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bastaconeurocrisi

Deficit, moneta, debito e inflazione

di Marco Cattaneo

Se ascoltate un qualunque economista euroausterico in merito al tema “modalità di finanziamento del deficit pubblico”, a un certo punto gli sentirete dire che non si può monetizzare il deficit perché ne seguirebbero devastanti effetti inflazionistici.

Quindi il deficit deve essere finanziato da emissione di debito pubblico, che però “impoverisce il paese” perché deve essere rimborsato e quindi “grava sulle spalle dei nostri figli”.

Insomma, con il deficit si rischiano o l’inflazione incontrollata o l’impoverimento delle future generazioni.

Un cumulo impressionante di sfondoni logici in sole due frasi.

Quando lo Stato spende, immette moneta nel sistema economico. La quale moneta passa di mano in mano, ma rimane SEMPRE E COMUNQUE in tasca a qualcuno.

Il che significa che incrementa il RISPARMIO PRIVATO.

L’effetto inflazionistico del debito pubblico, se ce n’è uno, non deriva da come il deficit viene “finanziato”. Nasce dall’eventualità che l’immissione di potere d’acquisto nell’economia (prodotta dal deficit pubblico) spinga la domanda di beni e servizi reali al di sopra della capacità del sistema di produrli.

Ma non c’è inflazione se si rimette in modo capacità produttiva inutilizzata. E neanche c’è inflazione se si crea nuova capacità, per esempio incrementando gli investimenti in beni produttivi.

La moneta inoltre, come detto sopra, rimane in tasca a qualcuno, e aumenta il risparmio privato.

Il che mostra che non c’è affatto bisogno di emettere titoli di debito per “finanziare il deficit”. L’emissione di titoli di Stato è un’opportunità che viene offerta al settore privato per impiegare il maggiore risparmio che il deficit AUTOMATICAMENTE PRODUCE.

E siccome l’emissione di debito è un evento possibile ma non indispensabile, e comunque successivo / indipendente, diventa chiaro che è IRRILEVANTE riguardo alla generazione, o non generazione, di maggiore inflazione.

Quanto all’”impoverimento dei figli indebitati”, beh è ancora più semplice capire lo sfondone logico, tecnico e concettuale. A ogni centesimo di maggior debito dello Stato corrisponde un centesimo di maggior credito del settore privato.

Il “povero bambino che nasce con cinquantamila euro di debito sulle spalle” è una suggestiva figura mediatica. Forse, probabilmente, molto utile per propagandare le tesi euroausteriche.

Ma è una COLOSSALE SCEMENZA.

Comments

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renato
Friday, 27 May 2022 10:21
Capisco pochino di economia classica o del capitale. Pero' a questo punto perchè l'europa dei tecnocrati ha rotto i maroni con il patto di stabilità da due decenni almeno. Il dibattito politico sull'economia pubblica , deficit statale , debito pubblico continua a presentarsi come il vero dilemma , differenza sostanziale tra destra e sinistra, i primi austeri e i secondi spendaccioni (cosi nell'immaginario tendenziale di massa ), quando poi, come si vede negli ultimi anni, le differenze sono oramai ridicole. Una cosa è certa siamo tutti indebitati con le nostre carte di credito (debito), quindi legati alla catena del valore e della sua riproduzione , non solo come lavoratori salariati ma come consumatori perenni . Ripeto pero' l'articolo non mi ha chiarito su chi comanda e perchè ci sono queste distinzioni e affermazioni. Insomma i vassalli ed escutori del capitale hanno le idee poco chiare o è il capitale ai massimi livelli, che non sa piu' che pesci pigliare nella rete? grazie .
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AlsOb
Friday, 27 May 2022 15:27
La classe dominante detiene il potere, come controlla il modo di produzione reale e impone le condizioni di sfruttamento, così impone la falsa rappresentazione della realtà e dei fenomeni economici, la falsa coscienza, per dare una apparente giustificazione razionalizzante dello sfruttamento e instupidire le classi inferiori e farle sentire in colpa se non si adeguano alle supposte verità superiori impartite dai dominanti.
Per questo parla genericamente di economia di mercato (tra supposti eguali) e mai di capitalismo.
Le norme della pseudo-metafisica neoclassica, per basarsi su un sistema fantasiosio, hanno una duplice funzione, ideologica e pratica.
Dal lato pratico non possono che essere strutturalmente recessive, sia per privilegiare la costante repressione salariale e lo status quo del potere, che non ama processi di crescita marxianamente rivoluzionari, sia per ispirarsi a degeneri fantasia che non presentano ovviamente alcun carattere isomorfo con il modo di produzione capitalistico.

I sostenitori della pseudo-metafisica neoclassica e della moralistica austerità sono i sicofanti della classe dominante addetti alla mistificazione.

Di norma la destra per essere il partito dei dominanti è pro austerità, mentre la sinistra, per rappresentare le classi inferiori e considerare non la fantasia apologetica ma il capitalismo nel suo funzionamento, dovrebbe proporre ricette che vanno oltre le semplificazioni dell'economia volgare e l'austerità.

L'Unione Europea fin dall'inizio è costruita su due modelli, il primo di guerra imperialistica e il secondo di spietato neoliberalismo e pertanto di privilegio assoluto concesso alla politica monetaria e mercati finanziari, verso cui devono affluire le risorse, contro gli stati e le politiche fiscali.

Per quanto riguarda la distinzione tra destra e sinistra, in termini nominalistici è molto effimera oggi: se sono sempre i fascisti e nazisti i pretoriani e battaglioni preferiti della classe dominante neoliberale, dagli anni 70 essa ha catturato in modo conveniente e astuto i partiti di sinistra, trasformando i loro esponenti in sicofanti neoliberali.
Perciò non di rado partiti di destra o populisti, per rappresentare strati sociali di classe mediobassi e piccoloborghesi, nella confusione concettuale e ideologica, nondimeno programmaticamente contengono molti più elementi di sinistra rispetto alla sedicente sinistra.
Non è infine un caso che la cosiddetta teoria mmt, che si propone di guardare in modo pragmatico e non ideologico al sistema economico e al ruolo della moneta, non sia sorta in un contesto di sinistra e anzi è da questa osteggiata, come da alcune sette postkeynesiane, che sono pure i più feroci avversari di Marx.
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