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lafionda

Solo una banca centrale ci può salvare

Matteo Bortolon intervista Stefano Fassina

 

On. Fassina, la corrente crisi sanitaria, tutti sono d’accordo, è il preludio ad una pesante recessione economica. Quanto saranno ampie le conseguenze? Più profonde della crisi di 10 anni fa?

Temo di sì, sarà più pesante del 2008-09, e soprattutto avrà un impatto strutturale, rendendo insostenibile la regolazione dei mercati come abbiamo avuto fino ad oggi. Questa drammatica vicenda del Covid-19 accelera in modo vorticoso dinamiche già presenti. L’insostenibilità del mercato unico europeo e del mercato globale è venuta fuori con la Brexit, con la vittoria di Trump, con l’affermazione dei cosiddetti “populisti” e “sovranisti”. Che quel modello fosse insostenibile era già evidente prima, il Covid-19 imprime una drammatica accelerazione. Il problema di caduta del Pil sarà rilevante, penso che sarà almeno il doppio di quanto è stato nel 2007-08, ma soprattutto quando finirà l’emergenza sanitaria non torneremo a 3 mesi fa, sarà uno scenario completamente diverso dove aree come l’eurozona che hanno puntato tutto sull’export per crescere avranno grandi difficoltà, e purtroppo non vedo la disponibilità ad un cambiamento intellettuale e politico necessario.

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kelebek3

Il modo di produzione informatico

di Miguel Martinez

Il 2020 sarà come il 1492, o il 1914.

La domanda è solo come cambierà il mondo?

L’intuizione più interessante l’ha avuta la sociologa Daniela Danna, femminista di quelle che non hanno ceduto alla fuffa postmoderna.

Stiamo entrando, lei scrive in un testo che invito a scaricare e leggere, nel pieno del modo di produzione informatico.

Il termine riprende l’idea di Marx che parlava di grandi passaggi – caccia e raccolta; orticoltura; metodo taglia-e-brucia; pastorizia; agricoltura e infine industria.

Poi la Danna precisa che in realtà l’uomo non “produce” nulla.

Solo le piante producono.

Gli uomini trasformano e distruggono sia l’energia impiegata, sia i materiali che ne derivano, e scaricano i costi sulla natura (a meno che non si adattino, aggiungo io, ai ritmi delle piante).

Il nuovo modo di produzione trasforma in lavoratori tutti coloro che forniscono o trattano dati.

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sbilanciamoci

Il ruolo delle Banche Centrali nella crisi del coronavirus

di Emilio Carnevali*

Mentre la Banca d’Inghilterra attiva una linea di credito diretta per il governo britannico, sono sempre di più gli economisti che aprono alla possibilità di monetizzare la spesa pubblica per affrontare la pesantissima crisi legata alla pandemia di coronavirus. Un’analisi degli scenari possibili

“Questo non è il tempo per l’ideologia o per l’ortodossia. È il tempo di essere coraggiosi. È il tempo del coraggio”: solo poco settimane fa, nel mezzo delle quotidiane schermaglie politiche di Westminster, parole del genere sarebbero suonate stucchevolmente retoriche. Ma quando il Cancelliere dello scacchiere britannico, Rishi Sunak, si è rivolto così a colleghi politici e concittadini lo scorso 17 marzo, l’atmosfera era già molto diversa. La consapevolezza di essere entrati in quelle che gli inglesi, memori di un’antica potenza marinara, amano chiamare uncharted waters (acque non segnate sulla mappa, dunque inesplorate) si era già diffusa con la rapidità dei contagi da coronavirus.

A quelle parole è seguita la presentazione di una serie di misure a sostegno dell’economia britannica senza precedenti in tempo di pace. Tabù economici che sembravano solidi come il granito si sono liquefatti dalla sera alla mattina. Improvvisamente, quasi nessuno è sembrato avere il coraggio di sollevare la domanda che ha martellato ogni predecessore di Sunak al numero 11 di Downing Street: “Dove troverete i soldi?”. Il quesito non era all’altezza della drammaticità della situazione.

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codicerosso

Dalla “cura di sé” alla cura dell’ambiente: perché la ‘normalità’ non è più accettabile

di Guy Van Stratten

In questo periodo di emergenza siamo chiamati a una altrettanto emergenziale cura di noi stessi, la quale dovrebbe configurarsi come una “cura di sé” che fa parte della nostra sfera culturale. Purtroppo, tale sfera culturale adesso viene invasa da pervasive dinamiche di potere e controllo. Se un controllo così pervasivo ci obbliga ad avere cura di noi stessi nei confronti del virus, per salvarci la vita, possiamo chiederci perché esso non viene dispiegato anche per obbligarci ad avere cura della natura che ci circonda. Al potere economico, industriale e finanziario non dovrebbe essere permesso distruggere ogni giorno fette sempre più grandi dell’ambiente e della natura. Infatti, dovremmo riuscire a capire che non c’è nessuna differenza fra sé e ambiente, fra sé e natura e che, quindi, la “cura di sé” coincide, in fin dei conti, con la cura dell’ambiente. Infatti, come afferma Gregory Bateson in Patologie dell’epistemologia, un intervento presentato nel 1969, “stiamo imparando sulla nostra pelle che l’organismo che distrugge il suo ambiente distrugge se stesso”.

