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laboratorio

Europee: coazione a ripetere e dissolvimento della sinistra

di Domenico Moro, Fabio Nobile

europeeIl contesto politico italiano appare significativamente modificato rispetto ad appena un anno fa. Secondo il sondaggio Emg Acqua per Agorà, se si votasse oggi, la Lega avrebbe il 31% dei voti contro il 17,4% delle elezioni politiche di un anno fa, mentre il M5s avrebbe il 23,4% contro il 32,7%. Il Pd appare in lieve risalita, dal 18,5% al 21%. I sondaggi non sono elezioni e possono sbagliare anche di alcuni punti percentuali. Tuttavia, è indiscutibile che il rapporto di forze tra Lega e M5s si sia ribaltato.

Il voto fuoriesce dal M5s sia verso destra sia verso sinistra, sia per le difficoltà del M5s a mantenere le promesse elettorali, sia per l’egemonia che, all’interno del governo, si è conquistato Salvini. Questi è stato molto abile a focalizzarsi su un tema a costo zero, gli immigrati, mentre il M5s è alle prese con temi complessi e difficili, come quello dello sviluppo economico. Il non aver fatto i conti con i vincoli europei, a dispetto delle promesse “sovraniste”, rende esigui i margini di manovra, ad esempio sul reddito di cittadinanza, cavallo di battaglia del M5s. Tali limiti sono accentuati dall’impreparazione dei quadri del M5s e dal recente scandalo, che coinvolge il presidente del Consiglio comunale di Roma. Si tratta di un grave danno per il M5s che ha fondato la sua identità di partito sull’onestà e sulla critica morale alla “casta” dei politici.

Se quanto abbiamo detto è vero, allora la sinistra radicale dovrebbe e potrebbe intercettare almeno una parte del voto in uscita dal M5s, anche perché è verso il M5s che è andata molta parte del voto della sinistra radicale nell’ultimo decennio[1]. Invece, il rischio concreto è che la sinistra radicale non riesca in tale compito e che il voto in uscita dal M5s o vada all’astensionismo, in cui staziona molta parte delle classi subalterne, o rifluisca nel Pd.

Infatti, in concomitanza con il calo del M5s, è in atto un processo di rilancio del Pd, sostenuto dalla frazione più internazionalizzata ed europeista del capitale italiano e dai mass media che ne sono espressione. Nei fatti si tratta di una operazione di immagine, basata come al solito su una figura “nuova”, quella di Zingaretti. Il pericolo è che il nuovo Pd eserciti una attrazione centripeta non tanto nei confronti delle masse di lavoratori salariati, quanto nei confronti del ceto politico della sinistra radicale, che si illude di resuscitare la formula del centro-sinistra, già rivelatasi dannosa. Le leve ideologiche del Pd e il cemento di un eventuale centro-sinistra sarebbero quelle dell’antifascismo-antinazionalismo e dell’antirazzismo, in simmetrica antitesi con Salvini, lasciando intoccati i nodi dell’austerity e dei vincoli europei.

Rispetto a una tale evoluzione, la posizione del Prc e di quel che resta della sinistra radicale risulta, a nostro avviso, inadeguata. In primo luogo, si è arrivati a due mesi dalle elezioni prima di siglare un accordo tra alcune forze politiche. Soprattutto, si persiste nella classica tendenza a mettere davanti a tutto l’unità, nascondendo sotto il tappeto i problemi, cioè le differenze di orientamento generale. Eppure, le vicende gli ultimi dieci anni avrebbero dovuto far capire che non può esistere alcuna unità senza definire i principi e i contenuti sulla quale dovrebbe essere realizzata. Il documento approvato dall’ultimo Comitato politico nazionale (Cpn) del Prc ne è chiara dimostrazione. Ancora più chiara dimostrazione ne è il documento collettivo presentato pochi giorni dopo da Prc, Sinistra italiana (Si), Altra Europa, Transform, Partito del Sud, e Convergenza socialista.

La lista delle europee, secondo i due documenti, dovrebbe essere costituita sulla base di tre punti. Il primo è il contrasto alle politiche della Ue e “la rottura della gabbia neoliberista definita dei trattati”. Il secondo elenca una lunga serie di obiettivi, dalla riconversione ambientale al diritto al reddito, alla solidarietà con gli immigrati, ecc. È da notare che, nel documento collettivo, l’obiettivo riguardante “[il contrasto alla] militarizzazione della Ue e il superamento della Nato”, presente in quello votato dal Cpn del Prc, è stato sostituito da una più generica volontà di costruire l’Europa “sulla pace, il disarmo, la cooperazione internazionale”. Infine, il terzo punto è l’opposizione ai razzismi e ai nazionalismi.

