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sinistra

Vicoli ciechi e cambiamenti storici

di Eros Barone

edgar degas distanz grace i49812La grande verità della nostra epoca (conoscerla non è ancora tutto, ma senza conoscerla non potrà mai trovarsi nessun’altra verità di una qualche importanza) è che il nostro continente sprofonda nella barbarie poiché i rapporti di proprietà sono vincolati con la violenza ai mezzi di produzione.

Bertolt Brecht

1. Un governo reazionario senza opposizione

Come ho avuto modo di rilevare in un articolo precedente,1 a mano a mano che la crisi politica della borghesia italiana si va intrecciando con il destino dell’attuale governo, acquista una crescente plausibilità, come criterio interpretativo, la nozione gramsciana di crisi organica delle classi dominanti italiane.2 Dal punto di vista oggettivo, il destino del governo Salvini-Di Maio è, peraltro, inestricabilmente connesso con gli irrisolti problemi economici del paese e con le principali questioni della nostra società (quella operaia, quella meridionale, quella industriale, quella scolastica, quella vaticana ecc.). Questioni che una coalizione divisa su tutto, tranne che sulla necessità di aggredire i migranti e gli operai in lotta, non potrà mai né impostare né tanto meno risolvere.

Ma va anche detto che il governo non ha un’opposizione che lo contrasti o lo condizioni in qualche modo, data l’irrilevanza politica di Leu e il disfacimento progressivo del Pd. Così, dopo aver abborracciato una finanziaria clientelare e averla imposta al parlamento senza alcun dibattito per via della ‘trattativa a perdere’ sul livello del deficit condotta con i burocrati della Commissione Europea, non senza un notevole scialo di sorrisi emorroidari a uso e consumo del pubblico dei ‘mass media’, dal presidente del consiglio, Conte, e dal ministro dell’economia e delle finanze, Tria, l’esecutivo adesso arranca, lacerato da divergenze profonde ma non insanabili, stante l’inconsistenza dell’opposizione nel parlamento e il vasto consenso di cui esso gode nel paese.

Il governo può dunque procedere sfruttando margini di manovra (e di conflittualità interna) piuttosto ampi e traguardando l’evento, giudicato salvifico e palingenetico dai suoi maggiori esponenti, delle elezioni europee di maggio, ai cui prevedibili risultati esso subordina, in una campagna elettorale permanente che fa strame dello Stato di diritto e della legalità costituzionale, ogni mossa ed ogni obiettivo: dal reddito di cittadinanza alle pensioni, dalla ‘flat tax’ alla sicurezza, dal respingimento dei migranti alla stretta repressiva sugli spazi di democrazia. Del resto, privi come sono di programmi concreti, realistici ed efficaci, nonché di un progetto di cambiamento che non sia meramente reattivo nei confronti della politica liberoscambista condotta, all’insegna di una piatta e acritica adesione ai princìpi e alla dinamica della globalizzazione imperialistica, dall’ala liberale ed europeista della borghesia italiana rappresentata dal Pd e da FI, Salvini e Di Maio possono permettersi di dare la stura ad una reciproca conflittualità competitiva che rispecchia perfettamente quella reciproca concorrenza economica e politica che non può non svolgersi all’interno di una base di massa in larga misura sovrapponibile, nel mentre sembrano unicamente preoccupati di scegliere il momento più opportuno per aprire la crisi sul punto di rottura prescelto, prima che l’iniziativa sia presa dall’altro ‘socio’ e prima che il cappio dell’oligarchia finanziaria di Bruxelles si stringa attorno al collo dell’esecutivo.

 

2. La Lega: scherano del capitale e dell’imperialismo egemone

In questa sorda lotta di potere la Lega può far valere, oltre alla sua capillare organizzazione territoriale, la maggiore compattezza e organicità del mandato economico e sociale ad essa conferito da un coacervo di forze che ricordano, per un verso, il MSI e, per un altro verso, i settori di destra della DC nella cosiddetta “prima repubblica”. È evidente che la Lega, impugnando la bandiera di un nazionalismo aggressivo ma nel contempo rigorosamente atlantista (la visita di Salvini in Israele e le sue dichiarazioni contro il movimento progressista e antisionista di Hezbollah sono state, in tal senso, quanto mai significative), tende a porsi come polo di aggregazione dei settori più reazionari e più guerrafondai della borghesia e dei ceti medi italiani su una linea che combina l’adesione senza riserve alla politica aggressiva di Trump con la disarticolazione strategica, perseguita con pervicacia dall’attuale presidenza nordamericana, dell’Unione Europea.

