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cambiailmondo

Covid-19: «rivelazioni» e conferme di giugno

di Marinella Correggia

Intorno al Covid-19 si susseguono da mesi colpi di scena, rivelazioni e successive rettifiche. Grande è la confusione sotto il cielo. Ma non siamo ai tempi di Mao e quindi la situazione non è affatto eccellente. Cerchiamo di collegare alcuni puntini

covid e soldi 11. Oms: «Il contagio da parte di asintomatici è molto raro»…anzi «non sappiamo». Maria Van Kerkhove, direttrice del team tecnico dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per la risposta al coronavirus (1), lunedì 8 giugno osa affermare: «Ci sono casi di persone infettate che sono asintomatiche, ma i paesi che stanno monitorando in modo dettagliato i contatti non stanno trovando da questi casi una trasmissione secondaria». Gli «esperti di salute pubblica» insorgono, capitanati dall’Harvard Global Health Institute. E così l’Oms aggiusta il tiro il giorno dopo: «La maggioranza dei casi di trasmissione che conosciamo si verifica, con le droplets, da parte di chi ha sintomi. Ma ci sono persone che non sviluppano sintomi, e non abbiamo ancora risposta sulla questione di quanti infettati non abbiano sintomi». Alcune ricerche stimano la probabilità di infezioni da asintomatici (e più spesso pre-sintomatici) con modelli probabilistici, senza documentare direttamente la trasmissione. Comunque la frase rivelatrice dell’esperta dell’Oms è: «Per ogni risposta che troviamo alle domande, ne sorgono altre dieci». La risposta è sempre: dipende (dalle circostanze): un luogo chiuso affollato e in una zona ad alta carica virale è un caso specifico, non generalizzabile (vedi ai punti 10 e 12).

 

E a proposito dei modelli probabilistici..

2. «Falliti i modelli epidemiologici, meglio non usarli più nelle decisioni politiche». Il virologo Guido Silvestri, ribadendo – sulla sua rubrica social Pillole di ottimismo – quanto aveva già affermato circa il fallimento dei modelli matematici nel prevedere l’andamento reale dell’epidemia, spiega (2):

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rizomatica

Screen New Deal

di Naomi Klein

Isolamento fisico come laboratorio vivente di un avvenire – altamente redditizio – deprivato per sempre di qualsiasi contatto fisico

MOSHED 2020 3 23 17 50 14 1Nel corso del briefing quotidiano sul coronavirus del governatore di New York Andrew Cuomo di mercoledì 6 maggio, per alcuni brevi istanti, la cupa smorfia che ha riempito i nostri schermi per settimane si è rapidamente trasformata in qualcosa che assomiglia a un sorriso.

«Noi siamo pronti, ci siamo completamente dentro», ha ciangottato il governatore. «Siamo newyorkesi, quindi siamo aggressivi su questo problema, siamo anche ambiziosi a tale riguardo (…) Ci rendiamo conto che il cambiamento non soltanto è imminente, ma può essere veramente un amico se facciamo le cose come vanno fatte. »

L’ispirazione per queste vibrazioni insolitamente positive veniva dalla visita in video dell’ex CEO di Google Eric Schmidt, che si è unito al briefing del governatore per annunciare che sarà a capo di un panel per reinventare la realtà post-Covid dello Stato di New York, con un’enfasi sull’integrazione permanente della tecnologia in ogni aspetto della vita civile.

«Le priorità di ciò che stiamo cercando di seguire» , ha dichiarato Schmidt, «riguardano la sanità a distanza, l’apprendimento da remoto e la banda larga (…) Dobbiamo cercare soluzioni che possano essere usate adesso e poi accelerate per utilizzare la tecnologia e per fare le cose al meglio». Per non avere dubbi sul fatto che gli obiettivi dell’ex presidente di Google fossero del tutto benevoli, il suo sfondo video presentava una coppia di ali d’angelo d’oro incorniciate.

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micromega

Homo homini virus? Spazio urbano e disuguaglianze in tempo di pandemia

di Nicolò Bellanca

GettyImages 1202557009 800x533Nel ragionare sugli scenari post-pandemia, ciò che accadrà nelle città è decisivo. Non soltanto perché il 55% della popolazione planetaria è urbanizzato; né soltanto perché dalle città proviene il 75% del PIL globale, ottenuto consumando più di due terzi dell’energia e provocando il 70% delle emissioni inquinanti.[1]Ma anche e soprattutto perchénei contesti urbani è più facile, relativamente a contesti nazionali o sovranazionali,impostare e condurre grandi battaglie a favore dell’eguaglianza.

Questa tesi non è banale e, per (provare a) dimostrarla, occorrerebbe scrivere un intero libro.[2]Qui essa sarà saggiata lungo due tappe espositive: nella prima, illustreremo che cosa è successo nel corso della pandemia; nella seconda, valuteremo la portata di alcune idee e sperimentazioni sociali, che in anni recenti hanno cercato di realizzare forme radicali di rigenerazione urbana.

Le misure di “distanziamento sociale”, o meglio di “isolamento spaziale”, sono state il modo più diffuso per contenere il contagio virale. Ma se, assecondando questo approccio, ognuno di noi deve allontanarsi dagli altri, in quanto gli altri possono contaminarlo, il contesto più pericoloso dal quale fuggire è quello in cui massimamente si addensano le relazioni intersoggettive: la città. La ragione è apparentemente ovvia: accatastare le persone l’una sopra l’altra in palazzi e uffici, e imballarle in bus e vagoni della metropolitana, crea un terreno fertile ideale per le malattie trasmissibili.[3]In termini di filosofia sociale, la pandemia è stata quindi affrontata con il criterio per cuiHomo homini virus(l’uomo è veleno per l’uomo): la forma d’intervento più appropriata, per “svelenire” la società, consiste nello spezzare o almeno nel sospendere i nessi tra le persone, e tra le persone e i luoghi di vita.