Si tratta di punti radicali all’apparenza, ma in realtà molto fumosi e generici (e resi ancora più generici nel secondo documento), che non fuoriescono di una virgola da quanto detto da sempre. In primo luogo, non è chiaro cosa significhi rottura dei trattati. Significa forse disobbedienza e quindi sforamento dei limiti al deficit e al debito? È del tutto evidente che non è possibile alcuna “disobbedienza” se non si ha autonomia monetaria, cosa che implica necessariamente l’uscita dalla Ue e soprattutto dall’euro. Senza di questo, il suddetto lungo elenco di obiettivi è solo un elenco di bei propositi, visto che senza uscita dalla Ue e dall’euro non si possono neanche porre le basi per quegli investimenti pubblici necessari a creare posti di lavoro e a sostenere il welfare per italiani e immigrati. Il razzismo e il nazionalismo sono prodotti anche e soprattutto dell’austerity, implementata dall’integrazione economica e valutaria europea. Senza il superamento quest’ultima, qualsiasi impegno antirazzista e antinazionalista è debole. Inoltre, sarebbe bene precisare che in Italia prevale la frazione multinazionale del capitale e che il controllo da parte del capitale sulle decisioni economiche e sociali è oggi assicurato molto di più efficacemente dagli apparentemente “neutrali” organismi europei che da un assetto statuale di forma fascista.

Il nodo, che rimane inespresso, è se la Ue sia riformabile oppure no. In base ai tre punti del documento del Cpn sembrerebbe di sì. Secondo noi, la Ue non è riformabile, per la semplice ragione che, in base ai trattati europei, qualunque modifica va fatta all’unanimità. Inoltre, le politiche neoliberiste non sono accidentali, ma il necessario obiettivo su cui è stata modellata l’architettura dell’euro e della Ue. A questo proposito, c’è un altro punto importante, quello della coerenza delle alleanze e della continuità del percorso. Il maggiore partner della alleanza elettorale promossa dal Prc è Si. Quest’ultima, oltre a continuare a credere che la Ue sia il terreno sul quale si possano sviluppare democrazia e benessere (la genericità dei punti dei due documenti aiuta a tenere insieme posizioni tra loro diverse), ha da sempre fatto pratica di alleanze a geometria variabile. Infatti, si è legata, tutte le volte in cui è stato possibile, al Pd, cioè al partito che maggiormente ha rappresentato gli interessi della grande impresa e più si è fatto interprete della adesione ai vincoli europei. Anche alle recenti elezioni regionali, Si si è presentata con il Pd. È, quindi, legittimo aspettarsi che un cartello meramente elettorale, quale è quello che si prospetta, si scioglierà all’indomani delle elezioni, come avvenuto in tutte le occasioni precedenti. Ultima quella con Potere al popolo, all’indomani delle elezioni politiche del 2018. Non ha molto senso aver lasciato Pap, con cui ci si è presentati alle politiche, per seguire ora alle europee Si.

Per concludere, stante quanto abbiamo detto, quale spazio avrebbe un tale cartello elettoralistico, anche solo in termini di voto? Secondo noi molto piccolo. Il punto è che da dieci anni a questa parte non si riesce a presentare una proposta politica credibile, con cui accumulare forza e realizzare il radicamento nei posti di lavoro e nei territori. Ci si ritrova ripetutamente a ridosso delle elezioni a dover raffazzonare una lista in un’ottica di sopravvivenza e forzatamente politicista, con i risultati che abbiamo visto, cioè il dissolvimento progressivo di quanto esiste a sinistra del Pd. Il problema è quello che qui abbiamo cercato di spiegare: la coazione a ricercare una unità senza contenuti, fittizia e fragile. Sbagliare fa parte dell’esperienza di vita, ma continuare a sbattere la testa sempre contro lo stesso muro, dopo aver sperimentato più e più volte che non si ottiene nulla, è irragionevole. Crediamo che non si possa più continuare in questo modo e che sia necessario lavorare con metodi e finalità differenti.


Note
[1]Domenico Moro, Voto di classe e sopravvalutazione del voto utile, 2013. https://www.sinistrainrete.info/politica-italiana/2763-domenico-moro-voto-di-classe-e-sopravvalutazione-del-voto-utile-nelle-ultime-elezioni.html

