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antoniomazzeo

Soldi e interessi militari NATO per i test sierologici Covid-19 in Italia

di Antonio Mazzeo

Due milioni di test sierologici su base volontaria per il personale docente e amministrativo di tutte le scuole d’Italia. Uno screening di massa senza precedenti nella storia che il governo Conte-Azzolina-Speranza ritiene necessario per “contrastare e contenere l’emergenza COVID-19” ma che solleva perplessità nel mondo scientifico e tra gli stessi operatori scolastici per la non comprovata attendibilità delle indagini e l’incerta protezione dei dati personali sensibili che saranno raccolti e sistematizzati.

L’esecuzione dei test sierologici è stata demandata ai medici generici e ai laboratori delle aziende sanitarie locali. I dati relativi al loro esito sono trasmessi ai Dipartimenti di prevenzione delle ASL che li comunicano poi alla Regione di appartenenza, la quale – a sua volta - li trasmette in forma aggregata all’Istituto Superiore di Sanità (ISS)”, si legge nell’apposita circolare del Ministero della Salute del 7 agosto 2020. Una procedura complessa e con molteplici attori in campo che rende possibile l’accesso ad una straordinaria mole di dati scientifici e statistici da parte di soggetti terzi con fini e interessi economici (transnazionali e industrie farmaceutiche) o, peggio ancora, militari.

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ilpungolorosso

L'ex caserma Serena di Treviso, un caso esemplare di razzismo di stato

Quattro immigrati arrestati: “giustizia è fatta”

di Pungolo Rosso

Nella vicenda della ex-caserma Serena a Dosson (Treviso) mancava solo l’ultimo tassello perché il delitto fosse perfetto. E immancabilmente il tassello è andato a posto: 4 immigrati sono stati arrestati con imputazioni pesantissime – sequestro di persona, devastazione, saccheggio. A ruota altri 8 (tra cui alcuni minorenni) risultano indagati. Il giornale di centro-sinistra di Treviso, La tribuna (20 agosto), ha esultato con la seguente prosa da fogna: “decapitato il vertice del gruppo di esagitati che hanno tenuto in scacco un’intera città” .

Ripercorriamo allora la vicenda per vedere come in realtà siano stati il ministero dell’interno, la prefettura, il comune, la regione, la magistratura – lo stato nelle sue differenti articolazioni – a tenere in ostaggio in una prigione-contagio centinaia di immigrati, rovesciando alla fine su di loro le proprie responsabilità, dopo non aver alzato per mesi neppure un dito per evitare che il virus si diffondesse. Lo facciamo anche grazie ad un report che ci è arrivato dall’interno e dalle vicinanze della caserma stessa, scusandoci con chi ce lo ha inviato per il ritardo nella pubblicazione.

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pensieriprov

Stato di emergenza

di Sandro Arcais

Do un po’ i numeri.

Nel mese di agosto, il totale degli attuali positivi è cresciuto di una media del 2% (tendenza lievemente in crescita dal 20 agosto). Dal 24 febbraio al 15 marzo, del 20% circa.

Nel mese di agosto, i ricoveri con sintomi da covid-19 sono cresciuti di una media del 1,7% circa (tendenza lievemente in crescita dal 16 agosto). Dal 24 febbraio al 15 marzo, del 25% circa.

Nel mese di agosto, i ricoverati in terapia intensiva sono cresciuti in media dell’1,7% circa (tendenza poco chiara, molto ballerna). Dal 24 febbraio al 15 marzo, del 18% circa.

Nel mese di agosto, il rapporto tra il numero dei ricoverati con sintomi da covid-19 e il numero dei risultati positivi si è mantenuto tra il 5% e il 6%. Dal 24 febbraio al 15 marzo, lo stesso rapporto è stato del 45% circa.

Nel mese di agosto, il rapporto tra il numero dei ricoverati in terapia intensiva e il numero dei risultati positivi si è mantenuto tra lo 0,3% e lo 0,4%. Dal 24 febbraio al 15 marzo, lo stesso rapporto è stato del 10% circa.

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nuovadirezione

Pessimi metodi da respingere

di Enea Boria

Ritorniamo sul referendum confermativo sulla revisione costituzionale che si terrà a settembre, con l'opinione di un nostro associato

Già in occasione della precedente revisione costituzionale, bocciata col referendum del 2016, è stata adottata una cattiva prassi assolutamente da respingere: collegare concettualmente e nei rispettivi meccanismi di funzionamento una revisione costituzionale a una riforma della legge elettorale, così da sottoporre a referendum solo parte del problema, nascondendo le peggiori implicazioni delle scelte compiute al dibattito pubblico.

Questo comportamento è scorretto nei confronti della cittadinanza ed è anche sufficiente a decidere che una revisione costituzionale vada respinta, perché per essere una buona riforma dovrebbe essere capace di autosostentarsi.

Se una revisione costituzionale può andare a regime funzionare bene solo in combinato con una differente legge elettorale, vuol dire che in sé la revisione costituzionale proposta introduce e non sottrae contraddizioni allo status quo, cioè è peggiorativa e deve essere respinta.

