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Spread, ecco come disinnescare la bomba

Torniamo sull'articolo ECCO L'USCITA DALL'EURO di Moreno Pasquinelli.

L'articolo chiosava un "singolare" intervento di Giavazzi e Alesina. I due famigerati liberisti ammettevano che il governo giallo-verde avrebbe la maniera per realizzare le misure contemplate nel "contratto" e proteggersi dall'attacco della finanza speculativa:

«C’è un modo per sottrarsi al giudizio degli investitori internazionali: ricomprarci i titoli che in passato abbiamo loro venduto. In teoria è possibile. L’Italia ha una posizione finanziaria netta rispetto al resto del mondo sostanzialmente in pareggio, cioè abbiamo tanti debiti quanti sono i crediti che vantiamo. Vendendo le attività estere che possediamo potremmo in teoria ricomprarci tutti i titoli italiani detenuti da investitori esteri. Bisognerebbe nazionalizzare le banche ed espropriare i cittadini obbligandoli a vendere, ad esempio, titoli svizzeri per sostituirli con Btp. Vorrebbe anche dire uscire dal mercato unico europeo e probabilmente dall’euro. Tutto è possibile. Ma se non si ha il coraggio di farlo, allora bisogna fare i conti con gli investitori internazionali».

Pasquinelli quindi così chiosava:

«L'Italia ha una ricchezza mobiliare netta pari a tre volte il Pil, a patto di volerla sottrarre alla rapina dei mercati finanziari e canalizzarla e utilizzarla per il bene pubblico e l'interesse nazionale — e di tecniche funzionali allo scopo, al netto del controllo del sistema bancario e della moneta, ce ne sono numerose —, più che sufficiente per reggere l'urto dell'eventuale fuga dei predatori. Ciò senza dimenticare "il resto" della ricchezza e dei beni materiali e immateriali, pubblici e privati del nostro Paese».

Un lettore ci ha quindi chiesto:

«Potete spiegare meglio questo concetto qui espresso? Che significa al netto di.....ce ne sono numerose di tecniche per canalizzare la ricchezza mobiliare per il bene pubblico. Quali sarebbero queste tecniche?»

Proviamo a rispondere.

* * * *

I BOT PEOPLE* CI SALVERANNO

di Leonardo Mazzei

1. L’idea di Giavazzi e Alesina si basa su un fondamento solido: la sostanziale equivalenza dei crediti e dei debiti finanziari dell’Italia.

Il problema pratico è come far rientrare i crediti (di fatto capitali esportati) per nazionalizzare i debiti.

Ove ci si riuscisse il problema dello spread sarebbe risolto all’80%. Al 100% no, perché se si continuasse a consentire la negoziazione sul mercato secondario[1] gli speculatori esteri verrebbero sostituiti da quelli (meno forti, ma ci sono) interni.

Anche se Giavazzi e Alesina lo utilizzano come spauracchio il loro schema non è per nulla stupido: primo, nazionalizzare le banche (che fungono da intermediarie); secondo, bloccare — attraverso di esse — tutti i capitali investiti su titoli esteri; terzo, vendere quei titoli per reinvestirli immediatamente in titoli del debito italiano.

Il primo punto è tutto politico, il secondo è tecnicamente facilissimo da realizzarsi, il terzo è quello più problematico.

Qui ci sono aspetti giuridici evidenti, ma anche problemi pratici che richiederebbero di fatto un meccanismo di — chiamiamolo così — “prestito forzoso temporaneo”.

Sono evidenti infatti tre cose: 1) Non si possono vendere tutti i titoli posseduti da soggetti italiani in pochi giorni, pena una svalutazione finanziaria altissima. 2) Idem per l’acquisto dei Btp dai possessori stranieri, dato che in questo caso si avrebbe un rialzo esagerato del loro valore. 3) Onde evitare eccessive beghe giuridiche lo Stato dovrebbe poi garantire ai possessori di titoli esteri un cambio senza perdite nominali. (Che poi abbiano una perdita al momento dell’uscita dall’euro è normale, ma su questo non si vede cosa potrebbero fare sul piano giuridico).

Il prezzo per lo Stato di cui al punto 3 è assolutamente sostenibile. Meglio un’operazione più costosa ma senza troppi strascichi che non il contrario.

In sostanza, scattata l’ora x, lo Stato dovrebbe imporre alle banche — tramite decreto — l’espropriazione temporanea dell’investimento estero. Le stesse banche verrebbero poi incaricate di effettuare l’operazione di vendita e di acquisto dei Btp.