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coniarerivolta

La banca del vicino è sempre più verde

di coniarerivolta

Mentre ministri e capi di governo dei paesi dell’area dell’euro sono impegnati a proporre soluzioni del tutto insufficienti a fronteggiare la crisi da Covid-19, è notizia di questi giorni che la banca centrale del Regno Unito, la Banca d’Inghilterra (Bank of England – BoE), finanzierà direttamente i programmi di spesa del governo britannico. Questo vuol dire che il Governo del Regno Unito non si troverà davanti alla necessità di emettere titoli di debito da collocare sui mercati per reperire le risorse necessarie a fronteggiare l’emergenza sanitaria ed economica ormai in corso, bensì riceverà le risorse direttamente dalla sua banca centrale, l’organismo che ha il potere di creare moneta. Infatti, la BoE metterà liquidità a disposizione del governo semplicemente alimentando un apposito conto, denominato ‘Ways and means facility’, intestato al Tesoro britannico: in virtù dell’accordo appena siglato tra Tesoro e Banca centrale, il Governo potrà attingere da quel conto tutte le risorse necessarie a fronteggiare l’emergenza sanitaria e la conseguente crisi economica. Questo non significa, tuttavia, che il debito pubblico della pubblica amministrazione inglese resterà invariato: il Tesoro inglese registrerà un afflusso di denaro e, per un pari importo, un aumento delle passività verso la banca centrale.

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maggiofil

Un Giubileo del debito è l’unico modo per evitare la depressione

di Michael Hudson*

Anche prima della comparsa del nuovo coronavirus, molte famiglie americane erano in ritardo sui prestiti studenteschi, sui prestiti per l’acquisto di auto, sulle carte di credito e su altri pagamenti. Il sovraccarico di debito dell’America stava portando il prezzo del lavoro e dell’industria al di fuori dei mercati mondiali. Una crisi del debito era inevitabile alla fine, ma il Covid-19 l’ha resa immediata.

Il massiccio distanziamento sociale, con le conseguenti perdite di posti di lavoro, i disinvestimenti di scorte e gli enormi salvataggi delle imprese, aumentano la minaccia di una depressione. Ma non deve essere per forza così. La storia ci offre un’altra alternativa in queste situazioni: il giubileo del debito. Questo processo di pulizia della lavagna, di ripristino dell’equilibrio, è il riconoscimento della verità fondamentale che quando i debiti diventano troppo grandi per essere pagati senza ridurre i debitori alla povertà, il modo per tenere insieme la società e ripristinare l’equilibrio è semplicemente quello di cancellare i debiti inesigibili.

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petiteplaisance

Tutti promossi

di Salvatore Bravo

Con la promozione generalizzata causa covid 19 si conclude un processo di distruzione dei contenuti. Tutti promossi, perché la cultura e l’impegno non sono un valore, ma un limite al mercato. La didattica smart non insegna a pensare, ma solo a dare il minimo della preparazione che serve al mercato

La pubblica istruzione sta vivendo e consumando, sotto lo sguardo di ciascuno di noi, il suo stato di eccezione. La bozza del decreto sul corrente anno scolastico conferma quanto la ridda delle voci ministeriali e non aveva anticipato: tutti promossi. Ad uno sguardo superficiale tale provvedimento sembra inevitabile; in realtà lo è, se ci si colloca, come sta avvenendo, nell’ottica del pensiero unico. Non vi sono discussioni, dialoghi in cui le posizioni alternative si confrontano con la forza e con la debolezza logica di ciascuna proposta, ma vi è solo il chiasso del pensiero unico. Deleuze, in Che cos’è la filosofia, afferma che i dialoghi platonici sono una rappresentazione spaziale delle posizioni che si possono assumere su un dato problema. La realtà non è un dato di fatto, ma si costruisce mediante la capacità di ciascuna prospettiva di far emergere, come direbbe Hegel, un lato del problema. Nulla di questo accade nello stato di eccezione in cui siamo, dove si susseguono interviste e dichiarazioni, ma stranamente tutti concordano sulle posizioni ministeriali: la democrazia non è questione di “quantità vocali”, ma di “qualità verbale”.

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operaviva

La crisi dentro e fuori di noi

Critica al cinismo e alle paranoie astratte

di Pietro Sarasso

Le conseguenze della pandemia sono molto diverse a seconda del gradiente di ricchezza lungo il quale si distribuiscono i paesi e i cittadini all’interno degli stati. Nei paesi con sistemi sanitari meno attrezzati, con fasce di popolazione più fragili a causa del loro stato di salute pregresso, o più esposte a causa del tipo di occupazione gli effetti della pandemia sono catastrofici (vedi ad esempio il caso degli afroamericani, dei malati di Hiv in Sudafrica, dei malati di tumori indotti dall’inquinamento, dei lavoratori dell’economia informale indiani, dei migranti prigionieri in Libia o dei lavoratori industriali lombardi).

