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militant

Le città e il lavoro nella “fase due”

di Militant

Il “mondo di ieri” non ci manca, ma quello di domani potrebbe essere peggio. Questa crisi – come di consueto – accelera processi produttivi già in essere ma “finalmente” socializzati. L’economia delle piattaforme, d’altronde già modello capitalistico di sussunzione e valorizzazione avanzata, troverà in questa crisi quei caratteri tali da innervare ogni relazione sociale, fagocitando anche quel mondo produttivo che fino ad oggi sembrava sottrarsi ad essa. Seguiamo le tracce di questa possibile evoluzione allora.

È un dato di fatto che le piattaforme di e-commerce – Amazon su tutte – sono state investite da un clamoroso aumento della domanda, da parte di milioni di consumatori costretti al “distanziamento sociale”, fenomeno che ha favorito la sostituzione delle relazioni materiali con le relazioni telematiche, fisicamente asettiche ma commercialmente profittevoli. La moltiplicazione geometrica dei servizi online, siano essi di chat e videochiamata, di socializzazione virtuale, di acquisto e consegna a domicilio, sta comportando non solo un ulteriore accrescimento del ruolo monopolistico di Amazon, ma anche un rafforzamento generale delle reti della logistica e delle società di intermediazione commerciale just in time (consegna di prodotti a domicilio, dai pasti ai libri). Quelle che già esistono si rafforzano, altre nasceranno per colmare un eccesso improvviso di domanda.

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codicerosso

L’uscita economica dal Covid sarà traumatica, lo dice ufficialmente il governo

di Redazione

In queste settimane è forte l’impressione che una parte del paese non abbia realizzato bene quello che sta accadendo. Anche chi è rimasto economicamente schiacciato dal lockdown ha un‘idea della “ripresa” come qualcosa di abbastanza simile al periodo immediatamente precedente all’epidemia. Se andiamo a vedere le previsioni ufficiali del governo, contenute nel DEF, le cose stanno invece in maniera differente.

Bisogna anche ricordare cosa è il DEF: il documento di previsione economica-finanziaria che accompagna governo e parlamento verso la legge di stabilità cioè la legge finanziaria di fine anno, il più importante provvedimento che regola il bilancio dello stato.

Certo, l’esecutivo prova a dare una lettura soft del contesto economico italiano precedente alla crisi, usando una espressione popolare nei blog finanziari, il cigno nero, per definire uno scenario di inizio 2020 di una economia sostanzialmente sana colpita da un disastro esterno. Nel DEF infatti troviamo: ”

se non si fosse materializzato il cigno nero della crisi epidemica l’economia italiana avrebbe potuto registrare un ritmo di crescita in graduale miglioramento nell’anno in corso”.

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soldiepotere

Consiglio Ue, se potessi mangiare un'idea

di Carlo Clericetti

I risultati del Consiglio europeo, massimo organo decisionale dell’Unione, fanno venire in mente la strofa di una nota canzone di Giorgio Gaber:

Un’idea, un concetto, un’idea
finché resta un’idea è soltanto un’astrazione
Se potessi mangiare un’idea
avrei fatto la mia rivoluzione”

Già, perché quella che è stata presentata come la decisione più rivoluzionaria, ossia il varo del Recovery fund, al momento è solo un’idea – per giunta controversa perché su aspetti fondamentali non c’è accordo – e lo rimarrà per chissà quanto tempo, sempre che venga realizzata. Perché per farlo bisognerà prima approvare il bilancio pluriennale europeo, quello su cui si è litigato fino a febbraio senza trovare un accordo per un suo aumento dello 0,2% del Pil, aumentandolo invece dello 0,8% circa. Per due o tre anni, si è detto, non per sempre, tanto per precisare che è solo per l’emergenza e non per avviarsi sulla strada di costituire un bilancio federale, con buona pace dei fautori del “più Europa”.

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lordinenuovo

Fase 2, nessuna luce in fondo al tunnel

di Redazione

Inizia il 4 maggio, la fase 2 della gestione dell’emergenza, ovvero la parziale riapertura, che comprenderà non solo un generale allentarsi delle norme di distanza sociale ed assembramento, dell’autocertificazione e dei controlli delle forze dell’ordine, ma anche i settori dell’economia rimasti fermi. Tra le attività coinvolte, vi saranno i cantieri edili, ma anche le imprese metallurgiche, del tessile, dell’auto e i mobilifici[1]. E se Vittorio Colao, leader della “Task Force” del governo Conte destinata alla gestione della fase 2, esclude la riapertura dei negozi, il premier annuncia il ripristino delle “attività commerciali più funzionali alle filiere che vanno a ripartire”, lasciando aperti ampi spazi di ambiguità al riguardo.

Nonostante tutti i giornali annuncino l’evento con trombe e tromboni, la situazione attuale è ben lontana dalla famosa luce in fondo al tunnel.

Attualmente si prevede un crollo del pil dell’8%[2] nel 2020, 9,1% per il Fondo Monetario Internazionale[3]. Per fare un paragone, la crisi del 2008 portò a una diminuzione di “solo” il 3,1%. Ben dieci milioni di persone sono a rischio povertà assoluta, con in media meno di 900 euro in banca.

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piazzadelpop

Il Reich millenario dei dementi. Appunti sull'orlo dell'abisso

di piazzadelpopolo

Riprendo a scrivere su questo blog, che ho colpevolmente abbandonato per oltre un anno, ma c’erano motivi validi per farlo, come l’avvio di un’associazione politico-culturale di nome AlterLab  e altri motivi parimenti validi, come la pubblicazione di un album. Riprendo a scrivere in questo mio spazio nel momento più nero da diversi decenni a questa parte: la crisi politica, economica e sanitaria dovuta al virus Sars-CoV2, volgarmente noto come coronavirus. Non ha senso da parte mia dilungarmi nella descrizione di questa faccenda, vista l’abbondante documentazione che si trova online e la massiccia campagna mediatica (ai limiti del terrorismo psicologico) che ci accompagna da mesi. Mi interessano altri temi, legati al periodo bizzarro e inquietante che stiamo vivendo. Innanzitutto, mi piacerebbe che da questa vicenda uscisse una consapevolezza. Siamo costretti a stare a casa, e stiamo capendo più del solito il valore delle libertà personali, quelle che spesso, per rabbia o per paura, saremmo provocatoriamente pronti a buttare nel cestino per un’illusione di sicurezza: dai clandestini, dai delinquenti, dai virus letali… Ma nulla vale più della libertà personale.

