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Sorveglianza e decentralizzazione: disamina delle critiche
Sul cosiddetto capitalismo della sorveglianza
Il Capitalismo della sorveglianza di Shoshana Zuboff [1] è un bel libro, però è anche un prodotto furbetto. E' un degno rappresentante di tutta quella serie di opere (libri, dischi, film, documentari) che in apparenza sembrano schierarsi contro la società in cui viviamo (criticandola apertamente e denunciandone le storture), ma ad uno sguardo più profondo ne fanno un'apologia.
L'autrice descrive con minuzia un nuovo paradigma in cui aziende come Google, Facebook e Twitter si appropriano dell'esperienza degli utenti per trasformarla in dati da vendere agli inserzionisti. Il fine è quello di creare un sistema di advertising sempre più mirato, costruito su misura per gli interessi dell'utente.
L'autrice parla dei presupposti storico/economici che rendono possibile l'affermarsi di questo paradigma. Che teoria economica usa per sviluppare il discorso? Quella teoria economica che nasce ad inizio del Novecento come risposta reazionaria al marxismo: la teoria neoclassica. In realtà, questo non è un grosso problema. C'è un dettaglio più sottile: l'autrice tenta di mascherare la teoria neoclassica da pseudo-teoria marxiana del valore.
Nel capitalismo della sorveglianza sembra non esistano conflitti di classe, sfruttamento della forza-lavoro, estorsione del plusvalore. Da una parte ci sono gli utenti dei social a cui verrebbe estratto il surplus comportamentale (la parte di dati che non viene utilizzata per migliorare i servizi, ma che viene venduta agli inserzionisti). Dall'altra ci sono i cosiddetti capitalisti della sorveglianza (Google e Facebook su tutti) che si arricchiscono alle loro spalle.
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Crisi ucraina e “pacifisti”
di Fosco Giannini
Crisi ucraina, “pacifisti” e lotta contro la guerra Analisi di una “piattaforma pacifista”
Come racconta ogni emittente televisiva occidentale, come ribadiscono i giornali, i rotocalchi, “il movimento per la pace scende in piazza in tutta Europa, ovunque garrisce la bandiera dell’Ucraina, simbolo della resistenza, della pace e della libertà. Da ogni piazza si leva forte la condanna contro Putin e la richiesta che la Russia ritiri immediatamente il proprio esercito”.
Che la narrazione del mastodontico sistema mediatico nordamericano ed europeo sia artatamente ridotta ad una semplificazione tanto rozza da sfociare nella rimozione della verità e nella menzogna è un dato di fatto che l’intera storia dell’imperialismo ci ha fatto conoscere e ratificato. Che l’inesistente “pistola fumante” – senza imbarazzo e con lo stesso sangue negli occhi di coloro che oggi trasformano Putin in un mostro bipolare – presentata alle Nazioni Unite nel 2003 da Colin Powell, (cioè la “prova”, falsa come Giuda, che Saddam Hussein già possedeva un arsenale di armi nucleari pronto ad essere scagliato contro l’Occidente), sia divenuta un simbolo perenne del cinismo brutale e assassino degli USA e della NATO è una certezza matematica. Come il clamoroso pentimento di Tony Blair nel 2015 (“Io e Bush abbiamo sbagliato a scatenare la guerra contro l’Iraq, poiché non vi era nessuna pistola fumante”) è la prova certa di come l’imperialismo riveli sempre, scientificamente, a posteriori la verità, quando la sua guerra ha già distrutto il nemico che non si genuflette al suo dominio ed è tempo, di fronte al mondo, di rivelare la “sincerità”, la “capacità di ripensamento” e la sostanziale “bontà d’animo” dell’occidentale capitalistico.
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Il nuovo disordine mondiale /5: guerra, informazione e realtà verosimile
di Gioacchino Toni
Recentemente circolava sul Web quella che veniva presentata come la registrazione di una telefonata a un redattore del Tg2 incalzato circa il fatto che qualche giorno prima, in un servizio del telegiornale sulla guerra in Ucraina, erano state inserite brevi sequenze del videogame War Thunder come se si trattasse di riprese di fatti reali.
In tale telefonata, nel ribattere all’accusa di disinformazione, il giornalista ha più volte alternato l’ammissione di aver commesso “un errore” nel mandarle in onda come fossero immagini di fatti veri con la scusante che, tutto sommato, conoscendo bene le guerre contemporanee, quelle sequenze del videogioco erano in fin dei conti del tutto “verosimili”. Insomma, in base a tale ragionamento, se la messa in scena ha caratteristiche di verosimiglianza questa può benissimo essere utilizzata come sequenza di immagini di fatti reali.
Benvenuti nell’era del verosimile, era in cui, il più delle volte, non essendoci il tempo necessario per verificare la veridicità dell’informazione, si finisce per accontentarsi del fatto che ciò che questa riporta risulti verosimile.
Con tali premesse, nulla può essere dato per scontato, dunque, allo stupore indignato derivato dal sentire che erano state spacciate da un telegiornale immagini di un videogioco per fatti di guerra reale dovrebbe accompagnarsi il dubbio circa la veridicità della telefonata. La notizia della presenza di frammenti di War Thunder in un servizio del Tg2 la si ritrova non solo sui social, ove è indubbiamente difficile verificare l’attendibilità delle notizie, ma anche su alcune testate giornalistiche tradizionali che però, al di là di eventuali torsioni volontarie dei fatti riportati, derivando sempre più frequentemente notizie dal Web, potrebbero aver dato credito a una telefonata messa in scena semplicemente per screditare la testata giornalistica televisiva insinuando dubbi su ciò che viene raccontato circa la guerra in corso.
