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Requiem per gli studenti

di Giorgio Agamben

Come avevamo previsto, le lezioni universitarie si terranno dall’anno prossimo on line. Quello che per un osservatore attento era evidente, e cioè che la cosiddetta pandemia sarebbe stata usata come pretesto per la diffusione sempre più pervasiva delle tecnologie digitali, si è puntualmente realizzato.

Non c’interessa qui la conseguente trasformazione della didattica, in cui l’elemento della presenza fisica, in ogni tempo così importante nel rapporto fra studenti e docenti, scompare definitivamente, come scompaiono le discussioni collettive nei seminari, che erano la parte più viva dell’insegnamento. Fa parte della barbarie tecnologica che stiamo vivendo la cancellazione dalla vita di ogni esperienza dei sensi e la perdita dello sguardo, durevolmente imprigionato in uno schermo spettrale.

Ben più decisivo in quanto sta avvenendo è qualcosa di cui significativamente non si parla affatto, e, cioè, la fine dello studentato come forma di vita. Le università sono nate in Europa dalle associazioni di studenti – universitates – e a queste devono il loro nome.

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thomasfazifacebook

Recovery Fund: ci fanno l'elemosina e dobbiamo anche ringraziare

di Thomas Fazi

In tanti mi hanno chiesto un commento sulla proposta di Recovery Fund della Commissione europea che a sentire gli europeisti nostrani sarebbe un evento di portata storica secondo solo al ritorno del Messia (ma forse pure meglio visto che che la tendenza del Cristo a creare vino dal nulla rischierebbe di generare inflazione).

Sarò breve, non solo perché oggi è il mio compleanno, ma perché sarebbe il caso di smetterla di sprecare inchiostro per commentare quelle che sono appunto proposte che poi dovranno passare al vaglio dei governi nel corso di trattative che dureranno mesi e alla fine dei quali della proposta iniziale rimarrà ben poco.

Ciò detto, poniamo che il piano della Commissione europea passi così com'è. Cosa prevede esattamente? Girano cifre molto fantasiose. Da ieri tutti gli organi di stampa parlano di 172 miliardi di "aiuti" per l'Italia, 80 dei quali addirittura a fondo perduto. Detta così sembrerebbe quasi un buon affare. «Una pioggia di soldi», l'ha definita l'ineffabile Enrico Mentana.

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blogmicromega

La sinistra e i luoghi comuni su populismo e sovranità nazionale

di Carlo Formenti

La dichiarazione congiunta di Austria, Olanda, Svezia e Danimarca stronca le illusioni del governo Conte in merito a una posizione più “accomodante” della Ue, che dovrebbe consentirci di incrementare la spesa pubblica per sostenere la nostra economia, provata dal coronavirus. Comunque vada a finire il confronto all’interno della Commissione, dobbiamo sapere fin d’ora che qualsiasi sia la formula con cui verranno concessi, se verranno concessi, gli “aiuti” comunitari, sarà al prezzo di “riforme” che, come in Grecia, si tradurranno automaticamente in tagli a salari, pensioni e spese sociali. La morte di Alesina (il celebrato portavoce dei dogmi neoliberisti al di là di ogni smentita empirica) non impedirà al suo spirito di continuare ad aleggiare come un avvoltoio sulle rovine del Paese.

La sberla delle Svizzere nordiche, capitanate da un’Olanda esperta in dumping fiscale, farà cambiare idea alle nostre élite partitiche, imprenditoriali e mediatiche, che da decenni accettano senza se e senza ma i vincoli esterni che ci vengono imposti dopo avere svenduto la nostra sovranità monetaria, anche a costo di rinunciare a parte del loro bottino?

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sinistra

Come affrontare un’esecuzione capitale: Carlo I Stuart e Galeazzo Ciano

di Eros Barone

La descrizione dell’esecuzione capitale del re Carlo I Stuart, avvenuta il 30 gennaio 1649 per opera dei puritani di Oliver Cromwell (prima condanna a morte di una testa coronata da parte di un tribunale rivoluzionario dell’età moderna), merita di essere narrata sulla scorta delle maggiori opere storiografiche disponibili (Guizot, Gardiner, Trevelyan, Hill), perché costituisce una saggio non comune di quello stile che ha reso emblematica in tutto il mondo l’Inghilterra.

Carlo I Stuart uscì dalla sua camera a Whitehall verso mezzogiorno. Aveva mangiato poco prima una fetta di pane e bevuto un bicchiere di vino. Era accompagnato dal dottor Huxon, dal colonnello Thomlinson e da alcuni ufficiali repubblicani. Il patibolo era stato preparato in modo tale che il re dalla sala, attraverso un’apertura, passò direttamente sul palco. Il palco era stato rivestito di un drappo nero; il ceppo e la scure lucente collocati bene in vista; erano presenti una ventina di persone. Il re, arrivato là, pronunciò un discorso, non per il pubblico, che era troppo lontano, ma per la storia. Disse ciò che volle e per quanto volle. Finito il discorso, il re si rivolse al colonnello: “Badate che non abbiano a farmi del male. Di grazia, signore…”.

