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teleborsa

Conflitti Americani

Verità mediatica e realtà legale

di Guido Salerno Aletta

Da una parte ci sono le certezze mediatiche circa la avvenuta elezione del candidato democratico Joe Biden alla Presidenza americana, vistosamente corroborate dai numerosi messaggi di congratulazioni ed auguri che gli sono stati inviati da numerosi leader stranieri.

Dall'altra ci sono le incertezze legali derivanti dal fatto che il Presidente uscente, Donald Trump, non ha concesso la vittoria allo sfidante, accettando lo stato di fatto proclamato dai media e rinunciando ai contenziosi giudiziari per aver subito frodi nel procedimento elettorali.

In mezzo c'è una sola realtà, di fatto e legale: il procedimento elettorale non si è ancora concluso, anche se sono già passati dieci giorni dal 3 novembre, la data in cui si sono aperti i seggi in America per la elezione del nuovo Presidente, e siamo ad un mese esatto dal 14 dicembre, data in cui secondo la Costituzione si riunirà il Collegio dei Grandi elettori che, in rappresentanza degli Stati, la sua elezione formale.

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sinistra

Le caricature occidentali viste dal Sahel

di Mauro Armanino

Niamey, 30 ottobre 2020. C’è caricatura e caricatura. Già nel 2015 qui nel Sahel e altrove si sono sofferte le conseguenze delle caricature del profeta dell’Islam pubblicate sul giornale satirico francese Charlie Hebdo. Buona parte dei luoghi di preghiera dei cristiani del Niger, a Zinder e a Niamey, furono vandalizzati da centinaia di giovani. Fu in seguito al famoso detto ‘Je suis Charlie’, io sono Charlie, pronunciato persino dall’attuale presidente della Repubblica del Niger. Di recente la stessa caricatura, commentata da un insegnante di una scuola francese, ha offerto il pretesto ad un giovane musulmano di origine cecena, di togliergli la vita decapitandolo. Lo stesso giornale, che qualche giorno prima aveva ripubblicato le medesime caricature, ha poi preso come bersaglio il presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan. Quest’ultimo, in seguito al discorso commemorativo per la memoria dell’ucciso da parte di Emmanuel Macron alla Sorbona, aveva affermato che lo stato di salute mentale del suo omologo francese era preoccupante. Di caricatura in caricatura si arriva alla democrazia attuale che, in Africa Occidentale come in Europa, non è che la grottesca deformazione di sé.

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micromega

Mes e Recovery Fund, la solidarietà è in cambio di sudditanza

di Carlo Clericetti

Dopo l’intervento di Lucrezia Reichlin è il membro del board Bce Yves Mersch a chiarire in che consista la “solidarietà europea”. La Bce – dice – deve smetterla di tenere i tassi così bassi, altrimenti gli Stati si finanziano sul mercato e non con il Recovery e il Mes, evitando di sottoporsi alle condizionalità, cioè di farsi dirigere da altri

Era un vero e proprio avvertimento quello lanciato nell’intervento di Lucrezia Reichlin sul Corriere della Sera. Reichlin è un’economista ben addentro agli organismi istituzionali e sa, quindi, che cosa si muove nelle stanze dove si prendono le decisioni.

Il ruolo che sta svolgendo la Bce, scriveva Reichlin, è reso possibile dal fatto che si è raggiunto in Europa un consenso politico sul modo di affrontare la crisi. Questo consenso è basato anche sull’uso degli strumenti approntati per questo scopo, e quindi se alcuni paesi rifiutano di utilizzarli il consenso potrebbe incrinarsi, e questo si rifletterebbe sulla libertà di azione che è stata data alla banca centrale. Reichlin citava espressamente l’Italia, dove c’è una forte area di opposizione al Mes (a livello politico i 5S e i partiti di opposizione, ma fiancheggiati da un gran numero di economisti dei più vari orientamenti politici), e la Spagna, che non intende ricorrere ai prestiti del Recovery Fund e sfruttare solo la parte cosiddetta “a fondo perduto”.

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nuovadirezione

Il Trauma

di Andrea Zhok

Tra le molteplici forme di spaccatura sociale che questa pandemia sta portando alla luce (o creando ex novo) ce n’è una che mi colpisce in modo particolare. Mi colpisce proprio perché pur non essendo affatto una linea di frattura nuova, ha trovato oggi adesioni inaspettate. Si tratta della linea oppositiva che viene posta tra lavoro pubblico, statale, dipendente e lavoro privato e ‘indipendente’. Abbiamo tutti sentito in queste settimane sollevare argomenti che chiedevano una curiosa forma di perequazione redistributiva: non più dai (più) ricchi ai (più) poveri, ma dai ‘garantiti’ (prevalentemente lavoro pubblico e dipendente) ai ‘non garantiti’ (l’impresa, il privato). Qui non si tratta dunque più dell’idea di una redistribuzione della ricchezza, per cui ci sarebbero naturalmente sempre ottime ragioni. No, niente affatto. Quelli che formulano questa proposta sono gli stessi che di fronte a qualunque, anche lontanissima e moderata idea di un’imposta patrimoniale hanno sempre opposto, e continuano ad opporre, il più fiero e inflessibile veto. No, qui non siamo di fronte all’idea di fare giustizia redistribuendo la ricchezza, ma di fare giustizia attraverso una sorta di ‘redistribuzione morale’, in cui si deve correggere quella che appare come un’intollerabile distorsione.

