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ilsimplicissimus

Linee guida per un massacro

di ilsimplicissimus

E’ come cavar sangue dalle rape ossia pretendere che qualcosa che vagamente somiglia alla medicina e molto invece al mercato e agli affari, agli oboli e alle carriere, possa realizzare qualcosa di intelligente e di efficace: per 8 mesi si è aspettato che il ministero, non si sa più bene se della Salute o della  Malattia, concepisse linee guida anti covid per i medici di famiglia e ora che finalmente sono state messe a punto – senza naturalmente consultare gli interessati –  si scopre che suscitano perplessità e dubbi, anzi che sono il contrario di ciò i medici di base usano con successo da mesi per evitare possibili aggravamenti, ovvero eparina, cortisone, antibiotici. Detto in soldoni viene consigliato l’uso di paracetamolo quale farmaco d’elezione il quale tuttavia serve solo ad abbassare la febbre e non ha un’azione antinfiammatoria ovvero quella principale richiesta in questi casi (come del resto per l’influenza e le sindromi bronco polmonari) mentre l’uso degli altri farmaci dovrebbe intervenire solo se i sintomi non accennano a passare e quindi quando la situazione potrebbe farsi inutilmente seria.

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teleborsa

Europa, dal Robot al Sarchiapone

Il futuro dell’Europa è misterioso

di Guido Salerno Aletta

E' come nella scenetta di Walter Chiari, un famosissimo attore di anni fa, che parlava ai suoi compagni di viaggio in treno del "Sarchiapone", l'animale che portava con sé nella valigia: tutti facevano finta di sapere esattamente quale fosse, mentre era una colossale presa in giro. Neppure lui lo sapeva, ma cercava di capirlo dalle risposte degli ignari interlocutori.

A Bruxelles c'è un caos indescrivibile: un po' tutti parlano del futuro dell'Unione, ma senza avere la minima idea di quale sarà il nuovo assetto. Sono tutti d'accordo, perbacco!, ma solo per finta.

La crisi indotta dalla pandemia, strumentalizzata per rafforzare i poteri dell'Unione, può portare all'implosione.

Nessuno degli strumenti automatici, robotizzati, che furono messi in campo per affrontare le conseguenze della crisi del 2010 è rimasto in piedi.

E già che, per adottarli nonostante la contrarietà della Gran Bretagna, che faceva venir meno il requisito della unanimità necessario per modificare i Trattati europei, si sono creati ben due Trattati intergovernativi paralleli.

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brancaccio

“Affrontare la crisi con la deflazione salariale è devastante”

Nando Santonastaso di Il Mattino intervista Emiliano Brancaccio

Il lavoro si disperde mentre il capitale si centralizza. Intervista a Emiliano Brancaccio in occasione dell’uscita del suo nuovo libro: “Non sarà un pranzo di gala”, edito da Meltemi.

Dall’inizio della pandemia, circa 45000 addetti lavorano al Sud in “smart working” per le grandi imprese del Centro-Nord, una cifra che potrebbe superare le centomila unità considerando anche le piccole imprese. Tratto da una ricerca Svimez, il dato è un altro dei segni di stravolgimento del mondo del lavoro causati dalla pandemia. Di questa e delle altre rivoluzioni in corso nella geografia del lavoro discutiamo con l’economista Emiliano Brancaccio, in occasione dell’uscita del suo nuovo libro edito da Meltemi: “Non sarà un pranzo di gala”, con i testi dei suoi celebri dibattiti con Monti, Prodi, Blanchard e altri, e con varie sezioni dedicate ai grandi problemi dell’economia nell’era covid.

* * * *

Professor Brancaccio, nel suo ultimo libro lei sostiene che la sfida della pandemia si può vincere solo con un recupero, in chiave moderna, del grande tema della pianificazione collettiva. In che senso?

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lafionda

Incolpare i cittadini, ovvero come la classe dirigente italiana vuole salvarsi il culo

di Matteo Masi

Le contraddizioni del sistema in cui viviamo sono sempre più visibili a causa della pandemia. Partendo dall’effetto che questa sta avendo sul sistema sanitario, e passando per l’inadeguatezza del trasporto pubblico, dell’edilizia scolastica e della generale mancanza di personale in tutto il settore pubblico che causa ritardi, inceppamenti, incomprensioni tra istituzioni, conflitti e, purtroppo, morti.

La classe dirigente italiana (nella quale vanno annoverati politici, industriali, editori, intellettuali mainstream, sindacati confederali ecc…) non sa più come nascondere la polvere – il tappeto era già pieno di quella di 10 anni di crisi economico finanziaria – e quindi sta riscoprendo un nuovo/vecchio frame comunicativo per cercare di trovare un capro espiatorio e tentare ancora una volta di salvarsi il culo.

Ho trovato molto interessante la disamina fatta da Thomas Fazi in un articolo sulla “riproduzione economica delle élite” in cui si esaminava come la classe dirigente costruisca frame comunicativi per tracciare il confine del dibattito pubblico.