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labottegadelbarbieri

Dio non gioca a DAD

di Francesco Masala

Con a seguire articoli di Giovanni Carosotti, Rossella Latempa,  Davide Viero, Martina Di Febo, Paolo Mottana, Enrico Euli, Federico Bertoni, Giorgio Agamben

100Le lodi delle magnifiche sorti e progressive della didattica a distanza le lascio fuori da questo spazio, perché a essere larghi, di tutte le considerazioni possibili, quelle a favore sono al massimo il 5%.

Sento già gli entusiasti della dad (sempre minuscola) fremere, chi si contenta frema e goda.

Mi ricordano quei chirurghi che, alla domande dei parenti del malato, rispondono che l’operazione è andata bene, ma il paziente è morto.

Per la dad è lo stesso, l’operazione, per chi voleva guadagnare, in tutti i sensi, è andata bene, peccato che la scuola è morta, per quest’anno.

Ho avuto accesso ai risultati di un questionario inviato alle studentesse e studenti delle scuole superiori.

Indico alcune risposte significative.

Alla domanda che cosa ti piace di più della dad le risposte più frequenti sono state: non devo uscire e sto a casa in pigiama, e poi si studiano molte meno cose che a scuola.

Chiunque può capire perché qualcuno ami la dad, motivi chiaramente di ordine culturale, non ci sono dubbi.

Alla domanda se è più facile imbrogliare i docenti a scuola o con la dad, il 99,9% delle studentesse e degli studenti (senza mettersi d’accordo) risponde che con la dad è più facile imbrogliare (quale docente non ha visto ombre di genitori, gli occhi verso il telefonino o il libro, se la videocamera era accesa?)

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doppiozero

La società giusta di Thomas Piketty

di Francesco Guala

tumblr ly7rorh4671qk0go1o1 12801Nel corso della storia le guerre e le epidemie hanno periodicamente sconvolto le strutture economiche e sociali create dall’uomo. Secondo la maggior parte degli studiosi questi shock hanno avuto un effetto sia distruttore che equilibratore, spazzando via enormi ricchezze e quindi riducendo le disuguaglianze accumulatesi nel tempo. Oggi non sappiamo ancora quali saranno gli effetti del Coronavirus. C’è chi sostiene che i ricchi sono meglio attrezzati ad affrontare gli sconvolgimenti innescati dal contagio, e che quindi le disuguaglianze aumenteranno ulteriormente nel prossimo futuro. Altri invece intravedono la possibilità che una società più giusta ed equilibrata possa emergere dalla crisi.

Thomas Piketty è uno di questi. Circa sette anni fa usciva nelle librerie di mezzo mondo la traduzione di un voluminoso libro intitolato Il capitale nel ventunesimo secolo. Sarebbe diventato uno dei fenomeni editoriali del decennio, con centinaia di migliaia di copie vendute, elogiato da celebrità e premi Nobel. Nonostante le dimensioni (circa mille pagine), Il capitale nel ventunesimo secolo è un esempio interessante di scienza sociale accessibile al lettore medio. Utilizzando decine di grafici e pochissima teoria, Piketty sostiene una tesi molto semplice: dopo un periodo di declino nella parte centrale del ventesimo secolo, la disuguaglianza nell’accumulazione del capitale, all’interno della maggior parte dei paesi del mondo, è tornata ad aumentare in maniera vertiginosa, e continuerà a farlo.

Nel contesto della recessione seguita al crollo dei mercati finanziari, il successo del Capitale nel ventunesimo secolo non è difficile da spiegare. Il messaggio principale — la disuguaglianza è aumentata molto — è accompagnato da un’altra tesi largamente condivisa: la disuguaglianza è aumentata troppo, e dobbiamo intervenire rapidamente per invertire o almeno fermare questo trend.

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autaut

Andrà tutto… come prima

di Alessandro Di Grazia

StranamoreAl punto in cui siamo dire ancora qualcosa di sensato sulla pandemia appare cosa piuttosto impervia. Approfitto di questo intervento leggermente fuori tempo per fare qualche riflessione che esula necessariamente, viste le mie scarsissime competenze, dal piano strettamente epidemiologico e sanitario.

Al di là dei tentativi di identificare alcuni nodi che hanno caratterizzato questo tempo – penso ad Agamben, a Esposito o a Badiou solo per citare alcuni esempi significativi – cercherei piuttosto, al netto delle emergenze, dei numeri e delle curve di diffusione, di cogliere alcuni aspetti sintomatici.

Il cosiddetto lockdown, ha fatto emergere infatti certi discorsi che hanno attraversato non solo i politici, che di professione si incaricano di utilizzare determinate retoriche, ma soprattutto la società civile e l’opinione pubblica, e che hanno messo in luce un diffuso sentimento di disagio per il nostro stile di vita.

La quarantena ha obbligato un po’ tutti, eccetto ovviamente chi svolge le professioni sanitarie, a riconsiderare criticamente la dinamiche in continua accelerazione della nostra vita, cosa che comporta una certa dose di iniquità. Una sorta di strisciante mistica della lentezza ha così invaso le nostre menti, tanto da farci considerare il virus oltre che un pericolo, anche come un’occasione provvidenziale, un aiuto a riumanizzare le nostre giornate.

Su una direttrice affine si sono articolate le riflessioni che hanno evidenziato il nesso tra abusi ambientali e insorgenza della pandemia. Per l’ecologismo, e non solo, questo evento era atteso.

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nuovadirezione

Il welfare nella pandemia e dopo la pandemia

di Paolo Borioni

body covidasrggerwr5t 1Se vi è una chiara e durevole eredità nel contagio pandemico è la rinnovata dimostrazione di quanto il welfare, la sicurezza, la condivisione dei rischi e il rilancio economico siano interconnessi. Una pandemia simile, che ha condotto già alla stasi l’economia mondiale per un anno intero, rischia di avere conseguenze di lungo periodo nel senso di livelli di crescita nulli o irrilevanti. La realtà che, senza mutamenti drastici, potrà proporsi è l’effetto combinato di un passato a bassa crescita, dello shock da virus, del sempre possibile ritorno del contagio e del protrarsi, per quanto sempre più ridotto, delle misure anti-virus.

