione algebrica dell'indipendenza dell'assioma di scelta e dell'ipotesi del continuo) e successivamente nei due anni che ho passato a Fisica (gli amici fisici sanno che mazzo di matematica ci si fa nel biennio). A parte ciò, personalmente sono molto cauto nell'interpretare le “scienze dure” attraverso un'ottica ideologico-politica.

In termini generali ragiono secondo la linea tracciata da Hegel: sebbene ogni scoperta scientifica, ogni progresso, abbia un marchio storico (e quindi sociale e politico) tuttavia è possibile distinguere questo involucro dal contenuto “assoluto”, il “contenuto veritativo”, di tale scoperta [2].

Hegel parla di “spirito assoluto”, di “idea-in-sé-e-per-sé”, in un certo senso “liberata” dal tempo e dall'ideologia ad esso contemporanea. E quindi, o si pensa che questo filosofo tedesco fosse un pazzo scatenato, o l'idea-in-sé-e-per-sé non è altro che il “precipitato veritativo intra-permanente” (è un termine provvisorio mio, non hegeliano), delle attività umane in “sospensione” nella Storia e quindi nel transeunte (mentre il superamento del “precipitato veritativo” avviene per critiche interne, mosse dalle condizioni storiche e intrecciate ad esse, secondo quanto spiega Thomas Kuhn in “La struttura delle rivoluzioni scientifiche” - intendo questo con “intra-permanente”).

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lafionda

L’eterno ritorno dell’uguale al tempo della post-democrazia senza popolo

di Giulio Di Donato

banksy copertinaLa necessità ma anche l’estrema difficoltà di promuovere una posizione politico-culturale diversa e autonoma, oltre e contro la subalternità alle agende altrui, la ricerca di una qualche forma di legittimazione dall’alto e la “tentazione del ghetto”. Il tutto mentre uno stato di “stanchezza democratica” sul piano interno e di disordine globale sul piano esterno fa da sfondo al teatrino triste della politica, che sembra ormai essersi passivamente stabilizzato attorno alle usurate coordinate tradizionali.

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Come è noto, l’attuale fase storica è caratterizzata da una grande mobilità degli elettori e da cicli di popolarità politica temporalmente sempre più ristretti. Prevale ovunque il desiderio di novità e la tendenza ad affidarsi a leader sempre diversi, salvo disamorarsene con grande facilità. Di fronte a questo scenario di marcata fluidità negli orientamenti politici pare resistere maggiormente chi è capace di una comunicazione efficace e innovativa, declinata in una chiave fortemente personalistica e polarizzante.

Novità, capacità comunicativa e radicalità (a buon mercato) non mancano al profilo di Elly Schlein: questi aspetti assieme alla fiammata legata allo sprint delle primarie sembrano spiegare la leggera risalita del Pd a livello di sondaggi, per quel poco che valgono.

Questo vale naturalmente nel breve. Nel medio-lungo periodo è ragionevole attendersi una tendenza al ripiegamento rispetto alle percentuali di cui il Pd si è finora giovato (astensionismo permettendo), se la leadership di Elly Schlein si adopererà per imprimere al Pd una torsione, quanto a profilo politico-culturale, simil Sinistra italiana, se cioè le (non)risposte del nuovo gruppo dirigente alle urgenze più sentite del tempo presente e futuro saranno quelle che molti si aspettano, ovvero quelle in linea con l’agenda Repubblica/Manifesto.

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ospite ingrato

Danilo Zolo, Granelli di sabbia

di Andrea Inglese

Danilo Zolo, Granelli di sabbia. Il coraggio del pessimismo, Milano, Meltemi, 2022

COVER linee furia spaesamento 500x750A quattro anni dalla sua scomparsa, Meltemi ha pubblicato di Danilo Zolo, nel 2022, un ricco volume di saggi, interventi e interviste, curate da Luca Baccelli e intitolato Granelli di sabbia. Il coraggio del pessimismo. Questo volume è un’occasione importante non solo per rileggere uno «fra i pochi filosofi della politica e del diritto conosciuti oltre i nostri confini», come ricorda il curatore nella sua introduzione, ma anche per cogliere la diversità di interessi e ambiti di ricerca che hanno animato Zolo. Granelli di sabbia, nello stesso tempo, potrebbe fungere anche da adeguatissima introduzione al suo lavoro di studioso e intellettuale.