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decrescitafelice

La piccola eresia: le infime fake news di Il Sole 24 Ore

di Igor Giussani

L’articolo ‘La grande eresia: la rivoluzione verde è un’enorme fake news?’, scritto da Enrico Mariutti e pubblicato l’11 novembre scorso sulla rubrica Econopoly de Il Sole 24 Ore, mi ha riportato alla mente una frase attribuita a John Fitzgerald Kennedy: “Il grande nemico della verità molto spesso non è la menzogna: deliberata, creata ad arte e disonesta; quanto il mito: persistente, persuasivo e irrealistico”.

Mariutti e la testata per cui collabora – non nuovi ad atteggiamenti, per così dire, ‘revisionisti’ riguardo alla problematica ambientale – rappresentano infatti la facciata ‘presentabile’ e dalle sembianze ragionevoli di una narrazione anti-rinnovabili che, basti dare un’occhiata al Web, sconfina fino al cospirazionismo più bieco.

Rimandando a una lettura completa dell’articolo, in estrema sintesi Mariutti esprime la ‘grande eresia’ per cui le fonti rinnovabili, ben lungi dal contenere il danno ecologico, lo aggraverebbero esponenzialmente a causa del prelievo di risorse necessario per decarbonizzare completamente il settore energetico:

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eticaeconomia

La lezione di Luciano Barca e le sfide di oggi

di Giacomo Bottos

Non ho avuto, per ragioni generazionali, l’opportunità di conoscere di persona Luciano Barca e di seguirne l’attività politica nel suo svolgersi. Il mio punto di vista non può dunque che essere in parte diverso da quello di molti degli altri importanti autori che contribuiscono a questo numero del Menabò. Mi sono avvicinato alla sua vita e al suo pensiero attraverso gli scritti, a partire dalle memorie (Barca, Cronache dall’interno del vertice del PCI, 2005). La prima impressione che ne ho ricavato è quella di una figura affascinante, ricca, complessa, che, attraverso un percorso peculiare e ricoprendo una posizione autonoma («per sentieri anomali» o «ritenuti tali», scrive lui stesso) si è spesso trovata vicino al cuore degli eventi per lunghe stagioni della storia del nostro Paese. Di fronte a vicende come quella di Barca, profondamente intrecciate alla storia del Novecento, chi si è formato in un periodo successivo può forse trarre una duplice impressione. La prima è certamente quella di un mondo – politico, culturale, di relazioni, di saperi condivisi, di conflitto ma anche di codici trasversali e di riconoscimento reciproco – che non esiste più in quella forma.

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ilsussidiario logo

Dopo Letta e Sassoli sul MES

L’Italia è senza alleati nella guerra dei Trattati

Federico Ferraù intervista Alessandro Mangia

Gli interventi di Letta e Sassoli su Mes, debito e trattati rivelano che qualcuno comincia a pensare al dopo pandemia. Ma questa Europa è una strada senza uscita

Gli interventi di Enrico Letta e David Sassoli sul Mes (“anacronistico”), sulla sospensione del patto di stabilità, sull’indebitamento comune, sulla cancellazione del debito causato dal Covid, sulla “mentalità nuova” necessaria in Europa hanno rianimato le cronache politiche. Il fatto che due esponenti politici di fede europeista abbiano detto cose “sovraniste” ha indotto tutti i commentatori a ritenere che ci fosse dell’altro e probabilmente è così. L’operazione, si è scritto, potrebbe avere obiettivi soltanto di politica interna e far parte dei calcoli di alcuni candidati Pd – Sassoli, Letta – in vista dell’elezione del prossimo presidente della Repubblica, nella quale i voti grillini sono indispensabili. È vero che in politica esistono solo le prossime elezioni, però le dichiarazioni restano e vogliono sempre dire qualcosa. Come quella più importante rilasciata da Sassoli, che potrebbe sembrare scontata – “Per cambiarie governo dell’Europa bisogna mettere mano ai trattati” – ma che, detta dal presidente dell’europarlamento, non lo è affatto.

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contropiano2

“Piano contro Mercato, per un salario sociale di classe”. Un utile libro per la nostra gente!

di Michele Franco

Stiamo vivendo un epoca in cui prevalgono le passioni tristi!

Già prima di questa terribile Crisi Pandemica globale il dibattito pubblico, la battaglia delle idee e la irrefrenabile tensione ideale al cambiamento, al progresso ed all’emancipazione sembravano incartapecoriti fenomeni da relegare ad un passato remoto non più rieditabile a fronte di una presunta modernità che tutto sussume o, meglio, normalizza.

L’intero caleidoscopio della comunicazione deviante del capitale sembra avvolgerci in una paralizzante melassa senza senso dove – al di là dei livelli elaborati di sofisticazione squadernati – prevalgono l’irrazionalità tout court e la produzione infinita di fake news.