A questo va aggiunto che, dopo il momento, ancora lontano, in cui il contagio potrà dirsi scongiurato, attendono i medesimi assetti sociali prodotti dall’economia di questi decenni: ceti dipendenti e medi con capacità di spesa e sicurezze vilipese. Ciò perché, nel momento in cui ufficialmente scatterà il dopo-pandemia, ci attenderà pur sempre una globalizzazione concentrata sul motore dell’apertura dei mercati, ma dimentica dell’altro motore ancora più fondamentale costituito dalla somma delle domande interne. In aggiunta, va scongiurato che lo sviluppo, dopo il Covid, dimentichi l’altra e maggiore sfida, che è quella climatica e ambientale. Ad esempio, l’ansia potrebbe condurre verso una disastrosa esplosione del trasporto privato.

Per nuova egemonia del welfare va dunque inteso non solo il grande potenziamento, come diremo ampiamente, di una sanità che sconfigge le ansie, ma anche la scelta strategica più generale per il consumo pubblico, senza escludere i trasporti.

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officinaprimomaggio

Lo sguardo del drone su Milano

di Sergio Bologna

bo875Demolire il mito del “modello Milano”. Sembrerebbe una buona cosa, se fatta con ragionamenti di spessore in grado di recuperare quella stagione irripetibile di pensiero critico al quale alcuni docenti della Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano hanno dato il loro contributo negli anni Settanta con la rivista Quaderni del territorio. Aggredire il “modello Milano” con superficialità fa soltanto il gioco di quelli che hanno governato la città nei suoi periodi più bui. Si viene indotti a queste riflessioni da un lato da certe prese di posizione (v. l’articolo di Lucia Tozzi su Lo stato delle città, n. 3, ottobre 2019), dall’altro da letture come Against Urbanism di Franco La Cecla che, pur mettendo in risalto alcuni percorsi perversi delle politiche urbane e la mitologia degli “archistar”, è ancora largamente insufficiente ad affrontare determinate problematiche tipiche degli spazi metropolitani.

Probabilmente lo sguardo dell’urbanista ha acquistato la valenza di “sguardo generale” alla fine dell’Ottocento, quando i piani regolatori urbani hanno iniziato a fare scuola e quindi i suoi criteri di giudizio si sono poco alla volta imposti come scienza della città e della società che la vive. È indubbio che molte trasformazioni sociali nella città possono essere ricondotte a scelte urbanistiche, è indubbio che la disposizione dell’abitare determina in maniera notevole le stratificazioni sociali ma è altrettanto vero che l’epoca che stiamo attraversando, in particolare l’epoca che ha visto la nascita dell’informatica e di Internet, ha prodotto degli agenti di trasformazione sociale che sembrano assai più potenti del fattore urbanistico nel cambiare le persone e il loro modo di pensare e di agire.

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scienzainrete

Sorvegliare e pulire: eccessi da sanificazione

COVID-19/Epidemiologia

di Donato Greco

covid pulire sorvegliarePaura del contagio da superfici, oggetti, tastiere di computer, borse della spesa, abiti… Una certa giustificazione c’è: ottimi lavori scientifici dimostrano che, in condizioni sperimentali controllate, il maledetto SARS-CoV-2 riesce a sopravvivere per un certo tempo [1-2-3]. E tuttavia, la probabilità di infettarsi toccando superfici, tastiere, maniglie, sedili è infinitamente piccola, risibile nella vita reale.

Anche una certa logica scientifica c’è: SARS-CoV-2 è un virus a trasmissione respiratoria e col suo respiro un infetto, anche asintomatico, emette miliardi di quegli ormai famosissimi droplets, le microgoccioline di vapore acqueo che possono anche veicolare cellule epiteliali del nostro apparato boccale, cioè un epitelio in continuo rinnovamento. Queste goccioline restano sospese nell’aria per un certo tempo per poi cadere a terra o sulle superfici che circondano l’infetto. Alcune di queste goccioline contengono anche cellule dove è attiva la replicazione del virus.

Così, un malcapitato può avere la sfortuna di raccogliere con le mani queste goccioline fresche, prima che si disidratino con la conseguente morte del loro contenuto. E tuttavia, raccoglierle con le mani ancora non garantisce l’infezione al malcapitato, nemmeno se si mette le mani in bocca: infatti il virus non si trasmette per via cutanea né per via orale, basta la saliva a farlo fuori! Tuttavia il nostro sfortunato cittadino potrebbe creare inavvertitamente un aerosol sbattendo le mani (o in altro modo a me sconosciuto) o, meglio ancora, potrebbe sfregarsi gli occhi, allora sì permettendo l’introduzione nel suo organismo di cellule ancora vive (ma quante?). Insomma infettarsi raccogliendo il virus da una superficie richiede una sequenza di improbabili eccessive, sfortunatissime, rare combinazioni.

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sbilanciamoci

Covid ed economia: ciò che si sa, ciò che ci aspetta

di Vincenzo Comito

Dalla caduta del Pil all’aumento del debito, della povertà e delle disuguaglianze, fino alle trasformazioni del lavoro, della produzione e dei mercati internazionali: ciò che sta succedendo nel mondo a causa della pandemia. E ciò che possiamo ragionevolmente attenderci nel prossimo futuro

coronavirus economia di guerraDa diversi mesi si moltiplicano gli scritti sulle conseguenze del coronavirus: si diffondono le previsioni, si moltiplicano appelli, speranze o previsioni più o meno negative. Nessuno può veramente sapere cosa succederà nei prossimi mesi e anni. In questo contributo ci limiteremo a individuare alcuni, e solo alcuni, tra i fatti economici e sociali che stanno accadendo e che è molto probabile che accadano nel prossimo futuro.

 

Caduta del Pil, disoccupazione, povertà

Il Pil. È indubbio che il Pil di moltissimi paesi cadrà ulteriormente nei prossimi mesi, e ancora forse nei prossimi anni, sino al caso probabilmente estremo, almeno nel breve termine, dell’India, paese per il quale Goldman Sachs stima come plausibile una riduzione del Pil del 45% nel secondo trimestre del 2020. L’economia del Sudafrica dovrebbe contrarsi del 23,5% nello stesso periodo, secondo la banca Absa. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, la Fed valuta che una ripresa piena dell’economia ci sarà soltanto verso la fine del 2021. È poi noto che per l’Italia le previsioni sono di una caduta del Pil nel 2020 intorno al 9,5%, mentre per l’Eurozona in generale, secondo la BCE, dovrebbe oscillare tra l’8% e il 12%.