Zolo è stato prima di tutto un filosofo del diritto, in dialogo costante con Norberto Bobbio, di cui ha assimilato la lezione antidogmatica, ma situandosi su posizioni più critiche, soprattutto nei confronti delle concezioni normative del diritto e della politica ereditate dall’Illuminismo. Ma oltre a essere un brillante e pioneristico studioso, in grado d’introdurre in Italia la sociologia di Niklas Luhmann o di approfondire l’epistemologia di Otto Neurath, egli si è fin da subito caratterizzato per una necessità d’intervento, di presa di posizione, nei confronti di quanto accadeva nella sfera della realtà sociale e politica, per potervi apportare indispensabili strumenti di lettura e riflessione. In altri termini, Zolo ha costruito il suo percorso di filosofo e specialista del diritto, rinnegando ogni pretesa neutralità accademica. Si è quindi impegnato affinché le questioni tecniche del diritto – in particolar modo del diritto internazionale – e dei suoi possibili fondamenti, fossero trattate in maniera pubblica e per un numero di cittadini il più ampio possibile.

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machina

Marx, la tendenza tendenziosa e l'antimperialismo dei lupi/agnelli (seconda parte)

di Carmelo Buscema

A proposito di La guerra capitalista (Mimesis, 2022)

0e99dc 1528e02e798b481480d05bfb5c480df7mv2Carmelo Buscema è ricercatore di sociologia dei fenomeni politici presso l’Università della Calabria, dove insegna Geopolitica e Rapporti internazionali e si occupa di neoliberismo e processi di finanziarizzazione. Il testo che segue è la seconda parte della critica al lavoro di Emiliano Brancaccio, Raffaele Giammetti e Stefano Lucarelli, La guerra capitalista (Mimesis, 2022), volume che abbiamo discusso in questa sezione (vedi: https://www.machina-deriveapprodi.com/post/la-guerra-capitalista) e del quale seguiamo il vivace dibattito che le tesi lì espresse stanno suscitando. È possibile consultare la prima parte del testo a questo indirizzo.

* * * *

A un certo punto del suo sviluppo, l’impianto epistemologico, teorico ed euristico d’insieme che dà forma a La guerra capitalista – descritto criticamente nella prima parte del nostro intervento – si risolve in un tentativo di comprensione più ravvicinata dell’intricatissima attualità che ci muove e scombussola furiosamente. In questa seconda parte concentreremo l’attenzione sulle obiezioni analitiche che muoviamo al risultato di tale tentativo che consideriamo sfociare nella trasformazione dello studio e del riscatto della legge marxiana di movimento tendenziale, in un contributo (certamente non voluto) al rafforzamento delle inclinazioni assunte dall’immaginario collettivo occidentale che si vuole improntato a una lettura tendenziosa, e strumentalmente assai scorretta, delle intenzioni e delle attuazioni degli attori del resto del mondo. Fare emergere, affrontare direttamente e sciogliere questo nodo è assai importante, dato che – a ben vedere – l’accentuazione ogni giorno più impetuosa di questi tratti dell’immaginario collettivo propagato, è già parte della guerra capitalista e sistemica che è nostro compito comune comprendere e disinnescare.

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lafionda

La guerra capitalista. Considerazioni di un profano

di Mimmo Porcaro

guerra soldato energia risorse petrolio 1Uno dei più importanti problemi teorici di questi tempi è quello di mostrare il legame necessario tra guerra e capitalismo e di fare in modo, quindi, che tra la cosiddetta geopolitica e la critica dell’economia politica non si crei un fossato tale da indurle ad andare ognuna per la sua strada, dimenticando l’una le classi e l’altra gli stati. Il libro che qui esamino[i] entra di fatto nel merito perché, proprio mentre sottolinea la cogenza della marxiana legge di centralizzazione del capitale, costruisce immediatamente un nesso tra questa legge “economica” e la funzione “politica” del banchiere centrale. Il risultato, come vedremo, non è del tutto convincente: vengono chiarite importanti questioni, ma altre vengono offuscate.  Il ragionamento degli autori è comunque di quelli che impongono di andare all’essenza delle cose, il che è esattamente quello che dobbiamo fare. E oggi più di ieri.