In questo stesso senso, è indicativo il metodo di ricerca e di organizzazione del consenso, ritenuto da Salvini funzionale a questo scopo: metodo che, essendo fondato sulla simbiosi complementare tra le frequenti citazioni e imitazioni di detti e comportamenti mussoliniani e la grammatica mentale binaria di Facebook (pollice su o pollice giù), è coerente, nel suo rozzo schematismo, con l’ancipite profilo della Lega come “partito di lotta e di governo”, severo tutore non solo dello ‘status quo’, cioè dell’ordinamento capitalistico e della proprietà privata (basti pensare al decreto sulla sicurezza fondato, in omaggio alla sacra proprietà privata, sulla “licenza di uccidere”), ma anche, quando occorre, fautore della parola d’ordine della nazionalizzazione, come accade attualmente con il salvataggio della banca Carige.3 Naturalmente, il profilo di gran lunga prevalente è quello terroristico ed autoritario, con cui Salvini, presentandosi ‘coram populo’ nello stesso modo e agendo sia ‘dall’alto’ sia ‘dal basso’, impesta con i veleni del razzismo, della xenofobia e della repressione le relazioni sociali tra cittadini autoctoni e migranti, ed alimenta, con una propaganda cinica e martellante su questo e su altri temi ‘sensibili’, la mobilitazione reazionaria delle masse. Lungo questa linea che ricalca, in alcuni tratti salienti (cesarismo, xenofobia, razzismo e rivolta contro le élite), il ‘modus operandi’ delle forze infernali scatenate dalla “grande crisi” del capitalismo negli anni Trenta del secolo scorso, la Lega punta ad inglobare settori degli altri partiti di destra e cerca di modificare i rapporti di forza con il M5S, penetrando nel Mezzogiorno e fra le masse cattoliche al fine di estendere la sua base sociale, politica e territoriale.

 

3. Populismo e controrivoluzione preventiva

A questo punto, il quesito che sorge riguarda l’esistenza di una possibile fuoriuscita dal ‘cul-de-sac’ italiano. È infatti nei vicoli ciechi, come insegna Brecht in Me-ti. Il libro delle svolte, che avviene il cambiamento. Per abbozzare una risposta a tale quesito e determinare la direzione del cambiamento la prima cosa che va sottolineata è che il populismo italiano è una forma di controrivoluzione preventiva del tutto analoga al fascismo storico, ossia un movimento politico delle classi medie la cui funzione politica è esattamente quella di preservare il sistema capitalistico dalla insurrezione degli operai e degli altri lavoratori sfruttati. In quanto tale, esso è, in una certa misura, un’‘invenzione’ politica della borghesia, la quale, dopo l’inizio della crisi economica mondiale nel 2008, ha contribuito a generarlo per conservare il sistema capitalistico cambiandone la gestione politica ma mantenendone immutata la sostanza economica. Questa operazione di carattere gattopardesco (“cambiare tutto affinché nulla cambi”) ha naturalmente dei costi e delle controindicazioni, che però gli artefici di tale operazione hanno ritenuto essere sopportabili e controllabili a fronte dei considerevoli vantaggi che sarebbe stato possibile ottenere (e che in effetti sono stati ottenuti).

