Print Friendly, PDF & Email
Print Friendly, PDF & Email

sollevazione2

Sinistrati e neofascismo sanitario

di Moreno Pasquinelli

La furia del dileguare. Le sinistre radicali, una volta abbandonato il mito della classe operaia come soggetto escatologico, hanno individuato nei “migranti” e nelle più strampalate minoranze sessuali i moderni soggetti antagonisti. Il sostegno al nomadismo esistenziale dei primi e la difesa dei diritti civili dei secondi, sono diventate le loro due cifre identitarie. Ne è venuto fuori un instabile mix di libertarismo individualistico, di buonismo cattolico e di cosmopolitismo progressista. Si spiega così la corrispondenza di amorosi sensi con l’élite neoliberista.

Che questo connubio non fosse incidentale lo dimostra come esse si sono comportate e si stanno comportando davanti alla pandemia da Covid-19. Le sinistre radicali (di quelle di regime manco a parlarne) hanno fatto loro la narrazione dell’élite neoliberista dominante, quella per cui avremmo a che fare con un virus la cui letalità sarebbe tale da falcidiare l’umanità.

Posta la premessa due sono le conclusioni politiche obbligate. La prima: il nemico principale non è per il momento l’élite dominante, bensì il virus; la seconda: dato che essa agirebbe filantropicamente per il bene comune, merita di essere sostenuta. Embrassons nous!

Print Friendly, PDF & Email

contropiano2

La devastazione del pubblico impiego

di Kartana

Considero Nadia Lucio Olivares un’eccellente economista della Federico II di Napoli – università statale fra le più antiche d’Italia e del mondo – ed è per questo che ho condiviso le sue riflessioni e il suo grafico (in fondo all'articolo), vi dico cosa è successo nel pubblico negli ultimi 20 anni.

Per capirlo, occorre ritornare alla marcia dei 40 mila impiegati a Torino nel 1980. Vinsero i padroni, il movimento operaio ebbe una sconfitta storica e da allora non si più ripreso.

I padroni con quella vittoria inaugurarono il ritorno allo sfruttamento lavorativo secondo lo schema marxiano del pluslavoro assoluto e dell’intensificazione dei ritmi lavorativi. Non era l’unica soluzione capitalisticamente possibile, ma scelsero quella per loro più semplice e meno impegnativa.

Non ne volevano più sapere di rischiare e spendere soldi in investimenti,. Ritornarono perciò agli anni ‘50 e da allora non ci siamo più mossi.

Rimaneva il settore pubblico, con quasi tre milioni di dipendenti.

Print Friendly, PDF & Email

ilparagone

“Attenti al capitalismo del disastro, così i fondi-predatori prendono nuovi asset a prezzo di saldo”

di Redazione

A che punto è questo capitalismo devastante che sta distruggendo gli Stati-nazione e l’economia di mezzo mondo, nonché la vita delle persone? Se lo è chiesto Giuliano Battiston, ponendo la stessa domanda a James K. Galbraith, docente all’Università di Texas ad Austin e autore di libri importanti sull’economia politica, che su L’Espresso ha dato un risposta sotto forma di analisi che va assolutamente ripresa, rilanciata e condivisa. Spiega Galbraith: “La pandemia sta sgretolando l’intero sistema economico. Un castello di carte che non va ricostruito con gli stessi materiali e secondo gli stessi progetti di prima. Perché l’alternativa – dice Galbraith in quest’intervista all’Espresso – è ùil capitalismo del disastro e la catastrofe sociale”.

Sui pacchetti miliardari di “stimoli”, da quello del Congresso Usa al Recovery Fund della Ue, Galbraith dice la sua: “Bisogna vedere come verranno spesi questi soldi. Il mio timore è che non si tratti di un vero cambiamento di mentalità, ma della replica di quanto fatto nel 2008, con l’obiettivo di salvare soprattutto le corporation e il settore finanziario.

Print Friendly, PDF & Email

contropiano2

Scuola: cosa si nasconde sotto i nuovi banchi?

di Maurizio Disoteo

Nel caldo ferragostano, mentre governo e regioni litigavano sul riaprire o chiudere le discoteche e sull’affollamento delle spiagge date in concessione per quattro bucce di patate a facoltosi imprenditori che stipano sulla sabbia più persone possibili per aumentare i loro profitti, è arrivato un nuovo, sorprendente comunicato del Comitato Tecnico Scientifico della Presidenza del Consiglio.

Cancellando i precedenti comunicati sul distanziamento e sulle “rime buccali” il CTS ha sentenziato che, alla fine, il metro di distanza non è indispensabile e che si può stare a scuola anche più vicini se si indossa la mascherina.

Una presa di posizione che non stupisce se si considera che salva il Ministero dal grave imbarazzo di non sapere come avviare l’anno scolastico di fronte agli appelli degli istituti che proprio non hanno idea di come rispettare le norme sul distanziamento fisico in assenza di un sufficiente numero di docenti, personale ATA e aule. In pratica, il rischio è che nulla cambi dallo scorso anno, salvo l’obbligo della mascherina, che non è certo agevole, per dei ragazzi, portare ogni giorno per cinque o sei ore di lezione.