In tale desolante scenario, ogni tanto, si mettono in moto energie e tentativi di incrinare questo asfissiante dispositivo di annebbiamento delle coscienze e della realtà, a conferma che i cantori della Fine della Storia non hanno possono vincere la loro guerra antisociale al genere umano ed all’irrefrenabile spinta alla liberazione.

Con questo approccio ho apprezzato il coraggioso lavoro di Pasquale Cicalese, distillato nelle pagine del suo recente libro Piano contro Mercato, per un salario sociale di classe, in arrivo nelle librerie in questi giorni, edito dall’Antidiplomatico.

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altrenotizie

RCEP: la rivoluzione di Pechino

di Michele Paris

La firma nel fine settimana del più importante trattato di libero scambio del pianeta rappresenta potenzialmente un successo cruciale della Cina nel confronto con gli Stati Uniti per imporre la propria influenza nel continente asiatico. L’accordo commerciale noto come “Regional Comprehensive Economic Partnership” (RCEP) è il risultato di quasi dieci anni di trattative che hanno visto proprio Pechino come protagonista principale. A risultare determinante per mandare in porto il trattato sono state in primo luogo le fallimentari decisioni in ambito commerciale e strategico di Washington sotto la guida dell’amministrazione Trump, tanto che a far parte del nuovo spazio creato dal RCEP saranno anche alcuni storici alleati americani in Estremo Oriente.

Il nuovo trattato copre virtualmente quasi un terzo della popolazione e del PIL globale e include tutti e dieci i paesi dell’ASEAN, ovvero l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (Brunei, Cambogia, Filippine, Indonesia, Laos, Malaysia, Myanmar, Singapore, Thailandia, Vietnam), più Cina, Australia, Corea del Sud, Giappone e Nuova Zelanda.

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insideover

L’incertezza sul Recovery Fund stravolge il bilancio italiano

di Andrea Muratore

Da potenza di fuoco a fuoco di paglia: in una battuta si potrebbe condensare così l’evoluzione delle aspettative del governo italiano circa il sostegno del Recovery Fund alla manovra 2020. Dapprima presentata come ben ordinata, in grado di indicare nel dettaglio i prossimi ingressi di miliardi europei negli anni a venire. Tutto, chiaramente, in sostituzione del deficit, considerato l’arma decisiva contro la crisi e per la ripresa. Ora, invece, costretta a una brusca retromarcia dopo che, come avevamo anticipato, i ritardi europei su Next Generation hanno costretto alla riscrittura della Nota di aggiornamento al Def e messo un forte dubbio sui finanziamenti comunitari. Sicuramente non disponibili fino alla seconda metà del 2021.

Ora, il governo giallorosso ha visto raffreddati i facili e prematuri entusiasmi ed è stato costretto a un’acrobazia contabile e politica. Il pomposo “Piano nazionale per la ripresa e la resilienza” (Pnrr), frutto dell’elaborazione avviata dagli altrettanto pomposi “Stati generali” del governo Conte, nelle bozze della manovra è indicato destinato ad avere una “dotazione di XXX milioni di euro per l’anno 2021”.

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linterferenza

Kamala Harris, la nuova “regina del caos”

di Stefano Zecchinelli

Vi spiego chi è realmente Kamala Harris.

Sulla politica internazionale di Joe Biden e Kamala Harris sono state pubblicate diverse analisi che ribadiscono il rilancio della Dottrina del caos creativo, in alternativa all’imperialismo economico teorizzato nella (fallimentare) Dottrina Trump. In questo articolo, mi soffermerò sulla politica interna di Kamala Harris: diritti civili negati e neoliberismo economico, questa Donna di Potere rappresenta gli interessi delle Elite che vorrebbero sostituire il Padronato tradizionale (Trump) col capitalismo di quarta fase, digitale.

 

Tulsi Gabbard strappa la maschera a Kamala Harris

La giovane rappresentante democratica Tulsi Gabbard, contraria alla politica di guerra di Obama, ha letteralmente umiliato – in termini politici – Kamala Harris riuscendo a decostruire la narrazione sull’operato dell’ex procuratore della California, dal 2011 al 2017. Si tratta di una testimonianza molto importante:

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lavoroesalute

Pandemia, smart working e rabbia sociale

di Alba Vastano

C’è chi ha perso il lavoro perché l’azienda ha chiuso i battenti. C’è chi non riceve da mesi la cassa integrazione e non sa come pagare le utenze e fare la spesa. Ci sono gli anziani, isolati che non ricevono alcun aiuto dai servizi sociali. C’è la rabbia che si converte in odio verso le istituzioni, verso la politica tutta, verso il governo all included. C’è un popolo sfinito che si sente abbandonato dallo Stato, dal Paese dove ha sempre lavorato e pagato le tasse. Allora è possibile che quelle persone, avvilite, terrorizzate, lasciate sole, inizino a provare una rabbia che si tramuta in odio sociale

Gli effetti nefasti della pandemia colpiscono duro in due direzioni. Quelle che sono le basi della vita: lavoro e salute. Sì, primum vivere, deinde philosphari. Se per philosophari, però, oggi, con la pandemia in corso, si voglia intendere una diversa accezione del termine, ovvero la sussistenza, forse, subito dopo l’assicurarsi il respiro occorrerebbe la garanzia di poter vivere avendo a disposizione l’essenziale. E se si vive e si produce in un paese in cui, già da molto, il lavoro,inteso come fonte di sopravvivenza, comprensivo della dignità del lavoratore, è messo a dura prova dalla modifica dell’art.18 e dal Jobs act, oggi con la pandemia in atto e tutte le limitazioni che ne seguono, la situazione della maggior parte dei lavoratori è quantomeno drammatica.

