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sinistra

La maledizione del gas

di Gabriella Grasso e Mouna Fares

Introduzione

Il piccolo Paese dei Cedri, situato sulla riva orientale del mediterraneo, confinante con la Siria a nord e a est, con la Palestina occupata dall’Entità israeliana a sud e col Mediterraneo a ovest, il Libano, sta affrontando la peggiore crisi economica, politica e sociale degli ultimi cento anni, dopo la nascita dell'attuale repubblica e dopo la grande carestia del 1933 che colpì la “Terra di Damasco”1 detta anche la Grande Siria.

Il paese è al collasso totale e la portavoce della banca mondiale ha classificato la crisi libanese come la peggiore crisi economica del mondo negli ultimi 150 anni. La banca centrale libanese e lo Stato hanno dichiarato bancarotta. Il fallimento è stato annunciato dal vice primo ministro durante un’intervista sulla tv locale New TV.

Il 17 ottobre del 2019 è scoppiata in Libano, la rivolta più massiccia che si ricordi dopo la cosiddetta rivoluzione contro il presidente Kamil Chamoun nel 1958. Una rivolta popolare estesa a tutto il paese che ha visto la mobilitazione della gente comune, dei partiti di sinistra, della società civile, dei movimenti e delle Ong.

Milioni di libanesi sono scesi nelle piazze contro la classe politica governativa e amministrativa, contro i poteri statali storicamente pervasi dal settarismo religioso. La rivolta è stata repressa con molta aggressività dalle autorità e dai miliziani2 dei partiti al governo, col sostegno spirituale e materiale non indifferente delle diverse autorità religiose del paese. Il sistema politico del Libano è una repubblica ibrida che prevede, secondo l'ordinamento costituzionale, quote di potere alle 18 fazioni religiose presenti nella società libanese oltre che ai partiti laici. La rivolta si è conclusa con un nulla di fatto alla comparsa della pandemia, senza ottenere alcun risultato relativamente ad un cambiamento del sistema.

Il 4 agosto del 2020 un'enorme esplosione al porto di Beirut ha devastato tutta la zona adiacente al porto: è stata il colpo di grazia che ha concluso la lunga agonia del paese, iniziata con la guerra civile del 1975, dopo alti e bassi e dopo l’accordo di Al Taaef nel 1992, che ha messo fine alla guerra civile. Seguì una tregua: chiusa la guerra civile il sistema di governo rimaneva però lo stesso: con a capo il primo ministro Rafiq Hariri, voluto e sostenuto dai paesi arabi, in primis dal regno saudita. Il 14 febbraio del 2005, l’uomo d’affari filo saudita, il primo ministro libanese Rafiq Hariri fu vittima di un attentato nella zona del porto di Beirut. Un’esplosione molto simile per le conseguenze sulla situazione generale del paese all'esplosione del porto nel 2020. Era finita la tregua Hariri (1992-2005) in cui il Libano, pure con tante difficoltà, aveva avviato un grande processo di ricostruzione, investimenti, commercio e turismo, grazie soprattutto ai capitali dei paesi del golfo, che gli avevano restituito il famoso ruolo nel sistema bancario, per il quale da sempre veniva chiamato la Svizzera d'Oriente del Medioriente. Nel 2006 Israele lanciò un feroce attacco durato 33 giorni che devastò completamente il paese. L'80% del paese fu raso al suolo: presi di mira da aerei israeliani superstrade, ponti, centrali elettriche, viadotti petroliferi arabi, raffinerie, depositi. L'aeroporto di Beirut subì gravi danni e perse tutta la sua nuova flotta aerea. Da allora il paese non si è più ripreso. È sopravvissuto con gravi problemi alla fornitura di energia elettrica. Attualmente l'erogazione funzione solo per un'ora al giorno, perché l'esplosione del porto ha devastato la sede della società elettrica libanese (Société Liban Electricité).

Una domanda è d’obbligo: chi ha interesse a far sparire il Libano dalla faccia della terra?!

Il paese dopo mille disgrazie, guerre, attentati, omicidi e disastri è al collasso totale, si vede costretto a riaprire il fascicolo dei giacimenti di gas naturale al largo della sua costa, nonostante sia chiaro a tutti che l'argomento può essere molto pericoloso.

Ogni volta che si è tentato di affrontare questo tema è arrivata la fine del mondo nel piccolo, debole, indifeso e diviso Paese dei Cedri. Dal 1920, epoca in cui Libano e Siria erano protettorato francese, fino ad oggi, il paese ha più volte tentato di attingere ai trilioni di metri cubi di gas naturale delle sue acque nazionali, sperando così di salvarsi da morte certa. Ma ecco tornare a galla il contenzioso sul confine sud con la Palestina occupata, dove l'Entità dell'occupazione sta già estraendo il gas da giacimenti più estesi di quello libanese, con impianti e commercializzazione a partire dal porto di Jaffa.