Print Friendly, PDF & Email

sollevazione2

M5S: il mesto ingresso a Piddinia City

di Sollevazione

Agosto sembra essere il mese fatale dei Cinque Stelle. Un anno fa – primo artefice lo stratega di Rignano sull’Arno – i pentastellati stringevano l’accordo di governo col Pd. Quest’anno, quasi dovessero onorare una cambiale firmata allora, ecco la “svolta” sulle alleanze. D’ora in poi, a dispetto di quanto avverrà alle regionali di settembre, la linea sarà quella dell’alleanza strategica col Partito Democratico. Il bipolarismo ammaccato degli anni scorsi tende perciò a ricomporsi, con quali esiti ce lo dirà il tempo.

Così scrivevamo il 25 agosto 2019:

«Sono adesso i Cinque Stelle, spinti tra le braccia del Pd proprio da Salvini, a dover decidere se il loro futuro sarà semplicemente quello di farsi riassorbire ed integrare nel sistema. Non solo andando oggi al governo col Pd, ma predisponendosi in un domani non troppo lontano ad un’alleanza organica con quel partito. Perché questa è ormai la vera posta in gioco».

La vera posta in gioco… Eravamo dunque stati facili profeti. Ci hanno messo un anno, ma questi 365 giorni non sono trascorsi invano. Nella sostanza l’anomalia M5S era già finita con il governo Ursula, ma la formalizzazione della piena integrazione nel blocco a trazione piddina – avvenuta con il patetico voto on-line di ieri l’altro – uno scherzo non è.

Print Friendly, PDF & Email

carmilla

L’autodifesa come soggettivazione dell’oppresso

di Fabio Ciabatti

Elsa Dorlin, Difendersi. Una filosofia della violenza, Fandango Libri, 2020, pp. 304, € 19

Il fuoco ha appena avvolto la stazione di polizia di Minneapolis in cui lavoravano gli sbirri assassini di George Floyd. Immediatamente si infiamma anche il dibattito: un coro di voci gracchianti si leva per condannare la violenza pur pretendendo, allo stesso tempo, di sostenere le ragioni della protesta. Ma è possibile mantenere il piede in due scarpe in modo così pilatesco? In fin dei conti anche il non violento Martin Luther King sapeva che il riot è il linguaggio di chi non è ascoltato.

C’è però qualcosa di più che si può dire. E lo possiamo fare utilizzando un libro della femminista francese Elsa Dorlin, da poco tradotto in Italia, Difendersi. Una filosofia della violenza. Secondo l’autrice una linea di demarcazione storica oppone i corpi “degni di essere difesi” a coloro che rimangono esposti alla violenza del potere dominante e alle minacce di una minoranza con il diritto permanente di usare impunemente le armi.

Print Friendly, PDF & Email

sinistra

I camaleonti e i colori del Sahel

di Mauro Armanino

Niamey, 16 agosto 2020. Proprio come lui, il camaleonte, anche la cartina del Niger appena presentata dalle autorità francesi, ha assunto un altro colore, il rosso. Rimane, a vero dire, un irrilevante circolino arancione che circonda la capitale del Paese, Niamey. Si tratta di un colore, il rosso, generalizzato al territorio nazionale, che l’ha reso formalmente sconsigliato per i cittadini francesi. Quanto all’arancione, di cui Niamey si ammanta secondo le stesse autorità, implica lo stesso invito ‘salvo forza maggiore’. Tradotto in termini operativi questo significa che gli occidentali, principali bersagli presunti degli attacchi terroristi, non possono uscire dalla capitale senza scorta armata. I colori dei Paesi del Sahel cambiano e si adattano secondo quanto le potenze coloniali decidono, unilateralmente, a seconda dell’impatto sui propri cittadini. Sono in questo assai simili all’animale citato, il camaleonte, il cui cambio di colore è dovuto ad un meccanismo di comunicazione sociale. I colori scuri indicherebbero collera e agressività e quelli più chiari sarebbero invece in funzione della seduzione delle femmine. Si tratta dunque di un sistema di comunicazione che potremmo definire ‘politico’.

Print Friendly, PDF & Email

la citta futura

Una notte al museo? Alta cultura e capitalismo crepuscolare

di Roberto Fineschi

Il capitalismo crepuscolare utilizza la cultura come una componente accessoria di pacchetti elaborati per fare profitti. Le masse popolari sono storicamente escluse dalla vera cultura, appannaggio esclusivo delle classi dominanti

Le statistiche dell'italico popolo relative a lettura e frequentazione di musei sono, notoriamente, drammatiche. All'italiano medio di arte e cultura importa poco o niente. Dovendo per lavoro andare spesso per musei e facendolo altrettanto per piacere, mi capita, non spesso ma sempre, la seguente tragicomica esperienza: tutti mi si rivolgono in inglese dando per scontato che io non sia italiano. Se è pur vero che sono alto, biondo (ora abbastanza bianco in verità) e con gli occhi azzurri, anche dopo che mi sono palesato per nativo utilizzando l'idioma locale (per giunta con marcato accento toscano), talvolta insistono con l'inglese perché proprio non ci possono credere. In genere mi prendono per inglese o, in subordine, per uno sgarrupato tedesco a seconda di quanto arrivo sudato in biglietteria (nel loro immaginario un inglese è considerato in media più signore). Alcuni si giustificano commentando "mi scusi sa, ma di italiani non se ne vedono mai".