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militant

Al bivio della protesta: insistere, rilanciare, o tornare a giocare alla politica

di Militant

Dopo circa tre settimane di mobilitazione siamo ad uno snodo determinante. Le, anzi la manifestazione di Napoli dello scorso 24 ottobre, al di là delle sue notevoli ambiguità di fondo, ha segnato un passaggio politico a suo modo decisivo. Dopo dieci mesi di politica a distanza, di testimonianze inconcludenti, di riunionismo telematico e di sostegno al governo Conte, la situazione si è rimessa in movimento. Potere del conflitto. Ovviamente ciò che abbiamo visto in queste settimane è davvero troppo poco per incidere davvero sulla realtà e sulla coazione a riperdere della sinistra del paese. È un’evidenza talmente ovvia da non dover neppure essere ricordata. Eppure, è tutto ciò che abbiamo in questo momento. L’alternativa l’abbiamo vista: da febbraio a ottobre la sola idea di manifestare gettava nel panico le organizzazioni e i militanti. Figuriamoci quei settori sociali annichiliti dalla crisi, privi di sponde politiche e di orizzonti ideali alternativi al disciplinamento emergenziale. Ha poco senso allora lambiccare sui limiti di questa mobilitazione, di per sé, come detto, evidenti: siamo tutti vaccinati alla critica politica per intravederne i problemi.

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criminitalia

Vincolo esterno e depressione economica: dove stiamo andando in Europa?

di Riccardo Achilli

Storicamente, il vincolo esterno, tramite l'adesione a Maastricht e all'euro, fu scelto, in una fase di grande caos (destrutturazione del sistema politico precedente ad opera di Tangentopoli, crisi valutaria nello Sme) da una classe dirigente che non si riteneva in grado di dare una disciplina ad un Paese complesso e fortemente individualistico, nel quale il senso dello Stato non era maturato a sufficienza. In ciò spinta anche da poteri esterni, interessati a liberalizzare il Paese per poi mangiarselo (non bisogna dimenticare che continuiamo a scontare gli effetti di lungo periodo della sconfitta nella seconda guerra mondiale). Si sperava che una disciplina eterodiretta, baluginando la continua prospettiva di una crescente integrazione europea come utopia da vendere ai ceti sociali che avevano dato maggiore consenso a Tangentopoli, fosse sufficiente a dare una disciplina al Paese.

Gli anni sono passati, si è esaurita la prospettiva di una costruzione europea nella quale la Germania, da Paese leader, si sarebbe assunta le relative responsabilità, accollandosi in particolare il debito sovrano dei singoli Stati membri, la mitologica "condivisione dei rischi" tanto invocata dai quisling nostrani.

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contropiano2

Serve un piano nazionale per la scuola

di Maurizio Disoteo

Il quadro che, giorno dopo giorno, si sta delineando nella scuola italiana è chiaro quanto desolante. La scuola sta scivolando inesorabilmente verso una totale ripresa della didattica a distanza.

Al momento è persino impossibile stabilire quante scuole e classi stiano lavorando in presenza e quante a distanza, poiché all’arlecchinata delle regioni si aggiungono quotidianamente situazioni locali di chiusure di singole scuole o di piccoli gruppi di istituti.

Ciò che è chiaro, invece, è che la ripresa scolastica nelle forme previste dal Ministero è fallita, avendo retto poche settimane all’impatto della nuova ondata della pandemia. Settimane in cui, peraltro, l’attività si è svolta in modo caotico, con la mancanza di migliaia d’insegnanti e di collaboratori ATA, in spazi costretti e senza indicazioni chiare.

L’impegno del personale della scuola per una ripresa della didattica in presenza è stato indiscutibile, ma alla fine è accaduto quanto si è verificato per la sanità, vale a dire che la buona volontà dei singoli non può supplire alla disorganizzazione istituzionale.

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micromega

Ricreando la plebe. Un saggio di Nadia Urbinati

di Marco d’Eramo

Perché il conflitto è scomparso dal vocabolario politico? È questa la domanda che assilla, e a cui cerca di rispondere, il breve, stimolante saggio di Nadia Urbinati “Pochi contro molti. Il conflitto politico nel XXI secolo” (Laterza, pp. 108, 12,00 euro). Il conflitto non va confuso con l’antagonismo o con la contrapposizione. Il conflitto è portato avanti da forze organizzate con l’obiettivo di riconfigurare il futuro (delle relazioni di lavoro, dei rapporti di potere, della struttura sociale, delle diseguaglianze economiche…), mentre le dimostrazioni anche di massa, anche violente, “per i bisogni insoddisfatti e la fatica quotidiana del vivere” hanno come dimensione il presente, non il futuro. “La precarietà delle condizioni di vita, il non poter contare su un futuro certo: questo stato di puro presente è ciò che annichila l’azione politica generale.”