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Produzione-distruzione-guerra. Il trittico mortale del capitalismo
di Giorgio Griziotti
Recensione del libro di Maurizio Lazzarato:
L’intollerabile presente, l’urgenza della rivoluzione. Classi e minoranze, ombre corte, Verona 2022
L’intolérable du présent, l’urgence de la révolution. Minorités et classes, Eterotopia France, Paris 2022 (edizione francese, uscita in gennaio)
L’attualità della grave guerra scoppiata in piena Europa proprio mentre stavo scrivendo questa nota ha acceso il led per la comprensione dell’ultimo capitolo del libro di Maurizio Lazzarato pubblicato recentemente per i tipi di Ombre Corte. C’è da dire che l’insistenza dell’autore sul concetto di guerra come chiave di lettura del capitalismo sin dalla Prima Guerra mondiale, non mi aveva completamente convinto. In fondo le guerre non solo sono sempre esistite ma secondo gli etologi pare che gli umani abbiano ereditato questa propensione da certi primati che arrivano a combattersi mortalmente per la conquista del territorio vitale.
L’originalità della tesi sul concetto di guerra, esposta da Lazzarato già nel passato[1], sta proprio nel fatto che “il capitalismo è contemporaneamente un modo di produzione e un modo di distruzione e autodistruzione…. e che la guerra mostra l’enorme produttività di questa macchina integrata” come sostenuto da Keynes quando “affermava che solo la guerra poteva verificare la pertinenza del suo sistema economico, dal momento che essa spinge al limite le capacità produttive.” (Pag. 231). Questa enorme produttività è finalizzata alla distruzione e quando la macchina capitalista gira a pieno regime porta alla catastrofe.
“Invece di celebrare Schumpeter e la sua nota formula della ‘distruzione creatrice’, bisognerebbe considerare che essa sta portando all’autodistruzione dell’umanità (e di parte delle altre specie)” tramite ogni sorta di guerra compresa ovviamente quella alla biosfera mentre il “marxismo non ha saputo analizzare le rotture operate dalle guerre, proprio perché [anche lui è] ossessionato dalla produzione.” Pag. 233)
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Cancellare il debito: il tempo è adesso
di Luigi Pandolfi
Con la pandemia è tornata l’inflazione. E con essa il dibattito sugli strumenti da adottare per tenerla a bada. Sarà inflazione transitoria o strutturale? Su un punto tutti, economisti e governi, sembrano concordare: la tendenza rialzista dei prezzi è figlia della ripresa (squilibrio tra domanda e offerta dei materiali di base della produzione). Poi, da ultimi, ma non meno importanti, si sono aggiunte le tensioni geopolitiche che vedono protagonista la Russia e la speculazione finanziaria sui beni energetici e sulle “quote” di CO2[1]. Un’inflazione da costi. Ma se stanno così le cose, che ruolo possono giocare le banche centrali e nello specifico la Bce? Al netto di alcuni significativi cambiamenti che si sono registrati nella policy di Francoforte a partire dal luglio scorso, sull’Eurosistema rimane forte l’impronta del monetarismo. Per questo, l’ala più conservatrice del suo vertice istituzionale ha già iniziato a chiedere una revisione dell’attuale politica monetaria. Alzare i tassi e chiudere il rubinetto dei programmi di acquisto di titoli sul mercato secondario[2].
La tesi è nota: nel lungo periodo l’aumento della base monetaria produce solo una variazione dei prezzi senza effetti rilevanti sull’economia reale. Ne consegue che una riduzione della stessa è la strada maestra per raffreddare l’inflazione. Tesi non certo suffragata dall’evidenza degli ultimi anni, quando, a fronte di un’inondazione di liquidità che ha interessato il sistema, tutta l’eurozona ha dovuto fare i conti con un prolungato alternarsi di deflazione e stagnazione. E adesso? Come può adesso la politica monetaria risolvere i problemi lasciati in eredità dai lockdown e quelli derivanti dalle strozzature nelle catene globali di approvvigionamento di materie prime? Una risposta a questa domanda l’ha data proprio la presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde: “La politica monetaria non può riempire i gasdotti, velocizzare le file dei container nei porti o formare nuovi autisti per guidare gli autotreni”[3].
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La battaglia per il Quirinale e il Piano Draghi
di Fulvio Winthrop Bellini
Premessa: le due linee politiche
Si sono svolte le elezioni del Presidente della Repubblica che hanno visto la conferma di Sergio Mattarella, risultato per nulla scontato. Questo avvenimento ci dà la possibilità di fare alcune importanti riflessioni con una premessa di ordine generale necessaria. In questo articolo non si farà il “tifo” per nessuno. Ci si occuperà del mondo reale, per quello che la politica è e non per quello che dovrebbe essere, baderemo quindi alla “verità effettuale” come ci viene insegnata nel XV capitolo del Principe di Machiavelli. Emergerà un giudizio politico finale circa l’esito delle elezioni che sarà il frutto di un percorso fatto oltre il velo delle ovvietà, delle frasi fatte, degli stereotipi che a bella posta vengono innalzati dai mass media di regime, i quali, come abbiamo sempre ribadito, non hanno il compito di narrare i fatti nel modo più onesto possibile, ma hanno l’incombenza di raccontare la storia scritta secondo i desideri dei “Poteri economici sovranazionali”, come definiti dallo stesso Mattarella, spesso senza curarsi neppure della verosimiglianza di quello che dicono. In una elezione rappresentata come un caos di opinioni contrastanti dove non è apparso alcun disegno da parte dei leader di partito, cercheremo di dimostrare che è vero esattamente il contrario: sotto una confusione apparente si sono scontrate due linee politiche, e se una avesse vinto le conseguenze sarebbero state fatali per il futuro di questo disgraziato paese. Partendo quindi dalla vulgata dei mass media: caos dei partiti che non hanno più saputo cosa fare, e per questo hanno chiesto a Sergio Mattarella di accettare la rielezione, giungeremo a dimostrare la nostra tesi: c’è stato un durissimo scontro tra due precise strategie.
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L'Ucraina come "perno geopolitico": La Grande Strategia USA 1991-2022
di Monthly Review
Alla luce degli eventi in Ucraina, abbiamo deciso di rendere immediatamente disponibile la Nota dei redattori del numero di aprile 2022 di Monthly Review.