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coniarerivolta

Debito pubblico e ambiente: istruzioni per nascondere il conflitto sociale

di coniarerivolta

I tempi in cui ci troviamo non sono facili: i popoli europei sono stretti tra la morsa a tenaglia della pandemia da un lato, e delle pericolose strade che portano al Mes dall’altro. Al momento, ad essere chiaramente visibili sono il terribile effetto del virus, e l’intransigente attaccamento delle istituzioni europee all’austerità che, seppur apparentemente ammorbidita da provvedimenti di corto respiro dettati dall’eccezionalità del momento, è pronta a riprendersi la scena non appena l’emergenza si sarà attenuata. Eppure, non c’è da star sereni neanche per l’immediato futuro. Se infatti tutti speriamo che il Coronavirus possa via via divenire un avversario più gestibile, già vediamo chiare avvisaglie dell’inasprimento dei toni per quanto riguarda la gestione delle spese necessarie alla gestione della crisi.

Si prospetta per l’Italia, così come per praticamente tutte le nazioni fortemente colpite dal virus, un fine d’anno segnato da cospicui aumenti dei deficit pubblici (il rapporto deficit/PIL salirà dall’1.6% all’11.1% per Italia, dal 2.8% al 10.1% in Spagna, e da un avanzo dell’1.4% a un disavanzo del 7% in la Germania).

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lantidiplomatico

Volta la Carta. La globalizzazione capitalistica ai tempi della de-dollarizzazione nel nuovo testo di Luciano Vasapollo

di Nazareno Galiè

“Ricercare la strada per la comprensione della società e della via per i suoi mutamenti. La questione della democrazia per i lavoratori, del mutamento qualitativo del potere, del suo esercizio, sono oggi i terreni storicamente necessari per un’analisi che non si accontenti della mera descrizione didascalica dei fatti, ma che porti la sua scientificità alle necessarie conseguenze”. È questo l’obiettivo che si propone, fra gli altri, l’ultima fatica di Luciano Vasapollo, docente di economia alla Sapienza e caposcuola marxista di fama internazionale, che, con Joaquin Arriola e Rita Martufi, ha dato alle stampe, proprio nei giorni scorsi, Volta la carta… nel nuovo sistema economico monetario: dal mondo pluripolare alle transizioni al socialismo, pubblicato da Edizioni Efesto (Roma). Si tratta di un corposo e sistematico trattato di analisi del ciclo economico attuale, con la finalità, tuttavia, di aprire la strada ad un’approfondita riflessione sulla necessità del suo superamento.

Vasapollo affronta un tema dirimente, ossia della questione monetaria, cui dedica un grande spazio in Volta la carta…. Infatti, “oggetto della speculazione finanziaria possono essere anche i diversi tipi di cambio monetari e attualmente la quasi totalità delle cripto valute”. Sono temi di grandissima attualità, che gli autori affrontano in un’ottica ampia, al di là dell’economicismo imperante.

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contropiano2

Il dittatore dello stato libero di Repubblica

di Redazione Contropiano

Cadono le foglie di fico e si vede tutto. C’è proprio poco, diciamolo subito!

Sotto le giaculatorie sulla “libertà di stampa”, in un Paese in cui ben pochi giornali – in genere molto minori – sono in mano a “editori puri” (imprenditori che fanno dell’editoria il proprio business principale, in termini di fatturato e ricavi), si cela una realtà servile piuttosto squallida.

La situazione è peggiorata – anche se non sembrava possibile – con il doppio salto mortale della proprietà di Repubblica-L’Espresso e La Stampa. Con Debenedetti – da una vita proprietario del giornale fondato da Eugenio Scalfari – che prima compra il quotidiano torinese da sempre proprietà della famiglia Agnelli, poi (sotto la pressione dei figli) rivende tutto… agli Agnelli.

I quali, con la classe che li contraddistingue da sempre, cambiano il direttore di Repubblica, Carlo Verdelli, proprio nel giorno della mobilitazione nazionale in suo favore, minacciato più volte da fascisti rimasti fin qui sconosciuti (bisogna ammettere che la vista della polizia italiana è su questo fronte particolarmente deficitaria…).

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codicerosso

Covid e spettri della movida

di nique la police

Il decorso della pandemia covid nella vita sociale ha ultimamente mostrato due tendenze tra loro contradditorie. La prima è quella dell’immediato desiderio del ritorno al “prima” alla “normalità” qualsiasi cosa effettivamente questo significhi. La seconda è la consapevolezza che non solo qualcosa è cambiato ma che i cambiamenti intervenuti sono destinati a permanere ma, anche qui, senza una reale percezione di cosa sia effettivamente mutato. Questo genere di contraddizioni è visibile nel nostro paese sulla questione del governo della vita notturna, che, oltre alla questione del virus, investe il tema della vita urbana, del consenso politico e anche della difficile connessione tra economie.