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la citta futura

Per l’unità dei comunisti a partire dal conflitto capitale-forza lavoro

di Renato Caputo

Per far pagare la crisi ai padroni è indispensabile rilanciare dalle lotte sui posti di lavoro la costituente comunista e rianimare le strutture consiliari

I paesi a capitalismo avanzato vivono un ulteriore terribile periodo di crisi da sovrapproduzione accentuato dalla miope gestione capitalistica della pandemia. Nonostante che anche quest’ultima sia in qualche modo il prodotto dei continui squilibri creati nel rapporto fra uomo e natura, a opera di un modo di produzione interessato esclusivamente a massimizzare nel minor tempo possibile i profitti privati (di un numero sempre maggiore di grandi proprietari), sono ancora una volta i ceti sociali subalterni costretti a pagare i costi maggiormente negativi della crisi. Evidentemente, quindi, se il capitalismo è in crisi nera, lo sono anche coloro che intendono contrastarlo in senso progressista, non essendo in grado di evitare che ancora una volta il lato oscuro della crisi colpisca i produttori, favorendo i grandi sfruttatori.

Altrettanto evidente è che, essendo irriformabile il modo di produzione capitalistico, pesa sempre più l’assenza del partito rivoluzionario, ossia del partito che dal 1848 in poi si è definito comunista.

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sinistra

Ecologismo comunista? Comunismo ecologista? Mamma mia, Luciana!

di Karlo Raveli

Abdullah Öcalan:

La modernità capitalista è la crisi di civiltà più mortale e continua della storia. In particolare, la distruzione generale degli ultimi duecento anni ha interrotto migliaia di legami evolutivi nell’ambiente naturale. Probabilmente non siamo ancora del tutto consapevoli della devastazione che ciò ha causato al mondo vegetale e animale. È tuttavia chiaro che, come l’atmosfera, entrambi questi mondi emettono costantemente segnali di SOS.

Dovrei iniziare con una critica filologica e semantica ai due vocaboli, comunista ed ecologista, ormai così abusati e soprattutto adulterati e strumentalizzati, ma preferisco andar subito al sodo. Chi fosse interessato ad andarci un po’ più a fondo non ha che da cercare nei miei ultimi articoli. In Sinistrainrete per cominciare. Ce n’è abbastanza per capirci meglio.

Ma com’è possibile che proprio in Italia, lo stato dove resiste e si sviluppa soprattutto a partire dagli anni ‘60 una ricerca seria, studio, lavoro, critica ‘scientifico-materialista’ e inoltre dibattiti più o meno radicalmente anti-sistema, si possa ancora tentare di galleggiare politicamente e persino teoricamente in modo così squinternato su questioni ormai centrali per la stessa sopravvivenza della specie umana?

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sollevazione2

L'emergenza immaginaria

di Alceste De Ambris

La recente ordinanza del Ministro della salute (ormai per limitare le nostre libertà personali non hanno più bisogno di leggi o almeno di decreti-legge) prevede la chiusura di discoteche e l’obbligo di mascherina dalle 18 in poi.

È già stata notata l’assurdità del provvedimento, che sembra presupporre che le malattie si diffondano solo al buio… e che gli unici luoghi affollati siano le discoteche… Vietato ballare: manco fossimo i protagonisti del film “Dirty dancing”! Il prossimo passo immagino sarà vietare i baci o i rapporti sessuali tra i giovani…

A parte le battute, il punto fondamentale è un altro. Ossia che, numeri alla mano, nonostante i media da settimane martellino su un ritorno del virus, in realtà al momento in Italia non esiste alcuna emergenza sanitaria che giustifichi ulteriori limitazioni delle libertà personali.

Non ho competenze mediche o statistiche, ma poiché nessun medico o statistico (almeno quelli interpellati dai media di regime) lo dice, è compito del cittadino comune cercare le informazioni e trarne le conclusioni (basterebbe anche un giornalista onesto…). Mi baso sui dati ufficiali delle istituzioni, pubblicamente reperibili su internet (le fonti sono indicate in fondo).

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ilariabifarini

Virus economy

di Ilaria Bifarini

Soltanto una crisi – reale o percepita- produce vero cambiamento… il politicamente impossibile diventa politicamente inevitabile”: è la celebre affermazione di Milton Friedman che racchiude la logica della shock therapy, al cuore della politiche di intervento neoliberiste.

Ci sono cambiamenti così radicali e destabilizzanti che per essere imposti alla società, senza che questa opponga resistenza, devono essere introdotti con immediatezza e tempestività: una situazione di forte crisi e disagio da parte della popolazione rappresenta la soluzione ideale perché vengano accettati.

Dal colpo di stato di Pinochet in Cile nel ’73, dove le redini economiche del Paese vennero immediatamente prese dai Chicago boys e dal loro maestro, Milton Friedman in persona, fino alla ricostruzione post tsunami in Thailandia, affidata ai grandi investitori internazionali, alla privatizzazioni selvagge nelle cosiddette Tigri asiatiche durante la crisi finanziaria del 1997-1998, passando per le riforme repentine e drastiche imposte alla Russia post sovietica: sono infiniti gli esempi di questa metodologia di governo, come ci racconta la scrittrice canadese Naomi Klein nel suo Shock Economy.

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“Tutta colpa dei sindacati”: il mantra reazionario di Galli della Loggia

di Carlo Formenti

Una delle caratteristiche peculiari della rivoluzione boliviana è consistita nello sforzo di cooptare/integrare una serie di associazioni intermedie – movimenti, sindacati ecc. – nella gestione del potere statuale. Del resto, lo stesso presidente Evo Morales era un leader del sindacalismo indio e non un politico (i partiti della sinistra tradizionale non erano mai riusciti a conquistare il potere e, dopo la svolta “etnicista” dei movimenti contadini, sono stati integrati nel blocco sociale e politico del MAS, il Movimento al Socialismo guidato da Morales e dal vicepresidente Linera).