Print Friendly, PDF & Email

ilsimplicissimus

Polvere di stelle: comandare ma non governare

di ilsimplicissimus

La recente decisione dei Cinque stelle di allearsi col Pd alle comunali e l’abiura alla regola dei due mandati per permettere alla Raggi di ripresentarsi a Roma , sono l’epifenomeno di ciò che rimane della politica: l’ultimo atto di un piano volto a raccogliere i voti di chi non voleva più i dem e in generale la costellazione tradizionale di potere che rappresentavano e rappresentano, per poi riportarli “normalizzati” e lobotomizzati nel sistema che si illudevano di combattere, ma che i capi avevano già venduto in blocco come fossero un futures politico. A tal punto è arrivata la simbiosi dei Cinque stelle con gli utilizzatori finali che a Roma la Raggi si ripresenta ufficialmente, quasi certa di vincere per assoluta mancanza di avversari. Ricordo i primi tempi della sua elezione quando gli ipocritoni dei salotti romani scoprirono all’improvviso dopo trent’anni di abbandono che c’erano le buche per strada e che la raccolta rifiuti e i trasporti funzionavano male: qualsiasi pretesto sia pure di natura ormai storica era buono per dare addosso alla nemica che oltre tutto rischiava di far saltare gli affaroni degli amici degli amici.

Print Friendly, PDF & Email

contropiano2

La Bielorussia tra “dittatori comunisti” e nazi-majdanisti “democratici”

di Fabrizio Poggi

Cosa sta succedendo in Bielorussia? È in atto a Minsk l’ennesima “majdan”, che ha attraversato negli anni praticamente tutte le ex Repubbliche sovietiche, con risultati fortunatamente non uniformi? È veramente crollato l’appoggio popolare a Aleksandr Lukašenko e, dunque, quell’ormai fatidico 80% di voti accreditatogli domenica scorsa dagli elettori dovrebbe esser ribaltato a favore della principale candidata avversaria, Svetlana Tikhanovskaja, che da Vilnius si autoproclama “vincitrice”?

Non è davvero semplice raccapezzarsi nell’attuale situazione bielorussa e gli attori esterni, ufficiali e non, sono davvero tanti e quasi tutti, chi più apertamente, chi meno, sarebbero stati felici di sbarazzarsi di quello che, ormai dal 1994, i demo-liberali sono usi qualificare come “ultimo dittatore d’Europa”: un titolo che, per dire, non sembra di aver mai sentito uscire dalle loro bocche a proposito di un Petro Porošenko qualsiasi.

Tra l’altro, nel comune linguaggio liberale, la qualifica di “dittatore” o la categoria di “dittatura”, sono sempre assoluti e rigorosamente privi di qualsiasi riferimento di classe: dittatura su chi, su quale classe, e democrazia per chi, per quale classe.

Print Friendly, PDF & Email

comidad

La guerra a "bassa intensità" contro il Libano

di comidad

Alla destabilizzazione della Siria avviata nel 2011 ha partecipato una notevole coalizione internazionale, composta dagli USA, dalla Francia, dal Regno Unito, dalle petro-monarchie del Golfo Persico e dalla Turchia. L’operazione si è risolta in un parziale fallimento, poiché il regime di Assad ha retto ed ha consolidato la sua alleanza con la Russia e con l’Iran. Un fallimento non completo, poiché la Siria è stata neutralizzata come potenza militare per molti anni a venire.

Da qualche anno l’opera di destabilizzazione si è concentrata nuovamente sul Libano, sede di uno dei principali alleati della Siria e dell’Iran, cioè il partito-milizia sciita Hezbollah. Da anni il Libano è oggetto di sanzioni, di isolamento internazionale e di criminalizzazione politica. Anche la Germania ha collocato Hezbollah nell’elenco delle organizzazioni terroristiche. Dato che Hezbollah è un partito politico che prende molti voti, il fatto di considerarlo un’organizzazione terroristica appare come un chiaro invito ad una nuova guerra civile in Libano.

Print Friendly, PDF & Email

contropiano2

Il capitale finanziario piega anche i Pentastellati

di Kartana

Il capitale finanziario italiano ribadisce la deflazione salariale, Covid o no Covid.

Bisogna vedere due aspetti. Il lato politico e il lato economico-finanziario, il primo si sta adeguando nuovamente al secondo, come accade da 30 anni, quando invece ci raccontavano – durante il lockdown – che tutto sarebbe cambiato, d’ora in poi. Non cambia niente, anzi, si fa più feroce.