Una catastrofe che spesso viene pagata in termini di vita vissuta, autonomia, privacy e libertà, a cui viene opposta la «tutela» della «nuda vita». In termini matematici, i paesi più poveri sono costretti ad abbassare la curva del contagio a bastonate, in quelli ricchi ci si preoccupa di meno dell’ampiezza della gaussiana perché essa non mette in pericolo il sistema sanitario. Mentre nei paesi ricchi e liberali la vita continua, come in Olanda e più in generale in Nord Europa, nel resto del mondo si sopravvive, nel terzo mondo a mala pena. Mentre nel mondo il «bene collettivo» schiaccia completamente l’individuo, «l’individualismo estremo è l’ultimo lusso che si possono permettere i mega-ricchi dei paesi ricchi»1.

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teleborsa

Manette all'Italia!

di Guido Salerno Aletta

Debiti con tutti, MES, Recovery Bond, SURE, BEI, per incatenarci all'Unione

Dalla paura alla rabbia, il passo è breve.

Quando si perde il lavoro, quando la propria azienda è costretta a chiudere, quando tutte le promesse di finanziamenti di liquidità stentano a realizzarsi, c'è poco da star chiusi in casa ad aspettare di morire di fame.

La crisi in cui stiamo per sprofondare, non solo in Italia, scatenerà una reazione sociale incontenibile.

Questo lo sanno benissimo i governi, che intanto cercano di schermarsi dietro i pareri di medici di ogni specialità: infettivologi, virologi, igienisti, epidemiologi sono sulle prime pagine dei giornali ed intervengono in ogni trasmissione televisiva per ammonire, per incutere terrore.

Il messaggio che deve passare è uno solo: la vostra vita è a rischio. State a casa, non muovetevi, non avvicinatevi a nessuno per nessun motivo. "Nulla sarà come prima, dovremo convivere con il virus": la paura è lo strumento fondamentale per governare la crisi sociale, economica e finanziaria.

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manifesto

Lenin e gli elementi di una rivoluzione

di Luciano Beolchi

Una crisi mondiale. L’indicazione di trasformare la guerra imperialista in guerra civile

Al tempo di Lenin la crisi si chiamava guerra mondiale, la più colossale somma di sofferenze di ingiustizie e di distruzione mai vista al mondo. Ma non è sufficiente che la gente soffra perché una crisi per quanto micidiale e profonda si trasformi in una situazione rivoluzionaria. Nel 1915, a un anno dallo scoppio della guerra mondiale, analizzando il collasso della Seconda Internazionale, Lenin scriveva: «Quali sono i segni di una situazione rivoluzionaria? Non sbaglieremo se li indicheremo in questi 3 elementi: 1) l’impossibilità per le classi dominanti di mantenere immutato il loro dominio, questa o quella crisi di coloro che stanno in alto, una crisi della politica della classe dominante che crea la rottura la rottura attraverso la quale irrompe lo scontento e l’ira delle classi oppresse. Perché intervenga la rivoluzione non è sufficiente che coloro che stanno in basso non vogliano più, ma si esige che coloro che stanno in alto non possano più vivere come per l’innanzi; 2) l’acutizzarsi oltre il normale dei bisogni e delle difficoltà delle classi oppresse; 3) un aumento, in seguito alle cose ora indicate, dell’attività delle masse le quali nei momenti di tranquillità si lasciano depredare senza proteste e che nei momenti di tempesta, come in ogni situazione di crisi, sono sospinte a un proprio autonomo intervento, altrettanto quanto coloro che stanno in alto».

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lantidiplomatico

MES e le "finestre di Overton" da chiudere immediatamente

di Gilberto Trombetta

Secondo l’FMI quella di quest’anno sarà, su scala globale, la crisi più grande dalla seconda guerra mondiale. Il crollo del PIL è stimato del 3% (una stima ottimistica).

In tutto il mondo, il Paese che secondo le stime subirà il crollo maggiore sarà proprio l’Italia: -9,1% del PIL nel 2020. Anche in questo caso, dispiace dirlo, temo si tratti di una stima oltremodo ottimistica.

Intanto l’Italia si avvicina al secondo mese dal primo vero provvedimento di chiusura. Era il 21 febbraio. Senza dimenticare che lo stato di emergenza era stato addirittura dichiarato il 31 gennaio.

Dei fantomatici 750 miliardi dichiarati e promessi in lungo e in largo dal Governo, nessuna traccia.

Anche prendendo per buone le dichiarazioni del Governo secondo cui a circa 1 milione di persone sarebbero già arrivati i 600 euro, si tratterebbe di circa 600 milioni di euro.

Forse perché, di quei 750 miliardi sbandierati, i soldi veri sono appena 25 miliardi. Quei 25 miliardi che secondo Gualtieri - quel Gualtieri che fu relatore del MES per l’Italia – avrebbero dovuto movimentarne 350 (sì, se vi sentite presi in giro, ne avete tutto il diritto).