Già perchè quella che viene chiamata movida, trapiantando il termine spagnolo nel linguaggio giornalistico italiano, è tutto fuorché una abitudine frivola e senza conseguenze: è una night-time economy molto sviluppata tanto che, non molto prima della crisi covid, veniva stimata poco più del 4 per cento del pil nazionale praticamente il doppio del peso dell’agricoltura (2,2 per cento del Pil nel 2019). La night-time economy, come tutte le economie, subisce due tipi di regolazione: giuridica e morale.

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nuovadirezione

Un progetto di liberazione della Spagna che ci tocca da vicino

di Carlo Formenti

E’ appena uscita l’edizione italiana di una raccolta di saggi di Manolo Monereo ed Hector Illueca dal titolo “Un progetto di liberazione. Repubblica, sovranità, socialismo” (Meltemi editore).

Monereo (già militante del PCE, da cui fu espulso per le sue critiche alla linea del partito durante la transizione democratica, poi dirigente di Izquierda Unida, infine deputato di Podemos per la circoscrizione di Cordoba) e Illueca (ispettore del lavoro e professore di diritto del lavoro, attuale deputato di Unidas Podemos eletto nella circoscrizione di Valencia) sono due noti esponenti della sinistra spagnola che, in questo lavoro, affrontano tre nodi cruciali del dibattito teorico contemporaneo:

  • crisi della globalizzazione (cui manca un aggiornamento sullo shock del coronavirus),
  • Europa
  • prospettive di un progetto capace di coniugare lotta per l’indipendenza nazionale e transizione socialista.

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lafionda

La sinistra e la Nemesi

di Biagio Carrano

Nemesi è uno straordinario romanzo breve dell’ultimo Philip Roth che racconta di una epidemia di poliomelite nel 1944 e dei suoi terribili lasciti, soprattutto tra i bambini.

L’angoscia della quarantena, le tragedie di morti premature, le menomazioni a vita dei sopravvissuti e il senso di colpa che comunque li accompagnerà per il resto della vita sono raccontati con una scrittura piana e implacabile come un metronomo.

Il racconto lascia una sensazione di estrema amarezza, l’amarezza per una vita che sembrava destinata alla felicità dopo un avvio tragico e che non riesce a sfuggire al suo destino di sofferenza.

Il protagonista Eugene Cantor, detto Bucky, è un ventenne forte e rigoroso, pienamente compreso e orgoglioso della responsabilità di gestire il campo estivo che fa svagare ed educa i ragazzi ebrei di Newark.

Orfano di madre e con un padre dall’etica discutibile, si erano presi cura di lui i nonni materni. Il nonno gli aveva tramesso il rispetto delle regole e della parola data, più con l’esempio di una vita semplice e lineare che con le parole.

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Il gattopardo franco-tedesco

di Dante Barontini

Governare un mercato competitivo al suo interno, senza “arbitri” credibili e tanto meno legittimati democraticamente, è difficile. Ma la scommessa originaria dell’Unione Europea, dalla caduta del Muro in poi, era proprio questa.

L’unico avversario da battere erano i lavoratori, i loro movimenti, associazioni e partiti. I loro salari e i loro diritti, in definitiva, qualsiasi fosse il Paese di nascita. La deflazione salariale è stata l’architrave del mercantilismo export oriented ad egemonia teutonica…

E’ andata bene per quasi 30 anni, con irrobustimenti successivi delle sbarre della gabbia, tra politiche di austerità e iniezioni di liquidità per il sistema finanziario. Poi si è rotto l’equilibrio, la competizione interna fra capitali e Paesi si è fatto evidente e più difficile da gestire. Anche se i lavoratori rimanevano sotto il tallone di ferro.

La pandemia ha sconquassato un equilibrio già fragile. La prima reazione dell’establishment europeo è stato il solito: chi ha risorse le può spendere, chi ha troppo debito dovrà passare sotto le forche caudine.

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la citta futura

Pubblicizzare i profitti e non le perdite nell'Ue: il caso Fca/Fiat

di Giovanni Bruno

Di fronte alla pandemia il capitalismo non ha nessuna intenzione di cambiare rotta. E lo Stato gli tiene banco offrendo garanzie a chi delocalizza, sottraendo risorse al Paese

Se fino a qualche settimana fa si poteva auspicare un cambiamento di rotta, oggi è sempre più chiaro che il capitalismo, con i suoi rapaci protagonisti, non ha nessuna intenzione di fare alcun passo indietro. Sconcerta che, dopo tutto il gran parlare mediatico della politica, lo Stato offra garanzie per l’accesso a finanziamenti bancari agevolati ad aziende, come la FCA/FIAT, che sottraggono risorse al paese delocalizzando investimenti, impianti, produzione e soprattutto sedi fiscali. Una grande rapina di risorse che dovrebbero essere destinate al pubblico.