La Banca Mondiale stima che, a livello mondiale, il Pil si ridurrà del 5% nel 2020 (Wheatley, 2020). Faranno plausibilmente eccezione alcune realtà asiatiche, dalla Cina alla Corea del Sud, paesi che, avendo vinto rapidamente il virus, sono ora in rilevante ripresa, sia pure ancora con qualche problema qua e là. Notizie molto recenti ci dicono poi che, almeno in Europa, si assiste con lo scoppio della pandemia a un forte aumento dei risparmi delle famiglie, una misura precauzionale che potrebbe però contribuire a rallentare la ripresa.

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sollevazione2

Covid-19, la verità

di Marcello Teti*

SALVEZZA 768x501Premessa

L’uso sistematico della disinformazione strategica, nei riguardi dell’epidemia da coronavirus, è stato lo strumento più importante per riuscire a creare l’attuale clima di paura e di micidiale insicurezza nella popolazione. Una vera e propria epidemia di informazioni artatamente subdole, ambigue, spesso appositamente gonfiate, altre volte false, surrettizie, subliminali. Quasi sempre prive di ogni fondamento razionale, prima ancora che scientifico. Una campagna martellante di notizie date con lo scopo di pompare dosi sempre più massicce di paura e di angoscia in una opinione pubblica atterrita, incapace di distinguere e fare un minimo di scelte critiche. Che accetta ormai supinamente ogni imposizione, ogni sopraffazione dei suoi diritti, quando non è essa stessa addirittura a chiedere ancora più restrizioni. Una sorta di “infodemia” ben più grave della modesta epidemia in atto, la cui sorgente di infezione è proprio il Governo e la sua vasta corte di tecno-scientisti a caccia di fama, potere e lauti guadagni. In verità, senza questi mestatori, millantatori di pseudo verità scientifiche, difficilmente si sarebbero potute creare le condizioni per ingenerare una psicosi collettiva così irrazionale. Va aggiunto subito anche il ruolo decisivo che hanno svolto i grandi mass-media (giornali, tv nazionali e locali, radio, ect) nel creare la situazione surreale che stiamo vivendo da quattro mesi a questa parte. Con grande compiacenza, essi hanno amplificato a dismisura la pletora di informazioni distorte e tendenziose, quando non le hanno inventate direttamente essi stessi.

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mondocane

Operazione Virus, tocca ai millenials

Pedagogia Nuova: battezzati, mascherinati, vaccinati

di Fulvio Grimaldi

file:///C:/Users/Fulvio/Desktop/Mascherine%20minori.pdf Per primissima cosa, in linea con l’argomento del pezzo, vi invito vivamente a leggere questo appello in difesa dei minori aggrediti dall’operazione virus.

https://youtu.be/rvNMLEK_XW0 Paolo Rossi “Era meglio morire da piccoli”

bimba mascherinaFuori i mocciosi! O dentro!

Di occasioni per parlare della guerra di sterminio agli anziani, condotta dagli apostoli del Messia Coronavirus, ce ne sono state offerte fin troppe, sostenute dall’abbagliante evidenza della considerazione in cui venivano tenuti questi soggetti, inutili, costosi, improduttivi, spesso acrimoniosi e, oltre tutto, depositari di insidiose memorie. Molte di meno ne abbiamo avute per misurare il grado di ostilità impiegato per liberarsi di un’altra categoria di umani costosi, parassitari e spesso smanierati: i mocciosi.

Non è la prima volta, se partiamo dall’episodio della strage degli innocenti di Erode che ci hanno rifilato quelli della bibbia e che si emula ininterrottamente, fino all’uranio sui bimbi iracheni e serbi, fino al fosforo sui ragazzetti di Gaza, ai massacri dell’Isis in Siria, alle sanzioni ai bambini di mezzo mondo. Ma una frode così colossale, come quella inflitta da una branco di lupi (chiedo scusa ai lupi veri) a uno sconfinato gregge di pecore (chiedo scusa alle pecore vere), a me pare ci sia stato solo una volta, circa duemila anni fa, quando al pensiero molteplice, tollerato, produttivamente e felicemente dibattuto, ci venne imposto con il trucco, il raggiro e una violenza sanguinaria come mai prima nella storia umana, il pensiero unico ancor prima che l’esserino umano avesse un pensiero..

Uno spirito acuto ha detto che a Osama bin Laden hanno sostituito il Sars-Cov-2, riferendosi alle misure autoritarie e riduttrici dei diritti civili assunte per la cosiddetta “Guerra al terrorismo” (leggasi “guerra all’umanità”), una guerra che vedeva riuniti, da un lato, Stati e loro terroristi e dall’altro Stati e popoli vittime, con tra queste ultime in primissima posizione bambini e adolescenti.

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istitutoitalstudifil

Se non ora, quando? Quattro punti per l’università

di Federico Bertoni

2a0f7ca5d11b9dcfd75558a39ae144f8 XLIn questi giorni riaprono perfino le palestre, con energumeni sudati che sprigionano umori in ambienti chiusi. Ma scuole e università no, ci mancherebbe: classi pollaio, insegnanti anziani, piani di ripresa mai stilati, rischi e timori del tutto indeterminati. E in fondo che fretta c’è? Che diavolo volete? Tanto non producete reddito, lo stipendio vi arriva lo stesso e una lezione si può fare anche attraverso il computer, mentre uno spritz o una corsa sul tapis-roulant (ancora) no. Così il senso comune traveste da ragioni tecnico-economiche un dato primariamente politico, in cui l’ossessione securitaria di oggi si fonde con il mirato, sistematico svilimento delle istituzioni formative che sta massacrando scuola e università da almeno due decenni. E allora teniamole proprio chiuse, queste pericolose istituzioni, perché tanto si può fare lezione da casa: magari anche in autunno, e poi tutto l’anno prossimo, come ha già annunciato la gloriosa università di Cambridge, e poi chissà. Così potremo realizzare il sogno della preside Trinciabue, in un corrosivo romanzo di Roald Dahl: «una scuola perfetta, una scuola finalmente senza bambini!».

