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Diseguaglianze

di Pierluigi Fagan

Le diseguaglianze intellettive non sono il riflesso di quelle sociali, ne sono la precondizione.

Per trattare il discorso cominciamo con l’espellere subito il concetto di intelligenza. Neanche esiste una univoca definizione certa di intelligenza e della stessa intelligenza, pare ne esistano una dozzina di versioni. In più, se consideriamo la natura plastica del cervello, organo sviluppatosi apposta per favorire l’adattamento e quindi “plastico” di sua natura, abilità e propensioni intellettive possono esser coltivate come per altro è esperienza comune. Infine, seppure qualcuno rimarrà meno brillante di altri, questo non giustifica lo stato macroscopico di diseguaglianza intellettiva che si riscontra oggi nella nostre popolazioni. La diseguaglianza intellettiva non è riferita alla distribuzione “naturale” di intelligenza (?) ma alla ineguale distribuzione di conoscenza e modi di pensare.

Recentemente, ho preso dalla pagina di Giuseppe Masala, questo schemino prodotto per uno degli annuali forum del “ghota” dei decisori planetari, il World Economici Forum che si riunisce annualmente a Davos. Come da altre parti è comparso e sta spesso comparendo, le élite denunciano una mancanza di pensiero sferico. Il “pensiero sferico” è a-specialistico, quindi molto adattivo nei periodi di cambiamento.

Sapete fare molto bene A, i tempi però richiedono sempre meno A e sempre più B, dovete fare un salto da A a B. Se siete ultra-specializzati non ci riuscirete, se siete “sferici” probabilmente sì. O forse non è detto dobbiate esser proprio voi a saper fare B, basta che vi rendiate conto che adesso non vi serve più un A, vi serve un B. che potrete trovare al mercato delle offerte di competenze.

Potremmo dire che il “pensiero sferico” è autocosciente quindi auto correttivo ed elastico mentre il pensiero specialistico è solo cosciente e per nulla elastico, il che in tempi di “cambiamento” non è una qualità. La gerarchia sociale prevede élite con pensiero sferico e popolo con pensiero bidimensionale, i secondi fanno, i primi decidono cosa fargli fare. Quando cessa la domanda della vostra specializzazione, cessa la vostra utilità, avanti un altro o una macchina.

L’articolo del New Yorker che allego, a parte il finale che s’impelaga nella pur comprensibile ossessione americana liberal sulla condizione politica attuale, racconta della quasi completa sparizione di istruiti in Storia, soprattutto all’indomani della crisi del 2008/9. Finanziatori, docenti ed alunni, si sono tutti polarizzati verso le famose materie STEM Scienza, Tecnologia, Ingegneria, Matematica. Tranne a Yale, il cui presidente ha enunciato la mission storica del college quale “responsabilità di formare i nuovi leader”. E così scopriamo che nel centro di produzione dei “nuovi leader” si studia invece la Storia. Del resto, chi comanda la storia, comanda la Storia. Dalla nascita delle società complesse cinquemila anni fa, l’evocazione degli antenati, dei fondatori, dello Spirito originario, delle intenzioni del Demiurgo e del Dio addirittura, è la precondizione per dire a tutti gli altri qual è la Via da seguire. Di contro, cancellare parti di storia è propedeutico al togliere fondatezze a coloro che cercano alternative.

Il Rinascimento a seguire l’Umanesimo, attingeva a piene mani dal periodo precedente al Medioevo proprio per dire “vedete, c’era un tempo in cui le cose erano diverse e possibili”. Non ho tempo e voglia di verificarlo ma mi sembra di aver letto tempo fa che alla London School of Economics, dai vari corsi di laurea in economics, avevano espunto proprio gli esami di storia economica. Avrebbe senso, se volete infondere il senso di “there is no alternative”, i racconti di come altrimenti andavano le cose sono da nascondere. Ad esempio, la possibilità che gli storici dell’economia vi possano far notare che il totalmente “libero mercato” nella storia dell’economia occidentale compare una sola volta per trenta anni, dentro un unico sistema che era l’Impero britannico (“il più vasto impero della storia umana”) e fu seguito dalla Prima guerra mondiale.

Vi lascio alla lettura del link. Prima però una piccola aggiunta. Il post precedente su i sistemi cosmologici, ha ricevuto alcuni commenti di impossibilità, “non possiamo cominciare a pensare a cinque variabili, non è alla nostra portata, nella nostra natura”. Sappiate che quelle cinque variabili sono proprio ciò che informa il “Global Risk Report” che ogni anno è la base della discussione degli incontri WEF di Davos. Le élite ragionano a cinque variabili (socio-politica, economia, ambiente, tecnologia, geopolitica), per questo “loro” sono élite e noi no.


https://www.newyorker.com/…/the-decline-of-historical-think…

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