Nei suoi libri (vedi fra gli altri “Democrazia, Stato, Rivoluzione”, recentemente tradotto da Meltemi) Linera spiega bene il processo attraverso il quale una serie di lotte contro il regime neoliberista hanno dato vita al fronte che ha consentito l’elezione di Morales e la sua conferma (fino al golpe di destra di pochi mesi fa). Spiega inoltre come la sfida più ardua che il nuovo regime ha dovuto affrontare è stata la necessità di riformare quelle strutture statali (burocrazia, magistratura, esercito, sistema educativo ecc.) in cui erano profondamente radicati (attraverso corruzione, legami famigliari, interessi trasversali di élite e lobby economiche, politiche, accademiche e mediatiche) i rapporti di forza di un secolo di dominio coloniale e post coloniale.

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Il capitale mangia se stesso e noi

di Francesco Piccioni

Se non fosse, allo stesso tempo, una drammatica esibizione di violenza e impotenza imprenditoriale, ci sarebbe quasi da ridere…

Prendiamo ad esempio l’intervista fatta dall’agenzia Agi al consigliere nazionale di Unimpresa Giovanni Assi.

Il mantenimento dei livelli occupazionali non può e non deve ottenersi per pochi mesi con le tasche degli imprenditori, ma deve essere la naturale conseguenza di misure durature nel tempo che permettano di pianificare e programmare le attività delle imprese, anche perché i divieti non potranno durare all’infinito e allo scadere degli stessi il risultato è già calcolato in una riduzione degli occupati stimata nella misura tra il 5% ed il 7%“.

Sorvoliamo per il momento sull’affermazione per cui “il mantenimento dei livelli occupazioni non può e non deve ottenersi per pochi mesi con le tasche degli imprenditori (il blocco dei licenziamenti è finanziato con soldi pubblici) e badiamo al sodo: la riduzione degli occupati alla fine del periodo eccezionale di cassa integrazione, ecc, in autunno o al massimo a fine anno, sarànella misura tra il 5% ed il 7%”.

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la citta futura

Il neo-centrismo populista tra M5S e PD. Svolte politiche in vista?

di Giovanni Bruno

Lo scenario politico è ancora molto frastagliato, e molto dipenderà dai risultati delle regionali. Occorre domandarsi cosa rappresenta questa svolta, quali conseguenze può portare negli assetti politico-istituzionali, ma soprattutto a quali settori economico-sociali risponde tale operazione politica

La consultazione sulla Piattaforma Rousseau, strumento millantato dai 5Stelle come nuova frontiera della democrazia diretta, ha sbloccato la regola che impediva la presentazione per un terzo mandato per gli amministratori: non è ancora la definitiva rimozione della norma che impedisce ai pentastellati di presentarsi per più di due legislature, ma è comunque la caduta di un tabù e di qua alle elezioni politiche (che al momento non sembrerebbero preannunciarsi immediate) avranno modo di rimettere in discussione anche questo paletto originario del movimento.

L’altro punto in votazione era la possibilità di accordi e alleanze con partiti tradizionali, e in particolare con il Partito Democratico con cui negli anni si è sviluppato un rapporto di amore/odio degno di una soap opera:

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lantidiplomatico

Venezuela, Nicolas Maduro: "Il 6 dicembre ci giochiamo tutto. Pace, indipendenza e sovranità"

di Geraldina Colotti

"Alegria a veces, tristeza a veces… equilibrio”. Durante la video conferenza del presidente venezuelano Nicolas Maduro con la Direzione nazionale del Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV), con l’organizzazione giovanile (JPSUV) e con i governatori, per interpretare i sentimenti collettivi il vicepresidente per gli affari internazionali, Adan Chavez, ha usato i versi del cantautore Ali Primera. Versi che esprimono la dura necessità di trovare un equilibrio per andare avanti, tra una notizia triste e una che dà gioia.

La notizia triste, che ha lasciato un vuoto immenso nella militanza rivoluzionaria, è stata quella della morte per coronavirus del dirigente Dario Vivas. Una perdita seguita a quella di un altro militante storico, El Chino Khan, scomparso a seguito di una malattia, a cui pure ha fatto riferimento Adan Chavez. “Il miglior omaggio è quello di continuare la lotta permanente per costruire il socialismo, qualunque cosa faccia l’impero nordamericano”, ha detto il fratello maggiore del Comandante, sottolineando l’importanza della solidarietà internazionale, che continua a manifestarsi dall’Europa all’America Latina e anche negli Stati Uniti. In Gran Bretagna, si è svolta una manifestazione contro il blocco dell’oro venezuelano nelle banche inglesi, preparato dall’azione piratesca di Trump via Guaidó.

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andreazhok

Debito buono per chi?

di Andrea Zhok

Mentre ci accapigliamo su tamponi e mascherine la politica nazionale (e internazionale) sta tessendo pazientemente le sue fila.

Al recente meeting di Rimini l'ex presidente della BCE Mario Draghi ha dettato la linea, che è stata prontamente recepita sui media con una formula d'uso destinata ad un largo uso nei prossimi mesi.

Rispetto alla lettera di alcuni mesi fa, in cui Draghi si sbilanciava in direzione di un intervento estensivo delle banche centrali (e dunque della BCE) qui Supermario ha corretto il tiro in modo apparentemente millimetrico, ma in effetti decisivo.