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noirestiamo

Da crisi sanitaria a crisi finanziaria: la fine di un mondo

di Noi Restiamo

Da una crisi sanitaria di questa portata non ci si poteva che aspettare una crisi economica della stessa misura. Una percezione che veniva confermata anche da diversi studi recenti, ultimi su tutti quello della Bundesbank, in cui l’istituto parla di recessione profonda per l’economia tedesca. A seguire la Banca centrale di Madrid, che ha previsto un crollo del Pil spagnolo fino ad un massimo del -13,6% nel 2020. Anche per l’Ufficio Parlamentare del Bilancio italiano si prefigura un calo dell’attività economica di intensità eccezionale con una perdita di 15 punti di PIL nel primo semestre, un calo mai registrato nella storia della Repubblica.

In che modo e quando sarebbe partita la crisi, invece, rimaneva un dibattito aperto. Lunedì 20 aprile alle 20:30 (ora italiana) la spia si è accesa e si è registrato il primo chiaro episodio di recessione che segna di fatto l’inizio dello spostamento dalla crisi sanitaria alla crisi economica, attraverso una crisi finanziaria. L’evento in parte non ci deve sorprendere, ma assume un valore simbolico e storico epocale.

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lantidiplomatico

Il Recovery Fund si finanzia con nuove tasse... o tagliando le spese

di Guido Salerno Aletta - teleborsa

La crisi in corso, determinata dall'epidemia di coronavirus e le cui drammatiche conseguenze sul piano sociale, economico e finanziario si intravvedono a mala pena, rappresenta il detonatore di un profondo rivolgimento in corso da anni.

Non sono venute meno, infatti, nel decennio 2008-2019 le cause che determinarono la crisi americana del 2008 e quella europea del 2010, radicate nella insostenibilità dello squilibrio crescente tra le aree di accumulazione di risparmio e quelle di accumulazione del debito.

Gli Stati Uniti sono diventati il principale debitore del mondo, con una posizione finanziaria netta passiva per oltre 11 trilioni di dollari: il modello di globalizzazione che ha perseguito, privandosi del comparto industriale manifatturiero, l'unico che ha rendimenti crescenti ed organizzazioni di massa che occupano lavoratori di istruzione tecnica medio alta, l'ha portata a dipendere dalla esportazione di prodotti agricoli e dell'allevamento, competendo con i Paesi più poveri del globo.

Ma non è svalutando il dollaro che gli Usa possono riacquistare la competitività globale: ne sarebbe definitivamente minata la funzione determinante di centro finanziario del mondo. Il parallelo con la storia della sterlina, fondata sull'impero britannico e sulla capacità di esportazione dell'India, è fin troppo evidente.

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labottegadelbarbieri

Chi ci odia e ci uccide ogni giorno. Se noi...

… non organizziamo il contrattacco SUBITO siamo perduti (e con noi il pianeta)

db fa alcune considerazioni forse controcorrente

 

Odio fra le classi

Leggo nell’articolo 415 del Codice penale: «Chiunque pubblicamente istiga alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico, ovvero all’odio fra le classi sociali, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni».

Se davvero questo articolo si applicasse a chi comanda (e non a chi sta sotto) il 90 per cento – forse più – delle leggi, dell’informazione e della pubblicità dovrebbe essere sotto processo perchè istiga a disprezzare e odiare chi è povero.

 

Menzogne e virus

La prima vecchia-nuova bugia ai tempi del virus è che «siamo tutti nella stessa barca»; e a sinistra c’è chi («il manifesto» in prima pagina) si è così rincoglionito da trovare coraggioso il papa che lo dice.

La seconda grande menzogna è «nulla sarà più come prima». Basta scrutare le decisioni dei potenti – e purtroppo anche di certi sudditi – per capire che tutto resterà identico. Un solo esempio: mentre i governanti italiani cercano disperatamente soldi (spiccioli per la salute, tutto il resto per l’economia cioè l’econo-loro) hanno comunque trovato il modo di finanziare nuove spese militari.

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economiaepolitica

Lentezza europea, velocità della crisi e rischio default

di Riccardo Realfonzo

Il Consiglio Europeo esclude la monetizzazione dei deficit e dice “no” alla proposta italiana sugli eurobond. Resta il recovery fund, di cui però non si sa nulla sul “come”, sul “quanto” e sul “quando”. Intanto l’Italia va verso un debito al 160% del pil, avvicinandosi pericolosamente all’area default

Con il Consiglio Europeo del 23 aprile il quadro prospettico dell’economia italiana si complica, se possibile, ancora di più. Nella discussione sugli strumenti per sostenere le politiche anti-crisi, il Consiglio, infatti, ha ignorato ogni idea di monetizzazione dei deficit (non se n’è nemmeno discusso) e ha respinto la proposta di eurobond avanzata dall’Italia (la Merkel ha sottolineato che è uno strumento contrario ai trattati) per orientarsi a favore del Recovery Fund. Sulla natura di questo fondo non vi è nulla di certo: non si sa il “come”, cioè in che modo saranno raccolti i fondi, con che tipologia di titoli di debito, se solo con il ricorso al mercato o anche con l’intervento della BCE e, soprattutto, in che modo verranno erogati gli importi, se con una modalità che inciderà o meno sul debito pubblico dei singoli Paesi (loans o grants).

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kelebek3

“#iostoconverdelli e #antifascistisempre”

di Miguel Martinez

Il mistero del momento!

Se ho capito bene, al di là di una nuvola di retorica:

1) qualche giorno fa qualcuno, ha scritto su Twitter che Carlo Verdelli, direttore di Repubblica, lo avrebbero fatto fuori oggi.