La Redazione di MR
Mentre scriviamo queste note, all'inizio di marzo 2022, la guerra civile limitata in Ucraina, che dura ormai da otto anni, si è trasformata in una guerra su vasta scala. Ciò rappresenta un punto di svolta nella Nuova Guerra Fredda e una grande tragedia umana. Minacciando un globale olocausto nucleare, questi eventi stanno ora mettendo in pericolo il mondo intero. Per comprendere le origini della Nuova Guerra Fredda e l'inizio dell'attuale ingresso russo nella guerra civile ucraina, bisogna risalire alle decisioni, legate alla creazione del Nuovo Ordine Mondiale, prese a Washington nel 1991 a conclusione della precedente Guerra Fredda. Nel giro di pochi mesi, Paul Wolfowitz, l’allora sottosegretario alla Difesa per la politica nell'amministrazione di George H.W. Bush, pubblicò Defense Policy Guidance (Linee guida per la Politica di Difesa), affermando: “La nostra politica [dopo la caduta dell'Unione Sovietica] deve concentrarsi ora sull'impedire l'emergere di un qualsiasi potenziale futuro concorrente globale.” Wolfowitz sottolineava che “la Russia rimarrà la potenza militare più forte in Eurasia.” Erano quindi necessari sforzi straordinari per indebolire la posizione geopolitica della Russia in modo permanente e irrevocabile, prima che fosse in grado di riprendersi, portando nell'orbita strategica occidentale tutti quegli stati che ora la circondano e che in precedenza erano stati parti dell'Unione Sovietica o che rientravano nella sua sfera di influenza (“Excerpts from Pentagon’s Plan: ‘Preventing the Re-Emergence of a New Rival’,” New York Times, March 8, 1992).
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La verità in tempo di guerra
di Noi non abbiamo patria
“in tempo di guerra la verità è così preziosa che dovrebbe essere circondata da un muro di bugie“
Winston Churchill
Winston Churchill scrisse nella sua opera storica sulla seconda guerra mondiale che “in tempo di guerra la verità è così preziosa che dovrebbe essere circondata da un muro di bugie”. Ovviamente si riferiva alla verità circa le leggi di un corso storico determinato del modo di produzione capitalistico e dei suoi rapporti sul mercato mondiale, che spinsero i paesi dell’Europa occidentale e della potenza degli Stati Uniti ad imporre alla Germania alla fine della prima guerra mondiale pesanti condizioni economiche che ne limitavano la propria autodeterminazione come grande potenza capitalista ed imperialista. La conseguenza fu che essa per non essere soffocata, capitalisticamente reagì determinando il capovolgimento dei termini della questione: capitalisticamente si difese e l’Europa si armò per difendersi dalla Germania.
Se rimanessimo sul piano della conservazione del mercato mondiale capitalistico e della storia scritta dal rapporto del capitale, all’interno del quale ogni nazione ne è dipendente, incluse quelle dove la forze economica, industriale e finanziaria è più concentrata, esistono dunque delle nazioni che da questa interdipendenza, che l’ha fatta crescere nel moto espansivo della produzione del valore, viene aggredita dalle leggi del modo di produzione stesso, ed un insieme di nazioni che viceversa se ne avvantaggiano contro le altre e sono gli stati che aggrediscono, prendendo nel mezzo le classi lavoratrici e sfruttate usate come carne da macello per altri fini.
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Ascesa e caduta dello scientismo. Abbiamo bisogno di una nuova religione?
di Ugo Bardi
Cos'è la religione, esattamente? Monaci ieratici che cantano i loro inni? Fanatici che compiono sacrifici umani? Vecchie signore che recitano il rosario? Pentecostali che parlano in lingue? È tutto questo e altro ancora. Le religioni non sono vecchie superstizioni, ma parte del modo in cui funziona la mente umana. Sono strumenti di comunicazione progettati per costruire l'empatia nella società su larga scala. (originariamente pubblicato su "The Seneca Effect")
Avrete sicuramente notato come una nuova religione stia nascendo proprio davanti ai nostri occhi. Include una serie completa di sacrifici, rituali, canoni, santi, preghiere, e il conflitto del bene contro male. Non include ufficialmente la credenza in un Dio onnipotente, ma adora un'entità chiamata "Scienza". Possiamo definirlo "scientismo".
Non sono una persona religiosa, non normalmente, almeno. Ma riconosco che la religione può essere una buona cosa. È uno strumento che ti dà una bussola morale, un codice di comportamento, uno scopo sociale, una dignità e un sostegno mentre vai avanti nei vari passaggi della vita. Per alcuni, fornisce anche un percorso verso qualcosa di più alto della semplice esperienza umana in questo mondo. Quindi non mi sorprende che molte persone abbiano abbracciato lo Scientismo con entusiasmo.
Il problema è che ci sono aspetti malvagi della religione. Caccia alle streghe, sacrifici umani, cultisti fanatici, l'inquisizione spagnola, attentatori suicidi e altro. Anche religioni moderate, come il cristianesimo, possono essere perfettamente malvagie quando cercano di spaventarti per sottometterti, o usano la forza o l'inganno per lo stesso scopo.
Quindi, che tipo di religione è lo scientismo, buona o cattiva? Può essere entrambe le cose dato che continua a cambiare e ad adattarsi a una situazione in evoluzione in cui l'umanità sta affrontando sfide enormi, dall'esaurimento delle risorse al collasso dell'ecosistema. Lo scientismo può essere inteso come una reazione disperata a queste minacce, ma può anche peggiorare la situazione. È normale quando gli umani cercano di controllare sistemi complessi.
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“Guerra e pace dell’energia
La strategia per il gas naturale dell’Italia tra Federazione russa e Nato”
Intervista a Demostenes Floros
Dott. Demostenes Floros, Lei è autore del libro Guerra e pace dell’energia. La strategia per il gas naturale dell’Italia tra Federazione russa e Nato, edito da Diarkos. Il libro contestualizza un tema di strettissima attualità: quali interessi si scontrano attorno al fabbisogno energetico dei paesi occidentali e chi ne sono i principali attori?