 

Centralizzazione, una riscoperta opportuna

Cominciamo col riassumere alcune delle tesi fondamentali del volume, anche se esse dovrebbero essere ormai note agli happy few che si interessano di queste cose. Come gli autori ci ricordano, se in Marx la concentrazione del capitale è il processo di crescita del capitale singolo attraverso l’autonoma accumulazione, la centralizzazione – spesso  erroneamente chiamata anch’essa concentrazione – si ha quando numerosi capitali già formati, sconfitti nella competizione, cadono nelle mani del capitale vittorioso attraverso liquidazioni, fusioni e acquisizioni; oppure si ha quando una proprietà formale assai frammentata si trova di fatto riunita in poche mani vuoi per il meccanismo dell’outsourcing , vuoi per effetto della gestione del capitale di una miriade di azionisti da parte dei vertici di Spa o banche.

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antropocene

Il nuovo irrazionalismo

di John Bellamy Foster

MR feb23A più di un secolo dall'inizio della Grande Crisi del 1914-1945, rappresentata dalla Prima Guerra Mondiale, dalla Grande Depressione e dalla Seconda Guerra Mondiale, stiamo assistendo a un'improvvisa recrudescenza della guerra e del fascismo in tutto il mondo.

L'economia mondiale capitalistica nel suo complesso è ora caratterizzata da una profonda stagnazione, dalla finanziarizzazione e da un'impennata delle disuguaglianze. Tutto questo è accompagnato dalla prospettiva di un omnicidio planetario nella duplice forma dell'olocausto nucleare e della destabilizzazione climatica. In questo pericoloso contesto, la nozione stessa di ragione umana viene spesso messa in discussione. È quindi necessario affrontare ancora una volta la questione del rapporto dell'imperialismo o del capitalismo monopolistico con la distruzione della ragione e le sue conseguenze per le lotte di classe e antimperialiste contemporanee.

Nel 1953 György Lukács, la cui Storia e coscienza di classe del 1923 aveva ispirato la tradizione filosofica marxista occidentale, pubblicò la sua opera magistrale, La distruzione della ragione, sulla stretta relazione dell'irrazionalismo filosofico con il capitalismo, l'imperialismo e il fascismo.[1] L'opera di Lukács scatenò una tempesta di fuoco fra i teorici della sinistra occidentale che cercavano di adattarsi al nuovo imperium americano. Nel 1963, George Lichtheim, un sedicente socialista che operava all'interno della tradizione generale del marxismo occidentale, pur opponendosi virulentemente al marxismo sovietico scrisse un articolo per «Encounter Magazine», allora finanziata segretamente dalla Central Intelligence Agency (CIA), in cui attaccava con veemenza La distruzione della ragione e altre opere di Lukács.

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sinistra

Sostituzione ed estinzione

di Jacques Camatte

c5e04af61668174cb3944eb774f111ed XLIl capitale offre tutti i miliardi
dei quattro secoli di accumulazione per lo scalpo
del suo grande nemico: l’Uomo.

A. Bordiga

L’impianto dell’agricoltura, del­l’al­leva­mento e poi l’invenzione della ceramica nel corso del neo­litico portano a far sí che la produzione di­venga l’agire fondamentale della specie. Ora, a seguito della separazione dalla natu­ra che ne deriva, s’impone la rottura di contin­uità e, in modo artificiale, l’impianto di una dinamica di sostituzione di ciò che è naturale da parte dell’artificiale, che fonda la dualità naturale-artificiale: la naturalità che con­serva il legame col passato e l’artifi­cialità quel­lo col presente e soprattutto col futuro, che diverrà predominante. Tutto ciò che è im­mediato, in relazione con la conti­nuità na­turale, sarà sostituito, in particolare le re­lazioni umane. A seguito del­l’emergere della dia­de amicizia-inimicizia, an­ch’essa derivan­te dalla rottura di continuità in cui la se­conda diventa preponderante in quanto gene­ratrice di una nuova continuità a parti­re dal discon­tinuo, che compensi la perdita di quella na­turale. Per ciò, occorre che si effet­tui un mo­vimento che colleghi i di­scontinui, occorre che si stabiliscano legami tra gli ele­menti so­stituiti al fine di unirli. Ora, legare contiene un’ambiguità, prima di tutto l’idea di unione già menzionata e quella di allaccia­re per im­prigionare. Per cui non essere le­gati è non dipendere, non essere schiavi o servi. Dato che il bambino è considerato un essere di­pendente, diventare adulto significa uscire dalla minorità.