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sollevazione2

Geopolitica ed elezioni americane

di Manolo Monereo

Quattro anni fa avevo predetto la vittoria di Donald Trump su Hillary Clinton. Adesso le cose erano più chiare, forse troppo. L’usura del presidente americano sembrava evidente e i sondaggi prevedevano una netta vittoria per il duo Biden / Harris. Sono rimasto sorpreso dalla coerenza e dalla forza del voto repubblicano. Biden è stato il candidato più votato nella storia degli Stati Uniti; il secondo è stato il candidato Trump. Quello che abbiamo avuto davanti ai nostri occhi è stata un’enorme polarizzazione e una fortissima mobilitazione che è cresciuta di giorno in giorno. Trump è stato sconfitto da una “coalizione negativa”. Il “tutto contro il presidente” ha funzionato. Trump avrebbe perso senza covid-19? Non credo. La pandemia è stata un catalizzatore che ha attivato un’ampia opposizione stanca di tanta retorica, di tanto diniego che ha contrapposto un numero impressionante di morti, contagiati e, soprattutto, che hanno messo a nudo il disastroso, costoso e ingiusto sistema sanitario nordamericano. L’apparato del Partito democratico ha fatto di questo tema il tema centrale della sua campagna; non si sono sbagliati.

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altrenotizie

Biden e l’illusione del cambiamento

di Michele Paris

Con la vittoria nelle presidenziali praticamente in tasca, Joe Biden e i leader del Partito Democratico stanno mandando i primi chiarissimi segnali circa gli orientamenti che la nuova amministrazione intenderà tenere una volta superata la resistenza e le cause legali minacciate da Donald Trump. Se il fatto di avere limitato la presenza di quest’ultimo alla Casa Bianca a un solo mandato è di per sé motivo di esultanza, l’avvicendamento con l’ex vice di Obama comporta una serie di altre problematiche, in alcuni casi non necessariamente meno inquietanti, visto anche che la nuova amministrazione democratica sarà in linea generale solo leggermente meno spostata a destra di quella repubblicana uscente.

Al termine del conteggio di tutti i voti espressi da un numero record di americani, è probabile che il vantaggio di Biden in termini di preferenze popolari supererà abbondantemente i cinque o forse anche i sei milioni. L’equilibrio e l’incertezza seguite alla chiusura delle urne sono dovuti perciò alla singolarità e alla natura anti-democratica del sistema elettorale americano.

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scenarieconomici

A quale scopo la costrizione ai prestiti?

di Francesco Cappello

Dai prestiti, ai fallimenti, alle svendite, verso la disoccupazione di massa, la strada è breve

Questo governo mentre ci rinchiude in casa non sembra avvedersi dell’ennesima trappola tesa a nostro danno. Collabora, piuttosto, all’incentivazione della diffusione della miseria nel paese. Due settimane fa avevo sostenuto che non avremmo bisogno di indebitarci ulteriormente con strumenti quali il Recovery Fund e il Mes (vedi https://www.francescocappello.com/…/la-luce-in-fondo…/) e che, viceversa, avremmo tante ottime alternative (PSN) per finanziare e sostenere, in questa drammatica congiuntura, il paese e permetterne la ripresa. Tra queste, quella che risulta più consueta è l’offerta di titoli di stato a condizioni assai vantaggiose perché addirittura a tasso negativo! (Chi affida i suoi risparmi allo Stato è disposto a ricevere meno di quel che dà!). Il fenomeno dei tassi sottozero risale all’era precovid ma è recentissimo per i titoli italiani ed è stato incentivato dal programma di acquisto di emergenza pandemico (PEPP) della BCE. Questo però non piace perché il PEPP sta riducendo i costi di indebitamento per i paesi più fragili dell’eurozona in modo da consentirgli di evitare i prestiti capestro dell’UE sottoforma di RF e Mes, a favore della raccolta di liquidità senza limiti sul mercato obbligazionario.