Lato politico: stamane i giornali danno notizia che Di Maio propone un’alleanza strategica con il Pd, il partito del capitale finanziario italiano e di Confindustria. I movimentisti si accodino, sembra dire il ministro degli esteri, altrimenti vadano via.

Perché sta succedendo? Per saperlo basta leggere oggi su Il Messaggero un’intervista ad Antonio Patuelli, presidente dei banchieri italiani. Vuole Recovery Fund e Mes. Ma soprattutto la riduzione del costo del lavoro per le imprese export oriented.

Nuovamente, addio domanda interna e all’aumento dei salari. Si ribadiscono salari da fame per aumentare l’export, secondo il modello tedesco mercantilista, ma soprattutto, per continuare con i ricavi la politica finanziaria delle imprese.

Print Friendly, PDF & Email

micromega

Mario Monti all’Oms: c’è della logica in questa follia

di Alessandro Somma

Come può un fanatico dell’austerità, che da Presidente del Consiglio ha imposto tagli dolorosi alla sanità, divenire improvvisamente il paladino del suo rilancio? Semplice: non si abbandonerà la scelta di renderla privata, ovvero di degradare la salute a merce

L’Ufficio regionale europeo dell’Organizzazione mondiale della sanità ha creato una “Commissione per la salute e lo sviluppo sostenibile”, incaricata di “ripensare le priorità politiche alla luce della pandemia”[i]. La scelta di affidarne la presidenza a Mario Monti è stata ritenuta una palese contraddizione: come può un fanatico dell’austerità, che da Presidente del consiglio ha imposto tagli dolorosi alla sanità, divenire improvvisamente il paladino del suo rilancio?

La contraddizione è però solo apparente, dal momento che rilanciare la sanità non significa necessariamente rilanciare la sanità pubblica, e del resto questa espressione non viene mai utilizzata nel comunicato stampa che ha annunciato la nascita della Commissione.

Lì si dice semplicemente che questa dovrà formulare “raccomandazioni sugli investimenti e le riforme per migliorare la resilienza dei sistemi sanitari e sociali”, e adoperarsi per “costruire consenso attorno a queste raccomandazioni, al fine di elevare l’assistenza sanitaria e sociale a priorità politica”.

Print Friendly, PDF & Email

lafionda

La storia a ritroso

di Umberto Vincenti

Recentemente Carlo Galli ha qui introdotto la critica al linguaggio politicamente corretto, sulla scia di quel che è cominciato a farsi in America dopo la nuova iconoclastia seguita all’uccisione di George Floyd a Minneapolis. È una critica dovuta e fa piacere che ora sia fatta propria, e irrobustita, da intellettuali di varia ideologia e di prim’ordine. Concordo con Galli e aggiungo qui solo qualche notazione storico-giuridica. Ecco, allo storico del diritto dovrebbe risultare di immediata evidenza che i paladini dell’ideologicamente corretto hanno una bella pretesa: quella di riavvolgere il nastro della storia, cioè di farci tornare indietro. Certo oggi ci si limita ad abbattere qualche statua di qualche ‘scorretto’, magari vissuto oltre cinquecento anni fa (come Cristoforo Colombo) e a resecarne la testa; mentre ai tempi della Riforma protestante gli eretici venivano bruciati, talora a decine, e poi squartati a monito pubblico. Ma i facitori di questa correttezza sistemica dell’età dei diritti non sono gli iconoclasti che scendono nelle piazze violentando certi simboli, reali o, più spesso, avvertiti (da loro) come tali. I sacerdoti del politicamente corretto se ne stanno ad ispirare, e a guidare, la gente di fuori dal dentro delle università o delle redazioni di giornali e riviste o (meno) delle aule parlamentari o consiliari.

Print Friendly, PDF & Email

ilponte

La parola a Matteo Bassetti

intervista di Massimo Jasonni

Intervista al prof. Matteo Bassetti, titolare della cattedra di infettivologia presso il Policlinico San Martino di Genova realizzata dal prof. Massimo Jasonni

Massimo Jasonni: È scientificamente corretto affermare che il virus oggi ha perso carica virale?

Matteo Bassetti: Il virus ha perso forza. La ragione per cui l’ha persa può essere ricercata in molteplici spiegazioni. Quella più probabile la ricaviamo dal lavoro di vari laboratori (per esempio quello di Massimo Clementi, che in Italia è uno dei laboratori all’avanguardia e che è il laboratorio dell’Ospedale San Raffaele) che ci dicono che confrontando i tamponi (quelli a livello respiratorio o quelli naso-feringei) di marzo-aprile con quelli di maggio, giugno e luglio, la carica virale è decisamente più bassa. Quindi questo è un dato di fatto e lo diamo per assodato. Se lo sommiamo al fatto che, nonostante ci siano ogni giorno casi conclamati di infezione, cioè persone contagiate, il numero dei posti in terapia intensiva è oggi di 40 in tutta l’Italia, quando ne avevamo al picco 4.200, e avevamo oltre 35/40.000 persone contemporaneamente infette ricoverate in ospedale o a casa, mi pare evidente che il virus, dal punto di vista della sua manifestazione clinica, è mutato.

