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theunconditional

Il punto nello spazio-tempo

di Pierluigi Fagan

In questi giorni, siamo triplicemente schiacciati. Siamo schiacciati su un racconto dei fatti che è coerente in sé, ma che non sembra molto relativo ai fatti. Come alcuni hanno notato, il succo del post di ieri non era solo evidenziare l’operazione narrativa di spettacolare ed inquietante forzatura delle opinioni, era anche il notare come nonostante questo sforzo immane, proprio la sua protervia sembra generare rendimenti decrescenti. Non so dire di altre parti d’Europa, ma qui da noi sembra esserci uno scarto vistoso tra ciò che dicono noi si debba pensare e ciò che larghe fette della popolazione pensa. Questo secondo dato mostra fatti da interpretare. Come mai molti hanno una diversa visione di ciò che succede? La manipolazione info-cognitiva è di dimensioni semi-totalitarie. Non c’è alcuna rappresentazione pubblica della perplessità, per non dire della contrarietà. Un vasto e prudente silenzio nell’intellettualità critica conferma che passati decenni a parlare di economia, moneta, turbocapitalismo et affini, pochi avevano incluso le grammatiche di potenza e la ricchezza delle nazioni nel loro armamentario critico.

Né si nota una insorgenza dal basso, spontanea o in parte alimentata, nel mondo on line, nulla a che vedere ad esempio con la recente esperienza Covid che fossero posizioni no-vax o no-pass o paranoie da Great Reset. Né la destra americana, né i russi, né nessun altro, sta agendo nel tentativo di creare una contro-narrazione. Come si spiega allora questa vasta incredulità spontanea?

Tento l’analisi. Da una parte, è evidente che la regia narrativa di questo evento è decisamente nelle mani americane che poi le si voglia chiamare atlantiste o NATO o demo-liberali o come altro preferite. Gli americani ragionano del mondo partendo per lo più dal loro mondo, che è un mondo particolare, che non è un frattale che rappresenta in più piccolo il più grande. L’intera narrativa di ciò che sta succedendo, mostra parecchie ingenuità ed esagerazioni manifeste e ciò mina dal di dentro la stessa credibilità dell’intera operazione. E se oggi ha comunque catturato molti, è probabile che nelle prossime settimane e mesi, questi molti rifletteranno criticamente su ciò che è avvenuto.

Dall’altra, uscendo dalla narrazione ed occupandoci dei fatti duri, la svolta impressa al corso storico dagli americani, sembra una strategia di molta dubbia pregnanza. Del resto, quasi nessuno tra gli analisti del mondo, è mai stato convinto del fatto che gli americani fossero dei grandi strateghi. Soprattutto, mai come oggi gli americani si trovano nella condizione del salmone che deve risalire forti correnti contrarie, correnti di fatti non di narrazioni. Ci sono quindi problemi di forma e contenuto nella credenza che ci impongono di condividere.

Il secondo schiacciamento è nello spazio. Ormai consociamo la cartina dell’Ucraina meglio di quella di casa nostra. Ma se allarghi lo zoom, ecco l’Europa vs Russia. Se lo allarghi ancora un po’ ecco gli USA vs Russia, Cina e vari stakeholders del mondo multipolare. Se lo allarghi al massimo, ecco l’intero pianeta. Un pianeta che passa di colpo dalla globalizzazione con recenti preoccupazioni ambientaliste, ad un pianeta in forte conflitto, che si arma sempre di più, concentrato su sentimenti di paura, rabbia, timore, preoccupazione, odio, l’eterno ritorno identitario.

Ma non c’è spazio senza tempo e quindi eccoci al terzo schiacciamento. Siamo incollati alla cronaca dell’Adesso! Non si vogliono curiosità che tentino le ricostruzioni del come siamo finiti in questo pasticcio, che si retroceda al 2014 o al fallimento del mondo unipolare profetato negli anni ’90. E non si vogliono previsioni che saltando il come andrà a finire il confitto, fatto però per niente ininfluente, rifacciano il quadro previsionale sconvolto oggi dagli eventi.