Di cosa significhi insegnare nell’era del Covid-19 si sta discutendo da mesi, strappando faticosamente piccole porzioni di un dibattito pubblico monopolizzato da virologi superstar e dilettanti allo sbaraglio. Da parte mia, ho cercato di farlo in un e-book gratuito pubblicato da Nottetempo, Insegnare (e vivere) ai tempi del virus, mentre si moltiplicano gli interventi su blog, social e anche giornali mainstream. Torno dunque sulla questione per fissare solo quattro punti sintetici, conclusi da altrettanti impegni ad agire subito (in corsivo). E se non ora, quando?

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roars

Per un approccio critico alla DAD

di Fernanda Mazzoli

DADLa didattica a distanza, partita alla fine di febbraio con tanta buona volontà da parte dei docenti e, inevitabilmente, non poca improvvisazione, si è trasformata in un treno lanciato a gran velocità sui binari della scuola del futuro, senza nemmeno il tempo di un rodaggio che ne valuti la solidità e la tenuta di strada. Da modalità emergenziale, cui ricorrere per non interrompere la relazione educativa con gli studenti, è stata già promossa a modalità ordinaria da assumere per imboccare la via virtuosa dell’innovazione, anche quando cesserà quello stato d’eccezione che ne ha giustificato l’uso.

L’utilità della didattica a distanza, partita alla fine di febbraio con tanta buona volontà da parte dei docenti e, inevitabilmente, non poca improvvisazione, si è trasformata nel giro di appena due mesi, senza nemmeno avere avuto il tempo di un rodaggio che ne valuti la solidità e la tenuta di strada, in un treno lanciato a gran velocità sui binari della scuola del futuro. Peccato che, sotto la spinta di venti fortissimi, rischi di deragliare per avere preso il binario sbagliato: da modalità emergenziale, cui ricorrere per non interrompere la relazione educativa con gli studenti in questa precisa situazione indotta dall’epidemia da Covid 19, è stata già promossa a modalità ordinaria da assumere per imboccare la via virtuosa dell’innovazione, anche quando cesserà quello stato d’eccezione che ne ha giustificato l’uso.

Malgrado la notevole capacità di reagire ad una circostanza eccezionale dimostrata oggi dagli insegnanti e nonostante il profluvio di riforme di cui è stata teatro negli ultimi decenni, la scuola, per la composita squadra di esperti dell’educazione a vario titolo che occupano la scena pubblica, rimane sempre indietro, non è mai all’altezza delle aspettative che la società le assegna di volta in volta, deve continuare a dimostrare la sua disponibilità ad adeguarsi alle richieste che premono da tutte le parti, anche in modo contraddittorio.

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stamptoscana

Dopo Covid, “Rischi di esplosione delle disuguaglianze”

Stefania Valbonesi intervista Joseph Halevi

GettyImages 1185142823Sulle prospettive del dopo Covid, Stamptoscana si rivolge all’economista Joseph Halevi. Halevi è nato a Haifa nel 1946 da madre lucchese e ha studiato a Roma, dove si è laureato nel 1975 in filosofia con una tesi in economia. Sempre nel 1975 ha lasciato l’Italia e ha insegnato economia alla New School for Social Research a New York e alla Rutgers University nel New Jersey. Ha anche insegnato per svariati anni alle Università di Grenoble, di Nizza e di Amiens. Nel periodo compreso fra il 1990 e il 2012 è stato collaboratore del Manifesto. Dal 2009 insegna economia nel programma Master di giurisprudenza presso l’ International University College a Torino.

* * * *

D. Quale sarà il problema o i problemi più immediati che dovremo affrontare nella fase del dopo coronavirus?

R. La risposta dipende molto dall’angolatura con cui si guarda a tutta la vicenda del Covid 19. Partirei da una visione che combini sia la dimensione di classe che quella strutturale che specificherò dopo una breve premessa. L’aspetto economico principale di questa crisi consiste nel fatto che è la prima vota che il sistema si blocca sia dal lato della produzione, cioè dell’offerta, che dal lato della domanda. Il blocco della produzione ha a sua volta prodotto il blocco degli investimenti che, sommato ai licenziamenti di massa, ha fatto precipitare le economie occidentali in una recessione molto simile ad una grande depressione.

Questo è successo nei paesi sviluppati. Le ripercussioni su quelli molto più poveri che, in maniera mistificante, vengono chiamati mercati emergenti, sono state disastrose. Le catene di valorizzazione – già meccanismi di sfruttamento acuto negli ‘emergenti’ e di precarizzazione del lavoro nei paesi ‘avanzati’ – si sono a loro volta disarticolate sia sul piano produttivo che su quello finanziario.

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paginauno

Anni Settanta: Operazione "Blue Moon"

di Afshin Kaveh

Schermata del 2018 01 10 10 20 14Folle è l'uomo che parla alla luna. Stolto chi non le presta ascolto.
William Shakespeare

Con due gocce d'eroina s'addormentava il cuore.
Fabrizio De André

Lo spettacolo è il discorso ininterrotto che l'ordine presente tiene su se stesso, il suo monologo elogiativo. E' l'autoritratto del potere all'epoca della gestione totalitaria delle condizioni di esistenza.
Guy Debord

A prescindere dal nome velatamente romantico, il quale potrebbe rievocare una fuorviante prosa shakespeariana, l’Operazione Blue Moon, condividendo alla lontana la sola tragicità del drammaturgo, è stata la deliberata e massiccia diffusione dell’eroina in Italia, con sapiente gestione del mercato delle droghe soprattutto da parte del blocco dei servizi segreti occidentali con l’avvallo di molteplici organi istituzionali, in un determinato scenario storico quale era quello degli anni ’70, caratterizzato dal forte impatto di un conflitto politico e sociale scaturito da quella che, tra i paesi europei, può essere vista come la più lunga e intensa stagione del Sessantotto e delle sue ramificazioni.