2) Siccome non c’è nulla di più temibile di un anonimo troll che fa lo scemo su Twitter, Articolo 21, la Federazione Nazionale della Stampa e la stessa redazione di Repubblica hanno deciso di ricorrere all’arma finale e imbattibile: il tweet storm.

Circa tre ore fa, Articolo 21 ha annunciato la vittoria dei tuittobombardieri sul nemico:

“Il “tweet storm” con gli hastag #iostoconverdelli e #antifascistisempre, entrati nella classifica dei trending topic con migliaia di tweet, è stato lanciato questa mattina a partire dalle 10 da Articolo 21 e dalla Federazione nazionale della stampa italiana.

La data del 23 aprile non è casuale poiché proprio questa era stata indicata in una delle minacce via social come quella della “morte” del direttore di Repubblica. A dare il via al tweet storm è stato proprio Nico Piro con il tweet: “Datemi una mano a far sentire forte l’indignazione di chi non vuole vivere in un Paese dove vengono minacciati giornalisti e si mina la libertà di stampa. Fate un tweet con #iostoconverdelli e/o retwittate questo. Le minacce a @CarloVerdelli di @repubblica riguardano tutti noi”.

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manifesto

Distanziamento sociale dalla democrazia

di Manlio Dinucci

«Il distanziamento sociale è qui per rimanere molto più di qualche settimana. Stravolgerà il nostro modo di vivere, in un certo senso per sempre»: lo hanno annunciato i ricercatori del Massachusetts Institute of Technology, una delle più prestigiose università statunitensi (MIT Technology Review, We’re not going back to normal, 17 marzo 2020).

Essi citano il rapporto presentato dai ricercatori dell’Imperial College London, secondo cui il distanziamento sociale dovrebbe divenire una norma costante ed essere allentato o intensificato a seconda del numero di ricoverati per il virus nei reparti di terapia intensiva.

Come bene hanno spiegato i due speciali de il manifesto («Data Virus» e «Post Virus»), il modello elaborato da questi e altri ricercatori non riguarda solo le misure da prendere contro il coronavirus.

Esso diviene un vero e proprio modello sociale, di cui già si preparano le procedure e gli strumenti che i governi dovrebbero imporre per legge. I due giganti statunitensi dell’informatica Apple e Google, finora rivali, si sono associati per inserire nei sistemi operativi di miliardi di cellulari iPhone e Android, in tutto il mondo, un programma di «tracciamento dei contatti» che avverte gli utenti se qualche infettato dal virus si sta avvicinando a loro.

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comidad

Una vittima certa del covid: il petrolio di scisto

di comidad

Grazie al Covid il governo cinese ha sedato la pericolosa rivolta di Hong Kong costringendo i suoi abitanti a rimanere chiusi in casa; ma, con lo stesso Covid, la Cina ha trovato anche un’efficace arma di ritorsione nella guerra economica intentatagli dagli USA. Certo, le cose sono andate poi ben oltre le probabili intenzioni del governo cinese. Pechino non poteva immaginare che il separatismo lombardo avrebbe cavalcato il Covid per farne uno strumento di secessione, offrendo così all’organizzazione Mondiale della Sanità la sponda e l’avallo per proclamare la pandemia.

Raffreddando la propria economia, la Cina intendeva colpire gli USA nel loro nervo più scoperto, il petrolio di scisto. Il petrolio che gli USA ricavano dalle rocce di scisto è costosissimo e necessita di un prezzo del petrolio piuttosto elevato, dai settanta dollari in su. A causa dell’ulteriore recessione mondiale innescata dal Covid, il prezzo del petrolio è crollato dai circa sessanta dollari del gennaio scorso a meno di un terzo di quella cifra. Con l’assassinio del generale iraniano Soleimani, gli USA erano riusciti ad inasprire la tensione in Medio Oriente e quindi, se non a far risalire il prezzo del petrolio oltre i sessanta dollari, almeno a far lievitare i costi assicurativi del trasporto di greggio nel Golfo Persico, a scapito dei loro concorrenti sauditi e iraniani.

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lantidiplomatico

"Un Piano B prima che la finanza predatoria colpisca l'Italia"

L'Antidiplomatico intervista Pino Arlacchi

"Conte e gli altri dovrebbero gettare sul piatto il carico da 90: l’ uscita dall’ Eurozona."

Professore, come commenta l’ accordo del Consiglio Europeo dell’ altro ieri che ratifica le conclusioni dell’ Eurogruppo del 9 Aprile ed apre, secondo giornali e Governo italiano, al cosiddetto Recovery Fund?

Mi sembra difficile definirlo un successo. Conte ha ragione quando dice che il fatto stesso di mettere in agenda un possibile impegno dell’UE a finanziare uno sforzo comune è un passo avanti impensabile rispetto ai tempi dell’ austerità. Ma il parametro giusto, la domanda giusta da porsi, è se si tratta di uno strumento adeguato ad affrontare una crisi di questa portata. E tutto quello che ci ritroviamo è una serie di impegni nel campo del virtuale: un aumento del budget dell’ Unione dall’ 1,2 al 2% del PIL di ciascun Stato membro per 2 o 3 anni, ottenuto non con soldi reali ma sotto forma di garanzie.

Sul tavolo ci sono in tutto 250-300 miliardi di euro, pari all’ 0,6% del PIL dei 27 Stati. Una cifra pressochè ridicola. Parte di questa somma dovrebbe riaffluire ai singoli membri sotto forma di grant (fondo perduto) o di prestiti.

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coniarerivolta

Senza programmazione, #andràtuttoaiprofitti

di coniarerivolta

La crisi economica e sanitaria legata alla pandemia Covid-19 pone l’Italia di fronte alla più grave perdita di prodotto e occupazione che si sia mai registrata negli ultimi decenni, sommandosi agli effetti già disastrosi della doppia caduta del 2008-2009 e del 2011-2012. Le ultime stime del Fondo Monetario Internazionale prevedono una perdita in termini di PIL di 9,1 punti percentuali su base annua, mentre altre superano la doppia cifra, come nel caso di Goldman Sachs (-12%) e di Unicredit (-15%).