Ma ecco che, nelle élite occidentali di sistema, comincia a prodursi una non domabile preoccupazione. Non è che l’élite capital-globalista sia così disposta a cambiare i propri quadri cognitivi e comportamentali, più di quanto siano disposti i comuni cittadini. Non è che i sistemi delle pratiche e delle immagini di mondo che le riflettono, siano propense di loro natura a salti di paradigma improvviso e radicale.

Ieri ho ascoltato un molto attonito e profondamente preoccupato De Benedetti dalla Gruber. Il poverino sembrava non riuscire a far capire agli altri in quale immane casino siamo precipitati. Saltando il brodino retorico cucinato di prammatica nel tipico formato talk poco show, DB enunciava uno scenario a dir poco drammatico.

Ricordando che l’Oil Shock anni ’70 portò ad un repentino aumento dei costi energetici del +300% che generò stagflazione, come provava a ricordare il Giannini ansioso di mostrare che lui i libri di storia li ha letti, DB replicava che non c’entrava nulla la stagflazione perché con il repentino attuale incremento del +400% ci sarà solo recessione e depressione. Il che è definizione dal punto di vista macroeconomico, salvo poi doverne conseguirne necessariamente catene di fallimenti aziendali e disoccupazione a due cifre andanti, sul piano più concreto. A cui aggiungere i danni della già declinante globalizzazione prima maniera. A cui aggiungere pagine e pagine di catene di conseguenze che qui non possiamo scrivere e che forse, molti ignari della logica dei sistemi e poco pratici con il Sistema-mondo, non hanno ancora il piacere di immaginare.

DB ricordava poi la carestia, sì proprio la “fame” come ha più volte provato a dire allarmato. Ne abbiamo già scritto qui molti giorni fa sebbene i più forse erano allora interessati alla cronaca potente degli eventi in diretta. L’Egitto, per dirne una tra le tante, è il più grande consumatore ed importatore di frumento di cui primo e quarto paese produttore sono Russia ed Ucraina. Sono poco meno di 100 milioni di persone per poco meno del 50% sotto i 19 anni. Stanno lì davanti le coste greche, confinano con i già disordinati libici, con il Sudan, con il mondo arabo. E Georgieva IMF ha già avvertito dei prossimi 40-60 milioni di nuovi poveri assoluti per lo più africani ed arabi, nel mondo che ci è dirimpetto. Ma aggiungeva oltre agli olii di semi, mais e varie materie prime che riempiranno di buchi la catena logistica delle forniture di base, i fertilizzanti anch’ essi una specie con forte peso russo-ucraino-bielorusso.

Spalancando gli occhioni, ripeteva “il Brasile! Il Brasile sta già finendo i fertilizzanti!”. Lui riesce a collegare i fertilizzanti alla produzione agricola, gli altri sembra di no. La produzione agricola diminuirà non solo per sottrazione diretta ed improvvisa di prodotto russo-ucraino e forse anche bielorusso (1 su 8 calorie mondo, sono prodotte dai russi ed ucraini), ma anche per via dei problemi di coltivazione provocati dalla scarsità di fertilizzanti. Ne conseguono ulteriori patatrac economici e finanziari. È una specie di ictus-mondo sul piano alimentare e noi il piano alimentare ce lo siamo scordati, come problema, da decenni visto che eravamo tutti intenti a scoprire il fascinoso mondo dei Data, le promesse del digitale e l’imperativo categorico dei bagni riservati ai terzo sesso.

Shock energetico, recessione, fallimenti e disoccupazione, crollo borse (e su questo DB spalancava gli occhioni ancora di più), disordine sociale in dimensione mondiale e fame, sì la fame, ragione per cui falliranno anche i fitness center tanto dimagriremo in via naturale. Il tutto nel già noto processo di profonda corruzione ecologica ed instabilità climatica.