Nel discorso svolto al meeting di CL, il passaggio cruciale è stato il seguente:

"La ricostruzione di questo quadro in cui gli obiettivi di lungo periodo sono intimamente connessi con quelli di breve è essenziale per ridare certezza a famiglie e imprese, ma sarà inevitabilmente accompagnata da stock di debito destinati a rimanere elevati a lungo. Questo debito, sottoscritto da Paesi, istituzioni, mercati e risparmiatori, sarà sostenibile, continuerà cioè a essere sottoscritto in futuro, se utilizzato a fini produttivi ad esempio investimenti nel capitale umano, nelle infrastrutture cruciali per la produzione, nella ricerca ecc. se è cioè “debito buono”.


La sua sostenibilità verrà meno se invece verrà utilizzato per fini improduttivi, se sarà considerato “debito cattivo”. I bassi tassi di interesse non sono di per sé una garanzia di sostenibilità: la percezione della qualità del debito contratto è altrettanto importante. Quanto più questa percezione si deteriora tanto più incerto diviene il quadro di riferimento con effetti sull’occupazione, l’investimento e i consumi."

Il punto di caduta qui è semplice.

Si parte da un dato di realismo (e qui va concesso a Draghi di non essere uno dei tanti demagoghi europeisti che funestano la politica italiana):

Gli stock di debito elevato sono qui per restare.

La fiaba mortale con cui è stata smembrata la Grecia, per cui l'Austerity serviva a rientrare dal debito, anche quando palesemente non faceva altro che allargarlo costantemente, viene lasciata cadere del tutto.

Mentre tutti i vari Marattin della politica italiana ci hanno spiegato per anni con caratteristica sufficienza che un debito al 120% del Pil andava as-so-lu-ta-men-te ridotto, pena le cavallette e il sacrificio dei primogeniti, ora Draghi ci spiega che un debito al 160% se ne starà serenamente lì a lungo.

La prosecuzione dell'argomento però è fondamentale.

Draghi cerca di spingere in un ruolo di retroguardia il ruolo calmieratore dei tassi d'interesse della BCE, e lo fa invocando la seguente clausola: il debito pubblico per poter restare sostenibile dev'essere 'debito buono'.

E cosa sarebbe 'debito buono'?

Semplice, debito buono è il debito "impiegato per fini produttivi".

Ora, l'opposizione tra un debito buono in quanto produttivo e un debito cattivo in quanto improduttivo sembra intuitiva e perfettamente ragionevole.

Tutti sappiamo (o dovremmo sapere) che non si può vivere semplicemente facendo debito senza che nulla corrisponda ad esso sul piano dei beni e servizi materialmente prodotti. Dunque debito che non produce nulla (improduttivo) non è debito sostenibile.

Ora, però, qui nell'espressione di Draghi fa capolino un punto ulteriore. Il debito dev'essere buono perché deve 'conservare la fiducia dei mercati', cioè degli investitori.

Qui si apre però un problema che Draghi tace (ma che gli è certamente noto).

Quale tipo di debito riceve riconoscimento da parte dei mercati e degli investitori internazionali? Draghi menziona cose lodevoli quanto ambigue, come il 'capitale umano' e le 'infrastrutture', tuttavia la verità è che i mercati e gli investitori sono totalmente disinteressati alla salute di un paese nel lungo periodo.

I mercati e gli investitori soffrono strutturalmente di 'short-termism', di una visione concentrata sulla rendita a breve termine.

Il che significa che nella prospettiva della "fiducia dei mercati" tutte le cose che possono mantenere una comunità nazionale equilibrata nel lungo periodo (ad esempio un servizio sanitario efficiente, un sistema pensionistico umano, un sistema educativo comprensivo e diffuso) sono da subordinare alle spese che promettono una resa nell'arco di uno-due anni.

Il 'debito buono', sembra rassicurarci Draghi, verrà giudicato tale se contribuendo alla produzione rinforzerà il paese.

Questa è l'usuale prospettiva panglossiana per cui l'interesse del mercato coinciderebbe magicamente con l'interesse generale e opererebbe per il bene di tutti.

Il che naturalmente è vero solo nei manuali di economia politica, e anche lì non nei migliori.

Il 'debito buono' per i mercati e gli investitori non è quello che può rendere la società, cultura ed economia italiana solida e funzionale tra una generazione, ma quello che promette di 'fare margine' nel breve termine.

In che senso spendere per avere una buon sistema sanitario pubblico sarebbe 'debito buono'?

Può darsi che torni utile per limitare alcuni danni sanitari di rilevanza economica (vedi Covid), ma fondamentalmente è un bene perché crea le condizioni per una società più stabile e vivibile.

In che senso spendere per avere un sistema educativo plurale e culturalmente comprensivo sarebbe 'debito buono'?

Può darsi torni utile indirettamente all'economia creando un elettorato più ragionevole e riflessivo, ma fondamentalmente è un bene perché dà vita ad una società migliore (che poi forse sarà anche più produttiva, ma è una scommessa).

Il punto di fondo è che l'ottica in cui qualcosa è 'debito produttivo' per i mercati e gli investitori semplicemente non è l'ottica in cui quel debito è produttivo per la vita di un paese nel suo complesso.

Ci possono essere parziali sovrapposizioni, ma gli interessi sono fondamentalmente divergenti.

I mercati e gli investitori vogliono avere un ritorno in tempi definiti e brevi, altrimenti quel debito non conta come 'debito buono'.

I cittadini di un paese sono interessati ad un miglioramento delle proprie prospettive nel breve e nel lungo periodo, in ultima istanza intergenerazionalmente.