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manifesto

Trump ordina l’«assistenza» all’Italia

di Manlio Dinucci

Il premier Conte ha annunciato agli italiani, in diretta televisiva il 10 aprile, che l’Italia non ha firmato alcun impegno per il Mes, il fondo europeo «salva-Stati», e che il suo governo discuterà solo su «un Mes non condizionato», ossia che non imponga condizioni lesive per gli interessi nazionali e la sovranità del paese. Giusta posizione. Il premier non ha però annunciato agli italiani che in quello stesso momento, il 10 aprile, il presidente Trump emetteva, su richiesta del Governo Conte, un «Memorandum sulla fornitura di assistenza per il Covid-19 alla Repubblica Italiana», che contiene di fatto pesanti condizionamenti per il nostro paese.

Trump annuncia che «il Governo dell’Italia ha richiesto l’assistenza degli Stati uniti». Quindi, in base all’autorità conferitagli dalla Costituzione e dalle leggi, «ordina quanto segue» per aiutare «uno dei nostri più vecchi e stretti alleati». Gli ordini, impartiti ai segretari dei dipartimenti e delle agenzie degli Stati uniti, stabiliscono due tipi di intervento. Il primo di carattere sanitario per aiutare l’Italia a combattere il Covid-19, «dimostrando allo stesso tempo la leadership degli Stati uniti di fronte alle campagne di disinformazione cinese e russa». Al segretario della Difesa il presidente ordina di rendere disponibili, per l’assistenza, «gli oltre 30.000 militari e dipendenti statunitensi in Italia» con le loro «strutture».

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linterferenza

Distruzione dell’ambiente e profitto, tra le cause scatenanti della pandemia

di Gian Marco Martignoni

Nell’ultimo ventennio, a partire dalla Sars del 2003, alcune altre pandemie si sono susseguite a livello mondiale, seppur circoscritte in specifiche aree geografiche del globo. La pandemia generata dalla diffusione del coronavirus sta invece determinando un impatto generalizzato su tutti i continenti, producendo altresì un interferenza ” imprevista ” nella quotidiana dinamica dei bisogni e della produzione. E’ questa interferenza che ha generato approcci e strategie di risposta diversificati tra gli stati, anche se è lecito domandarsi perchè il dossier ” A world at risk”, redatto da una commissione di esperti voluta dall’ Oms e dalla Banca mondiale, che prevedeva già a settembre 2019 ” la minaccia reale di un agente patogeno respiratorio altamente letale ” e quindi la possibilità di una pandemia globale, sia stato letteralmente ignorato da parte degli stati e dagli organismi sovranazionali.

Come è noto nel capitalismo globalizzato le ragioni dell’economia prevalgono su quelle della vita, come d’altronde ci spiega eloquentemente l’ultimo numero di The Economist con l’editoriale ” A grim calculus “.

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autaut

La filosofia e il dolore degli altri

di Alessandro Dal Lago

In diversi luoghi della sua immane produzione, Shakespeare fa pronunciare ai suoi celebri personaggi parole scettiche nei confronti della filosofia: così Amleto (“Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne immagini la tua filosofia”) e Romeo (“Alla forca la filosofia! Se non può darmi Giulietta, farmi prendere una città, annullare la sentenza di un principe, non mi serve e non conta”). È quasi superfluo aggiungere che il più filosofico dei drammaturghi di ogni tempo (in buona compagnia con Dante, Calderón de la Barca ecc.) non respingeva la filosofia in generale, ma quella cattiva, che – mi si perdoni l’espressione triviale – contempla il proprio ombelico, invece di proiettare chiarezza sul cielo e sulla terra, sulle passioni, sul destino e sul potere.

Tutto ciò mi è venuto in mente scorrendo una raccolta online di riflessioni “filosofiche” di alcuni pensatori contemporanei sulla pandemia del Covid-19: La sopa de Wuhan. Piensamiento contemporáneo en tiempos de pandemias (“La zuppa di Wuhan ecc.”).[1] Si tratta di un’operazione furbetta grazie a cui sono tradotti in castigliano e proposti un po’ alla rinfusa autori notissimi o alla moda (Žižek, Agamben, Nancy, Butler, Harvey, Badiou, Preciado) e altri di lingua spagnola e meno noti da noi, ma che il curatore, un certo Pablo Amadeo, ha ritenuto utili alla comprensione dell’impatto globale del virus sul nostro mondo.

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ilrovescio

Cronache dallo stato d’emergenza n. 4

di Il Rovescio

 

I loro virus, i nostri morti”

Siamo quotidianamente sommersi dai dati sul numero di contagiati, morti e guariti. Anche se non emergono mai le cause strutturali di questa epidemia – il saccheggio industriale dell’ambiente naturale e lo squilibrio nelle relazioni con le altre specie animali – alcune verità, per chi sa isolarle in questo mare di informazioni, rimangono a galla. Oltre il 70% dei deceduti con Coronavirus soffriva di ipertensione. Nel 95% dei casi esistono dei fattori di rischio che possono predisporre al suo sviluppo; in particolare la sedentarietà e lo stress. Il divieto di uscire di casa – con le debite precauzioni – crea i presupposti per nuove moltitudini di malati. Senza contare le devastanti conseguenze psicologiche per tutti coloro che vivono condizioni abitative e famigliari tanto insostenibili quanto rimosse dall’ottimismo di Stato (“Tutto andrà bene. Io resto a casa”). Inoltre, se l’importanza del sole e della vitamina D per le difese immunitarie sono “fake news”, perché nei protocolli distribuiti a carabinieri e polizia si consiglia almeno mezz’ora di sole al giorno e, in caso di impossibilità, l’assunzione di vitamina D?