Ecco perché c’è il caposaldo con cui inizia ogni narrazione pubblica: “… qui bisogna dire che c’è un invasore ed un invaso”, notazione la cui ovvietà sembra necessiti di continue ripetizioni come dire “l’acqua è liquida!” o “la Terra è rotonda!”. È questo il fondamento del discorso pubblico, reagire al sopruso, difendere il nostro stile di vita, sconfiggere il pazzo di Mosca, adorare il simbolo vivente dell’occidentalità incarnato nell’attore ucraino, credere, obbedire, combattere o almeno mandargli le armi perché combatta in nostro nome e per conto che noi siamo anziani e post-storici.

Niente complessificazione di analisi, niente risalita alle cause di lunga e media durata, niente distrazioni sul “mondo grande e terribile”, niente sguardo al futuro che ci attende e, non del tutto ma per molto, già a prescindere dall’esito del conflitto. Dovete solo agire, costi quel che costi e soprattutto non preoccupandovi oggi dei costi. Avrete tempo per rendervene conto. Ecco, forse, il medio buonsenso da cui siamo partiti all’inizio, si spiega proprio con questa sproporzione tra ciò che si dice e ciò che “si sente”. Si sente senza chiavi di analisi profonda, si sente nell’intuizione del mondo.

Eravamo convinti si fosse nel migliore dei mondi possibili, ma ci sbagliavamo, era apparenza, era distrazione, era falsa percezione. Ecco forse molti cominciano ad avvertire su quanta apparenza, distrazione, falsa percezione è basato il nostro modo di stare al mondo e quanto il mondo che verrà richiederà un forzato bagno nelle acque fredde e tempestose della cruda realtà. Un mare ostile e nero verso il quale siamo spinti a forza dalla forza della storia che pensavano finita, mentre scopriamo che è finita solo la nostra Grande Illusione.

Comments

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ndr60
Wednesday, 30 March 2022 13:04
Il motivo per cui la psy-op Ucraina ha avuto meno successo della psy-op Covid? Semplice, la paura. La narrazione della malattia letale, gravissima per tutti, ha retto per un certo tempo.
La narrazione dell'Ucraina bisognosa d'aiuto perché invasa dai cattivi tiene fino a un certo punto, fino a quando cioè non mette a repentaglio il nostro stile di vita. Se poi l'amato premier parla di inviare armi "a sostegno della democrazia in pericolo", diventa chiaro che aiutare un belligerante è come dichiarare guerra all'altro contendente. Nonostante tutto, la memoria della campagna di Russia è ancora viva, magari solo in forma aneddotica, ma non ancora estirpata a forza dalle (contro)riforme scolastiche.
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Alfred*
Tuesday, 29 March 2022 11:48
Condivido e aspetto con tristezza il bagno di realta' a partire dal 1 aprile.
Non sara' un allegro pesce d'aprile, ma la chiusura degli idrocarburi russi che non vogliamo p)agare in rubli.
Tempo un paio di mesi (due, non di piu') e acceteremo di pagare in rupie o in natura pur di riacquistare non il nostro insindacabile tenore di vita, ma una parvenza di povera, dignitosa (forse) normalita' .
Spariranno anche gli infoiati del diritto dell'ucraina dalle tastiere forse per accedere alle mense dei poveri, forse per frugare nelle discariche. Ma insieme a loro ci saranno anche parecchi di noi che non amiamo questa farsa.
Meglio sarebbe se il fantasma che cammina per l'europa ci facesse riflettere anche sulla nostra fragilita' di classe sociale e ritrovare unita' e voglia di combattere, non per zelenski, ma per tutta la classe lavoratrice che patisce anche sotto zelenski e gli zar.
Chiudo con questo sogno, al momento e' solo tale e forse lo restera' a lungo.
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