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militant

Lockdown or not lockdown… is that the question?

di Militant

Le mobilitazioni che in questi giorni hanno attraversato le strade di Roma così come quelle di altre città hanno giustamente ribadito a gran voce e a più riprese la distanza siderale che le separava dalle piazze dei cosiddetti “negazionisti”. Una lontananza umana e culturale, prima ancora che politica, dalle pulsioni irrazionali di chi, di fronte ad un’epidemia che stravolge lo status quo, non riesce a far altro che rimuovere il problema fino a negarlo, arrivando al punto di prendersela con quei medici e quegli infermieri che quotidianamente si adoperano per contrastarlo. Quasi fosse loro la colpa della situazione surreale in cui siamo stati precipitati da febbraio e non di una classe politica che da un quarantennio a questa parte ha progressivamente smantellato ogni forma di stato sociale in ossequio ai dettami dell’economia di mercato. Una differenza abissale che è stata rimarcata sabato scorso con l’abbraccio virtuale tributato dal corteo alle lavoratrici ed ai lavoratori del policlinico Umberto I e che può essere sintetizzata nel concetto espresso più e più volte dal microfono: noi non siamo contro il lockdown.

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manifesto

La politica estera di Joe Biden

di Manlio Dinucci

L'arte della guerra. Le linee portanti del programma di politica estera che la nuova amministrazione Usa si impegna ad attuare sonoespressione di un partito trasversale

Quali sono le linee programmatiche di politica estera che Joe Biden attuerà quando si sarà insediato alla Casa Bianca? Lo ha preannunciato con un dettagliato articolo sulla rivista Foreign Affairs (marzo/aprile 2020), che ha costituito la base della Piattaforma 2020 approvata in agosto dal Partito Democratico. Il titolo è già eloquente: «Perché l’America deve guidare di nuovo / Salvataggio della politica estera degli Stati uniti dopo Trump». Biden sintetizza così il suo programma di politica estera: mentre «il presidente Trump ha sminuito, indebolito e abbandonato alleati e partner, e abdicato alla leadership americana, come presidente farò immediatamente passi per rinnovare le alleanze degli Stati uniti, e far sì che l’America, ancora una volta, guidi il mondo».

Il primo passo sarà quello di rafforzare la Nato, che è «il cuore stesso della sicurezza nazionale degli Stati uniti». A tal fine Biden farà gli «investimenti necessari» perché gli Stati uniti mantengano «la più potente forza militare del mondo» e, allo stesso tempo, farà in modo che «i nostri alleati Nato accrescano la loro spesa per la Difesa» secondo gli impegni già assunti con l’amministrazione Obama-Biden.

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lantidiplomatico

Sulla "sinistra per Biden"

di Antonio Di Siena

Vorrei essere più diplomatico ma la sinistra per Biden è il più fulgido esempio di come questa parte politica (o sedicente tale) abbia definitivamente smarrito qualunque capacità di lettura critica della realtà. E sia tristemente ridotta ad un infantilismo capace di ragionare esclusivamente su un piano manicheo, improntato alla dicotomia bene/male, buono/cattivo. Un livello di elaborazione da bambini di terza elementare.

Quello che infatti i nostri amici democratici proprio non riescono a capire è che le categorie del politico sono definite esclusivamente dai contenuti. E non dai contenitori.

Partiamo da un presupposto difficilmente contestabile: l’amministrazione Trump ha portato la politica estera americana su posizioni isolazioniste che non si vedevano da prima della guerra fredda.

Facendo tornare il GOP politicamente indietro di quasi un secolo, a quando cioè era di “sinistra”. Al contrario di quello democratico che era notoriamente schiavista, liberista e, quindi, di destra (ma questa è un’altra storia e non voglio destabilizzarvi troppo).

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jacobin

La lunga storia della guerra agli «improduttivi»

di Agnese Baini

La frase di Toti deriva da un'ideologia con lunga tradizione. Negli ultimi anni regolamenti per il decoro colpiscono chi è escluso dalle logiche di produzione e consumo, ancor prima gli «improduttivi» venivano chiusi nei manicomi

Ogni mattina, in Italia, qualcuno si sveglia e sa che dovrà correre più veloce del leone che vuole additarlo come untore di questa pandemia. L’elenco è lungo e sempre in aggiornamento: ci sono stati i cinesi, i runner, chi fa aperitivi, gli studenti fuori sede che tornano a casa. I vecchi che uscivano senza mascherina erano già in questo elenco ma ora hanno guadagnato una nuova caratteristica: sono vecchi che non partecipano «allo sforzo produttivo del paese».

 

Il brusco risveglio di Toti

La scorsa domenica ci siamo svegliati con un tweet lanciato dal governatore della Liguria Giovanni Toti:

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teleborsa

Il Topo, il Formaggio, la Trappola

di Guido Salerno Aletta

Crisi sanitaria, politica monetaria accomodante e debito pubblico gigantesco

La crisi sanitaria è stata affrontata bloccando le attività economiche e sociali, per ridurre al minimo i contatti che possono aumentare la diffusione del virus. Bar, ristoranti, teatri, Nomi diversi, da lockdown a confinement a seconda dei diversi Paesi, ma identica sostanza.