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contropiano2

Il Mes della discordia

di Dante Barontini

L’establishment europeista e confindustriale preme ormai esplicitamente per ottenere due risultati a breve termine: a) la ripresa della “normale produttività”, fregandosene se il virus può fare strage o meno, e b) cambiare governo, scaricando la corte dei miracoli grillina e quell’avvocato pugliese paracadutato sulla poltrona di presidente del Consiglio.

Il primo obbiettivo viene raggiunto, in Italia come altrove, dividendo rigidamente “attività permesse” (lavorare in qualsiasi condizione, con o senza protezioni individuali, indifferenti al come ogni lavoratore possa raggiungere la propria postazione mantenendo il “distanziamento”) e “attività vietate” (tutte quelle del “tempo libero”, fino alla partecipazione di massa a qualsiasi tipo di evento, dalle messe agli stadi, dai concerti alle manifestazioni).

Lo si vede anche nella strumentazione repressiva, che si ferma rispettosamente davanti ai cancelli delle fabbriche o degli uffici, mentre abbonda in droni, posti di blocco ed elicotteri per interrompere corse solitarie, grigliate condominiali, funerali.

Da questo punto di vista, il governo Conte non è un problema. E’ obbediente al potere economico come tutti i predecessori.

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carmilla

Business as usual

di Alessandra Daniele

L’Italia va a puttane di default.

Anche quando non c’è nessuna particolare emergenza, l’Italia va comunque a puttane di suo.

I ponti crollano, i fiumi esondano, le mafie prosperano, le fabbriche esalano fumi cancerogeni e colano gli operai nell’acciaio fuso.

I politici istigano all’odio razziale o cantano Bella Ciao solo per rastrellare voti, e una volta eletti fanno esclusivamente gli interessi dei loro padroni, nazionali e internazionali.

E vanno a puttane.

In Italia milioni di persone sono costrette all’eroismo quotidiano per sopravvivere a un sistema socio-economico che mette la vita umana all’ultimo posto della sua lista – dopo “varie ed eventuali” – e da una classe dirigente di scarafaggi stercorari che ad ogni emergenza s’arrampica sul tricolore, e fa appello all’orgoglio e alla coesione nazionale.

“Siamo tutti sulla stessa barca”.

Cazzate.

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comidad

Quarantene arcaiche

di comidad

1. Michel Foucault, in Sorvegliare e Punire, notava come la pratica dell’incarcerazione e degli istituti di pena era, in origine, nata sull’onda degli ideali illuministici. Al condannato non andava inflitto il supplizio, ma una pena adeguata che ne favorisse la riabilitazione e un suo reinserimento nella società. La stessa condanna a morte, nei casi estremi, andava “addolcita” con la rapidità suggerita da Monsieur de Guillotin. Occorreva superare quella visione arcaica e feroce che individuava nella pena uno strumento di vendetta della società. D’altronde, Foucault sottolineava che “Mettere qualcuno in prigione, tenercelo, privarlo del cibo, del riscaldamento, impedirgli di uscire, di fare l’amore ecc. …è la manifestazione di potere più delirante che si possa immaginare”. Com’è noto da tempo, la maschera di modernità del dominio è andata a farsi benedire, mentre quel che rimane nella punizione è solo l’aspetto arcaico della vendetta. Il reinserimento è rimasto nel campo delle buone intenzioni e le prigioni, invece di scomparire, diventano sempre più gigantesche. Un fallimento? Secondo Foucault si è trattato di uno straordinario successo per il dominio, visto che le prigioni sono diventate un’area privilegiata per la produzione di un illegalismo facilmente controllabile dal potere. E’ qualcosa da coltivare con cura, perché questo genere di illegalismo giustifica la presenza dell’ingiustificabile: la polizia.

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quieora

Il XXI secolo è iniziato nel 2020 con l’entrata in scena del Covid-19

di Jérôme Baschet

Jérôme Baschet è stato professore e ricercatore all’EHESS di Parigi. Tra i libri da lui pubblicati, «Défaire la tyrannie du présent. Temporalités émergentes et futurs inédits» (La Dèouverte, 2018) e «Una giusta rabbia. Fermare la distruzione del mondo» (Divergences, 2019; Bepress, 2020). Un’intervista doppia insieme a Laurent Jeanpierre è disponibile in italiano qui e qui

Succede spesso che gli storici facciano cominciare il XX secolo nel 1914. Allo stesso modo, un domani ci spiegheranno che il XXI è cominciato nel 2020, con l’entrata in scena del Covid-19. Certo, il ventaglio degli scenari a venire è ancora molto ampio; ma la catena degli eventi messa in moto dalla propagazione del virus offre, come in time-lapse, un assaggio delle catastrofi a venire, destinate a intensificarsi in questo mondo sconvolto dagli effetti di un riscaldamento globale che viaggia verso 3-4ºC di rialzo medio. Si profila insomma sotto i nostri occhi una connessione sempre più stretta tra gli elementi della crisi. Una crisi che un solo fattore — tanto annunciato quanto imprevisto — è stato sufficiente ad attivare.