Print Friendly, PDF & Email

micromega

Un progetto per il turismo, un progetto per la città

di Tomaso Montanari

Quale turismo? È questa la domanda che dovremmo farci per rilanciare le città, colpite dal crollo verticale dei visitatori dovuto alla Covid. A questo tema è dedicato il saggio “Governare il turismo, riprogettare le città” di Tomaso Montanari pubblicato nel numero di MicroMega in edicola. Ne pubblichiamo un estratto*

Parafrasando Danilo Dolci, si potrebbe dire che il problema non è turismo sì o turismo no: ma quale turismo «e chi si prende i soldi». Prendiamo il caso clamoroso della mia città, Firenze. Qui il crollo verticale del turismo dovuto alla Covid ha messo in ginocchio un bilancio comunale scelleratamente basato sulla tassa di soggiorno. Mentre il sindaco Dario Nardella giura di voler cambiare finalmente modello, la sua amministrazione approva la trasformazione dell’ex ospedale militare in Costa San Giorgio (nel luogo più pregiato del centro storico) in resort di lusso (1° giugno 2020).

Gli ultimi dati disponibili circa il mercato degli alloggi nel centro di Firenze dimostrano che circa il 90 per cento dei passaggi di proprietà preludono all’apertura di attività ricettive[i]. Ogni anno mille fiorentini abbandonano la residenza in centro storico: e su oltre 10 milioni di turisti presenti ogni anno, almeno due milioni dormono in case private trasformate, più o meno legalmente, in alberghi di fatto.

Print Friendly, PDF & Email

codicerosso

Giornalismo, l’impatto di robotica e AI che toccherà la politica

di McSilvan

Cosa sta accadendo nel giornalismo? Di certo stanno continuando processi che già conosciamo: fusioni, acquisizioni, dismissioni, forte ridimensionamento delle edizioni cartacee, ristrutturazione dei punti vendita fisici, precariato, riduzione degli organici, organizzazione del lavoro più aggressiva.

Ma ci sono altri processi, per altro sviluppati, che stanno per emergere anche dalle nostre parti. Si guardi ad esempio l’immagine di questo articolo. Riguarda Xin Xiaomeng la prima giornalista non umana prodotta per i notiziari dell’Agenzia Nuova Cina, la maggiore e più antica della due agenzie di stampa ufficiali della Repubblica popolare cinese. Xin Xiaomeng e Qui Hao, il successivo giornalista maschio prodotto per l’agenzia Nuova Cina, sono serviti da modelli per ulteriori versioni prototipali di giornalisti-robot. Il modello umano, sul quale è stato elaborato quello non umano, lo si può vedere a sinistra di questa foto.

nuova cina 300x180

Print Friendly, PDF & Email

lavoro culturale

Quando l’aria della città non rende più liberi

Per un’ecologia politica della città

di Paola Piscitelli*

“Globalizzazione vuol dire che se qualcuno starnutisce in Cina, qualcun altro un giorno potrebbe prendere un raffreddore a Toronto. O peggio: se, per dire, nella provincia del Guangdong, 80 milioni di persone vivono a stretto contatto con polli, maiali e anatre, così stiamo facendo in realtà tutti. Per l’appunto, il villaggio globale”.(Commento editoriale del Globe and Mail, 29 marzo 2003, sulla diffusione della SARS tra Asia e Canada)

Si apre così Networked disease. Emerging infectious in the global city (2008), meticolosa autopsia sociologica post-SARS in cui i sociologi S. Harris Ali e Roger Keil ripercorrono le relazioni fra flussi di denaro, materie prime e persone all’origine della diffusione di questa malattia infettiva tra Hong Kong, Singapore e Toronto. Così facendo, i due autori arrivano a dimostrare quanto la vulnerabilità delle tre global cities fosse diretta conseguenza delle interconnessioni globali e di modelli di sviluppo urbano che avevano prodotto forme di governance e infrastrutture della salute carenti, ben prima della diffusione del virus.

Una decade appena e un altro virus della SARS ci ha colti nuovamente impreparati. Uno starnuto stavolta quasi sincrono nel mondo ha scoperchiato nodi, ramificazioni nascoste e zone d’ombra dell’urbanizzazione planetaria, quel continuum urbano che secondo i geografi Neil Brenner e Christian Schmid si dirama attraverso morfologie nuove e/o espanse oltre i confini regionali e nazionali, per tutto il pianeta (N. Brenner, Implosion/Explosion. Towards a study of planetary urbanization, Jovis, december 2013).

Print Friendly, PDF & Email

lantidiplomatico

Il Venezuela verso il 6 dicembre

Trappole e sfide nella geopolitica internazionale

di Geraldina Colotti

Ci sono molte e fondate ragioni per considerare le parlamentari del 6 dicembre le elezioni più importanti che si siano svolte in vent’anni di socialismo bolivariano in Venezuela. Il ministro dell’Educazione, Aristobulo Isturiz le ha illustrate nel corso del programma Dando y Dando che conduce insieme alla vicepresidenta dell’Assemblea Nazionale Costituente, Tania Diaz.