La gestione di questa crisi dipenderà molto dalla reazione che sarà messa in campo dal governo italiano all’interno del quantomai problematico contesto europeo. L’andamento del PIL è infatti fortemente dipendente dalla politica di bilancio: una maggiore spesa pubblica in deficit implica direttamente un aumento del reddito, a cui si somma il reddito generato dalle ulteriori spese permesse dall’iniezione iniziale di potere d’acquisto. E’ il principio del moltiplicatore fiscale: per ogni euro di spesa pubblica, nell’economia si crea più di un euro di reddito complessivo. Questi effetti benefici sull’attività economica sono particolarmente intensi nelle fasi recessive, caratterizzate da moltiplicatori fiscali più elevati. Serve, in poche parole, uno shock fiscale di dimensione adeguata nel più rapido tempo possibile.

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manifesto

Il prezzo del petrolio va sotto zero, anomalia sovversiva

di Alberto Negri

Virus e crisi. Negli Usa conviene non estrarlo, in Arabia saudita si teme la perdita di attrattiva. Mosca si prepara a bruciare le riserve del fondo sovrano russo. Ma gli effetti più devastanti sono per i Paesi che vivono di petrolio: Algeria, Iraq, Libia, Venezuela, Iran

Con il crollo dei consumi mondiali dovuto alla pandemia, per la prima volta nella storia lunedì il prezzo del petrolio è precipitato negli Usa sotto zero.

Un’anomalia selvaggia e sovversiva dovuta all’incrocio tra gli effetti economici globali del virus, le distorsioni del capitalismo finanziario e la politica di potenza.

Il crollo delle quotazioni nell’immediato è stato provocato dallo scontro tra i «barili di carta» – la speculazione finanziaria sull’oro nero – e quelli veri. I contratti future sul petrolio, i «barili di carta» che di solito vengono acquistati e rivenduti sui mercati finanziari, sono precipitati quando ci si è accorti che negli Usa non si sa più dove mettere, fisicamente, il petrolio vero.

Pur di disfarsene gli speculatori se ne sono liberati a qualunque prezzo, anche negativo.

C’è talmente tanto petrolio che Washington sta pensando di pagare i produttori perché smettano di trivellare: un sussidio alla «non produzione». Cose mai viste.

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autaut

Scrivere il virus

di Pier Aldo Rovatti

Nonostante le librerie chiuse c’è una grande produzione di instant books sull’epidemia. Saggisti e scrittori avvertono quel bisogno di riempire di senso il cosiddetto “nemico invisibile” che tutti avvertiamo leggendo i giornali, ascoltando la televisione, parlando al telefono, sfogliando i social. Libri che circolano online o che, comunque, si riesce a ricevere pur nel distanziamento sociale. Libri che i tempi vuoti della quarantena permettono agli autori di scrivere in velocità e ai lettori, a loro volta, di essere disponibili ad apprezzare. A ciascuno di noi importa capire gli effetti del coronavirus, dunque accogliamo con favore chi ci aiuta con intelligenza a rispondere a tale esigenza.

Qualcuno di noi, con spirito critico e magari autocritico, forse coglie una specie di compulsività che innerva questa frenesia dello scrivere e del leggere. Come se il nutrimento di informazioni e di riflessione che ci arriva di continuo fosse necessario ma anche un poco eccessivo, vogliamo saperne di più, siamo curiosi di ciò che pensano letterati, psicologi, filosofi, studiosi delle società, tuttavia ci chiediamo anche di che natura sia la spinta che porta a questa inedita fretta di scrivere.

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la citta futura

“Andrà tutto bene”? Improbabile

di Maurizio Marchi

Mentre appare sempre più palese che non ci sia nulla che stia andando bene, a discapito degli slogan propagandistici, Maurizio Marchi di Medicina Democratica immagina due possibili scenari a confronto nel post crisi

Coronavirus: si sprecano le frasi fatte, frutto di specialisti della comunicazione molto “governativi”, non solo in Italia, come l’“Andrà tutto bene” affisso su balconi e scuole, con il classico arcobaleno disegnato fin dai bambini.

Ma anche il “nulla sarà più come prima”, più probabile, ma bisognerà vedere in quale direzione si orienterà “il cambiamento”. Se si dovesse giudicare da alcune avvisaglie (fabbriche d’armi aperte, resistenze di Germania e Olanda ad allargare la borsa, scudo penale per dirigenti sanitari leghisti, ecc) non c’è da stare molto allegri… Il massimo dell’ipocrisia di sistema si raggiunge però quando si afferma “La salute prima di tutto”, quando è evidente alla parte più consapevole della popolazione che la salute è stata da sempre la cenerentola dopo sua maestà il PIL, la produttività sul lavoro, i tagli alla sanità.

Ma andiamo con ordine. Guido Viale in un suo recente intervento [1] scrive:


C’è infine un settore di cui nessuno parla, che fa in qualche modo da barriera tra i molti – lavoratori e non – che vivono alla base della piramide economica e i pochi che ne reggono le fila. Ed è forse, dopo il turismo, il settore più sviluppato e articolato del mondo: quello del marketing e della pubblicità, vera arma di distrazione di massa per promuovere l’accettazione del mondo com’è. È il vero universo della cultura contemporanea, quella che plasma lo spirito di un’epoca e a cui è facile ricondurre una molteplicità di ruoli “creativi”: grafici e copywriter, ma anche artisti e scrittori che ne influenzano lo stile, divulgatori e persuasori che lo diffondono, sociologi e stilisti, attori e indossatrici, e uomini-macchina delle rilevazioni demoscopiche (sempre più concentrate nelle centrali del capitalismo della sorveglianza). La conversione ecologica ha bisogno anche di loro, ma non nei loro ruoli attuali. E il crollo del loro settore potrebbe liberare una massa compressa di creatività diffusa capace di cambiare l’immagine del mondo”.