* * * *

I) L’Unione Europea: un polo imperialistico fondato sulle diseguaglianze strutturali tra Paesi
L’Unione Europea è un mostro giuridico-politico fondato su trattati Internazionali improntati all’iper-liberismo globalizzato, dominato dalla libertà selvaggia del mercato e della concorrenza produttiva, commerciale, finanziaria, affermatasi negli anni Ottanta, sviluppatasi tra continue crisi economico-finanziarie di fine secolo e rinnovatasi nonostante la recessione iniziata nel 2007-2008 che ha colpito i paesi del capitalismo reale.

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economiaepolitica

La saga del regionalismo conflittuale: A Never Ending Story?

di Ugo Marani, Carmelo Petraglia

 

Un interrogativo tra i tanti sollevati dalla pandemia.

Se la capacità di assorbimento di uno shock negativo da parte di un’economia dovesse essere misurata dalla sua articolazione di poteri decentrati ci sarebbe da essere ottimisti sugli effetti della crisi pandemica sull’economia italiana. Eppure, la tesi che vorrebbe una governance contraddistinta da autonomia normativa e finanziaria dei poteri locali maggiormente in grado di assorbire sul proprio territorio shock esogeni, siano essi simmetrici o asimmetrici, dal lato della domanda o da quello dell’offerta, sembra essere sconfessata proprio dal caso italiano. A partire dagli anni Settanta, infatti, i mutamenti istituzionali in chiave “regionalista” sono stati progressivi (pur nelle discontinuità sempre rintracciabili nel lungo periodo) e, in parallelo, sono anche diminuite le nostre capacità di risposta agli shock globali.

È solo una coincidenza o qualcosa di più?

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comidad

La lobby della deflazione sfrutta l'emergenza covid per deindustrializzare l'Italia

di comidad

L’evidenza è che l’accettazione del prestito del MES ha il sostegno di un’agguerrita lobby interna. Mentre l’ex direttore del “Corriere della Sera”, Ferruccio De Bortoli, profetizza che alla fine i 5 Stelle “ingoieranno il rospo”, un esponente italiano di un fondo di investimento internazionale, Muzinich, già invita il governo a “spendere bene” i fondi del MES, dando quindi per scontato che a questi prestiti si finirà per accedere.

In base alla regola logica secondo la quale per riconoscere senso ad un’affermazione, questa dovrebbe averlo anche nel suo contrario, l’esortazione dell’esponente di Muzinich risulta quantomeno superflua. Sarebbe stato infatti strano consigliare al governo di “spendere male” i fondi del MES. Il punto però è che si tratta di spaccio di banalità a scopo propagandistico, cioè di sfacciato lobbying, e i “disinteressati consigli” corrispondono agli interessi di un fondo di investimenti come Muzinich, che avrebbe tutto il vantaggio a lucrare sul declassamento dei titoli del debito pubblico italiano che la sottomissione al MES automaticamente comporterebbe. Essere “assistiti” dal MES certifica infatti lo stato di indigenza e di bisogno di uno Stato e quindi consente ai sedicenti “Mercati” di imporre tassi di interesse più alti.

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lantidiplomatico

Banca d'Italia, saldo Partite Correnti è + 4 miliardi a marzo

Quando ci sveglieremo?

di Giuseppe Masala

La Banca d'Italia ha pubblicato oggi i dati del Saldo delle Partite Correnti del mese di Marzo 2020. Quindi dati relativi ad un periodo di piena pandemia e a Lockdown già iniziato.

Il saldo del mese di Marzo si conferma positivo per ben 4miliardi e 136 milioni di euro. Questo nonostante un notevole crollo sia delle esportazioni che ovviamente del crollo dei flussi turistici. Crollo ampiamente compensato però da un crollo ancora maggiore delle importazioni.

Rispetto al Marzo del 2019 il surplus aumenta da circa 2,7 miliardi ai 4,1 che abbiamo visto. Negli ultimi 12 mesi possiamo addirittura parlare di vero e proprio boom: il surplus infatti si attesta a ben 57,7 miliardi di euro in notevole aumento rispetto ai 12 mesi precedenti (quelli che vanno da marzo 2018 a marzo 2019) quando era di 43,4 miliardi di euro.

L'Italia dunque - pandemia o non pandemia - si conferma per quello che è ormai da anni e anni : una inarrestabile macchina da soldi. Soldi per pochi ovviamente. A produrre un simile surplus è la popolazione (che fa i relativi sacrifici per ottenerlo, sacrifici fatti di salari e pensioni bassissime, di pochissimi diritti sociali e dunque di consumi ridotti all'osso).

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Abitare il XXI secolo. Dall'oikos all'embodiment

di Chiara Cappelletto

Mentre stiamo chiusi in casa con sporadiche incursioni nel mondo di fuori, leggiamo analisi psicologiche che avvertono degli effetti traumatici del lockdown e analisi filosofiche che denunciano il rischio imminente dell’arrivo di un regime totalitario. Le accompagnano analisi economiche che prevedono una forte e lunga depressione. Tutte hanno le loro ragioni e tentano di governare il disordine montante della psiche individuale e quello possibile dei governi e dell’economia, ma offrono troppo spesso spiegazioni di default.