Mi è già capitato di citarla, seppur fugacemente, in un precedente articolo sulla droga, allo stesso modo in cui gli ho anche dedicato il capitolo conclusivo di un libro.

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chefare

La bolla dell’overtourism si è sgonfiata, ma tornerà presto a crescere

Giuliano Battiston intervista Marco d’Eramo

unnamed0969356Diffida degli annunci di palingenesi sociale, Marco d’Eramo, saggista e autore de Il selfie del mondo. Indagine sull’età del turismo. L’idea che dopo la pandemia il mondo dovrà necessariamente cambiare, e in meglio, gli appare ingenua. Così anche l’idea che la pandemia possa trasformare un’economia intrinsecamente espansiva come quella turistica, riconducendola dentro parametri di sostenibilità sociale ed ecologica. La bolla dell’overtourism si è sgonfiata, ma tornerà presto a crescere. Presto torneremo a consumare il pianeta, le città globali quanto gli angoli più sperduti. Perché “anche chi si estasia per il canto degli uccellini in città sbava per andare in aereo, riprendere l’automobile e lasciare dietro di sé tracce chimiche”. E “il più grande esperimento di ingegneria sociale della storia” – quello in cui siamo immersi a causa della pandemia – “verrà presto dimenticato”.

* * * *

Un “guscio vuoto”, un “fondale di teatro” sul quale viene messo in atto lo spettacolo del turismo. È così che ne Il selfie del mondo descrive Roma, città devota al turismo che nelle ultime settimane, come molte altre, si è trasformata a causa della pandemia. Che impressione le fa vedere le quinte vuote?

L’immagine di Roma che abbiamo visto nelle scorse settimane rimane dentro l’immaginario turistico, e rimanda alla parte del mio libro sulla coscienza infelice del turista, il quale vuole sempre stare dove non ci sono altri turisti, dove non c’è lui. La sua massima ispirazione è stare dove non ci sono altri suoi simili, ma è impossibile. La Roma che si presenta ai nostri occhi è dunque doppiamente turistica, una sorta di spiaggia dei Caraibi dalla sabbia fine e immacolata, finalmente deserta, ma talmente deserta da non poter accogliere neanche gli abitanti. Riflette la stessa contraddizione del turismo in generale.

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infoaut2

Necessità e urgenza di una critica politica della scienza medica

di Silvio D’Urso

Ospitiamo con interesse questo testo di Silvio D’Urso, con la collaborazione di Marco Piccininni, che sottolinea la necessità di un'indagine sulla scienza medica, evidenziando come dietro l'ideologia della presunta "oggettività" di essa, vi siano in realtà interessi di classe contrapposti. Buona lettura!

19313edd90a46262aa8cb353a2bb2855 XLLe nuove norme inerenti la riapertura delle attività commerciali, di cui Conte ha parlato nelle sue ultime conferenze stampa, sanno di Fase 2 che precipitosamente si trasforma in Fase 3 e di un’ostinata volontà di tornare - a tutti i costi - alla vita “di prima”. Conte ci assicura che questa decisione è stata presa sulla base di un “rischio calcolato” in maniera scientifica, ma chiaramente in questo calcolo la tutela di un sistema economico iniquo e criminale, ha giocato un ruolo fondamentale. Le decisioni sulle nostre vite vengono elaborate e prese nel campo del dibattito scientifico e medico, lontane da noi e dalla nostra comprensione, sacrificando la salute sull’altare del profitto. Questo momento storico lancia una sfida precisa ai comunisti: elaborare una critica politica della scienza medica che sia rigorosa e all’altezza della fase.

Noi comunisti sappiamo bene che, se vengono chiesti dei sacrifici, questi non vengono chiesti nell’interesse di tutti, ma avendo a cuore la salvaguardia di un sistema politico ed economico ormai al collasso. Questa nostra consapevolezza, però, confligge con l’apparente univocità del discorso scientifico che viene impiegato per legittimare eventuali modi di gestione dell’emergenza. Nei proclami di questo o quell’esperto non si fa menzione di alcun interesse di classe, si parla solo di ciò che va fatto per il bene di tutti. Ebbene, se non possiamo accettare acriticamente una presunta neutralità del punto di vista scientifico, non possiamo nemmeno opporci ad esso con uno scetticismo incondizionato e settario.

L’autorità degli esperti non deriva, infatti, dalla loro personalità o da un grande carisma, né si può vedere nella scienza una pura espressione della soggettività o un semplice prodotto dell’ideologia dominante.

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attac

Bergamo: riflessioni dal centro della tempesta perfetta

di Marco Noris*

bergamo marco noris danza macabra Nel balletto delle cifre sapremo mai il reale numero dei morti causati dal Covid-19? Difficile da stabilire. Possiamo, però dare qualche dato relativo, cercare di paragonare le situazioni. L’Italia appare la nazione al mondo più colpita dal virus, la Lombardia che conta circa 1/6 della popolazione del Paese detiene il triste primato del numero dei morti: più o meno la metà di tutti i morti d’Italia. All’interno di questa regione, la provincia di Bergamo detiene il record di decessi, circa la metà di tutti i decessi regionali per Covid-19. Insomma, la Bergamasca, una provincia di circa 1.100.000 abitanti, ha pressappoco gli stessi morti della Germania che di abitanti ne ha oltre 83.000.000. Non esistono particolari predisposizioni al contagio da parte dei Bergamaschi rispetto al resto del mondo, né le caratteristiche genetiche dei Bergamaschi sono poi così diverse rispetto a quelle degli altri abitanti del Paese o dell’Europa. Quindi le spiegazioni dovranno essere ricercate altrove e forse varrebbe la pena iniziare a fare almeno alcune congetture. Questa ricerca, ovviamente, non può essere esaustiva, sarà lunga e laboriosa né si potrà ridurre alla ricerca di una sola causa: sicuramente per la Bergamasca hanno influito diversi fattori ma sarà altresì importante capire se e come questi diversi fattori siano indipendenti tra loro e la loro contemporanea concomitanza sia il frutto del fato, oppure, come vuole la probabilità, tali fattori non siano tra di loro concatenati e interdipendenti.