Il saggio si pone l’obiettivo di mettere in luce gli elementi politici che si celano dietro ai principali progetti e alle infrastrutture esistenti di approvvigionamento energetico europeo ed eurasiatico e le possibili conseguenze che ne potrebbero scaturire. In particolare, i gasdotti che uniscono, e che potrebbero unire nel futuro prossimo, l’UE e la Federazione Russa rappresentano la contraddizione esistente tra i rapporti politici e militari (leggasi Nato) tra gli Stati Uniti d’America e gli Stati europei da una parte e gli interessi energetici e commerciali di quest’ultimi con la Russia – porta verso l’Eurasia – dall’altra. Sullo sfondo, le nuove infrastrutture di approvvigionamento energetico che già oggi collegano la Federazione Russa con la Cina.
Tale contraddizione è emersa in maniera chiara con il forte aumento dei prezzi dell’energia, soprattutto del gas naturale. L’impressione infatti è che questi aumenti non saranno di breve durata visto che le cause non sono unicamente riconducibili a fattori di mercato, ma anche ad aspetti geo-politici e attinenti la stessa transizione energetica, in seno alla quale il gas naturale svolgerà un ruolo ponte tra il mondo delle fossili e quello delle rinnovabili.
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Seconda settimana di ostilità in Ucraina
Il punto della situazione
di Roberto Buffagni
1. Con la massima brevità faccio il punto della situazione dopo la seconda settimana di ostilità in Ucraina.
2. Dal 10 marzo è gratuitamente disponibile in rete una intervista al generale Fabio Mini1 che dice tutto il necessario per capire il quadro politico e militare della situazione. Per una analisi più approfondita, si può leggere l’articolo di Mini in “Limes” 2/2022, La Russia cambia il mondo, p. 203-216. Concordo al 100% con le analisi di Mini.
3. I dati fondamentali del conflitto militare mi paiono i seguenti:
4. La Russia conduce una guerra limitata per obiettivi limitati, per così dire una guerra “vestfaliana”2. Gli obiettivi che dichiara e persegue sono: a. neutralità dell’Ucraina b. “demilitarizzazione” dell’Ucraina (riduzione del potenziale militare ucraino) c. “denazificazione” dell’Ucraina (nessun esponente di formazioni che si richiamino al nazional-socialismo nel governo ucraino) d. riconoscimento Repubbliche del Donbass e. riconoscimento annessione della Crimea.
5. La Russia sta impiegando nel conflitto circa il 15% dei suoi effettivi e una frazione probabilmente anche minore dei suoi mezzi militari. L’Ucraina sta impiegando, nel conflitto, tutti i suoi effettivi (o quasi) e tutti i suoi mezzi militari (o quasi). Sul terreno, la Russia ha saldamente in mano l’iniziativa e un controllo quasi completo del cielo, e ha spezzato la coesione delle unità e del comando ucraino: le unità ucraine sono isolate e non possono coordinarsi con il comando centrale. Esse dunque possono resistere e contrattaccare ottenendo vittorie tattiche, ma non predisporre una controffensiva generale per strappare l’iniziativa ai russi.
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Conseguenze economiche e finanziarie della guerra in Ucraina
di Vincenzo Comito
Nel reticolo di interessi dato dalla globalizzazione non è semplice definire chi è destinato a guadagnare e chi a perdere dalla guerra. Alcuni elementi però iniziano a delinearsi: l’Europa ha da perderci più di chiunque altro. E la Russia viene costretta a una alleanza più stretta con la Cina
Questo articolo non vuole coprire tutte le tematiche economico-finanziarie legate alla guerra in Ucraina e alle sanzioni occidentali, ma guardare soltanto ad alcuni dei temi relativi, con particolare riferimento al ruolo della Cina nella crisi e, in misura minore, alle possibili conseguenze del tutto per il quadro europeo. Parte delle note che seguono, vista anche la situazione di grande confusione in atto e l’urgenza di informare, saranno dunque soggette a imprecisioni ed incertezze.
E’ ben noto che con le guerre c’è sempre chi ci guadagna, anche molto e nel nostro caso faranno certamente salti di gioia i produttori di armi (anche noi ne abbiamo qualcuno; così, mentre la Borsa italiana crollava, il titolo Leonardo guadagnava il 15%). Macron ha già dichiarato che i 50 miliardi di euro stanziati in bilancio dalla Francia per il 2022 non bastano più, mentre, il cancelliere Scholz ha annunciato la creazione di un fondo di 100 miliardi di euro per il settore della difesa; attendiamo con impazienza un qualche annuncio italiano in proposito. Intanto partono dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti grandi carichi militari per l’Ucraina. Non mancheranno certo di arricchirsi anche i trader di prodotti energetici e agricoli, nonché di qualche minerale, oltre che, come sempre, gli speculatori di Borsa.
Un difficile equilibrio
Anche se le opinioni in merito divergono molto, la Cina per alcuni aspetti potrebbe essere danneggiata dagli avvenimenti, mentre per altri forse risulterà avvantaggiata. Il bilanciamento tra i due punti dipenderà molto da come si metteranno le cose in futuro.
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Crisi ucraina, la guerra più scontata della storia
di Matteo Bortolon
Numerosi esperti di strategia, diplomatici e figure politiche aveva previsto la strada verso il precipizio delle politiche occidentali verso l’Ucrania, eppure non si è cambiato strada.
La cosa più affascinante della guerra in Ucraina è il gran numero di grandi pensatori di strategia che hanno lanciato avvertimenti per anni che sarebbe arrivata se avessimo continuato sulla stessa strada. Nessuno li ha ascoltati ed eccoci qui.
Il primo è George Kennan, probabilmente il più grande stratega di politica estera americano, l’architetto della strategia americana della guerra fredda. Già nel 1998 aveva avvertito che l’espansione della NATO era un “tragico errore” che alla fine avrebbe potuto provocare una “reazione negativa da parte della Russia”:
«Penso che sia l’inizio di una nuova guerra fredda. Penso che i russi reagiranno gradualmente in modo piuttosto negativo e ciò influenzerà le loro politiche. Penso che sia un tragico errore. Non c’era alcun motivo per questo. Nessuno stava minacciando nessun altro. Questa espansione farebbe rivoltare nelle loro tombe i Padri Fondatori di questo paese. Ci siamo formalmente impegnati a proteggere un insieme di paesi anche senza averne i mezzi o una seria intenzione di farlo davvero. [L’allargamento della NATO] è stata solo un atto spensierato da parte di un Senato che non ha reale interesse alla politica estera. Quello che mi infastidisce è quanto sia stato superficiale e mal informato l’intero dibattito al Senato. Sono stato particolarmente infastidito dai riferimenti alla Russia come un paese che muore dalla voglia di attaccare l’Europa occidentale.