Alcuni aspetti possono gettare una viva luce sulla natura opaca e l’identità sfuggente, del tutto interne alle latebre della Rete e alla sua mitopoiesi totalitaria, della formazione politica, vale a dire il M5S, che merita di essere considerata come il prototipo del populismo italico (il discorso sulla Lega è, almeno in parte, differente, essendo questo partito molto più strutturato e, data la sua natura archetipica, innervato negli spazi e nei tempi della “lunga durata” che hanno contraddistinto la storia del nostro paese a partire dalle insorgenze antigiacobine e antinapoleoniche, passando attraverso il federalismo cripto-secessionista ed austriacante del Lombardo-Veneto, per giungere all’attuale nazionalismo identitario). Da questo particolare punto di vista, il M5S, che pure aveva avanzato nei confronti del sistema politico la pretesa di una radicale semplificazione (di leggi, procedure, normative, prassi, istituti ecc.), non solo non ha semplificato, ma ha intasato lo scambio e l’agire politico, saturandolo di false credenze, di massicce dosi di ignoranza, d’inganni e di trucchi degni di un dottor Dulcamara della provincia più sordida. I suoi esponenti hanno sbandierato, infatti, come condizione del “cambiamento” il trinomio piccolo-borghese “trasparenza-onestà-competenza” e oggi la competenza della nuova classe dirigente è impersonata dal ministro Di Maio, il quale regge i dicasteri del lavoro e dello sviluppo economico senza la minima preparazione su quegli argomenti; l’onestà dall’assicuratore cremonese Toninelli, ministro dei trasporti e figura emblematica dell’impotenza e dell’insipienza con cui si identifica, in mancanza di meglio e in un periodo segnato tragicamente dalla obsolescenza e dalla fragilità delle infrastrutture nazionali (ponti, gallerie, porti, autostrade ecc.), quella parola così virtuosa e così equivoca; la trasparenza è invece rappresentata, in chiave antifrastica, dall’Associazione Rousseau, terminale di una rete di finanziamenti, opaca quanto all’origine e ai soggetti erogatori, ma molto ben definita nello scopo, che è quello di assicurarsi l’influenza sui gruppi parlamentari e sul governo: rete la cui gestione è esercitata con criteri autocratici dal figlio di colui che ha creato tale struttura politico-informatica, ossia Gianroberto Casaleggio.

Non sorprende allora, considerando la natura ‘liquida’ e la consistenza gelatinosa di questo movimento politico sedicente “né di destra né di sinistra”, la coalizione con la Lega di Matteo Salvini e la stipulazione, come patto fondativo della coalizione, di un “contratto”, la cui natura non pubblicistica, quindi del tutto incostituzionale, fa dei due contraenti, in realtà, dei ‘soci’ non degli alleati, pronti perciò, in forza di tale ‘status’ economico-giuridico, a rescinderlo nel momento stesso in cui le convenienze e gli interessi di carattere privatistico, che ne sono anche formalmente la base, appaiano, all’uno o all’altro dei contraenti, non rispettati e non soddisfatti (e qui si avverte l’‘onda lunga’ del berlusconismo, che sarebbe riduttivo leggere soltanto come forza politica, giacché costituisce, in quanto azienda capitalistica operante nel campo della comunicazione di massa, qualcosa di molto più profondo e pervasivo, essendo la vera matrice pedagogica del mondo culturale che caratterizza l’Italia, i suoi rappresentanti politici e la sua opinione pubblica da un quarto di secolo a questa parte).

 

4.Apprendisti stregoni” e insuperabili contraddizioni

In termini strettamente socio-economici, i populisti si propongono di conciliare il “cambiamento” (ovvero la difesa degli interessi della piccola borghesia) con la conservazione della proprietà privata capitalistica e la subordinazione al grande capitale monopolistico. Essendo questo il limite invalicabile dell’esistenza e dell’azione del M5S, è facile comprendere che il motivo per cui le sue promesse formalmente più radicali (reddito di cittadinanza, pensioni ecc.) non sono realizzabili se non in forma caricaturale (si veda, a tale riguardo, la vicenda esemplare della progressiva riduzione del reddito di cittadinanza ad un sussidio di povertà) non sta nella bocciatura della manovra per deficit eccessivo da parte di Bruxelles, ma nella politica della coalizione giallo-verde che non intende né intaccare in alcun modo le ricchezze ed i grandi patrimoni dei ‘beati possidentes’ né impedire, o almeno limitare, l’intensificazione dello sfruttamento capitalistico e le speculazioni finanziarie, a partire da quella che ha come oggetto il debito pubblico.