Jaffa ha sostituito Beirut come porto strategico per il commercio con i paesi arabi del golfo, dopo la costituzione dell’Unione delle religioni abramitiche3 cui aderiscono ufficialmente Emirati Arabi Uniti (capofila), Israele, Bahrein, Marocco, Sudan e tacitamente i paesi legati da accordi con Israele, come Egitto, Giordania, oltre ad altri paesi filo americani dell'area.

Nel 2016 il Libano ha avviato una trattativa con Israele con la mediazione statunitense nella sede dei Caschi Blu sul confine sud del paese. La delegazione libanese era costituita da ufficiali dell'esercito libanese e guidata dal colonnello Yassin. Durante le trattative i libanesi si sono resi conto che la linea di trattativa numero 23, chiamata Hof (dal nome del mediatore americano Frederic C. Hof), non era conforme alla mappa dei confini marittimi e alla mappa delle acque economiche (zona economica esclusiva) del Libano realizzate poco tempo prima dai tecnici dell’esercito libanese e successivamente confermate con rilevamento satellitare da un'azienda privata inglese. La delegazione libanese ha bloccato perciò le trattative e ha presentato a Sanioura, allora capo del governo, un dossier chiedendo la formulazione di una comunicazione da parte del Libano che mettesse al corrente l'ONU della zona contesa: occorreva modificare la documentazione, per procedere con le trattative secondo mappe aggiornate; era necessario contemplare il diritto del Libano ad estendere il suo confine oltre la linea 23, disegnata dal mediatore americano Hof, fino a raggiungere la linea 29, evitando la linea 30 per evitare futuri contrasti con Israele. Da quel momento in avanti è stato un continuo mercanteggiare. Da una parte lo stato libanese, corrotto, diviso, con ognuna delle sue fazioni sottomessa al paese estero che la finanzia e che ovviamente anela alla propria fetta della torta; dall'altra il mediatore statunitense, interessato a garantire alla sua creatura, il regime sionista, il massimo guadagno (e non solo). L’occupante israeliano ha tutto l’interesse a mettere le mani sulle risorse del Libano, indebolirlo quanto più possibile e sostituirlo nel ruolo strategico/ commerciale del mediterraneo orientale.

Conclusione

Se verifichiamo i dati e la storia, assistiamo al susseguirsi di una serie di conflitti, disordini e sgretolamento di intere nazioni del medio oriente, dall'inizio del colonialismo inglese e francese fino alla creazione degli attuali confini. Dagli accordi all'epoca del primo conflitto mondiale (Accordi Sykes-Picot del 1916, dichiarazione di Balfour del 1917, Trattato di Sèvres del 1920) fino alla creazione degli stati attuali. Oggi le guerre per le risorse energetiche, per appropriarsi del petrolio e del gas naturale, mettono in luce i veri motivi delle guerre in Palestina, Libano, Siria, Yemen, Libia, Iraq, e dell'ultima ma non minore, più chiara e palese, guerra della Nato in Ucraina contro la Russia.


Raccolta dati e report di Mouna Fares
Elaborazione e montaggio di Gabriella Grasso

NOTE
1. “Terra di Damasco” è la Regione del levante storicamente chiamata mezzaluna fertile, o Grande Siria, precedente ai confini e agli stati attuali voluti dal colonialismo franco inglese. Il levante comprendeva: Siria, Giordania, Libano e Palestina.
2. Ogni partito al governo possiede una sua milizia armata e ogni fazione controlla un cantone dove la presenza dei suoi seguaci è più numerosa.
3. La neonata Unione delle religioni Abramitiche è costituita da ebrei, cristiani e mussulmani che condividono lo stesso patriarca Abramo. Per intendersi sono gli stessi paesi che si sono incontrati di recente nel deserto del Naqab autodefinendosi come "Nato del Medioriente".

APPROFONDIMENTI:

Mappe del conteso confine marittimo del Libano con israele e i giacimenti di gas naturale nel mare Mediterraneo

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La mappa mostra quella che il ministero dell'Energia israeliano chiama "Linea 310", ovvero la linea rossa, che si estende a nord, e indica la volontà di Israele di fornire ulteriore spazio al Libano, per soddisfare il suo desiderio, secondo il quotidiano.
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https://youtu.be/WiFBnXj_yH8

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