L’elezione numero 25 consentirebbe al chavismo sia di recuperare il Parlamento dopo la vittoria della destra nel 2015, ma anche di reimpostare un nuovo patto sociale basato sulla dialettica politica e non sul golpismo permanente che ha obbligato il Venezuela bolivariano a vivere in un costante stato di allarme.

A meno che non vi sia un patto fra le élite come accadeva nella IV Repubblica in Venezuela e come, in fondo, succede nelle asfittiche democrazie borghese, quella dell’”alternanza” è infatti una favola priva di sostanza.

Per come vanno le cose nei paesi dove meno sofisticati sono i meccanismi di costruzione del consenso, perché le contraddizioni di classe sono più evidenti, un rovescio politico non significa semplicemente un cambio momentaneo di governo.

Print Friendly, PDF & Email

kelebek3

Covid, una tesi diversa

di Miguel Martinez

Un mio amico che insegna biologia in un’università dell’Italia settentrionale, e collabora con diversi virologi, mi ha scritto questo testo, autorizzandomi a pubblicarlo.

Non ho ovviamente le competenze per esprimere un parere, ma l’autore è una persona estremamente seria.

Ecco cosa scrive:

* * * *

Dai dati disponibili, è chiaro che il virus è ormai scomparso da mesi dall’Europa come agente patogeno.

Si parla ancora di decessi causati dal Covid, ma si tratta quasi sempre di decessi causati da altre patologie in persone che, in qualche momento nel passato, erano risultate positive. E anche se ci fossero 10 vittime al giorno da Covid, su una popolazione di 60 milioni è praticamente zero.

L’epidemia ha ormai fatto il suo corso in tutto l’emisfero nord. Negli stati uniti il declino è nettissimo sia in termini di casi come di decessi.

Print Friendly, PDF & Email

quodlibet

Stato di eccezione e stato di emergenza

di Giorgio Agamben

Un giurista di cui un tempo avevo qualche stima, in un articolo appena pubblicato su un giornale allineato, cerca di giustificare con argomenti che vorrebbero essere giuridici lo stato di eccezione per l’ennesima volta dichiarato dal governo. Riprendendo senza confessarlo la distinzione schmittiana fra dittatura commissaria, che ha lo scopo di conservare o restaurare la costituzione vigente, e dittatura sovrana che mira invece a istaurare un nuovo ordine, il giurista distingue fra emergenza e eccezione (o, come sarebbe più preciso, fra stato di emergenza e stato di eccezione). L’argomentazione in realtà non ha alcuna base nel diritto, dal momento che nessuna costituzione può prevedere il suo legittimo sovvertimento. Per questo a ragione nel suo scritto sulla Teologia politica, che contiene la famosa definizione del sovrano come colui «che decide sullo stato di eccezione», Schmitt parla semplicemente di Ausnahmezustand, «stato di eccezione», che nella dottrina tedesca e anche fuori di questa si è imposto come termine tecnico per definire questa terra di nessuno fra l’ordine giuridico e il fatto politico e fra la legge e la sua sospensione.

Print Friendly, PDF & Email

startmagazine

Che cosa cela il braccino corto del Tesoro nelle aste dei titoli di Stato

di Giuseppe Liturri

L’analisi di Giuseppe Liturri sull’andamento delle emissioni dei titoli di Stato

“Cash is king”. Questa frase, che non richiede traduzione, è utilizzata nel mondo degli affari per affermare che ciò che conta sono i flussi di cassa. Il resto sono chiacchiere.

E, purtroppo per l’Italia, il confronto con le altre maggiori economie della Ue, basato sui dati al 30 giugno, rivela che il ministro Roberto Gualtieri continua ad avere il braccino corto nel mettere mano al portafoglio. La misura oggettiva ed incontestabile per capire quanto il governo stia spendendo per mitigare l’impatto della crisi da Covid 19 la fornisce l’andamento delle emissioni lorde e nette (quelle dopo aver rimborsato i titoli giunti a scadenza) dei titoli di Stato. Ed i dati di giugno e del secondo trimestre sono impietosi, sia in assoluto sia relativamente agli altri Paesi.

Ma la responsabilità non va ascritta al ministro, ma a tutto il governo del Presidente Giuseppe Conte. Infatti il Tesoro emette titoli se e solo se ci sono fabbisogni da finanziare, non certo per tenere il denaro parcheggiato nel conto disponibilità presso la Banca d’Italia.

Print Friendly, PDF & Email

teleborsa

Putin muove, e dà scacco al virus

di Guido Salerno Aletta

Prestigio e superiorità nella corsa al Vaccino, come accadde per lo Spazio

Anche stavolta, davanti al mondo intero, chi ci ha messo la faccia è stato Vladimir Putin: la sua, che vale il prestigio dell'intera Russia.

Facciamo un passo indietro, perché tutto torna, come sempre: ricordate i medici militari russi che arrivarono in Italia, bardati di tutto punto con le tute per il biocontenimento di livello 3?