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mondorosso

Il pensiero di Xi Jinping come marxismo del Ventunesimo secolo

di Daniele Burgio, Massimo Leoni e Roberto Sidoli

xi jinping cina scaledB. Brecht: il comunismo “è la semplicità che è difficile a farsi”.

V. I. Lenin: “l’esito della lotta” (tra comunismo e imperialismo) “dipende in ultima analisi dal fatto che la Russia, l’India, la Cina costituiscono l’enorme maggioranza della popolazione” (mondiale).[1]

He Yiting: “finché il socialismo cinese non cadrà, il socialismo del mondo starà sempre in piedi. Oggi, il grande successo ottenuto dal socialismo con caratteristiche cinesi ha permesso di scrivere il capitolo più splendido dei 500 anni di socialismo mondiale”.[2]

 

Il pensiero di Xi Jinping come marxismo del Ventunesimo secolo

Dopo la celebrazione da parte di Xi Jinping del bicentenario della nascita di Marx un importante dirigente del partito comunista cinese, il compagno Wang Huning, aveva affermato nel maggio del 2018 che il pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era ha “arricchito e sviluppato il marxismo con una serie di importanti visioni e pensieri originali e strategici”, ed è il “marxismo nella Cina contemporanea e del Ventunesimo secolo”.[3]

Nel giugno del 2020 l’importante rivista teorica Tempi di studio pubblicò un articolo del vicepresidente della prestigiosa Scuola centrale del partito comunista cinese, He Yiting, nel quale si affermò nuovamente che il pensiero di Xi Jinping equivaleva al “marxismo per il Ventunesimo secolo”.

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A proposito di Enzo Traverso, Rivoluzione. 1789-1989: un’altra storia

di Maurizio Ricciardi

Enzo Traverso, Rivoluzione. 1789-1989: un’altra storia, Milano, Feltrinelli, 2021

Lamartine1848PhilippoteauxPIl saggio di Enzo Traverso sulla storia delle rivoluzioni si colloca all’interno, e forse all’apice, del suo lungo lavoro di ricostruzione di alcuni elementi costitutivi della storia poli­tica e intellettuale dell’ultimo secolo. L’indagine sul concetto di totalitarismo1, la ricerca sulla genesi e le strutture fondamentali della violenza nazionalsocialista2, gli studi sulla svolta con­servatrice che ha mutato il segno politico dell’ebraismo nella cultura mondiale3 sono passaggi importanti per comprendere il percorso che porta a questo testo, nel quale l’intento dichia­rato di Traverso è di riabilitare il concetto moderno di rivoluzione dopo e nonostante tutti i suoi fallimenti4. L’estetica del naufragio che apre il volume è da questo punto di vista assolu­tamente significativa. Le pagine dedicate a La zattera della Medusa di Théodore Géricault annunciano molti dei temi destinati a ritornare successivamente nel testo. L’analisi iconolo­gica proposta da Traverso si sofferma sui molti soggetti che non hanno trovato posto sulle navi che si sono allontanate dalla tempesta, lasciando indietro «marinai, soldati, operai e fa­legnami, rappresentanti delle classi inferiori». Assenti le donne, il marinaio nero - ritratto solo di schiena - diviene il significante di chi è stato relegato ai margini dal concetto contem­poraneo di rivoluzione, se non posto completamente al di fuori della sua scena principale. L’intera ricostruzione inizia così mostrando, letteralmente, l’ipoteca che grava sull’intero svi­luppo dei processi rivoluzionari.

La scelta di partire dal quadro di Géricault non è estemporanea, dal momento che l’intero testo è arricchito da un apparato iconografico, utilizzato costantemente come parte integrante della spiegazione storica.