È il settore che ha coniato, a pro del potere, lo slogan consolatorio “Andrà tutto bene”. Mentre sta andando tutto male, per essere sintetici: disoccupazione dilagante, diseguaglianze abissali, inquinamento, guerre, milioni di profughi, xenofobia, cambiamenti climatici e non per ultimo inadeguatezza sanitaria, ecc.

Riguardo al “nulla sarà più come prima” si possono fare due scenari, contrapposti. Il primo forse utopistico per il potere consolidato, in realtà l’unico realistico:

 

1. Scenario riformatore

  1. Rivedere in profondità il sistema economico-monetario, a guida statunitense, fondato a Bretton Woods nel luglio 1944, con il dollaro al centro dell’economia mondiale. Molte cose sono cambiate da allora: il dollaro è ormai quasi carta straccia, perché non ha più alle spalle un’economia solida, ma anzi un cumulo di debito interno e verso l’estero [2]. Debito che non verrà mai ripagato, e che si regge sulla propaganda e sulla superiorità militare. Il dollaro potrebbe essere sostituito, negli scambi globali, da una moneta virtuale sovranazionale, garantita dall’ONU e in particolare dalle economie di tutti i suoi stati membri. Va da sé che analoga radicale riforma dovrebbe investire il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale, organismi partoriti a Bretton Woods, affinchè si mettano al servizio dello sviluppo sostenibile. La nuova moneta potrebbe chiamarsi significativamente “solidarietà”.
  2. Rimettere il debito sovrano degli stati più indebitati, a partire da quelli del terzo mondo, ma anche ad esempio dell’Italia e degli stessi Stati Uniti, ad almeno un terzo del livello attuale. È una delle premesse indispensabili per un mondo di pace e solidale.
  3. Riconvertire rapidamente l’industria delle armi, al servizio invece della diagnostica, della ricerca, del risparmio energetico, della conversione ecologica dell’economia; azzerare la spesa militare, cominciando con la messa al bando delle armi nucleari.
  4. Abolire i paradisi fiscali, a partire dall’Europa, uniformando un fisco equo e fortemente progressivo, per reperire risorse per lo sviluppo sostenibile e per i primari bisogni dei più poveri.
  5. Lotta senza quartiere ai cambiamenti climatici, prendendo anche atto della fine tendenziale delle risorse fossili (gas e petrolio), ed avviando una grande riconversione dell’energia e dell’industria verso l’idrogeno, ottenuto dall’acqua di mare con energie rinnovabili (sole e vento). Si creerebbero tra l’altro milioni di nuovi posti di lavoro qualificati, in ogni angolo del pianeta, a impatto zero.
  6. Limitare fortemente la produzione e i consumi di carne (bovina, suina, aviaria), fortissime fonti di diffusione di virus, di produzione climalterante di ammoniaca e di malattie negli umani, non solo obesità. Prendere atto che la produzione massiccia di carni richiede quantità elevatissime di superfici agricole, disboscando aree-polmone e aumentando vertiginosamente l’impiego di diserbanti e pesticidi.
  7. Sradicare povertà, fame e malattie curabili dai paesi più fragili, sfruttati per secoli dal colonialismo europeo, innanzitutto in Africa. Al proposito si legga il libro di Paola Caforio e del sottoscritto “Quanto l’Europa deve restituire all’Africa” [3].
  8. Investire ingenti risorse sulla sanità e sull’istruzione, mettendole al primo posto di un nuovo welfare, non solo nel nord-occidente.
  9. Riformare in profondità il sistema informativo, liberandolo dalle leggi di mercato, e dando molto più spazio al pensiero critico, anziché al pensiero unico dominante
  10. Rimuovere tutti gli embarghi, a partire da quelli a Cuba e all’Iran, a proseguire con quello alla Russia.
  11. Sciogliere la NATO, ormai inutile e con una funzione provocatrice.

 

2. Scenario autoritario e conservatore dello status quo

È sicuramente lo scenario più probabile, visti i rapporti di forza attuali, ma anche il più pericoloso e senza prospettive. Nessuna delle istanze riformatrici viste sopra verrebbe adottata, nonostante sia stato evidenziato dalla crisi virale in cui siamo immersi che è il mercato capitalistico ad aver causato ciò che stiamo vivendo. La tendenza perciò è alla guerra, non solo dei dazi, ma anche guerreggiata, asimmetrica e/o nucleare. Molti segnali ci indicano questo scenario cupo.

  1. Gli USA non sono affatto disponibili a mettere in discussione la loro supremazia delle cannoniere e dei missili, con cui impongono ancora Bretton Woods ed il privilegio del dollaro. I loro maggiordomi europei d’altronde non perdono occasione per dichiararsi filo-atlantici, anche se civettano con la Cina (Via della Seta, Italia e Germania) per bassi fini di mercato.
  2. L’Europa, anziché emergere come potenza politica lungimirante e unita, sprofonda nei propri egoismi nazionali, con l’Olanda a fare da testa di ariete nel mantenere i suoi privilegi fiscali. L’Europa, gigante economico e nano politico, probabilmente non sopravviverà al Coronavirus, e sprofonderà nella sua mediocrità e nei suoi egoismi, nel quadro filo-atlantico.
  3. La compressione o la censura delle voci critiche: in Italia il governo ha creato una Commissione contro le fake news, cioè contro le voci libere e critiche. Ritorniamo cioè allo slogan “Andrà tutto bene”, da non mettere in discussione, mentre sempre più cittadini stanno vedendo che sta andando tutto male.
  4. La ripartenza o fase 2 si prepara con un’altra Commissione, presieduta da Vittorio Colao, già AD di Vodafone: dopo gli “arresti domiciliari” per 60 milioni di italiani, la ripartenza si attuerà con il 5G e con la schiavitù delle APP, che tramite gli smartphone renderanno i cittadini sorvegliati sempre, anche dopo la fase della ripartenza. Si prefigura, in altre parole, uno stato di polizia.
  5. Già nella fase attuale, gli unici ambienti che sono rimasti aperti sono (alcuni) ambienti di lavoro e i supermercati: in altre parole siamo ridotti a lavoratori e/o a consumatori, ciò che il sistema vuole che siamo: ma siamo anche o soprattutto persone. Questo aspetto probabilmente si accentuerà nella fase 2.
  6. Il ruolo della scienza e dei vaccini: come stiamo già vedendo, ci sarà un ruolo accentuato della “scienza” legata al potere. La “scienza” delega tutto alla scoperta del vaccino: ci sono una quarantina di aziende che sperimentano il vaccino, quindi si accentueranno il potere di queste aziende e i loro profitti.
  7. Una volta sconfitto il virus, tutto tornerà come prima: modello di sviluppo climalterante e inquinante, consumi di carne esorbitanti, disboscamenti, pesticidi, produzioni d’armi al galoppo, ecc … ma nel frattempo saranno zittite le voci libere e critiche.
  8. Insomma, un grande disordine sotto il cielo, ma la situazione non è eccellente.