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sinistra

Coronizzazione del mondo e resistenze africane

di Mauro Armanino

Niamey, Pasqua 2020. C’è corona e Corona. Quella di spine è di attualità, in questi giorni di settimana, tra chiese, cattedrali, moschee e piazze desertate. Anche la maschera che copre e protegge simbolicamente dall’epidemia è, a suo modo, una corona di pezza o di materiale adatto all’uso. Poi c’è la corona di notizie che procede senza interruzione e in tempo reale, al propagarsi o al regredire del virus. Anche in questo caso c’è un centro e una periferia che dicono di essere sulla stesssa barca. Si tratta, naturalmente, di una finzione, perché, ad esempio, le barche e le navi di profughi, rifugiati e migranti che fuggono dalla Libia o altri paesi, non hanno diritto di approdare sulle italiche sponde. C’è barca e barca perché c’è mondo e mondo e dunque c’è corona e Corona. Quella regale va d’ufficio a coloro che hanno dato la vita perché altri l’abbiano avuta in cambio. L’unica corona che poi conti perché dorata di eternità, nome impreciso affidato a coloro che hanno vissuto in pienezza la vita. C’è la corona della morte che avvolge come non mai, società che di lei, la morte, avevano decretato una tacita cancellazione culturale.

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pierluigifaganfacebook

Epidemia di fallimenti

Su Agamben e la filosofia

di Pierluigi Fagan

Secondo Agamben, siamo scivolati nello stato d’eccezione e nella barbarie, senza quasi accorgercene se non ci fosse lo sguardo critico del filosofo ad avvertirci dell’inavvertito.

Abbiano accettato che i nostri cari morissero da soli, li abbiamo cremati senza un funerale. Abbiamo accettato la sospensione della libertà di movimento e di relazione (amicizia, amore), abbiamo cioè accettato che la politica governasse la vita, il bios aristotelicamente inteso. E ciò si è reso possibile perché ormai supini di fronte alla avvenuta scissione tra corpo e spirito che ci aveva già prima portato ad aver guadagnato tempo di vita biologica al costo di non fargli più corrispondere una vera e completa esistenza davvero “umana”. E non valgono certo le cautele di chi risponde che tutto ciò è “provvisorio” in quanto non ci è dato sapere prima il limite di questa provvisorietà.

Così, dopo aver per due volte sottolineato che alcuni di questi scivolamenti sono avvenuti solo per un paventato “rischio”, quindi una previsione e non fatto conclamato, Agamben cita due/tre fallimenti palesi. La Chiesa che ha abbracciato la Scienza ritenuta la vera religione del tempo, abbandonando la Vita, il suo senso più tondo e spesso.

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lacostituzione

Le ragioni di un rotondo NO al MES

di Marco Dani[1] e Agustín José Menéndez[2]

Tra le varie fratture che dividono l’Unione Europea, la faglia che separa i paesi del Nord (e dell’Est) da quelli del Sud è divenuta particolarmente profonda in queste ultime settimane. Come è risaputo, il conflitto riguarda la risposta che si dovrebbe dare alla gravissima crisi sanitaria ed economica provocata dall’epidemia del Coronavirus. Più nello specifico, ci si chiede chi debba sostenere i costi dell’emergenza e attraverso quali strumenti di debba far fronte all’ineludibile ricostruzione successiva.

I governi italiano e spagnolo sembra abbiano proposto un grande piano di rilancio condiviso, a cui sappiamo si oppongono frontalmente gli stati membri capitanati dal governo tedesco e olandese, che invece sostengono che la risposta europea debba essere coordinata, senza però che questo pregiudichi l’assoluta separazione tra i bilanci nazionali prevista dai Trattati costitutivi dell’Unione europea.

Il Consiglio europeo del 27 Marzo si è chiuso senza fare nemmeno intravedere l’ombra di un accordo. Tuttavia, a ventiquattr’ore dal vertice, il quotidiano “El Pais” ha pubblicato ampi estratti del dibattito che davano conto di un’accesa discussione, in esito alla quale si poteva ipotizzare che “il punto di caduta per un compromesso si trova nello spazio tra Merkel e Sánchez”.

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sollevazione2

Comitato Covid 19: basta con la paura!

di Antonello, Francesco, Marilù, Omar, Paolo*

Riceviamo da alcuni attivisti del Comitato Popolare Territoriale di Napoli di Liberiamo l’Italia, e volentieri pubblichiamo

Da circa un mese il nostro Paese si trova in una difficilissima condizione per una sciagurata gestione dell’emergenza covid-19 da parte del governo italiano che, dopo aver indirettamente provocato danni non ancora calcolabili, ora, galleggiando sulla paura, non prospetta null’altro che il procrastinarsi sine die dell’attuale lockdown (cioè, il confinamento a casa della popolazione) senza apparentemente avere una precisa strategia.