Questo inizio di secolo, che ha il suo battesimo con l’attuale pandemia, ha preso in contropiede chi dovrebbe saperlo leggere, se non altro per professione. Se alcuni filosofi ancora parlano di “stato d’eccezione”[1], molti scienziati hanno sofferto di “cognitive bias”, insistendo a paragonare questa malattia a una normale influenza[2]. Più in generale, siamo stati tutti colti impreparati, e ci vorrà tempo per capire perché. Senz’altro, benché le nostre vite individuali possano esserci apparse in sintonia con la nostra epoca – vite in transito, interconnesse, altamente medicalizzate, ad alto tasso tecnologico, con amici e famigliari sparsi in giro per il mondo –, il senso comune cui partecipiamo, l’immagine del mondo che fa da sfondo alle nostre analisi, si sono rivelati straordinariamente conservatori.

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sinistra

La tempesta di sabbia di Niamey

di Mauro Armanino

Niamey, 9 maggio 2020. Il passato lunedì 4 maggio faceva particolarmente caldo fin dal mattino. Nulla lasciava presagire quanto sarebbe accaduto verso le 14 ora solare. Si vedeva il cielo cambiare colore e poi una grande nube giallo- marrone si avvicinava alla zona dalla quale si osservava il fenomeno. Pochi secondi e la tempesta di sabbia avrebbe avvolto la capitale Niamey creando qualcosa di simile ad una eclisse di sole. Per alcuni lunghi minuti Il buio è sceso sulla città assediata dalla sabbia e poco dopo una consistente pioggia è scesa abbondante per farsi perdonare della polvere, autentica protagonista dell’evento. La tempesta è una violenta perturbazione atmosferica che nasce quando forti raffiche di vento soffiano e sollevano la sabbia da una superficie asciutta. Secondo l’Organizzazione Metereologica Mondiale, OMM, nelle regioni aride o semi-aride come in Africa Occidentale, queste tempeste di sabbia e di polvere sono spesso provocate da forti temporali. Questi ultimi accrescono la velocità del vento su ampie zone, sollevano nell’atmosfera grandi quantità di sabbia e possono percorrere migliaia di kilometri.

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La finta svolta europea

di Leonardo Mazzei

 

Che succede in Europa?

Gli euroinomani esultano. M&M (Merkel e Macron) sembrano averli tratti d’impaccio. Strana Europa quella che si risolve nella resurrezione dell’asse a due del Patto di Aquisgrana. Ma la droga è droga, e quando c’è il rischio dell’astinenza non si va tanto per il sottile. Ecco allora il grido di gioia di tutti gli euristi di casa nostra. Uno per tutti il solito Fubini, che sulle pagine del Corriere annuncia l’inversione ad U: quella cancelliera che nel 2010 si accordò con Sarkozy per colpire i Piigs, stavolta i “maiali” li vuole aiutare accordandosi con Macron.

Questa la lieta novella che viene diffusa urbi et orbi. Ma siamo davvero di fronte ad un cambiamento reale? Gli euroinomani pensano di sì. Del resto la loro teoria prevede da sempre l’uso delle crisi per far passare quel che altrimenti non passerebbe. «L’Europa si farà attraverso le crisi, e sarà costituita dalla sommatoria delle soluzioni che saranno date a queste crisi», scrisse Jean Monnet. Era il 1976, le grandi crisi sono arrivate dal 2008 in avanti e non si può dire che questa profezia abbia avuto successo. Più esattamente, l’Europa (in realtà l’UE) è diventata famosa per la capacità di aggravare le crisi, non certo per quella di risolverle. Difficile che stavolta sia diverso.

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militant

Di scivoloni e d’altri inciampi. Il caso Wu Ming e l’ironia della storia

di Militant

Ci dicono che i Wu Ming abbiano preso il consueto granchio rossobruno. Capita anche ai migliori. Ne prendessero anche altri dieci, non ci sogneremmo mai di additarli alla pubblica vendetta in quanto rossobruni. Figuriamoci: sono compagni, con cui magari condividiamo ormai poco. Il problema è che per un decennio si sono intestati il ruolo di censori morali della sinistra non allineata. A cosa, non si capisce bene, visto che l’eclettismo la fa da padrone: soprattutto Foucault, un po’ di Zizek, tanta italian theory. L’importante, come detto, è stato marchiare di rossobrunismo tutto ciò che valicava il confine del rispettabile. Ovviamente, come ogni processo politico-culturale di questo tipo (e di questi tempi), l’operazione wuminghiana si è inserita su di un fenomeno esistente, sebbene dalle proporzioni notevolmente accresciute ad arte dagli accusatori: il rossobrunismo esiste effettivamente, ed è andato espandendosi in questi anni. Eppure, si trattava e si tratta soprattutto di un fenomeno marginalissimo e unicamente virtuale. Innalzarlo a problema decisivo dei nostri tempi, almeno a sinistra, ha fatto parte di un’operazione di costruzione del nemico utile, attraverso cui definire i campi dell’amicizia e dell’inimicizia.