La tesi del libro è che la ragione per cui il conflitto è scomparso va cercata in due processi simultanei e sinergici. Il primo è quello che Urbinati chiama “l’affermarsi di una concezione minimalista della democrazia”.

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sviluppofelice

Polanyi, Sahlins e i paradossi del capitalismo

di Riccardo Evangelista

Da anni ormai introvabili nelle librerie, per una ben augurante coincidenza lo scorso ottobre sono stati ripubblicati in italiano La sussistenza dell’uomo. Il ruolo dell’economia nelle società antiche, opera postuma di Karl Polanyi (Einaudi, 1977) riedita da Mimesis, e L’economia dell’età della pietra. Scarsità e abbondanza nelle società primitive, di Marshall Sahlins (che risale al 1972), riproposto da Elèuthera. I testi, molto diversi per linguaggio e struttura narrativa, condividono gli ambiziosi obiettivi di fondo: dimostrare, attraverso gli strumenti dell’antropologia, le derive paradossali della società di mercato e i fondamenti etnocentrici dell’economia politica convenzionale, «scienza che studia il comportamento umano come relazione tra fini e mezzi scarsi suscettibili di usi alternativi».

La sussistenza dell’uomo è il risultato del lavoro quasi filologico svolto dagli allievi (in particolare Harry W. Pearson), che hanno riorganizzato gli appunti, non sempre decifrabili, e composto quello che si può definire il testamento scientifico di Polanyi. Proprio Pearson sottolinea come il suo maestro fosse mosso dalla «convinzione che la storia anteriore alla comparsa del mercato offriva molte indicazioni a favore delle possibilità che multiformi istituzioni sociali, politiche e culturali della società tornassero a decidere il destino dell’umanità».

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contropiano2

L’Asia si accorda e volta le spalle agli Usa

di Alessandro Avvisato

Le cose cambiano molto velocemente, nel mondo. Ma chi sta ripiegato sulle beghe da cortile – soprattutto in Italia – non se ne accorge neppure.

La pandemia continua a correre, nonostante gli annunci sull’arrivo dei vaccini (i tempi variano con le aspettative commerciali o elettorali), e di sicuro il mondo che ci troveremo davanti alla fine non sarà lo stesso di prima.

La frase è stata pronunciata molte volte, non sempre – o quasi mai – accompagnata da una descrizione seria su che cosa sarà cambiato tra l’inizio (gennaio 2020) e la fine (ben che vada, l’autunno del 2021).

E allora proviamo mettere sul piatto una cosa certa: il peso economico degli Usa sarà molto minore, e così anche la loro capacità egemonica nel commercio mondiale.

Non è un auspicio, ma un fatto. Ieri notte quindici economie dell’Asia-Pacifico hanno formato il più grande patto di libero scambio del mondo. Rappresentano il 30% della popolazione e dell’economia globale. 2,2 miliardi di produttori e consumatori, perché è ormai alle spalle il tempo dell’Asia – e in primo luogo la Cina – come continente di produttori a basso salario e scarsi consumi. E nel gruppo non ci sono gli Stati Uniti…

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brancaccio

“Per lottare contro il virus e la recessione serve una nuova pianificazione collettiva”

Tatiana Santi intervista Emiliano Brancaccio

Quali saranno gli effetti del nuovo lockdown? E come si può uscire dal dilemma tra la lotta al virus e la difesa dell’economia?

Ne abbiamo parlato con Emiliano Brancaccio, docente di politica economica presso l’Università del Sannio, che in tema ha appena pubblicato un nuovo libro: “Non sarà un pranzo di gala. Crisi, catastrofe, rivoluzione”, edito da Meltemi.

* * * *

— Professor Brancaccio, iniziamo dal suo nuovo libro. Di fronte alla crisi economica che stiamo vivendo serve veramente una “rivoluzione”?

— Siamo al cospetto della crisi più precipitosa nella storia del capitalismo, che con un nuovo lockdown potrebbe anche diventare la prima “doppia depressione” dell’era contemporanea. Per fronteggiare questa catastrofe occorre trovare soluzioni all’altezza della situazione. L’ex capo economista del Fondo Monetario Internazionale, per esempio, ha sostenuto che ci vorrebbe una “rivoluzione della politica economica”, sostanzialmente ispirata alla teoria keynesiana. Nel mio libro riprendo questa idea di “rivoluzione” ma sostengo che nello scenario in cui ci troviamo Keynes non basta, come non basta nemmeno invocare un reddito per tamponare gli effetti della crisi.