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L’alba di tutto, ovvero: non siamo mai stati stupidi
di Lorenzo Velotti
Un giorno d’ottobre 2018, in una Londra decisamente già troppo invernale, entravo nervoso in una classe stracolma. Anche ai lati, per terra, gli spazi scarseggiavano. Riuscii a sedermi per terra, quasi sotto un banco. Il professore, David Graeber, che vedevo in quel momento per la prima volta, era impegnato a scrivere sulla lavagna: “Rousseau; Hobbes; De Lahontan; Kandiaronk…”. Si girò e ci rassicurò: avrebbe chiesto all’amministrazione una classe più grande. Poi cominciò la lezione, con un po’ di studenti costretti a seguire da fuori, sbirciando dalla porta aperta. Fu la prima lezione del corso “Antropologia e Storia Globale”, che si tenne solo quell’anno e del quale gran parte dei contenuti erano relativi al libro che, ci rivelò, stava scrivendo con l’archeologo David Wengrow. Il corso si interrogava sulla relazione tra antropologia e storia, e culminava con le domande: “In che modo la storia è consapevolmente prodotta da chi ne partecipa? Secondo quali dinamiche la potenziale inquadratura narrativa degli eventi diventa un elemento chiave in politica o, addirittura, l’aspetto decisivo dell’azione politica stessa?”
Ora, queste non sono, almeno esplicitamente, le domande che pone il libro L’alba di tutto. Una nuova storia dell’umanità (Rizzoli 2022), che Wengrow e Graeber finirono di scrivere soltanto una settimana prima della prematura morte di quest’ultimo (avvenuta a Venezia nel settembre 2020). Tuttavia, sono domande particolarmente utili da cui partire per cogliere gli aspetti fondamentali di questa ricerca. Infatti, nonostante i sospetti postmoderni nei confronti delle metanarrative, queste ultime sembrano aver costituito, da sempre, un elemento fondamentale nell’intreccio tra storia e azione politica.
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La sinistra petalosa ed euroliberista fomenta la guerra dal salotto di casa
di Nico Maccentelli
Tra gatti russi “rimbalzati” a mostre feline, direttori d’orchestra russi a cui viene imposta abiura sull’operato dei suoi connazionali e messe alla gogna di Dostoevskij come all’Università Milano Bicocca, stiamo assistendo a una campagna isterica antirussa che non si ferma alla sola critica dell’operato bellico delle classi dirigenti putin-dughiniane e oligarchiche ma si estende a una messa al bando culturale che ha tutto il sapore dei righi di libri di nazista memoria. E infatti se mettiamo in correlazione il sostegno che il PD con personaggi come Pittella e la Quartapelle hanno dato al regime di Kiev bypassando gli otto anni di atrocità ucraine in Donbass e i battaglioni nazisti, con queste purghe culturali dal sapore totalitario e hitleriano, il quadro che ne emerge è veramente inquietante per quei pochi spazi di democrazia che ancora permangono dopo due anni di censura e discriminazioni sulla popolazione italiana portate avanti con la gestione criminale e lucrosa della pandemia.
Devono farsene una ragione a sinistra: chi porta avanti con il massimo livore questo schema: espungere dalla nostra società tutto ciò che parla di Russia, non sono le destre, ma una sinistra euroliberista e falsamente dirittoumanitarista che si nasconde dietro le bandiere della pace e a paragoni demenziali sulla nostra Resistenza con la parte belligerante Ucraina per seguire pedissequamente la politica guerrafondaia della Casa Bianca. Infatti, è proprio in questa situazione che si dovrebbero aprire le porte del dialogo, per non scadere nell’escalation e per dare una chanche alla pace come cantava John Lennon. Insieme alla censura isterica vengono del tutto occultatele ragioni russe, che non sono poi così aliene dal buon senso.
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Pace o barbarie
Alba Vastano intervista Paolo Ferrero - Prc, Vice presidente Sinistra europea
Solo pochi giorni fa aleggiavano venti di rinnovato ottimismo per la fase discendente della pandemia e una prudente euforia per il ritorno alla normalità si andava diffondendo da persona a persona, di città in città. ‘La guerra imprevista contro il virus l’abbiamo vinta, per ora,- si vociferava- intanto ci riprendiamo la nostra vita, la nostra libertà’. Non sta andando così e il virus non è il motivo. Cambio di paradigma. Dal 24 febbraio stravolge la nostra vita un’altra guerra. Una guerra vera questa volta, fatta da uomini e con le armi. Una guerra prevista, perché scatenata dai fatti storici precedenti e dal mancato rispetto degli accordi risalenti al 2014 (Minsk) Una guerra scaturita dall’odio fra uomini che del potere ne hanno fatto la ragione della loro squallida e irresponsabile vita, provocando da molto tempo una reazione a catena di violenze e soprusi su popoli indifesi. Oggi, 77 anni dopo la fine del conflitto mondiale, siamo di nuovo sull’orlo del baratro. Ci salverà solo un forte movimento pacifista e l’uscire dal sonno delle ragione che, com’è noto, non può che generare mostri.
Dell’invasione dell’Ucraina, da parte di Putin, delle motivazioni di questo efferato gesto, della storia di lungo corso che c’è dietro, del pericolosissimo precipitare degli eventi da scongiurare avanzi e delle possibili soluzioni, ma anche del miracolo Cuba (nonostante il bloqueo) ce ne parla Paolo Ferrero, del partito della Rifondazione comunista e vicepresidente della Sinistra europea. Ѐ di ritorno da Cuba, dove ha potuto constatare come un Paese, sia pur sottoposto alla pressione imperialista da lungo tempo, ha mantenuto alto il livello di partecipazione popolare e della democrazia. Cuba, nel biennio che ha visto il mondo stravolto dalla pandemia, ha mostrato la sua vera anima basata sulla solidarietà fra i popoli e ha dato vita, grazie al progresso delle scienze biotecnologiche ad un vaccino che ha salvato l’intera comunità cubana. La parola a Paolo Ferrero.