Se una banca ha posizioni sull’estero di propri clienti per 10 miliardi, essa verrà incaricata di trasferire quella somma su Btp decennali. Ad operazione completata il cliente z, “espropriato" temporaneamente dei suoi 100mila euro, riavrà la stessa cifra in Btp.

E’ chiaro che nel complesso di questa operazione è probabile vi siano delle perdite, dato che la speculazione non dorme.

Per evitare che siano troppo alte il problema può essere quello dei tempi. Tempi troppo lunghi provocherebbero tensioni pericolose, ma tempi troppo brevi mi sembrano improbabili, a meno di una folle corsa a vendere dei possessori esteri.

In conclusione, il meccanismo ha degli inevitabili punti deboli, ma a fronte di una precipitazione della crisi non ci sarebbero molte alternative, salvo dichiarare il default sulla parte estera del debito sovrano. Un’ipotesi che potrebbe essere modulata a seconda delle varie categorie di creditori.

Chiudendo sul punto, è chiaro che l’ipotesi Giavazzi-Alesina potrebbe funzionare anche senza nazionalizzazione delle banche, ma con una norma ad hoc per costringerle ad operare come richiesto.

 

2. La nostra ipotesi in un certo senso è più soft, ma per altri aspetti più radicale. Essa consentirebbe non solo la “rinazionalizzazione” del debito, ma anche la sua sottrazione integrale (benché progressiva) alle logiche perverse dei mercati finanziari.

Il suo punto debole è quello dei tempi. Perché a fronte di una precipitazione degli eventi bisognerebbe comunque ricorrere allo schema del punto 1.

E però una cosa non esclude l’altra. Iniziare con i “Btp famiglia” potrebbe essere la prima mossa — diciamo ordinaria — che prepara (se necessario) quella straordinaria. Ed essa rappresenterebbe anche un segnale ai “mercati” ed alla speculazione, il segno che lo Stato non intende restare con le mani in mano.

In pratica si tratterebbe di questo:

1) Da una data x lo Stato emette solo un nuovo tipo di Btp decennale, chiamato per esempio “Btp famiglia”.

2) Il governo dichiara che questo titolo è garantito al 100%.

3) Il Btp famiglia potrà essere acquistato solo da soggetti italiani, avviando così una progressiva rinazionalizzazione del debito.

4) Il suo tasso di interesse sarà un po’ più elevato di quello corrente, diciamo al 4% per i primi tre anni, del 3% per gli anni successivi.

5) Questo titolo non sarà negoziabile sul mercato secondario.

6) Ove l’investitore volesse rientrare in possesso del suo capitale prima della scadenza, ma dopo i primi cinque anni, lo Stato procederebbe al riacquisto al valore nominale.

7) Qualora invece la richiesta di riacquisto avvenisse entro i primi cinque anni, lo Stato riacquisterebbe allo stesso valore meno una penale da calcolarsi allo scopo di impedire operazioni meramente speculative.

Lo scopo di questo meccanismo è chiaro: rinazionalizzare integralmente il debito, sottrarlo integralmente (benché progressivamente) ai mercati finanziari, avere alcuni anni di relativa tranquillità.

Se la situazione non dovesse precipitare — ipotesi certo improbabile — crediamo che questo meccanismo funzionerebbe alla perfezione, instaurando anche un nuovo senso di fiducia verso lo Stato.

Nel momento in cui invece la situazione precipitasse, si sarebbe comunque fatto un pezzo di strada nella giusta direzione. Non solo dal punto di vista finanziario, ma anche da quello politico e psicologico. Abituare le persone a strumenti nuovi in virtù di un passaggio straordinario potrebbe rivelarsi utile. E, a quel punto, il piccolo esercito degli investitori sull’estero — piccolo ma di certo aggressivo — dovrebbe confrontarsi con quello più ampio dei nuovi investitori sull’Italia.

Chi l’avrebbe mai detto che un giorno il vecchio “Bot people” sarebbe tornato utile...


* Nel linguaggio giornalistico, l'insieme dei risparmiatori che, per prudenza, tendono a investire in sicuri titoli di Stato (come i BOT), tenendosi alla larga da titoli più rischiosi.

NOTE
[1] un mercato finanziario secondario è il luogo dove sono trattati i titoli già in circolazione, che vi rimangono fino alla loro eventuale scadenza, esso è concettualmente contrapposto al mercato finanziario primario dove il Mef colloca l'offerta pubblica iniziale di obbligazioni.

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