In conclusione, occorre prendere atto che il populismo e il capitalismo, pur non essendo identici, sono legati da un nesso inscindibile, ancorché dissimulato e perfino ‘virato a sinistra’ dalla demagogia sociale del gruppo di “apprendisti stregoni” che dirige la coalizione giallo-verde. D’altra parte, occorre riconoscere che, ad onta degli adorcismi, delle continue oscillazioni e dei compromessi con la grande borghesia, il populismo non è in grado di fornire un valido sussidio alla stabilizzazione del capitalismo, non potendo, a causa della decomposizione materiale e morale della società borghese di cui esso è un sottoprodotto, né soddisfare in misura adeguata la fame di profitti dei capitalisti né il declassamento dei ceti medi né, tanto meno, corrispondere alle rivendicazioni del proletariato. Qui sta la radice della sua impotenza e delle sue contraddizioni, destinate ad accentuarsi nel momento in cui una nuova crisi scoppierà, i vecchi rapporti salteranno e le irriducibili opposizioni di classe si manifesteranno nel modo più crudo. A farne le spese, ovviamente, saranno le masse popolari, vittime di una colossale truffa all’americana, la cui plastica rappresentazione si riassume a tutt’oggi nella manovra finanziaria imposta con il meccanismo autocratico del voto di fiducia ad un parlamento totalmente esautorato delle proprie prerogative di conoscenza, di controllo e di proposta: un ‘mix’ di ignoranza e di azzardo, un prodotto dell’‘etica della convinzione’ con cui la protervia infantile di chi non è in grado di valutare le conseguenze delle proprie azioni sostituisce l’‘etica della responsabilità’, lontano ricordo, quest’ultima, di stagioni grande-borghesi di cui sembra non esservi più traccia nel corpo sociale di questo paese (talché la relazione simmetrica tra ‘sotto-borghesia’ e ‘sotto-proletariato’ sembra essersi, con questo governo, perfettamente inverata in piena corrispondenza con la modalità avventuristica, plebea e triviale dell’ascesa al potere degli ‘outsider’, individuato da Marx nel suo classico pamphlet sul Diciotto brumaio di Napoleone Bonaparte).

 

5.Pace sociale, vince il capitale; lotta di classe, vincono le masse”

Sennonché si può pensare di neutralizzare il populismo, concepito vuoi in quanto “parentesi” (come nella interpretazione filosofico-storica e liberale del fascismo elaborata da Benedetto Croce) vuoi, all’inverso, in quanto “autobiografia della nazione” (come nella interpretazione antropologica e protestantica tracciata da Piero Gobetti), restaurando il precedente bipolarismo? Forse che la borghesia italiana è interessata, nella sua maggioranza, a ripristinare un regime liberaldemocratico, accantonando il progetto di quella svolta oligarchica e reazionaria che essa da tempo accarezza e di cui il referendum costituzionale renziano del 4 dicembre 2016 avrebbe dovuto essere il prologo?

In realtà, attardarsi a coltivare questo genere di interpretazioni significa o sperare in una sconfitta del populismo senza una lotta reale o vagheggiare un impossibile ritorno ad un passato ormai remoto in cui le ‘forme belle’ della dittatura della borghesia si sposavano, all’insegna del compromesso socialdemocratico e riformista, con un clima di relativa pace sociale e di relativo miglioramento delle condizioni del proletariato. Le classi dominanti italiane non possono tornare al periodo “costituzionale”, alla “centralità del parlamento”, alle riforme e alle concessioni, perché non esistono più i margini economici con cui il combinato disposto del saggio medio di profitto e dello sfruttamento imperialistico permetteva di mantenere quel clima. Da ciò nasce la crisi che attanaglia il sistema capital-imperialista e lo spinge irresistibilmente verso la catastrofe bellica, come suggerisce nel grande romanzo di Émile Zola, La bestia umana, la scena, ripresa da Rosa Luxemburg per il suo valore descrittivo ed esplicativo rispetto ad una crisi storica, della lotta all’ultimo sangue tra il macchinista e il fuochista, che si svolge sulla locomotiva di un convoglio ferroviario il quale, privo di controllo, è lanciato alla massima velocità verso l’inevitabile disastro.

Quello che si prospetta dinanzi a noi è pertanto un futuro senza avvenire, che non prevede un nuovo periodo di sviluppo progressivo del capitalismo monopolistico, giacché è ormai dimostrato che questo sistema economico e sociale non può mantenersi senza ricorrere alla trasformazione reazionaria di tutte le istituzioni politiche borghesi, alla distruzione delle libertà e dei diritti dei lavoratori, alle guerre di aggressione e di rapina. Dal canto loro, il proletariato e le grandi masse lavoratrici non sono disposti a tornare nel putrido pantano della politica trasformista dei vecchi partiti borghesi e socialdemocratici, pantano da cui si allontanano sempre di più e nel quale le classi subalterne non hanno alcuna intenzione di ritornare. Il corollario che deriva da quanto si è finora osservato è che la lotta contro il populismo e il fascismo non può essere efficace se si basa sulle fallimentari politiche socialdemocratiche; parimenti, non è possibile condurre la lotta per gli interessi di classe, contro l’Unione Europea e la NATO, imbellettando il governo Salvini-Di Maio e spingendo i lavoratori sul terreno del nazionalismo borghese per strappare misere concessioni. Solo il proletariato unito, autoctono e immigrato, può assolvere il compito di una lotta conseguente e dirompente contro l’offensiva capitalistica, la reazione politica e i pericoli di guerra incombenti. Solo il proletariato unito può liberare il paese da ogni governo borghese e piccolo-borghese, aprendo la via ad un nuovo e superiore ordinamento sociale.