Dunque nell'idea di Draghi di un 'debito buono' in quanto 'debito produttivo' c'è una (voluta) ambiguità di fondo. E questo si ripercuote sul ruolo della BCE.

Una BCE con una dimensione politica interessata alla stabilità e prosperità delle nazioni nel lungo periodo potrebbe coprire e sostenere come 'debito buono' il debito rivolto al lungo periodo e al benessere della società nel suo complesso.

Una BCE che, invece, si affida (come finora ha fatto SEMPRE) alle valutazioni di mercati e investitori internazionali come test per valutare la 'bontà' di un debito, è una Banca Centrale che di fatto non accetta di avere alcun ruolo politico che non sia la promozione del modello neoliberale. In tale caso il 'debito buono' che può venire accettato è solo quello che, finita la fase acuta dell'emergenza, sarà capace di suscitare l'interesse degli investitori privati.

A breve cominceremo a capire cosa c'è dietro l'espressione 'debito buono', ma è utile sensibilizzare sin d'ora le antenne sulle prospettive assai differenti che covano dietro quelle parole.

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nuovadirezione

Referendum di settembre

La classe politica ha creato un frontale con la logica

di Enea Boria

La vittoria del "NO" a settembre mi sembra una speranza improbabile ma credo sia una causa per la quale valga in ogni caso la pena di spendersi.

C'è da dire che le circostanze hanno alimentato un autentico cortocircuito logico nel comune sentire sul tema della rappresentanza politica.

Sono convinto che ciò non sia avvenuto per caso; siamo piuttosto di fronte ad una delle più acute strategie di lungo periodo delle oligarchie che hanno svuotato le nostre democrazie dall'interno.

Suggerisco di riflettere collateralmente anche sul fatto che, mentre la nostra parte di mondo pontifica sulle patenti di democraticità da attribuire o revocare al resto del mondo, addirittura il clero regolare del mondo accademico parla da almeno vent'anni di "postdemocrazia", cioè di qualcosa che ormai non è più democrazia.

Senza aprire troppe riflessioni collaterali, nelle nostre società dell'Occidente industrializzato e in Italia in particolare, dato che siamo un paese che sta affrontando una particolarmente profonda crisi di legittimazione della propria classe politica e della propria classe dirigente, in ogni ambito ed a qualsiasi livello, la stragrande maggioranza delle persone sono convinte del fatto che i delegati del popolo nelle istituzioni non rappresentino il popolo e i suoi interessi, ma solo sé stessi, e i cazziloro™.

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lantidiplomatico

Ricerca del Gemelli. Covid, depressione per lockdown ha colpito l'80% degli italiani

di Francesco Santoianni

Ma qualche “esperto” (del tipo “non abbassiamo la guardia”) vi ha mai parlato in TV di questa tragedia? Ora viene fuori una ricerca della Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli che attesta come l’80% degli italiani (si, avete letto bene: 80%) hanno sviluppato, grazie al lockdown e verosimilmente alla terroristica informazione erogata dai media, sintomi ansioso-depressivi di varia gravità: dai più lievi come la paura di riprendere in mano la propria vita, o al contrario la paura di non poterla riprendere, fino a sintomi depressivi gravi, come l’incapacità di svolgere le attività consuete.

Spiega meglio la situazione lo psichiatra Gabriele Sani, intervistato dall’agenzia stampa Adnkronos Salute:

“(…) I disturbi non si riducono, ma si aggravano con il tempo. Dai dati è risultato che l’80% delle persone che ha vissuto questa emergenza collettiva, ha sviluppato sintomi ansioso-depressivi di diversa entità. E si è osservato – fino alla fine di luglio – che il tempo non ha diminuito i disturbi, ma più è andata avanti la pandemia più si sono aggravati questi sintomi. È un problema che riguarda non solo i pazienti psichiatrici ma anche la popolazione generale. Molti pazienti già seguiti hanno avuto pesanti ricadute anche a distanza di molto tempo.

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linterferenza

Covid-19: il sonno della ragione genera mostri

di Fabrizio Marchi

Il dibattito in seno alla cosiddetta “comunità scientifica” rispetto alla questione covid ha assunto ormai una dimensione grottesca e purtroppo anche grave.

Allo stato delle cose, nessuna persona “comune“ (che non sia cioè uno scienziato) è in grado realisticamente di avere informazioni veramente certe sul virus. E questo perché anche e soprattutto in seno alla suddetta “comunità scientifica” si sono formati i vari “partiti”, ciascuno portatore della sua verità, con i suoi dati, i suoi numeri, le sue percentuali, le sue statistiche e naturalmente le sue interpretazioni.

Diventa quindi oggettivamente difficile per i non addetti ai lavori (cioè praticamente quasi tutti) formarsi una opinione fondata su dati certi. Anche perché – sempre per i non addetti ai lavori – diventa difficile credere alla interpretazione (degli stessi dati e talvolta neanche degli stessi…) di uno scienziato piuttosto che di un altro, specie quando entrambi sono personaggi autorevoli e ricoprono incarichi altrettanto autorevoli e di prestigio. Due nomi fra tutti (ma è solo un esempio), Burioni e Bassetti.

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kelebek3

“Ascoltare gli esperti”

di Miguel Martinez

Abbiamo un’amica (italiana) che è probabilmente la massima esperta mondiale sull’uso dei cavalli a scopo militare nel Giappone del nono secolo.