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Guerra in Ucraina, invio di armi e propaganda
Intervista al gen. Fabio Mini
"Negoziare, finirla con il pensiero unico e la propaganda, aiutare l’Ucraina a ritrovare la ragione e la Russia ad uscire dal tunnel della sindrome da accerchiamento non con le chiacchiere ma con atti concreti." E' il pensiero di Fabio Mini, generale di Corpo d’Armata dell’Esercito Italiano, già Capo di Stato Maggiore del Comando NATO del Sud Europa e comandante della missione internazionale in Kosovo. "E quando la crisi sarà superata, sperando di essere ancora vivi, Italia ed Europa dovranno impegnarsi seriamente a conquistare quella autonomia, dignità e indipendenza strategica che garantisca la sicurezza europea a prescindere dagli interessi altrui", dichiara a l'AntiDiplomatico. E' stato scritto correttamente come le voci più sensate nel panorama della propaganda a senso unico siano quelle dei generali, di coloro che conoscono bene come pesare le parole in momenti come questi. Come l'AntiDiplomatico abbiamo avuto l'onore di poter intervistare uno dei più autorevoli.
* * * *
L'INTERVISTA
Dal Golfo di Tonchino alle armi di distruzione di massa in Iraq- e tornando anche molto indietro nella storia - Generale nel suo libro “Perché siamo così ipocriti sulla guerra?” Lei riesce brillantemente a ricostruire i falsi che hanno determinato il pretesto per lo scoppio di diverse guerre. Qual è l’ipocrisia e il falso che si cela dietro il conflitto in corso in Ucraina?
Il falso è che la guerra sia cominciata con l’invasione russa dell’Ucraina. Questo in realtà è un atto nemmeno finale di una guerra tra Russia e Ucraina cominciata nel 2014 con l’insurrezione delle provincie del Donbas poi dichiaratesi indipendenti.
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Perché John Mearsheimer incolpa gli Stati Uniti per la crisi in Ucraina
Isaac Chotiner intervista John Mearsheimer
Il New Yorker pubblica un'intervista al prof. John Mearsheimer, politologo e studioso delle relazioni internazionali tra i più autorevoli e conosciuti nel suo campo, una assoluta autorità in materia, in cui lo studioso svolge una argomentata e severa critica alla politica estera americana degli ultimi decenni e più in generale dell'occidente, accusati di una pericolosa mancanza di realismo e di una grave miopia nei confronti del vero concorrente degli USA, che non è la Russia, ma la Cina
Il politologo John Mearsheimer afferma da anni che l'aggressione di Putin nei confronti dell'Ucraina è causata dall'intervento occidentale. Gli eventi recenti gli hanno fatto cambiare idea? Mearsheimer è stato uno dei più famosi critici della politica estera americana dalla fine della Guerra Fredda. Forse meglio conosciuto per il libro che ha scritto con Stephen Walt, "The Israel Lobby and US Foreign Policy", Mearsheimer è un sostenitore della politica delle grandi potenze, una scuola di relazioni internazionali realistiche che presume che, in un tentativo egoistico di preservare la sicurezza nazionale, gli stati agiranno in via preventiva per anticipare gli avversari. Per anni, Mearsheimer ha sostenuto che gli Stati Uniti, spingendo per espandere la Nato verso est e stabilendo relazioni amichevoli con l'Ucraina, hanno aumentato le probabilità di una guerra tra potenze nucleari e hanno gettato le basi per la posizione aggressiva di Vladimir Putin nei confronti dell'Ucraina. Infatti, nel 2014, dopo che la Russia ha annesso la Crimea, Mearsheimer ha scritto che "gli Stati Uniti e i loro alleati europei condividono la maggior parte della responsabilità per questa crisi".
L'attuale invasione dell'Ucraina ha rinnovato il dibattito di lunga data sulle relazioni tra Stati Uniti e Russia. Sebbene molti critici di Putin abbiano sostenuto che avrebbe perseguito una politica estera aggressiva nei confronti delle ex repubbliche sovietiche indipendentemente dal coinvolgimento occidentale, Mearsheimer mantiene la sua posizione, secondo la quale gli Stati Uniti sono colpevoli di averlo provocato. Di recente ho parlato con Mearsheimer per telefono. Durante la nostra conversazione, che è stata modificata per ragioni di lunghezza e chiarezza, abbiamo discusso sul fatto se la guerra in corso avrebbe potuto essere evitata, se ha senso pensare alla Russia come a una potenza imperiale e quali sono i progetti di Putin sull'Ucraina.
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Si caelum digito tetigeris
Osservazioni sulla legittimità costituzionale degli obblighi vaccinali
di Alessandro Mangia*
Obbligo vaccinale e legittimità costituzionale: dalla tipologia di autorizzazione EMA all’indennizzo del danno, dall’interesse della collettività al diritto individuale, dalla sperimentazione all’irreversibilità della vaccinazione
1. Una precisazione e un punto di partenza
Per inquadrare adeguatamente le questioni relative alla possibilità di introdurre un obbligo vaccinale diretto, in sostituzione del meccanismo per misura equivalente previsto dal d. l. 6 agosto 2021 n. 111 (c.d. obbligo di Green Pass) (1) , è necessario, prima di tutto, muovere da una corretta ricostruzione della situazione di fatto sulla quale una disciplina del genere pretende di incidere.
E, trattandosi di una situazione in cui è determinante il ruolo degli accertamenti tecnici di settore, è necessario inquadrare la situazione alla luce delle conoscenze disponibili al momento: ciò che, nel discorso comune, viene genericamente espresso in termini di “rinvio alla ‘scienza’”.