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Tutte le bufale di Mentana sul MES

di Thomas Fazi

Sta facendo molto discutere un post di Enrico Mentana* in cui il giornalista si chiede, a proposito del famigerato Meccanismo europeo di stabilità (MES), «perché si dovrebbe rinunciare a un prestito decennale senza condizioni a interesse 0,1% per un valore di 37 miliardi, nel momento di maggiore necessità di finanziamenti per il nostro paese»?

Insomma, dice Mentana, perché dovremmo prendere a prestito soldi dai mercati, a tassi decisamente più onerosi, se possiamo prenderli in prestito dal MES a un tasso praticamente pari allo zero, per di più "senza condizionalità"? Detta così sembrerebbe avere un senso. In verità, vi sarebbero ottime ragioni per opporsi al MES** anche se il prestito fosse così conveniente, a partire dal fatto che il MES "senza condizionalità" non esiste***. Peccato, però, che la storia del tasso annuo dello 0,1% – così come quella del MES "senza condizionalità" – sia una colossale bufala.

Lo 0,1%, infatti, è il cosiddetto "tasso marginale", che però – come si può leggere sul sito del MES**** – va sommato, oltre a tutta una serie di altri costi operativi, al "tasso base", cioè a quello che paga il MES per reperire sui mercati i soldi che a sua volta ripresterà (con una piccola cresta, ça va sans dire) agli Stati. Sommando questi vari costi si ottiene il tasso finale effettivo che andranno a pagare gli Stati.

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teleborsa

Da Quota 90 all'Euro, il filo nero della speculazione

di Guido Salerno Aletta

Da Mussolini ad Andreotti, da Baffi a Ciampi: la libertà dei capitali è pagata da imprese e lavoratori

E' tempo di guardare indietro, e molto, per mettere insieme tanti dettagli della vita politica ed economica dell'Italia, che sono legati insieme da un unico filo nero: la speculazione sui mercati valutari, e poi su quelli finanziari, ha messo con la schiena al muro la gran parte dei nostri governanti.

Mussolini, nel '26, si arrese. Impose la "Quota 90", l'obiettivo di riportare il cambio tra la Lira e la Sterlina al livello del 1923, quando aveva assunto il potere. La difesa della Lira divenne una priorità politica assoluta.

Era stato risanato il bilancio dello Stato, riportandolo in pareggio, ma per rendere meno pesante gli effetti dei tagli alle spese era stato aumentato il credito all'economia: le banche avevano finanziato la speculazione di Borsa, e c'era il timore che quei valori non reggessero. I capitali cominciarono a fuggire, peggiorando il cambio, superando quota 120.

Ci si domanda perché sia stata presa una decisione così drastica, che richiese una riduzione sanguinosa dei salari e dunque del tenore di vita delle classi più povere, contadini, operai ed impiegati. Mentre i salari venivano tagliati del 20%, i prezzi calavano solo del 10%: fu un massacro.

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coniarerivolta

Il MES ha fatto anche cose buone?

di coniarerivolta

La crisi sanitaria innescata dalla pandemia da Covid-19 inizia lentamente ad allentare la presa. Un’altra crisi, dalle implicazioni potenzialmente altrettanto tragiche, è tuttavia già entrata nelle nostre vite, una crisi economica e sociale dalle proporzioni enormi e che colpisce, come sempre è il caso, in maniera asimmetrica. A soffrire sono e saranno le classi popolari, piagate da disoccupazione, salari da fame e condizioni lavorative sempre più difficili.

In mezzo a questa tempesta, le istituzioni europee hanno adottato una strategia originale, che consiste nel provare a contrastare la crisi economica attraverso la propaganda. Di giorno in giorno, di settimana in settimana, si rimanda a un po’ più in là nel tempo il momento in cui l’intervento finale e risolutivo, da realizzarsi attraverso un finora fantomatico Recovery Fund, verrà proposto (sottolineiamo: non implementato, non messo in atto; stiamo ancora tutti aspettando una prima proposta).

Lo scenario è indubbiamente fosco, ma ecco materializzarsi un piccolo spiraglio di luce. Il famigerato Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), già strumento attraverso il quale si sono spezzate le reni alla Grecia, sarebbe diventato nel frattempo un po’ meno famigerato.

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econopoly

La Corte costituzionale tedesca ha ragione (ma non può dire il perché)

di Emiliano Brancaccio e Luigi Cavallaro

Nell’infinita controversia con la Corte di giustizia dell’Unione Europea, la Corte costituzionale tedesca ha ragione nel sostenere che l’azione della Bce potrebbe aver violato il principio di “neutralità” della politica monetaria e i Trattati che ne disciplinano le attribuzioni. Ma questa ragione si fonda su un fatto che né i giudici di Lussemburgo né quelli di Karlsruhe possono ammettere: la Bce non può perseguire l’agognata neutralità semplicemente perché questa non esiste. E se non esiste la neutralità, non è ammissibile nemmeno l’indipendenza politica del banchiere centrale.