Venivano in missione ufficiale, concordata direttamente con il Premier Giuseppe Conte, per aiutarci nella lotta al virus ed arrivarono fino a Bergamo, la città tra le più martoriate, soprattutto per isolare il virus, per prenderne quanti più campioni possibile, cercando i ceppi più virulenti tra i malati più gravi. Andarono via, dopo aver contribuito alla sanificazione di residenze sanitarie e in tutto quasi un milione e 200mila metri quadrati di interni (più di 120 strutture tra Bergamo e Brescia) più 450mila metri quadrati di strade adiacenti e 76 pazienti dimessi (curati anche da medici russi), ed aver svolto servizio nell'ospedale da campo allestito dagli alpini nella Fiera di Bergamo ed all'ospedale Papa Giovanni XXIII.

Print Friendly, PDF & Email

lafionda

Tre saggi e una crisi

di Marco Niro

“Homo Deus” di Yuval Noah Harari, “La Terra inabitabile” di David Wallace-Wells e “Spillover” di David Quamman sono tre saggi usciti in anni recenti, rispettivamente 2015, 2019 e 2012. In comune hanno il tentativo di rispondere, ciascuno a modo suo, alla domanda delle domande: dov’è l’umanità e dove sta andando (o dove sta rischiando di non andare). Li ho letti uno di seguito all’altro e ho pensato valesse la pena recensirli insieme, cercando di cogliere il filo rosso che, pur nelle differenze d’argomento, li unisce.

 

Schiavi tecnologici

Harari guarda lontano e vede un futuro molto inquietante. Con la Rivoluzione Scientifica iniziata cinque secoli fa, spiega in “Homo Deus”, l’uomo si accorse che l’esistenza di Dio non aveva fondamento: era una storia inventata. Ci fu bisogno di una nuova religione: l’uomo stesso. Uscito trionfatore dal Novecento, l’umanesimo predica che maggiore è la libertà dell’individuo, migliore sarà il mondo.

Print Friendly, PDF & Email

il rasoio di occam

A proposito di Machiavelli e Marx

di Giorgio Cadoni*

Sia Machiavelli sia Marx considerano la storia sociale solcata dal conflitto fra oppressori e oppressi. Ma tra i due pensatori sono anche importanti le differenze

«Die Geschichte aller bisherigen Gesellschaft ist die Geschichte von Klassenkämpfen».

La storia di ogni società esistita fino a questo momento è storia di lotte di classi.

Nessuno avrà dimenticato le parole con cui inizia il primo capitolo del Manifesto del partito comunista, che, come tutti sanno, continua come segue: «Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri delle corporazioni e garzoni, in breve oppressori e oppressi, furono continuamente in reciproco contrasto, e condussero una lotta ininterrotta, ora latente ora aperta; lotta che ogni volta è finita o con la trasformazione rivoluzionaria di tutta la società o con la comune rovina delle classi in lotta».

Anche chi, pur senza abbracciare la retorica dell’originalità, possieda la modesta esperienza storiografica necessaria per diffidare del «precursorismo», e tenersene lontano, non può non restare colpito, allorché, nel corso dei suoi studi machiavelliani, gli capita di riaprire il nono capitolo del Principe e di leggere la frase con cui l’autore inizia l’analisi del «principato civile»:

Print Friendly, PDF & Email

overleft

USA, note sullo stato delle cose

di Franco Romanò

C'è chi sostiene che il capitalismo è proprio morto.1 Più modestamente noi ci domandiamo: fino a quando gli Usa saranno in grado di continuare a scaricare i costi della loro egemonia imperiale? Partiamo dalle sommosse seguite all’assassinio di George Floyd per andare indietro nel tempo e anche per confrontare questo movimento con quelli precedenti, ma di questi ultimi vent’anni. La differenza è grande, perché il contesto è radicalmente cambiato e perché è diverso anche il movimento. Il numero di chi ha perso il lavoro e non sa se e quando potrà riaverlo ammonta a una metà degli occupati stabilmente. In secondo luogo, ci sono contemporaneamente la pandemia e un crollo verticale della domanda interna, in terzo luogo è cresciuta la radicalità del movimento mentre Occupy wall street, per esempio, era la coda annacquata delle prime esplosioni No global, nato in un momento in cui l’egemonia liberal era ancora forte, mentre il movimento era in crisi dopo i fatti di Genova. Tanto annacquata da avere in Hilary Clinton addirittura un simbolo femminista: fu facile per i democratici convogliare quel movimento nei comitati elettorali pro Obama e poi mandarlo a casa una volta eletto il presidente.

Print Friendly, PDF & Email

la citta futura

Fenomenologia della Ferragni

di Roberto Fineschi

Lotta di classe e ideologia nel capitalismo crepuscolare

Molti, anche autorevolmente, si sono chiesti se gli Uffizi abbiano fatto bene a scegliere Chiara Ferragni come testimonial. Implicitamente, anche non volendo, si intende criticare il mondo che la ragazza rappresenta, che non c'entra con gli Uffizi e l'alta cultura. Altri invece pensano: che c'è di male se la Ferragni ha successo, piace e porta i giovani agli Uffizi?