La prima precisazione da fare è che il discorso giuridico non è il discorso comune. La ‘scienza’ di cui si è parlato fin troppo negli ultimi mesi è, in realtà, un sapere settoriale, caratterizzato da un suo specifico statuto metodologico, la cui applicazione produce risultati diffusi all’interno di una comunità di riferimento. E non altro (2).
Men che meno può essere oggetto di ‘fede’.
Si tratta di una precisazione sgradevole, ma necessaria, che tocca fare per riportare – almeno fra i giuristi – il discorso sui binari che gli sarebbero dovuti essere propri fin dall’inizio.
E mondarlo da connotazioni (precomprensioni) inquinanti (3). La fede riguarda – o, in un mondo normale, dovrebbe riguardare – qualcos’altro, che, comunque la si metta, esula (o trascende) il discorso razionale. Sicché, se collocata nel mondo del diritto, l’espressione ‘fede nella scienza’ rappresenta un ossimoro. O, al massimo, nel campo delle scienze psicologiche, un ottimo esempio di dissonanza cognitiva.
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Distruzione creatrice, sviluppo economico e decadenza
Un invito a rileggere davvero Schumpeter
di Stefano Lucarelli
1. Dinanzi all’esigenza di uscire dalla crisi economica successiva alla Pandemia, da più parti si è fatto riferimento alla teoria economica di Schumpeter e in particolare alla “distruzione creatrice”. Nel farlo però, si lascia intendere che Schumpeter sia un antesignano della teoria della crescita economica dominante. In queste note sosterrò che siamo piuttosto di fronte ad uno stravolgimento della visione schumpeteriana, a una re-interpretazione infedele dei concetti introdotti da Schumpeter. Un po’ come quando si riduce Adam Smith alla mano invisibile, senza peraltro averne compreso il significato originario[1]. Lo stesso trattamento viene riservato al concetto schumpeteriano di distruzione creatrice, dinanzi dall’esigenza innegabile di fare i conti con un cambio epocale. Cercherò inoltre di mostrare che la teoria dello sviluppo economico schumpeteriana non è riducibile ad una teoria dell’azione imprenditoriale, poiché da un lato essa è una particolare teoria monetaria della produzione, e dall’altro conduce a fare i conti con la stessa evoluzione del capitalismo. Infine, concluderò il mio discorso con alcune note relative al ruolo che la politica assume in una prospettiva schumpeteriana, distinguendo fra ciò che Schumpeter scrive e ciò che invece sostengono gli studiosi che hanno aperto delle linee di ricerca innovative a partire dall’opera schumpeteriana.
2. Il concetto di distruzione creatrice di cui tanto si è parlato a seguito del rapporto sulle politiche post-Covid del Gruppo dei Trenta (il think tank, fondato su iniziativa della Rockefeller Foundation nel 1978)[2] è stato declinato in una prospettiva poveramente darwinista. Si è detto che i governi non dovrebbero sprecare soldi per sostenere le aziende che sono destinate al fallimento, le “aziende zombie”, ma dovrebbero assecondare la “distruzione creatrice” del libero mercato, lasciando queste aziende al loro destino e favorendo lo spostamento dei lavoratori verso le imprese virtuose che continueranno a essere redditizie e che si svilupperanno dopo la crisi.
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Romano Prodi, Segolène Royal, Henri Kissinger: Ecco perché hanno ragione
I “Putin-Versteher” che hanno spiegato le ragioni del conflitto in Ucraina
di Zeno Casella
Agenti di Putin, giustificazionisti, fiancheggiatori, complici del nemico, “Putin-Versteher”. Gli appellativi attribuiti dalla stampa e dagli “intellettuali” occidentali a chi esce dal coro del mainstream atlantista in merito al conflitto in Ucraina sono numerosi e vengono distribuiti ad ampie mani in questi giorni. Ma chi sono, cosa dicono quelli che vengono additati come “agenti del nemico”? Sono davvero persone al soldo di una potenza straniera (come si sarebbe detto negli anni ’50) o trattasi più semplicemente di osservatori indipendenti che propongono una diversa lettura degli eventi? Dopo aver analizzato la posizione di diversi partiti comunisti in merito alla vicenda ucraina (leggi qui), proponiamo qui un’indagine sui pareri non allineati alla propaganda guerrafondaia fomentata da Washington e Bruxelles, la cui appartenenza politica e ideologica è però spesso incontestabilmente – e forse per alcuni sorprendentemente – di matrice europeista e (social)liberale.
La stampa occidentale fomenta la “caccia alle streghe” filo-russe
Sulle nostre colonne abbiamo già parlato della campagna filo-atlantica avviata dal quotidiano LaRegione (leggi qui), il cui vice-direttore Lorenzo Erroi ha ad esempio accusato il Partito Comunista di “schierarsi con il nemico” per aver ricordato (pur pronunciandosi per il cessate il fuoco e l’apertura di negoziati di pace) le responsabilità della NATO nell’escalation in Est Europa. In modo simile, anche il noto giornalista della Radiotelevisione della Svizzera italiana (RSI) Roberto Antonini ha condiviso le parole dello storico italiano Marcello Flores, secondo cui “i giustificazionisti (che) battono sul fatto che la Nato, l’Occidente o Biden individualmente, avrebbero le loro colpe (…) si comporta(no) come agent(i) di Putin all’interno dell’opinione pubblica europea”.