Una caduta del PIL a doppia cifra nel 2020, e chissà che cosa succederà l'anno prossimo con la seconda ondata che si dice essere in corso, è un evento drammatico che in altre occasioni avrebbe creato una reazione incontrollabile, non essendo possibile attingere a risorse pressoché illimitate mediante il ricorso al debito. I soldi, una volta, non si stampavano con la facilità con cui oggi le Banche centrali li creano dal nulla, senza neppure spingere il bottone print della stampante della carta-moneta. Si aggiungono solo gli zeri sullo schermo del computer ai conti delle diponibilità di portafoglio: non girano denari, ma solo numeri.

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altrenotizie

Le Regioni della vergogna

di Antonio Rei

C’è qualcosa di penoso nel modo in cui molti governatori si stanno comportando. Finché la situazione sanitaria sembrava sotto controllo, i numeri uno delle Regioni non facevano che reclamare autonomia. Piagnucolavano contro il centralismo del governo, rivendicando la libertà di riaprire tutto – a cominciare dagli stadi – e di spendere secondo il proprio arbitrio i soldi che arriveranno per la ricostruzione post-Covid. “Dateci autonomia, decidiamo noi cosa riaprire”, diceva l’8 maggio il ligure Giovanni Toti. “Con più autonomia, avremmo affrontato meglio l’emergenza”, aggiungeva il lombardo Attilio Fontana il 29 giugno.

Poi, all’improvviso, la musica è cambiata e i governatori si sono prodotti nella più grottesca delle piroette. Non appena i dati sanitari hanno iniziato a peggiorare, gli alfieri del decentramento si sono fulmineamente riscoperti cheerleader di papà Stato centrale. Il motivo è chiaro: quando c’è da prendere decisioni impopolari, difficili, che faranno arrabbiare elettori e lobby, lo scaricabarile diventa un riflesso pavloviano.

Lo stesso ha fatto il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che – preoccupato dal calo della sua popolarità e dalle macchinazioni di chi lo vorrebbe impallinare – per settimane ha rifiutato di avallare restrizioni serie e nazionali, nella speranza che fossero i governatori a sobbarcarsi il fardello.

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micromega

Presidenziali USA: i sintomi per ora scompaiono, la crisi resta

di Giorgio Cesarale

Dall’altro ieri sera (ore italiane) il quadro intorno ai risultati delle appena trascorse elezioni presidenziali americane sembra acquistare un colore meno sfocato: Joe Biden, vincendo in Pennsylvania, ha superato la soglia dei 270 delegati necessari per essere eletto. La guerriglia legale di un Trump che, mentre rifiuta il concession speech, gioca a golf sui dolci declivi di Sterling (Virginia), sembra destinata a continuare, ma non “sfonda”, trova per ora meno sponde in quella magistratura, che pure ha provato in vari modi a “colonizzare” nei suoi anni da Presidente. Mettiamo però da parte il tourbillon e i toni derisori che passano per le bocche di scrittori e intellettuali così terrificati dai circa 71 milioni di voti per Trump da insolentire il loro stesso passato da sperticati laudatores dell’american way of life e proviamo a fissare alcune coordinate generali, prima di breve e poi di lungo periodo:

1) la strategia del centro liberale americano, impersonata dai clintonites e dagli obamians e avviata subito dopo le scorse elezioni di mid-term, è pienamente riuscita. Il suo obiettivo era duplice, e per questo non privo di una sua complessità realizzativa.

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ubure

Tre evidenze di Marx

di Marco Iannucci*

Un po’ piú di 150 anni fa, vedendo che una larga parte di umanità attorno a sé mostrava di avere motivi per non volersi allineare nei ranghi della società presente, un uomo considerò che sarebbero emersi motivi ancora piú profondi se solo qualcuno avesse fatto luce sul meccanismo fondamentale che faceva funzionare quella società. Dopo lunghi studi in proposito, egli pubblicò i risultati della sua indagine in un libro intitolato

Il Capitale. Sottotitolo: Critica dell’economia politica . Lí si parlava, per centinaia di pagine, essenzialmente del capitale. È superfluo che io precisi il nome di quell’uomo. Ricordo ancora bene l’emozione che provai alla prima lettura di quel libro. Era l’emozione che si prova quando ci si trova davanti a un disvelamento, quando qualcosa che era occultato, nascosto, ci viene all’improvviso svelato. Il disvelamento operato da Marx è profondo e nello stesso tempo ricco di dettagli, e io non posso che rimandare alle sue parole. Ma voglio qui ricordare solo tre capisaldi di quel disvelamento, quelli che anche allora mi colpirono con maggiore forza:

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nazioneindiana

Paolo Virno: sulla natura dell’animale loquace

di Giorgiomaria Cornelio

Sono due le istanze fondamentali che guidano il lavoro filosofico di Paolo Virno dal Saggio sulla negazione. Per una antropologia linguistica (Bollati Boringhieri 2013) sino a Avere. Sulla natura dell’animale loquace, passando per le pagine inedite contenute in L’idea di mondo. Intelletto pubblico e uso della vita (Quodlibet 2015) – entrambe volte indagare o a costruire lo spazio che si apre all’intersezione di logica e antropologia.

La prima è l’esigenza di rendere espliciti e il più possibile trasparenti i modi spesso intricati, opachi e non a caso paradossali, con cui il soggetto umano sembra relazionarsi con le proprie caratteristiche naturali o essenziali. È un’esigenza dialettica o, come preferisce dire l’autore, l’istanza di una “filosofia dello spirito intrisa di materialismo” che trova la sua matrice nella filosofia classica tedesca.

La seconda, sulla quale vorrei attirare innanzitutto l’attenzione non solo perché mi è più congeniale, ma anche perché qui in Avere viene in piena luce, è l’esigenza di affermare nella maniera più netta la consistenza al contempo ontologica e impersonale della natura umana, ovvero delle abilità, degli affetti, dei requisiti biologici e delle situazioni storiche che ci definiscono come animali loquaci.

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cumpanis

L’uscita dall’Euro come condizione necessaria per mutare i rapporti di forza a favore della classe lavoratrice

di Federico Fioranelli*

La sinistra italiana, in particolare se di ispirazione marxista, non può continuare ad affrontare la questione europea come se all’interno dell’Unione Europea e dell’Unione Monetaria Europea fosse possibile un cambiamento dei rapporti di forza a favore delle classi lavoratrici.

Soltanto un’analisi condotta con una buona dose di superficialità e ingenuità può impedirci di capire che il processo di costruzione dell’Europa è ormai giunto alla sua conclusione e che l’unione monetaria che si è realizzata ha pienamente raggiunto gli scopi che intendeva perseguire.

L’Euro, in particolare, non è una conquista della classe lavoratrice. Esso è un mezzo introdotto non per favorire il principio della solidarietà tra i popoli europei ma per perseguire gli interessi delle oligarchie europee, vale a dire delle imprese multinazionali e delle banche internazionalizzate. Nasce, quindi, dalla convergenza degli interessi delle élite europee, principalmente tedesche ma anche italiane, in un contesto caratterizzato dall’allargamento del mercato capitalistico attraverso l’abbattimento o la riduzione delle barriere statali alla libera circolazione di merci e capitali.

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sinistra

Trump e/o Biden

di Eros Barone

La democrazia americana è un’aquila che ha due ali: entrambe destre.
Gore Vidal

Da decenni, sia di là che di qua dall’Oceano Atlantico, un malinteso realismo impone ai comunisti come una necessità ineludibile, in occasione delle elezioni, la scelta del “male minore”. Sorge allora spontanea, riguardo alle elezioni negli USA, la seguente domanda: in che modo un voto a favore di Biden può mutare i rapporti di forza tra le diverse e avverse frazioni della borghesia in un senso favorevole alla classe operaia e alle forze sinceramente democratiche? Da questa domanda ne consegue un’altra di carattere meramente retorico: che cosa hanno rappresentato, da un punto di vista di classe, gli otto anni dell’amministrazione del democratico Obama e del suo vice Biden, se non un massiccio trasferimento di ricchezza ai ceti capitalistici minacciati dalla crisi economico-finanziaria del 2008?

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ilsussidiario logo

Finanza & Covid. I poteri pronti a regnare dopo il Grande reset del capitalismo

di Edoardo Laudisi

Senza essere frenati dal mondo politico, anzi talvolta da esso avvantaggiati, i grandi monopoli sono vicini a sostituirsi agli Stati sovrani

Berlino. “La libera concorrenza si aggrega sempre più in grandi concentrazioni della produzione. La conseguenza è un balzo nella socializzazione della produzione (grande società per azioni) che porta a una realtà molto diversa da quella delle piccole imprese che agiscono in concorrenza tra loro. Gli imprenditori capitalisti sono trascinati quasi contro la loro volontà in una nuova forma sociale che comporta il passaggio dalla libera concorrenza all’era dei grandi monopoli”.