Il rischio qui latente è la critica moralistica da una parte o l'elitismo dell'alta cultura, un po' snobistico, dall'altra. Sono approcci che non credo portino a niente. Cerchiamo di evitare il moralismo: Chiara Ferragni è una bella ragazza cui piace mostrarsi, di ciò si compiace molto, incontrando il consenso di molti. C'è qualcosa di male? No. La ragazza ne approfitta per fare molta pubblicità a cose come profumi, vestiti, accessori ecc. e tirar su una montagna di soldi. È qualcosa di sbagliato? È una cosa normale in un mondo mercantile.

Se ti piacciono molto i vestiti, gli accessori, l'aspetto della Ferragni, fai qualcosa di esecrabile? Di socialmente inaccettabile o riprovevole? Non credo. Sono tutte cose carine o meno, a seconda dei gusti. Il problema non è qui.

Print Friendly, PDF & Email

kriticaeconomica

Recovery Fund: un anestetico locale di breve durata

di Salvatore La Marca

A più di due settimane dall’accordo sul Recovery Fund è possibile realizzare un primo bilancio del compromesso raggiunto dal premier Conte al Consiglio europeo.

Come sempre accade, le misure promosse da Bruxelles sono state accolte con toni trionfalistici dalla stampa nazionale. I giornalisti italiani, infatti, hanno tessuto le lodi della bravura di von der Leyen, della tenacia di Michel, della diplomazia di Conte e delle capacità di tutti gli altri attori che a loro dire hanno contribuito alla creazione di uno strumento innovativo ed efficace (il Recovery Fund, appunto). Insomma, è il solito giornalismo del sentito dire che guarda più alla forma che alla sostanza e, attraverso una narrazione acritica, preferisce riportare i fatti presentati dalla burocrazia al potere anziché verificarli.

Tuttavia, se si analizza concretamente lo strumento del Recovery Fund si scopre che nella realtà esso si manifesta come una specie di MES in salsa diversa. Come rivelato dal ministro Gualtieri durante la sua audizione in Commissione Bilancio, i prestiti del Recovery Fund (al pari di quelli del MES) godono del privilegio creditizio, un particolare che potrebbe provocare una juniorizzazione dei titoli di stato italiani e il conseguente aumento dei tassi di interesse sui titoli di nuova emissione.

Print Friendly, PDF & Email

ilsimplicissimus

Arcurix e Mascherix

di ilsimplicissimus

Non ne posso più di essere preso per il sedere dal governo e anche da quei plenipotenziari delle stupidere che sono i vari capitani delle voraci task force intente a prosciugare come idrovore i soldi rimasti. Per esempio Domenico Arcuri, il commissario straordinario per l’emergenza Covid – che dio la conservi perché dopo di lei il diluvio – ha preso spunto dal benservito dato dalla Fiat al suo indotto in Italia, per consolarci e farci sapere che adesso l’azienda si appresta a non produrre più auto, ma in compenso nelle sue fabbriche desolate e in via di smantellamento si dedicherà a sfornare milioni di mascherine, una parte delle quali destinate ai lavoratori del gruppo: insomma una trasformazione in basso napoletano. Come si possa pensare di fare un paragone economico tra un’industria strategica che smuove miliardi e una produzione di infimo rilievo tecnico, fuori mercato e comunque di utilità contingente è davvero un mistero doloroso. Eppure non è la prima volta che succede: anche dopo la chiusura dell’impianto Fiat di Termini Imerese una classe politica, immobile, impotente e soprattutto complice, cercò di placare l’ opinione pubblica dell’isola sventolando il mirabolante piano di sostituire la fabbrica con un supermercato.

Print Friendly, PDF & Email

sollevazione2

Quale partito ci serve?

di Moreno Pasquinelli

I compagni di Nuova Direzione hanno deciso di non prendere parte (che in concreto significa mettersi di traverso) al costituendo “Partito dell’Italexit con Paragone”.

Lo hanno ufficialmente dichiarato con un comunicato il 13 giugno scorso dal titolo perentorio: “Nuova Direzione non partecipa al progetto del Senatore Gianluigi Paragone“.

Correndo deliberatamente il rischio di semplificare, provo a dire quale sia il succo del discorso:

“Il partito di Paragone si pone obbiettivi pienamente condivisibili — l’uscita dalla Ue, la riconquista della sovranità nazionale e democratica, il rifiuto del neoliberismo, l’applicazione del modello sociale della Costituzione del ‘48 —, tuttavia non ne faremo parte poiché non ha scritto in fronte che vuole il socialismo, ergo non sarà un partito di classe (del lavoro salariato) anticapitalista”.

Siamo davanti ad un ragionamento sillogistico seppur a termini rovesciati: poste due premesse negative, la conclusione obbligata è anch’essa ovviamente negativa.

Dal punto di vista logico il discorso non farebbe (come vedete uso il condizionale) una piega.

Da quello politico esso è palesemente fallace.