Io appena lei apre bocca in materia, sto zitto e imparo (per poi dimenticare). E pare che tacciano anche gli storici giapponesi.

Sto zitto, e faccio bene, non solo perché lei è esperta e io no.

Sto zitto, perché la sua espertità non cambia in alcun modo la mia vita. Lei non è consulente scientifico, ad esempio, per un progetto per buttare giù la mia casa e farci un Museo del Cavallo Nipponico.

Questo è un punto che è facile da dimenticare, quando si dice che bisogna ascoltare gli esperti.

Ci sono temi che hanno un impatto enorme sulla nostra vita – come l’urbanistica, oppure la rivoluzione informatica simboleggiata dall’introduzione del 5G.

Sono ruspe che passano sopra le nostre vite, trasformandole radicalmente. E qui dobbiamo prendere posizione, pur nella nostra piccolezza.

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Un sì per l'UE, ce lo chiede il PD

di Leonardo Mazzei

Stefano Ceccanti è una garanzia. Uno che se hai dei dubbi su come votare te li toglie. Basta fare il contrario di quel che dice lui. Le sue motivazioni per il sì, espresse su la Repubblica di ieri, sono in questo senso una perla da non perdersi.

Del resto, il curriculum del Ceccanti è una certezza. E non da oggi. Professore di Diritto Costituzionale, oltre che attuale parlamentare piddino, ha passato la sua vita a calpestare la Carta del 1948. Nei primi anni ’90, come promotore dei comitati per il maggioritario e per i sindaci-podestà, fu con Segni ed Occhetto uno degli affossatori del sistema proporzionale. Come consulente ed “esperto” (è da tempo che i “tecnici” imperversano!), ha preso parte attiva a vari tentativi di scardinamento dei principi costituzionali, tra i quali la commissione De Mita- Jotti del 1992-94 e quella degli “esperti per le riforme” voluta da Napolitano ed Enrico Letta nel 2013.

Cosa ci dice, uno con una storia così, del referendum costituzionale del prossimo 20 settembre? «Giusto ridurre i parlamentari, le Camere non hanno più l’esclusiva del potere normativo». Questo il titolo della sua intervista al giornalone amico.

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laboratorio

Bielorussia, l'Occidente sogna una nuova Maidan, ma...

di David Insaidi

Il 9 di agosto si sono tenute in Bielorussia le elezioni presidenziali.

Come è noto, il presidente uscente Alexander Lukashenko ha stravinto le elezioni, prendendo l’80,23% dei voti validi, contro il 9,9% della principale sfidante, Svetlana Tikhanovskaya.

Di fronte ad un risultato simile, parlare di presunti brogli non ha alcun senso. Nessun broglio sarebbe stato in grado di dare una vittoria a Lukashenko con margini così ampi. A maggior ragione se si considera che la percentuale di votanti è stata dell’84% (una percentuale che in Italia non vediamo da tanti anni), il che, peraltro, è indice di un elevato livello di fiducia nel processo elettorale da parte del popolo bielorusso.

La netta e sonora sconfitta della Tikhanovskaya – ora espatriata in Lituania – parla chiaro: la stragrande maggioranza dei cittadini preferisce di gran lunga sostenere l’attuale establishment politico, piuttosto che la prospettiva di un “cambio di regime”, che andrebbe a stravolgere completamente il paese, portandolo nell’orbita occidentale ed europea, con tutte le conseguenze del caso, il che significa riforme in senso liberista, e quindi privatizzazioni e tagli a salari, sanità, scuola, ecc.

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lantidiplomatico

Dal MES al Recovery fund

Cosa possono insegnare all'Italia i 10 anni di esperimenti della Troika in Grecia

di Antonio Di Siena

Il 20 agosto del 2018 formalmente la Grecia usciva dal commissariamento. Formalmente

Il 20 agosto 2018 terminava il terzo e ultimo “programma di aggiustamento economico” imposto alla Grecia da Unione europea e Fondo monetario internazionale. Quel giorno il primo ministro Alexis Tsipras si toglieva pubblicamente la cravatta, a simboleggiare enfaticamente che l'era del cappio al collo del popolo greco era ufficialmente finita.

Un decennio di riforme e austerità è un tempo molto lungo, che lascia segni indelebili.

Il MES, utilizzato per la prima volta in Grecia, è veramente uno strumento utile e non dannoso? Cosa è davvero successo ad Atene e dintorni durante e dopo il “salvataggio” dell'Unione europea? Quali sono state le reali conseguenze di una decade che, piaccia o meno, rappresenta uno dei periodi più significativi della giovane storia dell'Ue? La Grecia è stata effettivamente modernizzata? Le riforme hanno realmente reso l'economia ellenica più sostenibile e competitiva? Quale il prezzo pagato dal popolo greco?

Sono soltanto alcune semplici - ma doverose - domande a cui si cerca di rispondere con questo lavoro, nella consapevolezza che l'intera drammatica vicenda vissuta dai greci non sia riassumibile in centocinquanta pagine.

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piccolenote

Draghi o dell'improduttivo

di Piccole Note

Grande eco di entusiasti per il Discorso di Draghi. D’altronde la corsa a salire sul carro del vincitore è sport antico e accettato. Ma risulta straniante individuare in un altro uomo della provvidenza – suo malgrado – l’Artefice e Sommo Sacerdote della Ricostruzione post pandemia, in un Paese che ha conosciuto il ventennio fascista ed è stato fondato sulla Ricostruzione dalla sue rovine.