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massimo
Tuesday, 02 April 2019 15:26
Io non sono iscritto al PRC, del resto non è necessario essere del PRC per ricordare che l'aggressione statunitense in Afghanistan inizia nell'ottobre 2001 e l'Italia decide l'intervento nel novembre 2001 quando al governo c'era Berlusconi e il PRC votò contro.
Nel 2006 il PRC, allora al governo di una coalizione fragilissima,vota a favore del mantenimento della missione militare italiana nel tentativo (che ben presto si rivelerà inutile) di non far cadere un governo che riteneva di poter condizionare sul piano delle politiche sociali. Nel Partito e fra i parlamentari dello stesso emerse un forte dissenso da cui data l'inizio della crisi di questa forza politica che da allora non si è più risollevata e che attualmente vivacchia malamente come tutte le altre formazioni della sinistra radicale.
Non è, comunque, con il livorosi processi retrospettivi che si può pensare di riallacciare i fili dell'unità della sinistra oggi necessario più che mai.
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marku
Tuesday, 02 April 2019 10:33
mi scuso con tutti se intervengo per fatto personale.
Gent.mo Massimo,
probabilmente sei troppo giovane per ricordare le malefatte del partito cui appartieni e che è un residuo di quello che fù.
Nel 2006 qundo quella merda umana e scarto politiko di bertinotto in cambio della presidenza della Kamera dei deputati aprì le valvole di autoaffondamento (per me fortunatamente) di un partito che immeritatamente sulle ceneri del malfamato pci prese il 5,84% con 41 eletti.

Saluti

dimenticavo


http://www1.adnkronos.com/Archivio/AdnAgenzia/2007/03/10/Politica/AFGHANISTAN-GIORDANO-PRC-VOTA-SI-A-RIFINANZIAMENTO-DELLA-MISSIONE_100659.php
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marku
Tuesday, 02 April 2019 10:31
mi scuso con tutti se intervengo per fatto personale.
Gent.mo Massimo,
probabilmente sei troppo giovane per ricordare le malefatte del partito cui appartieni e che è un residuo di quello che fù.
Nel 2006 qundo quella merda umana e scarto politiko di bertinotto in cambio della presidenza della Kamera dei deputati aprì le valvole di autoaffondamento (per me fortunatamente) di un partito che immeritatamente sulle ceneri del malfamato pci prese il 5,84% con 41 eletti.

Saluti
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massimo
Monday, 01 April 2019 12:31
"Il prc è morto a sinistra insieme all'amaro del bertinotto (classico esempio di burokrate cgil finito a sfasciare la sinistra elettoralistika/demokraitka/istituzionale) quando ha votato per la guerra in Afghanistan e non te ne sei ancora accorto."
Ma quando mai il PRC ha votato per la guerra in Afghanistan?? !!
Marku, qualche K in meno e un po' di lucidità in più!
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Aliquis
Saturday, 30 March 2019 10:25
Forse bisognerebbe riprendere in mano lo slogan della democrazia diretta, ma sul serio. Un movimento che si proponga una riforma costituzionale nel senso del "confederalismo democratico" teorizzato (e praticato) da Ocalan e Boockin poptrebbe ottenere consenso. In questo modo si spazzerebbero via i problemi di unità di un ceto politico separato dal popolo e quello dei trattati europei.
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marku
Saturday, 30 March 2019 09:04
La sinistra radicale alle €urop€€?
della serie tutti all'Accademia del Tempo Perso.

A sinistra del pdechè?
ma perchè il pd ha qualcosa di sinistra?
il prc vuole costruire cosa?
il prc è morto a sinistra insieme all'amaro del bertinotto (classico esempio di burokrate cgil finito a sfasciare la sinistra elettoralistika/demokraitka/istituzionale) quando ha votato per la guerra in Afghanistan e non te ne sei ancora accorto.

Grazie ma preferisco essere della banda di quelli dei sovradosaggi di settarismo, autoreferenzialità, chiusura dogmatica, dottrinarismo e saccenteria, piuttosto che indorare la pillola omeopatica del votare per le elezioni europee dando così patente di rapprentazione demokratika a quell'istituzione che dite di voler combattere se non addirittura abolire.
Suona bene, bravo, da un'idea di ricerca di un dibattito radicale e costruttivo nella costruzione della sinistra (radicale) che verrà (verrà, verrà perchè deve venire).
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massimo
Friday, 29 March 2019 17:18
Per ”formulare una risposta politica credibile” è necessario mettere in piedi una soggettività politica organizzata alla sinistra del PD, senza la quale si è inevitabilmente condannati all’irrilevanza e marginalità. Per realizzare questo obiettivo bisogna che tutte le forze in campo (e non sono poche, anche se tutte più o meno ridotte al lumicino) rinuncino a qualcosa della propria identità adattandosi ad accettare modalità di confronto da sintetizzare democraticamente in base alla vecchia, ma sempre valida, regola del voto a maggioranza, dopo aver elaborato una piattaforma comune in cui riconoscersi. Non il centralismo democratico, ma uno sforzo di autodisciplina che riconosca il bene superiore dell’unità in un momento storico in cui la sinistra di alternativa rischia l’estinzione, con conseguente scomparsa della sinistra tout court. Diventa in tal senso cogente ridurre da parte di tutti i sovradosaggi di settarismo, autoreferenzialità, chiusura dogmatica, dottrinarismo e saccenteria.
Purtroppo, a giudicare dalla maggior parte degli interventi che si succedono in questo sito questa prospettiva sembra di difficile realizzazione.
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