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osservatorioglobalizzazione

L’arrivo del Covid e una sanità massacrata: così è nata la “tempesta perfetta”

di Brian Cepparulo

I tagli alla sanità in Italia hanno contribuito all’impreparazione del sistema sanitario nazionale (SSN) al momento dello scoppio del SARS-COV2; è la conclusione a cui è giunto un gruppo di ricercatori. Franz Prante, Alessandro Bramucci e Achim Truger (PBT) hanno pubblicato un articolo per il ZBW – Leibniz Information Centre for Economics, in cui analizzano la relazione fra i tagli di spesa e la situazione del SSN in Italia, adoperando un confronto con i nostri vicini europei.

Lo studio contribuisce al dibattito sul tema dell’austerità fiscale, già ampiamente analizzato da Matteo Samarani per l’Osservatorio qui, domandandosi che ruolo hanno avuto le conseguenze dei tagli sull’impreparazione SSN nei confronti dell’epidemia scoppiata a febbraio.

Come è ben noto l’Italia ha accumulato avanzi primari quasi costantemente negli ultimi 30 anni, drenando ingenti risorse dall’economia. Fra le voci di spesa decurtate non è mancata la spesa sanitaria.

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piccolenote

Biden e il ritorno al «futuro delle élite» globali

di Piccole Note

Mentre continua il braccio di ferro legale sulle elezioni, i media Usa e i leader europei hanno già assegnato la vittoria previa e definitiva a Joe Biden.

In attesa di sviluppi, che non accreditano molte chanches a Trump, è interessante leggere un articolo di David Ignatius, cronista del Washington Post, che, evitando irritanti ipocrisie, ha il merito di scrivere quel che pensa e sa (Titolo: L’establishment globale consiglia Joe Biden).

Così Ignatius rivendica con orgoglio e realistica brutalità come la vittoria di Biden sia una chiara e schiacciante vittoria delle élite globali sul tribuno della plebe che ha osato sfidarla.

 

La Tecno-Finanza a consiglio

Nel suo scritto, infatti, spiega come Bloomberg, all’indomani delle elezioni, abbia indetto un incontro internazionale a distanza, il News Economic Forum.

«Il raduno – scrive – è un ““who’s who” dell’ordine contro il quale Donald Trump si è ribellato. Il primo ministro indiano, il vice presidente della Cina, i leader delle Nazioni Unite e tutte le principali organizzazioni internazionali, gli amministratori delegati delle più grandi banche e società tecnologiche del mondo – i padroni dell’universo (1) che sembravano, momentaneamente, in ritirata, ma sono rimasti potenti come sempre. L’idea che il loro potere globale sarebbe svanito era un’illusione trumpiana».

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manifesto

Docenti come impiegati silenti nel degrado dell’università

di Fabio Minazzi*

Didattica. Qualche settimana fa è stato promosso un appello per le lezioni universitarie in presenza: su circa 45.000 docenti in servizio, non più di 4000 hanno condiviso l’appello

Alcuni anni fa, prendendo le mosse dal manifesto L’università che vogliamo, promosso da Piero Bevilaqua e Angelo d’Orsi, sottoscritto da un migliaio di firme, si realizzarono gli “Stati Generali dell’Università alla Sapienza di Roma (marzo 2012). Da quell’incontro nacque la “Carta di Roma per l’università”, pubblicata da vari periodici e testate.

Personalmente aderii all’iniziativa e partecipai agli Stati generali dell’Università, insieme a centinaia di docenti universitari provenienti da mezza Italia. Tuttavia, considerando che nel solo ateneo che ci ospitava lavoravano alcune migliaia di docenti, la latitanza di tanti colleghi si imponeva come dato eclatante. Anche oggi le cose non sono affatto cambiate. Qualche settimana fa è stato promosso un appello per difendere, rispettando le norme di sicurezza, le lezioni universitarie in presenza: su circa 45.000 mila docenti universitari in servizio, non più di 4000 hanno condiviso l’appello.

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espresso

Dopo il Covid, non ci resterà che tornare a Marx

di Matteo Pucciarelli

La fine del quarantennio liberista. La grande crisi di sistema, iniziata ancor prima dell'epidemia. E l'esigenza di una nuova forma di pianificazione economica. Nel saggio dell'economista "eretico" Emiliano Brancaccio

Dopo i quaranta anni della lotta di classe dall'alto verso il basso cominciata negli anni '80, una riscossa vincente contro le conquiste del mondo del lavoro avvenute dal Dopoguerra, il coronavirus rende plastica, evidente, la seconda fase: una lotta tutta interna al capitale che avvicina il sistema alla "catastrofe", e non è detto che sia una cattiva notizia.

"Non sarà un pranzo di gala. Crisi, catastrofe, rivoluzione" di Emiliano Brancaccio (Meltemi) e a cura del giornalista Giacomo Russo Spena è un saggio illuminante scritto da un economista cosiddetto "eretico" e che fa già i conti con la crisi delle crisi che sta vivendo il sistema capitalistico, quella del covid. Non solo con quella però, perché Brancaccio ci arriva punto dopo punto, riprendendo le proprie analisi in riferimento a quella del 2008.