Per cercare di orientarsi nel dedalo delle congetture e della notizie è bene fare ordine e procedere per punti.

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sollevazione2

L’ultimo uomo

di Mauro Pasquinelli

codice a barre 768x501Genesi e finalità della pandemia

Non e’ scopo di questa riflessione stabilire se la pandemia sia stata artificialmente creata dai nuovi padroni del mondo, o emerga spontaneamente dal caos della devastazione criminale della natura. Sia come sia l’imputato numero uno e’ il capitalismo, vuoi nella forma neo-liberista occidentale, vuoi in quella statalista cinese. Sia come sia la Pandemia e’ la nuova tecnica “miracolosa” per far si che il servo interiorizzi i comandi del Signore.

Se anche fosse, ma nessuno puo’ dirlo con certezza, che il virus sia stato modificato in un settore del laboratorio OMS di stanza a Wuhan, controllato da Inglesi e Americani, resta il fatto che la Cina e’ reticente e quindi complice, correa nel crimine.

La complicita’ tra neoliberisti e statalisti si realizza ugualmente se ipotizziamo, che la pandemia sia una falsa pandemia, utile ad entrambi i capitalismi per perfezionare e collaudare nuovi dispositivi di disciplinamento sociale. Ma lo e’ anche se ipotizziamo, al contrario, che il virus sia realmente presente, devastante ed espressione, come affermano i piu’ attenti ecologisti, del Global Warming, della deforestazione che restringe gli spazi di molti animali portatori del virus, e che annulla il naturale distanziamento tra loro e l’uomo.

In ogni caso e detto in termini marxiani, la pandemia pone sul banco degli imputati tout court il modo di produzione capitalistico, cioe’ un modello economico e sociale predatorio ed invasivo, nemico della salute pubblica, giunto per auto-combustione alla sua fase terminale e suicidaria.

Ci sono due laboratori dove si puo’ analizzare la pandemia, quello medico e quello politico sociale. Non essendo virologo posso solo inoltrarmi nel secondo campo.

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carmilla

Pandèmoni, pandementi e ciò che si deve fare

di Nico Maccentelli

Bosch8331. Cosa non ha funzionato?

In questi ultimi tre mesi la vita di gran parte della popolazione mondiale è stata letteralmente stravolta dall’irruzione della pandemia da Covid-19. Tra proibizioni, quarantene, forme di controllo sociale iper-tecnologiche, bastonate, a seconda del paese, questa nuova realtà è subentrata a quella precedente all’improvviso creando panico sociale. Al tempo stesso le autorità e i media hanno cercato di spacciare i provvedimenti presi come inevitabili e i migliori possibili. Ma in realtà, se solo ci soffermiamo sulle modalità con cui per esempio il nostro governo ha affrontato questa pandemia, dobbiamo renderci conto che quello che è stato fatto sui cittadini italiani è un vero e proprio TSO di massa, con controlli polizieschi ossessivi, divieti di spostamento, sanzioni ad cazzum, a seconda dei tiramenti dei tutori dell’ordine che incontravi.

Prendiamo allora il Giappone, paese con una cultura della gerarchia piuttosto spiccata. Lì le cose stanno andando diversamente: ai cittadini nipponici è stato indicato, non ordinato, di evitare assembramenti e di uscire di casa il meno possibile e con attenzione. Trattando la gente come cittadini appunto, non come dei bambini imbecilli da criminalizzare. Sulle singole situazioni la polizia è intervenuta informando e invitando a evitare comportamenti rischiosi. Questo fa uno stato civile. Ma l’Italia abbiamo visto civile non è. E si è posta come la capofila di un “sorvegliare e punire” nel mondo occidentale, il laboratorio sociale di un vero e proprio stravolgimento antropologico del tessuto delle ordinarie relazioni sociali e interpersonali.

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ilponte

Cambio di stagione

di Lanfranco Binni

ciechiUna diagnosi sbagliata?

Mi ha colpito molto un articolo, breve e clamoroso, pubblicato dalla microbiologa e virologa Maria Rita Gismondo, una voce fuori dal coro, nella sua rubrica “Antivirus” su «il Fatto Quotidiano» del 3 maggio, e ancora di più mi ha colpito il silenzio che gli è stato riservato dai competenti tecnico-scientifici della medicina di potere e dai media. Riporto integralmente il testo:

Questo virus non finisce di stupirci. Per due mesi abbiamo rincorso i posti letto in rianimazione, abbiamo parlato di polmonite interstiziale: oggi le autopsie ci fanno scoprire ben altro. Al Sacco di Milano e al Papa Giovanni XXIII di Bergamo ne sono state eseguite 70. È venuto fuori che la polmonite è un sintomo successivo, e forse anche meno grave, di quello che il virus provoca nel nostro organismo. Questa ipotesi era già stata avanzata dal dottor Palma, cardiologo di Salerno, tra le critiche dei soliti soloni mediatici: SarsCoV2 colpisce soprattutto i vasi sanguigni, impedendo il regolare afflusso del sangue, con formazione di trombi. La polmonite ne è una delle conseguenze. Nella terapia di questi pazienti, ci siamo quindi focalizzati su uno e forse non il principale meccanismo patogeno del virus. I pazienti deceduti, al netto di altre patologie pregresse, avrebbero sofferto le conseguenze delle prime diagnosi sbagliate. Covid19 è una malattia vascolare sistemica. I polmoni non possono ventilare, malgrado l’insufflazione forzata di ossigeno, perché non vi arriva sangue. Addirittura i respiratori avrebbero peggiorato l’esito della malattia. L’ipotesi italiana è oggi confermata anche dagli Usa. Questa nuova conoscenza porta a una vera rivoluzione. La prima osservazione per fare diagnosi è quindi il livello di infiammazione. E i farmaci con cui intervenire immediatamente sono quelli che possono prevenire o curare infiammazione e formazione di trombi. Tutti farmaci già in uso e a basso costo. Chiuderemo definitivamente le terapie intensive Covid19?