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Etica sociale: protesta No Vax e Liberalismo
di Gerardo Lisco
Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Parte I – Breve storia del movimento antivaccinista
Con l’entrata in campo di filosofi come Agamben e Cacciari e di giuristi impegnati sul tema dei Beni Comuni come Ugo Mattei, il movimento No Vax ha avuto una sorta di legittimazione sul piano culturale per così dire di stampo progressista;senza l’intervento dei tre sopra menzionati tale movimento sarebbe passato come appannaggio della sola destra. Il dato storico è che il movimento anti vaccinista non segue la contrapposizione Ancien Regime contro Modernizzatori, come non segue la contrapposizione destra contro sinistra o conservatori contro progressisti. Il dato comune è l’esaltazione della Libertà individuale contro l’invadenza dello Stato che, soprattutto rispetto alle istanze no – vax contemporanee, la fa da padrone. Pertanto il movimento anti vaccinista è da analizzare rispetto al contesto storico nel quale opera. Ed è per questa ragione che il mio intervento prende le mosse proprio dalla storia del movimento anti vaccinista per poi dimostrare come esso, ai giorni nostri sia espressione della cultura politica liberal – capitalista che, recupera il Liberalismo delle origini, ossa la libertà individuale come fondata sul diritto di proprietà di sé stessi. Essendo il Liberalismo e l’esaltazione individualista il fondamento ideologico del movimento no – vax la mia tesi è dimostrare come tale movimento sia funzionale proprio al sistema capitalista egemone dal quale esso trae origine.
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Perché la crisi ucraina e come uscirne. Editoriale
di Fausto Sorini
All’indomani dell’intervento sovietico in Cecoslovacchia un giornalista chiese a Louis Althusser che cosa pensasse della posizione di condanna del Pcf (di cui il grande filosofo era membro). Egli rispose (cito a memoria): “ Il problema non è condannare o approvare, ma spiegare perchè è avvenuto. E questo il Pcf non lo fa”.
Questo è il metodo con cui Marx21 cerca di porsi anche nei confronti della crisi ucraina. Senza farsi intimidire da una campagna politica e mediatica in corso per cui ogni tentativo di spiegare – senza allinearsi all’isteria anti-russa – viene bollato come “putiniano” e messo al bando.
Per questo ci interessano le valutazioni, di segno anche diverso, che cercano di spiegare le scelte anche più dirompenti della Russia di Putin; soprattutto quando vengono da chi pure non ha mai respinto, diversamente da noi che siamo comunisti, una sua collocazione euro-atlantica. Ma che avverte che, nel frangente attuale, sono in gioco i destini del genere umano, della sicurezza e convivenza pacifica tra le nazioni, ivi compresi quelli del popolo ucraino.
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Nel 2014 un colpo di Stato in Ucraina destituì con violenza il presidente Yanukovic, designato da elezioni regolari internazionalmente riconosciute e poi costretto a fuggire all’estero per non essere ucciso. Il golpe fu organizzato da formazioni neo-naziste sostenute sul campo dall’Ambasciata americana di Kiev e sostenuto, in piazza Maidan, da rappresentanti dell’amministrazione Usa e dell’Ue.
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La persona e lo stato: per una critica del green pass
di Riccardo Mazzetti
Simone Weil a venticinque anni, nel 1934, di fronte all’evoluzione in senso totalitario della Rivoluzione D’Ottobre, alla maturità del fascismo italiano e agli albori del nazismo tedesco, sviluppò alcune “Riflessioni sulle cause della libertà e dell’oppressione sociale”. In questo libretto, scritto “in uno di quei periodi in cui svanisce quanto normalmente sembra costituire una ragione di vita”[1], perché “il trionfo dei movimenti autoritari e nazionalisti distrugge un po’ dovunque la speranza che uomini onesti avevano riposto nella democrazia e nel pacifismo”[2], il lavoro assume il carattere di privilegio, e la scienza, invece di diffondere lo spirito critico tra le masse, “le abitua alla credulità”[3] – insomma scritto in un contesto significativamente parallelo all’oggi – analizza le dinamiche per cui, dall’oppressione della natura sull’esistenza del singolo nelle società primitive, si passi necessariamente all’oppressione dell’uomo sull’uomo nelle società più avanzate. Quando la complessità del processo produttivo è elevata diventa necessaria l’organizzazione sociale, cioè il potere di alcuni sugli altri. Quando poi la conoscenza mette a disposizione saperi, armi e macchine, chi li controlla acquisisce un privilegio sugli altri, così come chi controlla la moneta, nel momento in cui si rende necessario lo scambio di prodotti. Questo privilegio è maggiore a seconda del “grado di concentrazione del potere”[4] e diventa oppressione nella misura in cui chi lo detiene, essendo in costante pericolo di perderlo, è automaticamente spinto a cercare di aumentarlo. Per questo, tecnicamente, “non c’è mai potere, ma solo corsa al potere”[5] e “l’uomo sfugge in un certo qual modo ai capricci di una natura cieca solo per abbandonarsi ai capricci non meno ciechi della lotta per il potere”[6].
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La trappola dell’Antropocene
di Marino Badiale
Appare ormai abbastanza diffuso il riconoscimento del fatto che l’azione umana sul sistema terrestre sia arrivata al punto da mettere in pericolo i principali cicli fisici, chimici e biologici del sistema stesso. La relativa stabilità di tali cicli è stata fino ad oggi il fondamento naturale delle civiltà umane, e metterne in pericolo l’autoriproduzione significa dunque ipotecare il futuro dell’attuale civiltà e spingersi pericolosamente nella direzione di un gravissimo collasso sociale. Nello sforzo di precisare e quantificare questo tipo di problemi, alcuni studiosi hanno elaborato la nozione di “limiti planetari”, limiti che l’umanità non deve superare per evitare un’alterazione profonda dei cicli del sistema [1]. Il più noto di tali problemi riguarda l’alterazione umana del ciclo del carbonio: l’uso di combustibili fossili ha portato, negli ultimi due secoli, all’accumulazione nell’atmosfera di gas a effetto serra, in particolare anidride carbonica, e questo sta iniziando ad alterare il clima del pianeta. Ma anche gli altri limiti individuati dagli studiosi in questione si legano a dinamiche cicliche del sistema terrestre che sono essenziali per la riproduzione della civiltà umana come la conosciamo.
Il fatto che l’azione umana sia arrivata a disturbare aspetti fondamentali della dinamica del sistema-Terra ha portato all’elaborazione della nozione di “Antropocene”, con la quale si vuole indicare l’ingresso in una nuova era geologica, quella, appunto, nella quale l’essere umano è divenuto un vettore di cambiamento geofisico paragonabile alle forze naturali che hanno segnato l’evoluzione del sistema-Terra nei miliardi di anni della sua storia.
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