In questa situazione, la sospensione di diritti costituzionali ha finora confinato la rabbia in qualche mugugno ma è probabile che essa si traduca in gravi tumulti che renderebbero ancora più drammatica la situazione. Anche per questo riteniamo che sia irrimandabile la nascita di un movimento di protesta, responsabile ma determinato, che ponga fine a questa insostenibile situazione.

Anche per questo, vi invitiamo a leggere la nostra succinta analisi e le nostre proposte e ad aderire al costituendo Comitato COVID 19: BASTA CON LA PAURA.

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lantidiplomatico

Cosa altro deve accadere per prendere le distanze dalle patologiche politiche imposte dalla Germania?

di Alberto Bradanini*

"Se non ora quando? La sola cosa da non fare ora è non far nulla"

[Sono momenti epocali per la storia del nostro paese. Una crisi economica devastante come non vi era mai stata dalla fine della seconda guerra mondiale, ma anche una possibilità storica per il nostro paese per porre per sempre una cesura storica a questi ultimi venti anni di distruzione di Welfare, diritti sociali e Costituzione attraverso l'austerità imposta da Berlino, Bruxelles e Francoforte. "Se non ora quando?", si domanda l'Ambasciatore Bradanini nell'editoriale che scrive per l''AntiDiplomatico. E' il momento di mettere per sempre in cantina il "vincolo esterno" e l'"autorazzismo". "La sola cosa da non fare ora è non far nulla. Se non si agisce con coraggio, se prevarrà ancora il fascino della servitù nei riguardi di paesi e tecnostrutture centrate su interessi altrui, chiamato vincolo esterno (basti vedere quanto la Germania abbia rispettato gli impegni comuni sottoscritti), beh allora questo ceto politico avrà meritato tutto il nostro biasimo e quello dei posteri, per aver abbandonato al suo destino un popolo intero, insieme ai suoi figli e nipoti.", scrive Bradanini nell'editoriale che abbiamo l'onore di ospitare].

* * * *

L’illusione può soddisfare irrealistici bisogni immediati dell’essere umano, producendo un appagamento transitorio, ma in seconda battuta si rivela una patologia generatrice di sofferenze ben più gravi di quelle derivanti dal confronto con la realtà.

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sinistra

Atomocrazia e classe media in Costanzo Preve

di Salvatore Bravo

 

Resistenza intermodale

La resistenza intermodale è stata teorizzata da Costanzo Preve, la resistenza intermodale tra le classi precarizzate dal capitalismo assoluto rileva l’impossibilità dell’appello alla classe operaia, perché residua nei numeri e spesso oggetto di un culto religioso, in quanto classe con le stimmate della liberazione ed emancipazione, ma che in realtà è stata spesso pronta ad adeguarsi al potere del capitale, non si tratta di giudizio moralistico o inquisitorio, ma di una semplice constatazione da ricostruire, eventualmente, nella sua genetica. La rivoluzione o trasformazione sono ancora possibili nelle attuali condizioni storiche, solo se ci si orienta verso la classe media globalizzata. Quest’ultima è sempre sull’orlo dell’abisso, la competizione mentre la spinge allo sradicamento nel contempo la precarizza e la atomizza. La classe media globale potrebbe diventare il soggetto che coalizza comunità precarizzate e classi diverse sotto il giogo del capitale. La classe media non solo è continuamente oggetto della minaccia della precarizzazione, ma vive pienamente il mito del progresso ed il suo disincanto.

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volerelaluna

Coronavirus, fase 2: guai ai poveri!

di Livio Pepino

Mentre ancora si contano i morti si comincia a parlare della “fase 2”. Giustamente ma, ahimè, in modo del tutto inadeguato. Ancor più inadeguato della gestione della fase 1.

Primo. Per programmare e guidare la nuova fase è stata istituita, il 10 aprile, una Commissione di superesperti dotata di «ampi poteri», una task force operativa, per usare il lessico del presidente del Consiglio e dei media. Non ci siamo: le scelte sul come uscire dalla crisi epocale che stiamo attraversando (e che ancor più ci attanaglierà) non sono tecniche ma politiche. Non definirne le linee fondamentali e demandare tutto a una commissione di “esperti” è una fuga della politica dai propri compiti e dalle proprie responsabilità. Ma passi. Facciamo finta che la Commissione sia un semplice “ausilio” per i decisori politici. Bene. Tutti gli analisti – proprio tutti – concordano nel ritenere che la crisi economica dei prossimi mesi sarà la peggiore di sempre e provocherà una disoccupazione e una povertà senza precedenti (in un Paese che già ora ha un tasso di povertà insostenibile). Molti studiosi, poi, segnalano un nesso tra la diffusione (se non l’origine) dell’epidemia e l’inquinamento ambientale.

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palermograd

Bisogna che tutto cambi...?

A. Palazzotto conversa con Xepel

[Abbiamo rivolto alcune domande sulla fase attuale della crisi economica ad un esperto di politica bancaria – e di altre cose – quale il blogger Xepel. Non condividiamo tutte le sue valutazioni, che ci sembrano però interessanti e utili ad alimentare il dibattito]

Cominciamo con una descrizione sintetica, anche per i non addetti ai lavori, dei provvedimenti di politica economica che sono stati emanati dal Governo durante l'emergenza che stiamo vivendo in queste settimane. Ci riferiamo, in particolare, al cosiddetto decreto Cura Italia e al provvedimento di questi giorni sulla liquidità.