Note:
[1] L'unica cura è la conversione ecologica
[2] 6500 miliardi di dollari su un debito totale di 22.000 miliardi Debito pubblico Usa: lezioni di economia
[3] Reperibile qui a prezzo di costo quanto l'Europa deve restituire all'Africa - Libro di maurizio marchi
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operaviva

E il conto chi lo paga?

di Lorenzo Coccoli, E. Igor Mineo, Luca Nivarra, Vincenzo Ostuni, Gabriele Pedullà 

La pandemia attualmente in corso ha provocato tre distinte emergenze: un’emergenza sanitaria, un’emergenza economica e un’emergenza politica. La prima in realtà è a un tempo sanitaria e ambientale ed è evidente che non potrà essere risolta dalle misure di contrasto immediato alla diffusione del virus. Come ormai sembra chiaro, infatti, il COVID19 rappresenta il secondo tempo della SARS: questo significa che lo scenario «Spillover» sta assumendo una concretezza inquietante. Il passaggio animale-uomo (in quest’ultimo caso, forse, da pipistrello a serpente a uomo), racchiude in sé l’enorme problema di una contiguità crescente con le altre specie che è diretta conseguenza della drammatica erosione degli spazi non antropizzati o debolmente antropizzati; allo stesso tempo, proprio l’emergenza sanitaria – ancora più delle catastrofi climatiche – costringe a ridimensionare la centralità della specie Sapiens che il concetto di antropocene, oggi così in voga, pare sottintendere. La natura è enormemente più forte di noi e continueremo ad averne prova per lungo tempo: ambiente, salute (sopravvivenza, anzi) e politica si rivelano oggi visibilmente intrecciati senza che sia possibile distinguere, se non per convenzione o artificio, tra i vari piani.

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lafionda

Il principio del ciclista

di Carlo Galli

C’è una parola tedesca, un concetto, che spiega alcune cose dell’Italia ammalata, fra economia ed epidemia: Radfahrernatur, natura da ciclista. E’ l’attitudine ad assumere la postura di chi piega la testa in alto e preme coi piedi in basso. E spiega, se ben interpretato, alcuni comportamenti collettivi.

Abbiamo visto il presidente Conte in Parlamento: a dire nulla, a portare nulla di concreto – la mascherina faceva pensare che volesse annullarsi egli stesso –. Il suo potere verso l’Europa è nullo; la tenuta del suo gabinetto è un miracolo quotidiano; il suo controllo degli eventi tende a zero – se fosse sceso da un taxi, la battuta di Churchill su Attlee sarebbe stata perfetta –. Eppure, è lo stesso uomo che è in grado di nominare task force e commissioni in numero infinito, di firmare dpcm (atti amministrativi), di inviare a un parlamento quasi sempre ammutolito decreti legge da cui escono le più gravi limitazioni dei diritti costituzionali che l’Italia abbia conosciuto da quando è una democrazia. Ciò che perde verso l’alto in autorevolezza lo recupera verso il basso in dominio – in pratica, gestisce un caso d’eccezione senza proclamarlo apertamente –.

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milanofinanza

L'Europa del virus è divisa in tre: Pigs, Visegrad e blocco tedesco

di Guido Salerno Aletta

Il Consiglio europeo di giovedì 23 ha dimostrato ancora una volta che c'è una spaccatura all'interno dell'Ue. Mentre la finanza internazionale vuole trascinare Roma nell'Anglosfera 

Diversamente da qualsiasi altro contesto politico al mondo, l’Unione europea è ancora dilaniata di fronte al problema di una risposta finanziaria comune alla crisi determinata dalla epidemia di coronavirus.

Al di là delle formule diplomatiche e della narrazione politica che conviene in ciascun Paese, il Consiglio europeo tenutosi nel pomeriggio di giovedì 23 si è spaccato drammaticamente al suo interno, coinvolgendo in questa contrapposizione anche il Gruppo di Visegrad, finora invece assai coeso nei suoi rapporti con l'Unione.

La questione riguarda la necessità di fare “molto di più”, sottolineata formalmente dai leader di nove Paesi euro mediterranei (Francia, Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Irlanda, Belgio, Lussemburgo e Slovenia) con la lettera inviata il 20 marzo scorso al presidente del Consiglio europeo Charles Michel.

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lantidiplomatico

Coronavirus, ma perché il Piano per “non provocare il panico” è ancora segreto?

di Francesco Santoianni

Davvero sbalorditivo quanto riporta Repubblica:

A gennaio il ministero della Salute aveva già preparato un piano di emergenza per contrastare il coronavirus. Ma è stato tenuto segreto, perché ipotizzava anche uno scenario ritenuto talmente drammatico da provocare il panico (…) Il Piano è stato tenuto nascosto perché si temeva potesse scatenare il panico. Secondo il ministero non c'è stato nessun ritardo".