Sono le parole con cui W.I. Lenin apriva il saggio L’imperialismo come sviluppo supremo del capitalismo. Secondo il rivoluzionario di Simbirsk sul Volga, l’età dei monopoli si sviluppò grazie alla crisi economica del triennio 1900-1903 che decretò la rovina di un gran numero di piccoli e medi imprenditori, la conseguente formazione di grandi monopoli, una forte disoccupazione di massa, la carestia e la fame per milioni di persone. È in questo periodo che avviene la trasformazione del capitalismo in imperialismo con tanto di trust, cartelli e monopoli internazionali.

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lafionda

Patrimoniale e libera circolazione dei capitali: un cancello nella prateria

di Pietro Salemi

Gli ingenti costi economici delle necessarie misure anti-contagio impongono una riflessione sulle fonti di finanziamento per lo Stato. Com’è ovvio, eterogenee sono le ricette proposte dalle varie aree dell’arco politico-parlamentare. Proviamo a ricapitolare le varie posizioni in campo.

A destra si fa leva sulle istanze più libertarie e si cerca di bypassare il problema, negando (se non l’esistenza del virus, almeno) la necessità delle misure anti-contagio adottate: l’economia deve continuare a (s)correre, business as usual. Il centro-destra e il centro (da Forza Italia al PD), invocano a gran voce il ricorso al MES come irrinunciabile panacea. Il Movimento 5 Stelle punta, invece, tutte le sue fiches sul Recovery Fund: strumento europeo ancora ben lungi dall’essere realmente utilizzabile e che, con buona pace del M5S, propone un misto tra prestiti e fondo perduto, le cui criticità, in larga parte, sono non dissimili da quelle riscontrabili nel MES. La sinistra ripropone, invece, un grande classico: la patrimoniale.

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mondocane

Colpo di Stato: cosa succederà?

di Fulvio Grimaldi

Biden "presidente" prima di essere presidente: trionfo del Covid, più guerre, vita da remoto, sorveglianza totale, cultura Fortnite. Il "Biden pride" delle pressitute

Joe Biden non è stato certificato come vincitore di alcuno stato, per non parlare di nessuno degli stati altamente contesi che si sono indirizzati verso i riconteggi obbligatori, o stati in cui la nostra campagna elettorale ha valide contestazioni legali che potrebbero determinare il vincitore finale. I voti legali decidono chi è presidente, non i media. Rimane sconvolgente il fatto che la campagna di Biden si rifiuti di accettare questo principio di base e voglia che le schede vengano contate anche se fraudolente, fabbricate, o spedite da elettori non eleggibili o deceduti. Allora, cosa nasconde Biden? Non mi darò pace finché il popolo americano non avrà il conteggio dei voti onesto che merita e che la Democrazia esige”.

(Donald J. Trump, presidente degli Stati Uniti)

Elezioni USA, il pre-giudizio che crea i fatti

A dispetto di fanfare, cimbali, tamburi e turiboli, con cui inservienti politici e giornalisti di piacere celebrano la vittoria del pupazzo dei mandanti delle guerre armate e di quelle sanitarie, la questione è tutt’altro che chiusa.

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giap3

Cronache dall’Assurdistan: DAD & coprifuoco fino alla vittoria!

di Wu Ming 4

Ieri pomeriggio, insieme ai miei due soci, sono stato in Piazza Maggiore a Bologna, alla manifestazione per chiedere la riapertura delle scuole superiori. Considerato il clima plumbeo del paese, e la scarsa pubblicizzazione dell’evento – praticamente solo tam tam – e nessuna sigla di peso a organizzarla, è stata piuttosto partecipata. Faccio fatica a quantificare, perché dovendo stare distanziati occupavamo una superficie tripla rispetto al normale.

Tagliando un po’ con l’accetta, si può dire che abbiamo ascoltato due tipi di interventi. Quelli degli adulti – genitori e docenti – che spiegavano come la DAD non si possa in alcun modo considerare scuola e come le scuole siano luoghi più sicuri di altri, essendo sotto protocollo, dove ragazzi e ragazze sono più controllati anziché no; e quelli degli studenti delle scuole superiori, che dicevano la stessa cosa, ma parlando della propria esperienza diretta. Devo dire che i giovani mi sono parsi estremamente efficaci, benché la partecipazione fosse prevalentemente di adulti.

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coniarerivolta

Pensioni: tanto rumore per poche briciole, mentre la pagnotta scompare

di coniarerivolta

Nel pieno dell’emergenza sanitaria e delle sue terribili conseguenze socioeconomiche, di pensioni, negli ultimi mesi, si era stranamente parlato poco. A occuparsene, in maniera non rassicurante, erano rimaste solo le istituzioni europee, subordinando ad un loro taglio la scialuppa di salvataggio che dovrebbe salvare le economie dei paesi membri. A parte questo, uno dei temi sociali più martellati dal legislatore negli ultimi trent’anni era finito per un po’ in soffitta. Eppure, il tempo scorre anche per il sistema previdenziale e tornano gli spettri del recente passato.