* * * *

«Pazzi al potere, che odono voci nell’aria, distillano le loro frenesie da qualche scribacchino accademico di pochi anni addietro».

Per irriverente che possa sembrare ai benpensanti, solo il sarcasmo di Keynes può descrivere la genesi dei Trattati europei e della posizione che vi occupa la Banca centrale europea. I padri fondatori dell’unione monetaria ne hanno infatti edificato l’ordinamento “distillandolo”, per l’appunto, dagli alambicchi della teoria macroeconomica neoclassica nelle sue più aggiornate varianti, e in particolare da quel suo fondamentale caposaldo che è il principio di “neutralità” della politica monetaria.

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fattoquotidiano

Karlsruhe e il futuro: la Ue si governa contro Berlino?

di Sergio Cesaratto

La sentenza della Corte costituzionale tedesca del 5 maggio ha aperto il vaso di Pandora delle contraddizioni dei tre pilastri della governance europea, giuridico, politico ed economico. Essa è una ferita inferta alla BCE, lasciata sinora sola ad affrontare gli effetti economici della pandemia, e la sua ombra ricade anche sull’iniziativa Merkel-Macron del recovery fund.

La sentenza ne ha avute per tutti, BCE, Corte di giustizia europea (CGE) e persino parlamento e governo tedeschi, colpevoli di non aver tutelato i propri cittadini.

Suo oggetto è stato il programma di acquisti di titoli pubblici e privati (PSPP) iniziato da Draghi nel 2015, più noto come quantitative easing, contestato da alcuni cittadini tedeschi. La Corte ha ritenuto l’intervento legittimo, ma sproporzionato rispetto all’obiettivo di far risalire l’inflazione al 2%. La BCE non avrebbe inoltre tenuto conto delle vittime collaterali del programma, come i fondi pensionistici (tedeschi) danneggiati dai tassi di interessi negativi e, soprattutto, dello sconfinamento della politica monetaria in quella fiscale col sostegno alle finanze pubbliche dei paesi ad alto debito, così sottratti alla frusta dei mercati e alle inevitabili manovre di aggiustamento.

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gennaro zezza

Moneta fiscale e bonus fiscali

di Gennaro Zezza

Senza clamori, il governo sta iniziando ad emettere, su piccola scala, della “moneta fiscale”, con una operazione che mi pare molto apprezzabile.

Come abbiamo spiegato a varie riprese, possiamo parlare di “moneta fiscale” quando il governo emette un mezzo di pagamento che è disposto ad accettare per la estinzione di un debito fiscale, come il pagamento dell’Iva, dell’Irpef, o di tributi locali.

La nostra proposta suggeriva di introdurre una moneta fiscale in ogni Paese dell’Eurozona, come primo passo di una trasformazione dell’Euro da moneta unica a moneta comune, ma questo non è, per il momento, nelle intenzioni del governo.

Sembra invece confermato che alcune tipologie di moneta fiscale siano già disponibili: un bonus di (massimo) 500 euro per le vacanze per le famiglie con un reddito ISEE basso; un bonus bici fino a 500 euro che copre il 60% del costo di acquisto di biciclette o altri mezzi di mobilità sostenibile; il c.d. “ecobonus” al 110% per gli interventi di riqualificazione energetica e antisismica.

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linterferenza

“Contromano” di Fabrizio Marchi

di Salvatore A. Bravo

Il testo di Fabrizio Marchi “Contromano” scompagina stereotipi e dogmatismi del nostro tempo. Il progresso e l’illuminismo sono la religione non riconosciuta dell’occidente. Lo scientismo laicista epifenomeno dell’illuminismo ha fondato la religione della merce, poiché ha eroso ogni fondamento veritativo fino al trionfo del capitalismo e della mercificazione assoluta. Affinché la merce possa capillarmente diffondersi è necessario rimuovere ogni limite, per cui dietro la retorica dei diritti civili non si cela che il cannoneggiamento del capitale che rimuove ogni comunità, ogni identità e tradizione. Il capitalismo laicistizzato[1] ha raggiunto l’apogeo della sua espansione e della colonizzazione delle menti. La mercificazione totale necessita di essere puntellata da miti (femminismo, teoria gender, laicismo, diritti civili senza diritti sociali) che risultano essere i dogmi della liturgia del capitale. Non vi è nel testo di Fabrizio Marchi nostalgia per il passato, ma la passione per la verità che necessita di sottoporre a critica costruttiva i dogmi di una società che proclama la libertà e l’emancipazione e nello stesso tempo impedisce la dialettica e la discussione su se stessa. Discutere dei miti dell’occidente, oggi, è praticamente impossibile, l’occidente proclama la morte delle ideologie, per nascondere il trionfo dell’ideologia della merce, con tale operazione il capitale si ritrae da ogni confronto dialettico.

