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contropiano2

Al rogo la libertà di stampa

di Vincenzo Morvillo

«Se non vuoi un uomo infelice per motivi politici, non presentargli mai i due aspetti di un problema, o lo tormenterai; dagliene uno solo; meglio ancora, non proporgliene nessuno» (Ray Bradbury – Fahrenheit 451)

«Spacciare deliberate menzogne e credervi con purità di cuore, dimenticare ogni avvenimento che è divenuto sconveniente, e quindi, allorché ridiventa necessario, trarlo dall’oblio per tutto quel tempo che abbisogna, negare l’esistenza della realtà obiettiva e nello stesso tempo trar vantaggio dalla realtà che viene negata… tutto ciò è indispensabile, in modo assoluto»[…] «Ortodossia vuol dire non pensare, non aver bisogno di pensare. Ortodossia e inconsapevolezza sono la stessa cosa» (George Orwell -1984)

Ci siamo. Saranno il Copasir e, in subordine, la Commissione di Vigilanza Rai, a stabilire cosa sia informazione e cosa no. Quale sia la Verità e cosa debba considerarsi fake news.

A cosa i cittadini di Oceania debbano credere oppure no. Ovviamente, in aperto contrasto con le versioni di verità che arrivano da Estasia ed Eurasia.

Ognuno, d’altra parte, ha la propria verità, in questo nostro mondo contemporaneo.

Come scrisse Nietzsche? «Non ci sono fatti. Solo interpretazioni di fatti». E l’ermeneutica afinalistica di questi anni postmoderni ce lo ha ampiamente dimostrato.

Ma certo, un’informazione corretta dovrebbe almeno tener conto delle possibili diverse interpretazioni.

Non censurare quelle che non gli fanno comodo, al solo scopo di lasciare agire, nella coscienza del lettore o dello spettatore, le uniche ritenute convenienti al Potere.

Questa modalità censoria o manipolatrice, infatti, non può che definirsi Propaganda.

L’informazione quale frutto della libertà di stampa dovrebbe, viceversa, poter approssimarsi ad una verità almeno verificabile e documentabile, attraverso il confronto, quanto più oggettivo possibile, di dati e fatti.

Ovviamente, non stravolti all’origine. O all’origine già preconfezionati. Quasi una chimera, in tempi di guerra ibrida e di immagini sofisticabili.

Non è socialismo. Non è comunismo. Sono – sarebbero – i principi fondanti dell’illuminismo e della libera stampa, quale diritto borghese. Figurarsi!

E invece, le cosiddette democrazie liberali, oramai vittime della loro stessa avidità e del loro incessante bisogno di mercati e di profitto – per cos’altro si fanno le guerre? – hanno asfaltato ogni libertà di pensiero e di informazione, di critica e di valutazione (neanche voglio parlare di “oggettività”, figuriamoci) per far posto ad una dittatura democratica –democratura – in cui impera una sola verità.

Quella che promana dai grandi gruppi finanziari e, conseguentemente, da quello Stato che, oggi più di prima, possiamo delineare come Comitato d’Affari delle borghesie sovranazionali occidentali.

Una “dittatura democratica” che, in pieno delirio di onnipotenza autoreferenziale, ma ancor più di narcisismo percettivo quale unico fronte del Bene biblico, pretende, misticamente, di impartire lezioni di libertà al resto del mondo.

Si tratti di Paesi, Popoli o semplicemente di Giornalisti.

In forza di ció, tutti coloro che non rientrano nell’area d’interesse -economico-finanziario e geostrategico, ça va sans dire – dell’Occidente ricco e bianco, sono da considerarsi autoritari e fuori dalle regole democratiche.

Quelle stesse regole per cui ci arroghiamo il diritto di massacrare, bombardare, depredare, stuprare e affamare tutto il resto dell’umanità.

Russia, Cina, Palestina, India, Cuba, Venezuela, Iran, Curdi (a seconda delle convenienze) Siria, Iraq, Yemen, Sudan, Mali… e altri, troppi, ce ne sono.

La “nostra verità” è sempre quella più vera e giusta!

E così si arriva ad oggi. Con i Servizi Segreti e il nuovo Minculpop che stabiliranno, a priori, quale sia, appunto, la verità da gettarci in pasto. Chi ha diritto di parola e chi no.

Mentre i lestofanti doppiogiochisti, manipolatori e servi che usurpano la qualifica di “giornalisti” continueranno ad officiare una messa cantata imposta dall’unico dio veramente “democratico”. Il Denaro.

Cani al guinzaglio del Potere. Altro che storie. Un insulto inoltre per chi, come il sottoscritto, è iscritto all’Albo dei pubblicisti dal lontano 1993. Ormai, vergognandosene!

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