Premessa: Brancaccio è uno studioso marxista, da sempre critico verso la moneta unica ma con una propria coerenza che non l'ha mai fatto sconfinare né flirtare con il sovranismo (il più puro dei puri economisti no-euro, Alberto Bagnai, è passato dal contestare da sinistra il Pd ad essere eletto senatore della Lega).

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piazzadelpop

Conosci il tuo nemico. Grande Reset e Quarta Rivoluzione Industriale

di piazzadelpopolo

Il mondo si trova oggi al centro di una guerra globale delle oligarchie dominanti verso la popolazione comune. I “poveracci” – includendo in questa categoria anche la p.m.i. e gli altri figli di un dio minore del Capitale – che arrancano di fronte ai prodigi della Quarta Rivoluzione Industriale, quella commistione di biotecnologia per l’editing genetico, telecomunicazioni 5G, intelligenza artificiale e altri prodigi scientifico-tecnologici che dovrebbero rivoluzionare il nostro modo di stare al mondo, e il cui controllo è oggi nelle salde mani di un manipolo di gruppi privati, guidati da “guru” – i Bezos, i Musk, i Gates – idolatrati dai media e da buona parte della stessa popolazione sotto attacco, in particolare i giovani della generazione Z, che, bombardati dalla propaganda finanche a scuola, sognano di ripetere le gesta dei loro eroi in chissà quali campi inesplorati del tecno-capitalismo.

Una caratteristica di questa guerra silenziosa – che con l’avvento del Covid-19 sta vivendo una radicalizzazione – è la propaganda “umanista” pompata all’inverosimile dai padroni del vapore.

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osservatorioglobalizzazione

La partita geopolitica del vaccino

di Andrea Muratore

La grande corsa al vaccino per il Covid-19 è entrata nella fase cruciale. Il consorzio Pfizer-BioNTech ha annunciato la disponibilità di un vaccino efficace nel 90% dei casi; la Russia di Vladimir Putin ha rilanciato sottolineando come lo Sputnik V, il vaccino nazionale, arrivi al 92% nella fase tre di sperimentazione; dagli Usa Moderna, altra azienda al lavoro insieme ai National Institutes of Health per lo sviluppo di un vaccino basato sull’Rna, fa sapere di non essere indietro rispetto a Pfizer nel percorso verso la richiesta; nelle scorse settimane il Ministro degli Esteri di Xi Jinping, Wang Yi, ha compiuto un lungo viaggio nel Sud-Est asiatico, che lo ha portato a toccare Cambogia, Laos e Thailandia promuovendo la causa dei quattro vaccini prodotti e in via di sperimentazione dall’Impero di Mezzo.

Se già a inizio pandemia si indicava nell’agognato vaccino l’obiettivo centrale della competizione politica tra le potenze del pianeta attive nel contrasto alla pandemia e un fattore di grande valore strategico per la nazione che per prima sarebbe riuscita a conquistare un vantaggio decisivo, ora che la corsa al traguardo è ricca di contendenti l’elemento competitivo si intensifica, così come la sfida a giocare d’anticipo piazzando a partner commerciali e alleati la massima quantità possibile di dosi, come in un grande gioco di future, nell’attesa di diventare la prima contendente a portare il vaccino sul mercato.

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sbilanciamoci

Ripensare la teoria economica ai tempi del Covid

di Emilio Carnevali

L’epidemia di coronavirus ha assestato un altro duro colpo a quel “nuovo consenso” in macroeconomia già messo in discussione dalla crisi finanziaria del 2007/2008. E nel nostro paese nasce la Rete Italiana Post-Keynesiana

“Devising new ways of getting back to full employment
is once again the top priority for economists.”
The Economist, luglio 2020

Qualche anno fa – era il 2015 – il Financial Times pubblicava un pezzo a firma di John Key sul complicato rapporto fra teoria economica ed evidenza empirica. Nel mezzo dell’articolo veniva disinvoltamente lasciato cadere un riferimento alla celebre controversia sul capitale delle “due Cambridge”, che fra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento ha visto contrapporsi la scuola keynesiana dell’Università di Cambridge (nel Regno Unito) agli economisti “neoclassici” guidati da Robert Solow e Paul Samuelson di stanza al MIT, nella Cambridge statunitense (Massachusetts): “un dibattito”, secondo Key, “che Solow vinse facilmente grazie alla cura con cui specificò sia i suoi modelli teorici sia i rilevanti dati empirici”.

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comedonchisciotte.org

In arrivo le linee guida per curare i pazienti covid a domicilio, ma la bozza desta perplessità

di Valentina Bennati

Finalmente sono in arrivo le linee guida per curare a domicilio i pazienti covid senza necessità di ricovero (ovvero la stragrande maggioranza delle persone che vengono infettate da Sars Cov 2) ma, secondo le indiscrezioni circolate, non sarebbero quelle giuste.