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blackblog

Il dopo-coronavirus: una nuova Bretton Woods?

di Sandrine Aumercier

Via via che gli Stati si imbarcano nel de-confinamento, si comincia sempre più a parlare dei progetti che accompagneranno la crisi e che viene convenzionalmente chiamato rilancio economico. E questo, d'altronde, senza che nessuno abbia la benché minima idea se in autunno ci sarà una risorgenza del virus Sars-CoV-2 sotto forme eventualmente mutate. Sulle note di un falso «Grande cambiamento» (rilocalizzazione delle attività essenziali, sostegno ad un'economia senza carbone, ecc.), non si tratta solo di riprendere il più rapidamente possibile la «vita normale», ma di darsi un gran da fare, e mettercela tutta per tamponare una recessione che recentemente la Commissione europea ha paragonato a quella del 1929. I governi liberali che, di fronte ad un futuro incerto ed in nome della salvezza di vite umane, si sono indebitati per miliardi sono ora sul punto, spesso con enormi precauzioni, di presentare il conto facendo marcia indietro su alcune delle promesse fatta troppo alla leggera quando il processo di confinamento si trovava al suo apice. Ma ci si può aspettare altro da loro, intrappolati come sono in una contraddizione irrisolvibile tra l'imperativo della sicurezza e quello della crescita?

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militant

Riprendersi la strada

di Militant

L’ipocrita campagna mediatica che è montata su imbeccata della questura di Torino dopo l’intervento di alcuni compagni in via Balbo, mostra molto chiaramente quanto sia vuota la retorica giustizialista sullo spaccio. Il riempirsi la bocca di lotta alla criminalità e alla droga da parte dello stuolo di benpensanti che affollano le redazioni dei principali quotidiani nazionali e locali, fa il paio con la complice tolleranza delle forze dell’ordine nei confronti de lo smercio che investe i quartieri popolari, strumento sempre efficace nel momento in cui si voglia trovare la scusa buona per “intervenire” o ricevere qualche dritta senza grandi sforzi. A questi, poi, bisognerà aggiungere quanti portano in palmo di mano i vari Saviano di turno, sempre pronti a incensare i loro eroi quando si parla di autori di best-sellers molto remunerativi, ma altrettanto tempestivi quando si tratta di infamare quanti non trovano il limite invalicabile alle loro azioni nella carta stampata. Insomma, quando si tratta di dare addosso allo spacciatore di turno, magari sulla spinta dell’onda securitaria o complici delle sempre più frequenti svolte reazionarie si da fiato alle trombe e la “piaga sociale” dello spaccio viene sbattuta in prima pagina come nemico numero uno.

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osservatorioglobalizzazione

Tutti i vicoli ciechi della Sinistra liberal

di Matteo Luca Andriola

Secondo Jean-Claude Michéa «la peggiore delle illusioni in cui oggi può cullarsi un militante di sinistra è quindi quella di continuare a credere che quel sistema capitalista che egli afferma di combattere costituisca in sé un ordine conservatore, autoritario e patriarcale, i cui pilastri fondamentali sarebbero la Chiesa, l’Esercito e la Famiglia. Se si confronta questa prospettiva delirante con ciò che abbiamo realmente sotto gli occhi, ci si rende conto che poggia su una confusione micidiale fra le differenti figure proprie allo spirito borghese […] e allo spirito del capitalismo»[1].

Costanzo Preve, invece, notava che il neocapitalismo «ha liberalizzato la sua etica e il suo riferimento alla religione, e lo ha fatto spinto dalla sua intrinseca logica ad allargare la mercificazione universale dei beni e dei servizi, per cui oggi sono mercificati beni e servizi che la borghesia classica intendeva invece preservare dalla sua stessa attività mercificante. I marxisti sciocchi e superficiali naturalmente non capiscono questa distinzione elementare, e continuano a definire “forze conservatrici” le forze economiche e politiche capitalistiche, laddove ovviamente è il contrario. Esse non ‘conservano’ proprio nulla»[2].

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marx xxi

Intervista all'economista Marco Passarella

di Francesco Fustaneo e Alessandro Pascale

Marco Veronese Passarella, 44 anni, veneto, è docente di economia presso l’Economics Division della Leeds University Business School. Fa parte della redazione di Economia e Politica ed è membro del gruppo Reteaching Economics. Lo abbiamo intervistato per la rivista Marx21 sull'attuale fase economica cercando di capire se dal suo punto di vista gli strumenti messi in campo dalle istituzioni europee siano o meno idonee per arginare la crisi, con un passaggio obbligato poi, sui trattati europei e sulle relazioni geopolitiche attuali e su possibili mutamenti di scenario.

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- Professore, tutto il mondo si avvia verso una recessione economica che forse non ha precedenti: è possibile e auspicabile uscire da questa crisi restando all'interno di rapporti di produzione capitalistici? Se sì, quali strategie economiche e politiche può mettere in campo uno Stato come il nostro?

- Non so se sia possibile. Di certo non è auspicabile. E tuttavia non vi sono, al momento, segnali di un superamento imminente dei rapporti di produzione capitalistici.