Risponderò cercando di essere il più sintetico possibile per aprire il dibattito, piuttosto che cercare di esaurirlo, su un evento che ha già cambiato la storia mondiale e su cui dunque bisognerà riflettere a lungo.

Le misure del governo sono molteplici. In estrema sintesi, tolti gli aspetti sanitari su cui non entro, possiamo suddividere gli interventi in tre punti: banche, famiglie, imprese. Non esaminerò i singoli provvedimenti perché sarebbe lungo e anche perché possono modificarsi di giorno in giorno; piuttosto cerco di esprimerne sinteticamente la logica.

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ottobre

Sanzioni, preludio e prosecuzione della guerra imperialista con altri mezzi

di Giuseppe Sini

Salvo marginali eccezioni, difficilmente nelle dichiarazioni, negli articoli, nei tweet, post, ecc., riconducibili alla variegata galassia della sinistra, più o meno estrema, si troveranno accenni alle sanzioni inflitte dagli USA a tutta un serie di paesi, da Cuba alla Repubblica popolare democratica di Corea, passando per l’Iran, la Siria, la Russia e la Cina. Quando vengono evocate con timidi accenti critici – lasciando da parte i casi disperati in cui sono addirittura invocate – ci si affanna a puntualizzare la propria disapprovazione per il “regime”, per la “dittatura”, l'”autocrazia” e via dicendo, in una penosa ricerca di rispettabilità il cui unico esito è d’indebolire la contestazione di questo brutale strumento dell’imperialismo, unendosi al coro dei suoi organi di propaganda.

Va detto che in alcuni rari casi le sanzioni hanno rappresentato uno strumento giustificato e condivisibile, tanto nei modi che negli intenti: ad esempio quelle contro il regime dell’apartheid in Sudafrica, succedutesi in varie tornate dai primi anni Sessanta sino all’inizio dei Novanta, guarda caso aggirate da quel bastione dell’imperialismo occidentale in Medio Oriente che è Israele [1].

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contropiano2

La pandemia toglie il velo alla crisi nascosta

di Sergio Bellucci*

Molti, in questi giorni, affermano che il modello della società capitalistica sia sotto il più grande test della sua storia. In realtà, credo, le cose sono molto più drammatiche e serie.

La pandemia rischia di essere il più grande paravento ad una crisi strutturale, ad una vera e propria implosione che il sistema di produzione e di vita dell’Occidente hanno imposto all’intero pianeta.

Non è qui il tempo e il luogo per analizzare questa implosione, anche se la sinistra politica che si è affacciata a questo secolo, dovrà fare i conti con la miopia che l’ha contraddistinta negli ultimi trent’anni. Un’incapacità a mettere a fuoco il passaggio storico che l’ha divisa in due grandi tronconi: quello maggioritario, convinto che fosse possibile “governare” il processo della globalizzazione fino a divenirne l’interprete massimo (sul piano politico, ovviamente, il vero potere era ben altrove e i governi, quasi sempre, erano dei veri propri “spettri” della loro funzione); quello minoritario, convinto che tale deriva fosse foriera di ulteriori squilibri e ingiustizie (cosa per altro vera nei paesi occidentali, ma non in assoluto nel mondo) e che fosse necessario “ripristinare” lo stato ex-ante (come se quel mondo non fosse fatto di sfruttamento del lavoro salariato e non poggiasse sul furto colossale nei confronti dei restanti popoli, dell’ambiente e dei suoi equilibri, del futuro, come possibile sostenibilità del modello di quel livello dei consumi.

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autaut

Vedere, comprendere, spiegare

di Antonello Sciacchitano

Materia di vita o di morte

In questi giorni di pandemia si sente spesso parlare di guerra contro un nemico invisibile. Ma quale nemico e quale guerra? Oggi la guerra, se esiste, è di trincea. Siamo trincerati in casa. Però, a ben vedere, c’è dell’altro. Mi chiedo allora: quale nemico? Per aggiornarmi leggo:

I microbi, compresi quelli che aggrediscono gli esseri umani, sono la forma di vita più ingombrante sulla terra, oltre che la più antica. Virus, funghi, protozoi e soprattutto batteri hanno conquistato il pianeta tre miliardi di anni prima degli animali e sono la maggioranza, il 60 per cento della massa vivente. Dei 100.000 miliardi di cellule che abbiamo, il 90 per cento sono microbi, infinitamente più piccoli; tappezzano superfici interne ed esterne e, quando escono, sono un terzo delle feci. Una coabitazione affinata in milioni di anni di convivenza, in cui gli organismi superiori hanno imparato a fermare le invasioni dei microbi senza distruggerli del tutto, perché sono utili. Come i batteri che digeriscono la cellulosa nell’intestino degli erbivori o nel nostro degradano i sali biliari e producono vitamine.[1]

Risultato: il genoma di Homo sapiens contiene il 20% di DNA virale, dieci volte di più del DNA condiviso con Homo neanderthalensis.