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labottegadelbarbieri

L’insostenibile pesantezza della didattica a distanza

Per una scuola libera e viva (dentro e fuori le mura)

di Giovanni Carosotti, Rossella Latempa, Renata Puleo, Andrea Cerroni, Gianni Vacchelli, Ivan Cervesato, Vittorio Perego

Con interventi di Umberto Curi, Fiorella Farinelli, Mirco Pieralisi. Walter Lapini, Maria Chiara Acciarini, Alba Sasso, Giuseppe Caliceti, Teodoro Margarita, Giovanni Carosotti, Rossella Latempa, Renata Puleo, Andrea Cerroni, Gianni Vacchelli, Ivan Cervesato, Vittorio Perego, Stefano Bertoldi, Anna Polo, Nicola Giua; (i siti da cui sono ripresi sono in calce a ogni articolo); le vignette sono di Lopez, Quino e Schulz

19 300x300Premessa

Lungi dall’essere un’opportunità per cambiare paradigma, come alcuni sembrano suggerire, la Didattica a Distanza è solo la risposta immediata, necessaria e temporanea, ad una crisi sanitaria senza precedenti.

Non una scelta, ma uno sforzo collettivo; non un destino, ma una didattica dell’emergenza, generosamente disomogenea, a tratti improvvisata agli inizi, progressivamente più condivisa e organizzata col trascorrere delle settimane.

Una manifestazione di deontologia professionale, nel rispetto del compito educativo che la nostra Costituzione attribuisce agli insegnanti e, con modalità e profili diversi, alle figure genitoriali, all’intero corpo sociale. Una garanzia per il diritto-dovere all’istruzione, la cui tutela è ancor più necessaria – oggi – a scuola sospesa, costretta al solo spazio virtuale. Anche perché la tecnologia è una “cultura”, che non è in alcun modo neutra, ma che nasce situata e “situa” chi la usa. Come dimenticare poi lo stretto e ormai soffocante legame tra tecnologia ed economicizzazione/aziendalizzazione della scuola, nel regno della quantificazione e della misurabilità?

Nell’ipotesi di un ritorno nelle classi controllato, da parte di circa 8 milioni di studenti e quasi un milione di insegnanti, e nell’attesa di condividere, non appena possibile, luoghi e spazi fisici in presenza, pensiamo valga la pena sottolineare alcuni aspetti che fanno sì che la scuola possa essere ancora libera, viva e significativa: dentro e fuori le mura.

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ilcovile

Instaurazione del rischio di estinzione

di Jacques Camatte

covile8543In un primo approccio, l’importanza eccezionale accordata agli effetti patologici legati all’infezione da coronavirus sembrerebbe un buon modo per mascherare il fenomeno essenziale in atto: la distruzione della natura e la rimessa in discussione del processo di vita organica sulla Terra. Si tratta della scomparsa di migliaia di specie e del blocco di tale processo in atto da quasi quattro miliardi di anni, che conducono ad un’immensa estinzione. Ora la Terra è un corpo celeste eccezionale e nessun altro somigliante è stato scoperto a migliaia di anni luce. Come può la specie escamotare* un tale evento, se non a causa della sua follia, rinchiudimento in un divenire, un’erranza, che la fa incapace d’immaginare qualcosa di diverso, in particolare una via d’uscita. Essa si preoccupa solo di se stessa, ignorando che ciò che subisce è una conseguenza della sua dinamica di separazione dalla natura e della sua inimicizia,1 sia interspecifica, che infraspecifica.

Tale dinamica di mascheramento è vera, evidente, ma questa affermazione non implica una sottovalutazione del fenomeno che stiamo subendo. È ciò su cui vogliamo insistere e non intendiamo separare i due fenomeni, ma al contrario integrare ciò che riguarda la specie nel divenire della totalità del fenomeno vivente.

Il carattere più importante di questa pandemia è il suo contagio fortissimo a causa del virus stesso ma soprattutto a causa della sovrappopolazione e della distruzione della natura che riduce il numero delle specie possibili ospiti. Essa è vissuta come una terribile minaccia.

Ora, in diversi momenti del loro processo di vita uomini e donne si trovano, consciamente o inconsciamente, in presenza della minaccia che in certi casi può manifestarsi come una minaccia ben determinata.

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hyperpolis

Internet e social media prima e dopo il Coronavirus

Fraintendimenti e deviazioni che tradiscono la democrazia sociale

di Alessandra Valastro

coronavirus digitale GI 1204696400 jpg1. La prova di Internet e dei social media nell’emergenza del 2020: una vittoria o un disvelamento? Qualcosa non torna

Pasquale Costanzo ha sempre affermato che Internet è strumento e non diritto, mezzo e non fine: un mezzo strumentale all’esercizio di diritti costituzionalmente garantiti, e come tale insuscettibile di essere considerato oggetto di un diritto a sé stante.

Ragionando sul “posto” di Internet nell’ordinamento costituzionale italiano, egli ha invitato a resistere alla tentazione di riconoscere alle pur straordinarie caratteristiche della Rete «capacità nomopoietiche tali da accreditare senz’altro la comparsa di un nuovo, autonomo e, secondo taluni, fondamentale diritto individuale, identificabile con quello di accedere al mezzo»[1]. La rilevanza costituzionale di Internet comincia e finisce nel suo essere strumento, come tale «connotato dalla stessa libertà di qualsiasi altro mezzo idoneo ed efficace per l’esercizio di diritti costituzionalmente guarentigiati». Ciò significa che la natura servente di Internet non muta, e non deve mutare, qualunque sia la tipologia dei diritti che la Rete si accinge a servire (civili, politici, sociali, economici); ed anche quando l’accesso ad essa valga a contribuire alla rimozione degli «ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese (art. 3, comm 2, Cost.)”»[2].

Mai come oggi questo assunto si manifesta in tutta la sua esattezza, sobrietà, lungimiranza.

Eppure, allo stesso tempo, mai come oggi si ha la sensazione che qualcosa non torni.