Note

1 Cfr. https://www.sinistrainrete.info/politica-italiana/13625-eros-barone-il-governo-piccolo-borghese-e-antioperaio-degli-amici-del-popolo.html .

2 La relazione tra la crisi politica della borghesia e il destino del governo giallo-verde ha una base oggettiva, sebbene, trattandosi di contraddizioni in seno alle differenti frazioni della borghesia, non sia tale da consentire di individuare in tale governo, secondo il costume visionario e autolesionistico dei “comunisti per Salvini e Di Maio”, addirittura un’alternativa alla borghesia.

Comments

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Paolo Selmi
Saturday, 19 January 2019 15:47
Caro Eros,

grazie per questa analisi lucida e rigorosa dell'esistente e di come ci siamo arrivati. In particolare, per questa nozione, "controrivoluzione preventiva", che mi sembra molto più azzeccata di un'altra espressione, "rivoluzione passiva", che qualcuno applica all'oggi, sempre a mio avviso, impropriamente.

Non c'è nulla di rivoluzionario, in questo "cambiamento", dominato, come ben noti, da un "‘mix’ di ignoranza e di azzardo, un prodotto dell’‘etica della convinzione’ con cui la protervia infantile di chi non è in grado di valutare le conseguenze delle proprie azioni sostituisce l’‘etica della responsabilità’".

C'è invece molta controrivoluzione: a partire da poveri cristi la cui vita sarà resa sempre più impossibile (prove generali di quello che attende gli "autoctoni") ai manganelli per chi "ostruisce" le strade... con un semplice colpo di penna (a) all'articolo 1, comma 1, le parole «in una strada ferrata» sono sostituite dalle seguenti: «in una strada ordinaria o ferrata o comunque ostruisce o ingombra una strada ordinaria o ferrata,»; http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2018/10/04/18G00140/sg ). Quindi, banalizzando ma non troppo, morto sul lavoro a Malpensa, operai scendono in strada a protestare, operai sulle camionette direttamente, con condanne "da uno a sei anni, che raddoppiano se il reato è commesso da 10 o più persone e se è contestata l’aggravante di violenza o minacce" (https://www.rollingstone.it/politica/il-decreto-sicurezza-e-una-crociata-contro-gli-ultimi-stranieri-e-non/438188/).
Dico Malpensa non a caso: fra gli operai del terminal, moltissimi sono gli stranieri. Ebbene, determinando il reato la revoca del permesso di soggiorno delle persone coinvolte, ciò costituirà ulteriore deterrente a manifestare, in un settore come quello della logistica e dei trasporti, fra i più sfruttati e dove sono particolarmente calpestati i diritti dei lavoratori, siano essi "soci" di cooperative farlocche o "protesi antropomorfe" del cervellone elettronico di Castel San Giovanni (PC) da cui partono pacchi e pacchetti per tutta Italia.

Per questo, sempre a mio avviso, siamo ben oltre il ventennio, quel fascismo storicamente nato per "preservare il sistema capitalistico dalla insurrezione degli operai e degli altri lavoratori sfruttati". Nel senso, "preservare il sistema capitalistico" assolutamente si, così come trovare modi sempre nuovi e "creativi" per rafforzare la scala gerarchica di classe, mantenere ed estendere il saggio di sfruttamento, smantellare quel che c'era di tutela legale dei lavoratori, o di alcune categorie "privilegiate" di essi. Questo ennesimo giro di vite, tuttavia, non avviene durante il biennio rosso, neppure in occasione delle manifestazioni contro il governo Tambroni o, per assurdo, neppure dopo il milione portato qualche lustro fa in piazza a Roma dalla "triplice" (ennesimo atto di presa in giro nei confronti delle categorie che avrebbero dovuto difendere). No, questo giro di vite affonda sempre di più nelle esistenze di carne da macello annunciata, incattivita contro il compagno di sventura a fianco rappresentato come "il nemico", di fronte al quale occorre passare avanti ("prima gli italiani") nella fila per l'elemosina.