Di fronte a dichiarazioni come questa, forte è la rabbia, insieme alla speranza di vedere subito qualcuno in galera; ma, invece di illudersi che, per l’assoluta impreparazione del governo e del sistema italiano di protezione civile, paghi qualcuno, meglio limitarsi a qualche (possibilmente pacata) considerazione; da esprimere, purtroppo, senza aver potuto leggere questo famoso Piano di emergenza che, a differenza di quanto avviene in tutti i paesi civili (dove viene liberamente discusso ed emendato in Parlamento) continua ad essere segreto. Ovviamente, non per qualche giornalista mainstream, che così lo glorifica:

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kelebek3

Della servitù volontaria

di Miguel Martinez

Oggi sul Fatto Quotidiano, Antonello Caporale parla dell’App Immune. In fondo, riporto per intero l’articolo, perché va letto (e so che pochi di noi seguono i link che trovano in un post).

In sostanza Caporale si chiede che problemi ci sia a installare quell‘App: il suo smartphone sa già tutto di lui. E fa una descrizione impressionante del controllo totalizzante che quell’oggetto esercita nei suoi confronti.

Descrizione che sarebbe stata ancora più interessante, se avesse precisato che non è lo smartphone che ha quel controllo su di lui, sono le aziende che gli hanno venduto lo smartphone e ci hanno messo dentro le app.

Uno stretto parente dello smartphone del signor Caporale è il Pungolo elettrico Kawe automatico – 11241:

“Dispositivo per la gestione del bestiame KAWE, custodia in plastica rigida, funziona con 2 batterie 1,5 Volts, emette un suono-ronzio quando attivato, fornito senza batterie, esclusivamente per l’uso nell’allevamento secondo la legislazione applicabile in materia di protezione degli animali: disponibile in due versioni (con e senza spegnimento automatico).”

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petiteplaisance

Tra guerra e paura

di Salvatore Bravo

La lotta all’epidemia è descritta nella forma di una guerra capillare e pervasiva che irrora la comunità, fino a trasformarla in un luogo chiuso in cui regna la paura dell’altro. Il proliferare della parola guerra è un ottimo espediente per occultare le responsabilità. «Nella guerra la prima vittima è la verità», scriveva Eschilo

Il Covid-19 non è solo un problema epidemiologico, anzi, lo stato di eccezione in cui siamo sta rivelando “le verità nascoste” del sistema, attraverso i provvedimenti attuati per inibirne la diffusione.

In questi mesi serpeggia un nuovo linguaggio che si catalizza intorno alla parola “guerra”. La parola “guerra” stride con il periodo pasquale, la pasqua con i suoi significati simbolici e teologici sfuma tra le chiuse chiese e l’aggressività verbale in nome della difesa della salute. Contro il nemico sull’uscio di casa. La lotta all’epidemia è descritta nella forma di una guerra capillare e pervasiva che irrora la comunità, fino a trasformarla in un luogo chiuso in cui regna la paura dell’altro: l’infezione ha il viso del vicino, il pericolo è incarnato nella comunità vivente veicolo del retrovirus.

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strisciarossa

La pulizia “etnica” degli anziani, una regressione

di Umberto Curi

Premetto che non intendo assecondare la diffusa – e mai abbastanza deplorata – consuetudine di suddividere il mondo in due emisferi contrapposti, o se si preferisce a schierarsi in favore o contro qualcuno o qualcosa, come se il vertice a cui possa arrivare un ragionamento consista nel dar ragione a questo o a quello. E dunque mi astengo dal partecipare alla non entusiasmante disputa suscitata originariamente da un articolo di Giorgio Agamben sull’argomento. Preferisco tentare di avviare una riflessione quanto più possibile pacata e rigorosa intorno a un problema per lo più trascurato, nel clima esagitato di queste ultime settimane, riguardante il trattamento riservato agli anziani.

I dati che stanno faticosamente emergendo sono a dir poco sconvolgenti. Migliaia di persone sacrificate per il sovraffollamento delle terapie intensive, cadaveri sottratti a qualunque rito di commiato, intere case di riposo trasformate in agghiaccianti laboratori di riproduzione del virus, una miriade di vecchi spesso disabili costretti alla solitudine e all’abbandono, o affidati alle iniziative di sparuti gruppi di volontari.

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lordinenuovo

L’inconsistenza del Consiglio Europeo di fronte a una congiuntura senza precedenti

di Domenico Moro

Come alla fine della Prima guerra mondiale. Secondo la bozza del Def, il documento di finanza pubblica del Ministero dell’economia, si prevede che nel 2020 il debito pubblico italiano arriverà al 155,7% sul Pil. Si tratta di un vero e proprio record nella storia dell’Italia unita. Dal 1861 ad oggi solo dopo la Prima guerra mondiale il debito pubblico raggiunse questi livelli, rispettivamente nel 1920 con il 159,5% e nel 1921 con il 158,9%. Ma era un periodo eccezionale. Il debito era rigonfiato dalle spese e dai costi enormi di quattro anni di guerra totale, e il Paese era alle prese con una difficoltosa riconversione industriale. La disoccupazione postbellica era in crescita e l’Italia era stremata e percorsa da un importante movimento rivoluzionario, il biennio rosso. Neanche nella Seconda guerra mondiale si arrivò a tanto: il debito pubblico nel 1943 arrivò al massimo del 119% sul Pil. Nel 2020, quindi, il debito raggiungerà in cifra i 2.600 miliardi di euro, con un aumento di 190 miliardi rispetto allo scorso anno. Ma il debito pubblico non è l’unico record evidenziato dal Def. Il conto della manovra, cioè la spesa prevista dallo Stato, è il più grande della storia repubblicana, essendo pari a 160 miliardi.

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insideover

Tutti i miti economici sfatati dal coronavirus

di Andrea Muratore

Il coronavirus è la Caporetto dell’economia mainstream, il punto di caduta dell’ideologia neoliberista e di tutte le sue derivate (principalmente europee) che si trovano ora messe in seria discussione. Il capolinea di una serie di miti duramente sfatati dalla realtà dei fatti e dall’avanzare di una crisi sanitaria, politica ed economica. Una Caporetto a cui non farà seguito una Vittorio Veneto,perché è la seconda in un decennio dopo che già la Grande Recessione aveva messo in dubbio la veridicità dei dogmi narrati nei trent’anni precedenti.