Già, perché le laudi generali non sono indirizzate al Discorso, vago come vaga è stata la sua presidenza della Bce (dove nulla ha fatto se non stampar soldi, esercizio banale nobilitato dal termine tecnico – Quantitative Easing,) quanto alla sua persona e allo Spirito che che da essa promana e si manifesta.

 

Draghi o del Debito irredimibile

Ma al di là, resta incomprensibile, nella vaghezza del Discorso, un cenno laudato oltre ogni laude: l’elegia del “Debito”.

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carmilla

Estetiche inquiete. Il nero, il punk, il teschio…

Processi di estetizzazione del malessere

di Gioacchino Toni

Claudia Attimonelli, Estetica del malessere. Il nero, il punk, il teschio nei paesaggi mediatici contemporanei, DeriveApprodi, Roma 2020, pp. 170, € 13.00

«Attraversando il nero è pressoché inevitabile interrogarsi sulle sue estremità ove si ritrovano mescolate le dinamiche che investono la darkness e la blackness, il lusso e lo sporco, il lutto e l’estasi, il punk e l’uniforme, Grace Jones e Charlotte Rampling, Adolf Hitler e Siouxsie Sioux.» – «Al tramonto degli anni Settanta, dandy e punk ricevettero una consacrazione sancita dall’unione di vertigine e caduta del quale repertorio iconografico si sarebbe nutrito il mondo della moda e del lusso per decadi a venire senza quasi dover muovere un dito per rinnovarsi.» Claudia Attimonelli

Teschi, vampiri, zombie, junkie ed estetica black da tempo sono parte integrante dell’iconografia occidentale. Visto che le scene urbane e mediatiche contemporanee celebrano l’immaginario dell’anomia e del disagio, viene da domandarsi perché male e malessere hanno proliferato nel corso dei secoli al punto da essere oggi percepiti come del tutto ordinari aspetti del quotidiano.

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lacausadellecose

Lettera a una virologa

di Michele Castaldo

Carissima Ilaria,

ero poco più che ventenne quando sentii parlare del libro di don Lorenzo Milani, Lettera a una professoressa, identificandomi immediatamente con i ragazzi della scuola di Barbiana per motivi che non sto in questa sede a descrivere. Scusami per il tu confidenziale, ma mi agevola nella scrittura.

Che c’entra una professoressa degli anni ’70 con una virologa dell’inizio del terzo millennio, si chiederà il lettore. C’entra, eccome se c’entra!

Ti ascolto e ti leggo volentieri, anche se spesso sei costretta a nascondere qualche verità spiacevole fra le parole, ma riesci comunque a porre le questioni in modo da far riflettere. Il tuo sorriso tende ad addolcire i pugni nello stomaco in una fase molto complicata per l’umanità.

In queste poche note intendo commentare due tuoi ultimi scritti per il Corriere della sera del 3 e del 19 agosto, perché degni di attenzione, perché un bravo analista si misura dalle previsioni e dalle proiezioni, e in base ad alcune cose che hai scritto hai dimostrato di essere all’altezza.

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comidad

Autocolonialismo delle oligarchie contro le classi subalterne

di comidad

La pubblicazione degli atti riservati del Comitato Tecnico Scientifico che ha assistito il governo nel corso dell’emergenza Covid, conferma quanto già si poteva intuire. La scelta governativa di drammatizzare l’emergenza e di imporre il lockdown generalizzato, non era imposta dalla “Scienza”, bensì dettata da altre considerazioni rimaste inconfessate. Incurante della smentita del proprio operato derivante da quegli atti ora resi pubblici, il governo imbocca la strada di una nuova stretta emergenziale.

Gli effetti economici di questa nuova stretta saranno disastrosi, poiché sarà sufficiente il timore di un nuovo lockdown generalizzato a scoraggiare la ripresa di molte attività industriali e commerciali nel prossimo settembre. L’ipotesi di un movimento a vu del PIL, cioè una rapida risalita dopo la drastica discesa, andrà a farsi benedire. Ciò che invece ne risulterà rafforzato sarà il vincolo europeo, l’eurodipendenza dell’Italia dal Recovery Fund e dal MES. Le classi dirigenti italiane non hanno esitato a sacrificare l’economia pur di assicurarsi la perpetuazione di quel vincolo esterno che consente loro di tenere in condizione di crescente sottomissione le classi subalterne.

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sinistra

Ordoliberalismo

di Salvatore Bravo

Il capitalismo va declinato al plurale, benché la sua sostanza sia unica: il plusvalore. La sua lunga sopravvivenza è dovuta alla flessibilità che lo connota, non avendo altro scopo che il profitto può adattarsi alle circostanze della storia, può superare le crisi di sovrapproduzione assumendo nuove forme. Il capitalismo non ha senso del limite e della misura, per cui ha la capacità di trasformarsi, di mutare per sopravvivere. L’economia europea è oggi dominata dalla Germania e dall’ideologia ordoliberale. Si ripete che le ideologie non esistono più, che non bisogna essere ideologici nelle scelte, ma flessibili. Si deve celare, in tal modo, l’ideologia ordoliberale, per renderla eterna. Essa è come l’imperatore cinese c’è, ma non si mostra. Il volto che governa il mondo deve restare nascosto ai sudditi, altrimenti potrebbero riconoscere il nemico. Rintracciare la genesi dell’ordoliberalismo e la sua visione antropologica è di ausilio per comprendere il presente, altrimenti condannato a processi di naturalizzazione.