Il triennio sperimentale della cosiddetta “quota 100” volge ormai al termine e l’ultimo anno in cui sarà possibile beneficiarne sarà il 2021. Dal 2022 si torna ai fasti del precedente status quo, fissato in via definitiva dalle Leggi Sacconi-Tremonti e poi dalla Legge Fornero nel 2011: si potrà così andare in pensione di vecchiaia a 67 anni, con almeno 20 anni di contributi, oppure usufruire della pensione anticipata con 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini. Requisiti che sono soggetti, come noto, al continuo adeguamento sulla base della speranza di vita e che, al momento, resteranno validi fino al 31 dicembre 2022.

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ilsimplicissimus

Brogli, Imbrogli & Crolli

di ilsimplicissimus

Mi chiedo cosa sarebbe successo se le elezioni statunitensi si fossero svolte in Venezuela o Bielorussia o in Bolivia o in uno dei qualsiasi dei Paesi dove si usa la parola democrazia per tentare di negarla nei fatti. Mi chiedo cosa avrebbero detto gli “osservatori internazionali” di fronte a valanghe di voti postali che contro ogni plausibilità statistica hanno il 100% dei voti per un singolo candidato, ma la risposta la sappiamo: avrebbero detto che sono elezioni truccate, occasione di solito per scatenare moti arancionisti . Si direbbe che a forza di esportare democrazia il presunto luogo di origine ( ma questo è solo un equivoco culturale sulla cui evidente falsità ci sarebbe da scrivere un trattato ) ne sia rimasto a corto. Anche senza voler prendere in considerazione l’idea che in una campagna elettorale durata quattro anni siano state costruite le carte prima del russiagate, poi della narrazione pandemica e infine dei moti antirazzisti con sinistre analogie che riportano alle operazioni di cambio regime, ormai gli Usa non possono più salire su nessuna cattedra e dare lezioni di democrazia a nessuno.

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tlaxcala

Covid-19: l’ABC dei tamponi

Ovvero, la panico-demia da “tamponamento a catena”

di Leopoldo Salmaso*

Premessa: convengo che la terra non è piatta e che:

1) da circa un anno è emerso un ceppo di coronavirus denominato SARS-CoV-2;

2) SARS-CoV-2 è l’agente causale di una malattia chiamata CoViD-19;

3) SARS-CoV-2 ha una diffusione planetaria ignota, e l’OMS non ha mai dichiarato la pandemia[1];

4) la diagnosi clinica, nei casi gravi e ben documentati, è pacificamente condivisibile;

5) la contagiosità (numero medio di persone contagiate da una persona infetta) e la letalità (rapporto morti/infetti) di SARS-CoV-2 sono soggette a stime sempre più contrastanti a causa della crescente confusione fra “positivo al tampone” / “infetto” / “contagioso” / “malato”;

6) alla base di codesto caos mondiale stanno i cosiddetti “tamponi”.

Tutto ciò premesso, mi propongo di chiarire i limiti dei test RT-PCR che vengono eseguiti sul materiale prelevato mediante tampone naso-faringeo. Ciò permetterà di fare chiarezza anche sugli altri punti.

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mondorosso

Quattro modeste proposte per l’unità concreta delle forze comuniste

di Daniele Burgio, Massimo Leoni e Roberto Sidoli

Nessuno si preoccupi: non vogliamo certo copiare l’inimitabile Jonathan Swift del 1729, quando quest’ultimo suggerì in modo genialmente provocatorio di ingrassare i comunisti – scusate, i bambini denutriti, per darli in seguito da mangiare agli avidi e ricchi latifondisti angloirlandesi.

Chiediamo solo, molto più banalmente, che si costituisca subito un comitato unitario tra le forze comuniste rivolto a smascherare e combattere le aggressioni e le provocazioni di matrice imperialista già in atto in tutto il globo: attacchi che si intensificheranno tra l’altro, in modo più che prevedibile, contro una nazione quale il Venezuela nei prossimi mesi, in occasione delle elezioni legislative previste per l’inizio di dicembre nell’indomito e coraggioso paese latinoamericano.

Seguendo l’utile consiglio del compagno Fosco Giannini, invitiamo inoltre tutte le forze di matrice terzinternazionalista a celebrare in modo unitario il centesimo anniversario della fondazione del glorioso Partito comunista italiano a gennaio, come anche, questa volta invece a fine giugno, quella dell’altrettanto eroico Partito comunista cinese.