Come ha scritto Giuseppe Gagliano commentando l’opera di uno studioso del calibro di Luciano Gallino la teoria neoliberista si fonda su tre parametri: “i mercati sono perfettamente in grado di autoregolarsi, il capitale affluisce dove la sua utilità risulta massima, i rischi del sistema sono integralmente calcolabili”. Tre parametri che però, come viene spiegato, non sono mai stati intaccati nonostante la ciclicità delle crisi. Anzi, in particolare l’Europa ha completamente ceduto alla narrativa della supermazia dei mercati sugli Stati le politiche economiche nazionali, infine la cultura millenaria del Vecchio Continente.

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soldiepotere

Herr Regling, carta canta

di Carlo Clericetti

Il 23 aprile i Capi di Stato e di governo si riuniranno per decidere che cosa fare per fronteggiare le emergenze sanitaria ed economica create dalla pandemia. Di grande importanza per stabilire come debba comportarsi l’Italia è ciò che è stato detto nell’intervista che Klaus Regling, direttore del Mes – il cosiddetto Fondo salva Stati – ha rilasciato al Corriere della sera. L’intervistatore, Federico Fubini, è un giornalista esperto e preparato, e gli ha fatto le domande giuste. Regling ha risposto chiaramente a tutte tranne una, a cui ha replicato in modo elusivo. Lo scopo era evidentemente quello di rassicurare l’opinione pubblica italiana, che sull’eventuale ricorso al Mes ha espresso numerosi dubbi e timori. Ricapitoliamo quali sono.

Le condizionalità. Siccome questo shock ha colpito ugualmente tutti i paesi, le condizioni del prestito saranno uguali per tutti e, chiarisce Regling, non verranno cambiate nel corso del prestito. Questo punto è molto importante, perché il regolamento dei prestiti del Mes di norma lo consentirebbe, e questo avrebbe potuto costituire una delle possibili trappole future. In questo caso la sola condizione sarebbe che i soldi vengano utilizzati per i costi “diretti e indiretti” della pandemia.

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sbilanciamoci

Il Mes o una nuova agenda europea

di Felice Roberto Pizzuti

Il Mes nasce dalla visione di rigorismo controproducente che ha frenato il processo unitario e anche la sua versione aggiornata sembra senza condizioni solo per un primo periodo. Tuttavia l’Europa sta mettendo in campo strumenti di sostegno innovativi e potenti

Il confronto nell’Eurogruppo e la preparazione del Consiglio dei capi di governo del 23 aprile sembrano ignorare le novità epocali che il conavirus sta scaricando sulle prospettive economico-sociali in tutto il mondo.

Le ultime previsioni del Fondo monetario internazionale, che seguono quelle della settimana scorsa di Goldman Sachs, certificano che si sta delineando la recessione dell’economia mondiale più grave da quella del ’29: dalla previsione per il 2020 fatta solo a gennaio scorso di +3,3%, si passa al -3%; nell’Eurozona si prevede -7,5% e in Italia -9,1%. Ma questa crisi segue quella del 2008 dalla quale non si era ancora usciti. Prima ancora dell’esplosione della pandemia, la Germania era già avviata alla recessione; negli USA, nel primo trimestre del 2020 si era verificato un calo della crescita dell’8%. Secondo il FMI, negli USA il tasso di disoccupazione nell’anno in corso è previsto triplicare (dal 3,7% al 10,4%); in Italia torneremo al 12,7% e in Spagna al 20,8%.

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manifesto

Dal virus non nascerà il comunismo ma l’umanità vive un rischio comune 

di Alessandro Dal Lago

Stato di eccezione. La paura della morte e la privazione non della libertà ma di qualche libertà. E’ aperta la questione se vinceranno gli Orbàn o nuove forme di convivenza civile

Giorgio Agamben ha pubblicato diverse riflessioni sull’ “emergenza-epidemia”. Ecco le sue domande: come è possibile accettare “in nome di un rischio che non era possibile precisare” che i corpi dei nostri cari siano bruciati o sepolti senza poterli vedere?

E di essere privati della libertà di movimento? Che società è quella che rinuncia alla libertà in nome della sopravvivenza? La sua risposta è che abbiamo rinunciato alla ricerca del bene per paura della morte, e questo grazie a una scienza medica che ha separato vita biologica e vita affettiva. La Chiesa, da parte sua, avrebbe dimenticato che i martiri sceglievano la morte per non rinunciare alla fede. E perché tacciono i giuristi?

Escludo che le domande di Agamben siano rivolte ai malati in terapia intensiva o ai moribondi – come a chiunque tema di ammalarsi e di morire. Non vedo proprio perché la paura della morte debba essere contrapposta, per principio, alla ricerca del bene e del giusto. Con un vero paradosso filosofico, quell’“essere-di-fronte-alla-morte” che Heidegger riteneva confinato alla nostra esistenza individuale, oggi è condiviso di colpo, grazie alla pandemia, con buona parte dei nostri simili.

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nuovadirezione

Lo spieghino: cos'è il Recovery Fund di cui si parla tanto?

di Thomas Fazi

Si sarebbe tentati di dire che anche questa volta la montagna europea ha partorito un topolino. Ma stavolta non c’è traccia neanche del topolino, se non nella mente allucinata del presidente Conte e di qualche soldatino pentastellato. Sostanzialmente, il Consiglio europeo di ieri si è limitato a confermare le misure già decise all’Eurogruppo di due settimane fa. In breve, sono stati definitivamente archiviati gli eurobond (o coronabond che dir si voglia) e ogni forma di mutualizzazione del debito (come avevamo ampiamente previsto), con buona pace di Conte, mentre rimane sul tavolo il cosiddetto Recovery Fund, cioè un fondo che dovrebbe teoricamente sostenere la ripresa economica degli Stati europei. Nello specifico, però, si sa poco o nulla di come funzionerà questo fantomatico fondo. E la ragione è che i governi continuano a rimanere molto divisi in merito, al punto che i capi di Stato non hanno ritenuto opportuno neanche fare una conferenza stampa congiunta al termine della riunione, come è consuetudine fare in questi casi.