Da mesi alcuni medici che hanno vissuto l’emergenza in prima linea, riuscendo a curare con successo a casa le persone sintomatiche, stanno spiegando quanto sia fondamentale l’utilizzo di cortisone, antibiotici ed eparina anche precocemente per impedire peggioramenti, eppure nonostante ciò, la bozza di protocollo per le cure a casa che è stata presentata dal gruppo di lavoro del Ministero della Salute direbbe NO ad antibiotici, cortisone (previsto solo in emergenza) ed eparina (ammessa per le persone che hanno difficoltà a muoversi) e SI’ al paracetamolo che, può essere utile in caso di febbre molto alta, ma che però non contrasta per nulla l’infiammazione causata dal nuovo coronavirus, anzi sarebbe controproducente.

Dunque l’esatto contrario di ciò che dovrebbe essere fatto.

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comidad

Il potere funziona per schemi, sempre gli stessi

di comidad

Il risultato delle partite di calcio è irrilevante, però il pathos dei tifosi attorno all’evento sportivo è autentico. Allo stesso modo, in un sistema oligarchico lo spettacolo della “democrazia” serve a “dinamizzare” e movimentare un quadro di potere che apparirebbe altrimenti per quello che è, cioè statico. Con la sua sguaiataggine, Trump è il personaggio più adatto allo schema rituale del falso movimento, suscitando antipatie viscerali oppure innamoramenti puerili. Per aumentare la suspense elettorale, negli USA ipertecnologici si è proceduto al conteggio dei voti col pallottoliere, in modo che ci fossero gli strascichi legali che consentissero alla partita di trascinarsi sino ai tempi supplementari e magari ai rigori. Questa esibizione penosa, che sarebbe stata rinfacciata a qualsiasi altro Paese, non ha impedito invece ai media mondiali di inneggiare all’ennesima vittoria della democrazia americana. L’alba del nuovo giorno per la rigenerata democrazia, è stata salutata con la buona novella della scoperta del vaccino anti-Covid da parte delle multinazionali Pfizer e BioNTech.

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kriticaeconomica

La lunga marcia verso il vaccino è una questione di politica industriale

di Andrea Muratore

Nella giornata del 9 novembre la multinazionale farmaceutica Pfizer, assieme all’azienda tedesca BioNTech, ha annunciato avanzamenti significativi nella corsa al vaccino contro il Covid-19. La notizia ha acceso, comprensibilmente, entusiasmi e speranze, dato che la politica, le società occidentali e gli operatori economici hanno affidato alla discesa in campo di uno o più vaccini efficaci la possibilità di un ritorno effettivo alla normalità. In particolare, ad interiorizzare le aspettative sono state le borse, caratterizzate da un rally rialzista.

Dopo l’ondata di entusiasmo, è tuttavia necessario rimettersi con i piedi per terra e studiare le implicazioni strategiche e le necessità industriali, logistiche e organizzative richieste da un’eventuale distribuzione del vaccino (o dei vaccini) che entreranno in produzione e saranno, si auspica, messi in circolazione nei primi mesi del 2021.

 

La produzione complessa dei vaccini

La produzione e la ricerca in ambito vaccinale avvengono sulla base di articolati partenariati pubblico-privati, che se nel caso dello sviluppo dei vaccini si manifestano nel sostegno da parte degli Stati o delle istituzioni internazionali alla ricerca di base (e il caso Pfizer-BioNTech ha forte conferme sia sul fronte europeo che su quello statunitense) sul fronte produttivo-logistico prendono la forma di accordi quadro per la realizzazione e la distribuzione.

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ilsimplicissimus

Covid ad orologeria ed altre amenità

di ilsimplicissimus

Ecco la sintesi di due giorni che la dicono lunga sulla pandemia e sui suoi meccanismi:

Ore 19 di domenica 8 novembre: i leader dei Paesi occidentali rompono gli indugi e in contemporanea, come se tutto fosse stato accuratamente preparato, si congratulano con Biden per la vittoria. Partono i telegrammi di felicitazioni da tutta l’Europa, compresa la lutulenta Italia di Conte, Di Maio, Renzi e Mattarella. Rimangono fuori dalla festa Russia, Cina e Giappone, vale a dire il 70% della manifattura mondiale, ma che volete che sia.

Ore 1 di lunedì 9 novembre: si cominciano a contrattare i futures che mostrano un rialzo dell’1 per cento, cosa abbastanza scontata visto che le borse potrebbero essere rassicurate dal fatto che le elezioni americane abbiano finalmente un verdetto anche se solo mediatico.

Ore 10 di lunedi 9 novembre: dopo la riapertura ufficiale delle borse si nota una tendenza al rialzo, peraltro attesa per le ragioni dette in precedenza. La cosa invece del tutto inaspettata è che i maggiori rialzi riguardano le imprese operanti nel settore viaggi e turismo; nessuno poteva prevederlo proprio in un periodo di inasprimento delle segregazioni e di rinnovata apocalissi pandemica.