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vitaepensiero

Behemoth 2.0. La ‘tribalizzazione’ dell’America e la fragilità delle nostre democrazie

di Damiano Palano

All’alba del 9 novembre 2016, scoprimmo un’America molto diversa da quella che avevamo conosciuto. Il responso delle urne non ci disse soltanto che a insediarsi alla Casa Bianca sarebbe stato Donald Trump, l’originale miliardario newyorkese che per mesi era stato ritratto dalla stampa e da molti osservatori come un fenomeno da baraccone e come un candidato sconfitto in partenza nella competizione con Hillary Clinton. Il risultato di quelle elezioni ci disse soprattutto che una fetta cospicua di cittadini aveva creduto nello slogan «Make America Great Again» inalberato durante la sua campagna, che non si era scandalizzata per i toni razzisti del tycoon, per le fake news che popolavano i suoi tweet, per il suo passato burrascoso, che non aveva giudicato risibili molte delle promesse lanciate nei suoi comizi. In altre parole, avevamo scoperto che una parte dell’America aveva riconosciuto in Trump un outsider capace di difendere i propri interessi e i propri valori. Un outsider a cui veniva consegnato il compito di difendere, dalla globalizzazione e dalle élite liberal, gruppi sociali che erano abissalmente lontani da quello da cui l’immobiliarista newyorkese proveniva.

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tempofertile

Ernesto Laclau, “Marxismo e populismo”

di Alessandro Visalli

In questa conversazione con Mauro Cerbino pubblicata nel 2018 da Castelvecchi[1], e prima da Revista de Ciencias Sociales nel 2012[2] appena due anni prima della morte del pensatore argentino, Laclau ricorda la sua adesione al marxismo nella stessa maniera con la quale individua il suo orientamento popolare: entrambi assorbiti dall’ambiente. La famiglia per il secondo e l’ambiente universitario degli anni sessanta per il primo. Tuttavia, sin da quegli anni, nella sua Argentina, è influenzato anche dall’ambiente peronista e da una forma di sincretismo socialisteggiante che ispira la sua prima militanza.

La posizione del filosofo politico appare dunque come tentativo, via via anche adattandosi ai tempi di riflusso nei quali si svolge gran parte della sua traccia esistenziale, di tenere insieme un’ispirazione di fondo popolare e vagamente socialisteggiante con una sorta di traduzione/applicazione alla politica dell’egemonia culturale del post-strutturalismo nel quale si forma ed afferma accademicamente. Ne deriva quella che lui stesso chiama un’ontologia del sociale come costruito dal politico polemicamente rivolta contro una sorta di fantoccino di comodo: il marxismo della seconda internazionale, economicista e storicista.

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lordinenuovo

Le misure del governo e i costi della seconda ondata

di Daniela Giannini

In Italia, nel mese di ottobre scorso, come già accaduto all’insorgere della pandemia di COVID-19, abbiamo assistito a un proliferare di leggi emanate dagli organi che esercitano il potere esecutivo, in primis Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) e a seguire ordinanze ministeriali e regionali, normative che avrebbero avuto lo scopo di contenere l’espandersi della pandemia (1) e l’obiettivo di contenere l’esplosione dei conflitti economico-sociali ad essa conseguenti.

Le azioni poste in essere dall’esecutivo hanno preso due direzioni distinte. Da un lato, l’emanazione di disposizioni cogenti per il contenimento dei contagi che però non hanno tenuto conto dei fattori realmente scatenanti dell’espandersi del virus; dall’altro, disposizioni che hanno scaricato sui singoli la responsabilità della diffusione della malattia: non si è voluto ammettere che i trasporti pubblici continuavano e continuano a essere uno dei principali veicoli di trasmissione del virus, ad esempio.

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kriticaeconomica

Riscoprire il populismo: Laclau vs Zizek

di Yahia Al Mimi

Il pensiero di Ernesto Laclau, filosofo argentino e teorico progressista del populismo, ha attirato nel corso dei decenni un numero smisurato di critiche provenienti sia dal mondo liberaldemocratico sia dal mondo del marxismo ortodosso. Ciò si è potuto osservare immediatamente dopo la pubblicazione di Hegemony and Socialist Strategy (1985), ma è una situazione che continua ancora oggi, nel tentativo di screditare il populismo laclauiano come legittima logica politica. Si può dire che in parte l’egemonia liberale abbia raggiunto il suo obiettivo: ridurre il “populismo”, da concetto politico, al concetto semantico di “demagogia”.

Riferendoci a una nota disputa tra Slavoj Zizek ed Ernesto Laclau sulla disintegrazione dell’essenzialismo proprio del marxismo tradizionale possiamo fare diverse considerazioni. Francamente, potete immaginare da che parte sto in questo confronto – cioè dalla parte di Laclau.

Nonostante molti dei lavori di Zizek siano a dir poco eccellenti, il suo fraintendimento nei confronti della ragion populista fa capire come sia difficile per un marxista, pur sotto l’influenza lacaniana, liberarsi dal giogo dell’essenzialismo.