"Все счастливые семьи похожи друг на друга, каждая несчастливая семья несчастлива по-своему ("Le famiglie felici sono tutte simili fra loro, ogni famiglia infelice lo è a modo suo"): Leone Tol'stoj, iniziando così Anna Karenina, non pensava certo di suggerire al Capitale come dividere il proletariato ciascuno nel proprio dolore e incattivirlo contro tutto e tutti, togliergli coscienza di classe, dignità data dal lavoro, civiltà data dall'educazione e dalla solidarietà, "sottoproletarizzarlo", accomunarlo ai "brutti, sporchi e cattivi" del film omonimo. Questo, tuttavia, è il portato di ciò che si è respirato negli ultimi vent'anni e di cui i governi che si sono susseguiti hanno contribuito, chi più, chi meno, alla sua realizzazione. D'altronde, cosa si poteva pretendere da un centro-sinistra che di sinistra non aveva più nulla, ma che sputtanava egualmente l'ideale (meglio, ciò che era rimasto, "sbiancato" da candeggi plurimi) perché non poteva permettersi il lusso di perdere voti da parte di elettori piccolo-borghesi, a proprio agio fra Fazio e Mannoni, "bobbiani" nella loro autoreferenziale appartenenza di sinistra, e sentimentalmente nostalgici di termini RESI ASTRATTI nella prassi per cui, come nella pubblicità di un noto lassativo, "bastava la parola"?

A questo punto, i nuovi "brutti, sporchi e cattivi", fra l'originale e la copia hanno scelto l'originale, chi aveva le mani meno legate da discorsi "etici", "buonisti", "pretume inutile" perché il problema è lì, davanti agli occhi, con quei barconi pieni di nemici, con le fermate dei bus affollate di nemici, con le scuole e le mense affollate di nemici, con le sedie al pronto soccorso affollate di nemici, con le liste di attesa per l'assegnazione di una casa popolare affollate di nemici, con nemici ovunque: e loro rappresentavano, e rappresentano, i loro San Giorgio, in grado di infilzare il drago cattivo (immagine tratta da un manifesto russo del 1918, dove Lev Trockij è rappresentato iconograficamente secondo gli stilemi di San Giorgio sconfittore di draghi (l'ottavo manifesto dall'alto) https://maysuryan.livejournal.com/218729.html).

D'altro canto, "la natura ‘liquida’ e la consistenza gelatinosa di questo movimento politico sedicente “né di destra né di sinistra” è funzionale a prendere voti fra poveri cristi in attesa del "reddito di cittadinanza" (o assegno di povertà come giustamente lo chiami). Ti dirò di più: in attesa che sia disponibile il modulo ISEE di quest'anno (ancora oggi in posta si sentivano dire che dovevano aspettare, che non era ancora pronto, e vedere le loro facce mentre uscivano a mani vuote mi faceva incazzare a mille contro questi cialtroni che appaiono in televisione ma non si preoccupano neppure che i moduli abbiano raggiunto gli uffici postali!). Ma è stato funzionale anche a prendere voti altrove: Grillo sbraitava anche, non molti mesi fa, che il "suo" movimento aveva prevenuto la formazione di Alba dorata in Italia... campagne di marketing che hanno fatto man bassa di voti tradizionalmente di sinistra, promettendo tutto a tutti i NO-qualcosa, per la maggiorparte già disattesi dopo duecento giorni di governo.

A volte, Eros, ho l'impressione che la protagonista del cortometraggio "Piccole cose di valore non quantificabile" (https://www.youtube.com/watch?v=nxMENKw_CGk), di cui consiglio la visione a tutte le compagne e compagni che non l'avessero mai visto, il furto da lei subito, sia per certi versi emblematico di questo periodo buio, una situazione che stiamo vivendo un po' tutti. Non aggiungo nulla in più per non rovinare la visione a chi si imbattesse in questo piccolo capolavoro per la prima volta.

Un caro saluto.
Paolo Selmi
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