Negli anni trenta dopo il crollo di Wall street (1929), con i suoi effetti drammatici, in Germania è fondata la scuola di Friburgo promotrice dell’ordoliberalismo (Ordoliberalismus).

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pierluigifaganfacebook

Geostoria filosofica

di Pierluigi Fagan

Le tre principali tradizioni di pensiero, indiana, cinese, occidentale cioè greca alle origini, potrebbero esser definite dall’atteggiamento nei confronti della realtà,: come è (indiana), come va intesa (cinese), come va agita (greca). Ci riferiamo alla “filosofia prima”, alla prima considerazione che fonda un sistema di pensiero.

Per la tradizione indiana, la molteplicità è apparenza di un'unica sostanza, il Brahman. Per la tradizione cinese, la sostanza è alternarsi di due principi che convivono in diverse proporzioni dinamiche, lo Yin e lo Yang. Per la tradizione greco-occidentale la sostanza o è A o è B, il che crea i presupposti dinamici del divenire e del polemos.

Si potrebbe quindi forse dire che per la tradizione indiana importante era sapere com’è davvero la realtà e questo sapere porta a dire che “questa” realtà è solo un riflesso da noi condizionato di una realtà non esperibile, ma intuibile, altra. Questa realtà vera, per quanto a noi inattingibile, è Una, a-dimensionale, a-temporale. Un com’è davvero.

La tradizione cinese invece, vede dualità ma la ritiene apparente anch’essa, non per una riconducibilità ultima ad un Uno sottostante, ma perché tale dualità è complementarietà, armonia, dinamica di prevalenze momentanee. Un come va intesa.

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chefare

La solitudine connessa del nostro presente prossimo venturo

Agency, di William Gibson

di Orio Vergani

1984/1988
William Gibson pubblica la trilogia dello sprawl.
Termina la guerra fredda, l’occidente ha vinto.

1993/1999.
William Gibson pubblica la trilogia del Ponte. L’ultima decade del secolo XX termina ubriaca d’ ottimismo. Si parla di fine della Storia. Dalle rovine della cortina di ferro l’occidente viene invaso da un esercito di stelle del porno, la prima generazione di attrici hard distribuita dalla rete. S’investe in azioni dot.com sempre più gonfie. Internet promette libertà.

A presagire che quella stagione volge al termine gira voce che un problema, squisitamente tecnico, causerà grandi problemi. La notizia si diffonde sulla rete e riverbera sui mezzi di comunicazioni più antichi, il medium digitale contamina quello analogico dando esiti imprevedibili, non era mai successo.

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contropiano2

Dovresti studiare, se non ti piace essere schiavo

di Rosa Sica

Chiudiamo le scuole per 4 mesi. In 7 mesi non facciamo assolutamente nulla per far sì che, prima o poi, queste scuole possano riaprire. Che l’edilizia scolastica sia un problema enorme nel paese lo sanno pure le pietre, pure quelle che sono cadute in testa a studenti e docenti mentre facevano i compiti in classe (ed è successo davvero).

Che le classi scoppiano, che gli insegnanti sono sotto organico e gli si è reso lavorare decentemente impossibile, pure devi venire dalla Scandinavia per ignorarlo.

E insomma passiamo 5 mesi a dire il concorso si fa oggi, no, forse domani, però riapriamo le graduatorie, e migliaia di persone a fare calcoli di fisica quantistica per decidere quale provincia barrare, si dividono i kilometri di distanza da casa per il numero di bambini per quartiere: e giù coi risultati, Lombardia, Piemonte, Veneto. Pure questo, non ci voleva un indovino.

Poi il problema sono i banchi: troppo vicini, troppo lontani, coi plexiglas, senza. Ma in 30 in una classe di medie starebbero attaccati pure usando come aula un salone di Versailles.

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piccolenote

Gli Usa e l'ipocrisia dell'internet pulito

di Piccole Note

The Intercept polemizza con la battaglia intrapresa dagli Stati Uniti contro le aziende tecnologiche cinesi. Più che significativo il titolo: “La sporca ipocrisia dell’Internet americano ‘pulito’ senza la Cina”.

Così il sottotitolo: “L’amministrazione Trump vuole impedire ad altri paesi di utilizzare la tecnologia come un’arma, cosa che hanno già fatto da tempo gli Stati Uniti e i suoi alleati”.

E così nel testo: “Come può una rete blandita per decenni dalle agenzie di spionaggio americane essere considerata pulita? La determinazione degli Stati Uniti nel condannare ‘le app [che] minacciano la nostra privacy, propagano virus e diffondono propaganda e disinformazione’ è semplicemente troppo sbalorditiva per essere ridicola. Senza eccezioni, gli Stati Uniti sono impegnati in tutte queste pratiche e violano tutte queste norme”.

Nel testo i vari modi con cui le Agenzie di spionaggio americane controllano, tramite internet, i cittadini, 24 ore su 24, sia direttamente, sia indirettamente, cioè tramite aziende private che devono trasmettere i dati raccolti alle agenzie di cui sopra, prassi cui devono sottostare e per la quale hanno obbligo di segretezza, pena la reclusione (e su queste cose non si scherza: è carcere sicuro e duro, come mette in evidenza la persecuzione contro Snowden e Assange).

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lantidiplomatico

Caro Draghi, giù le mani da quei giovani a cui hai distrutto il futuro

di Thomas Fazi

Ci vuole una bella faccia tosta a chiamarsi Mario Draghi e a fare – come ha fatto l’ex presidente della BCE al consueto Meeting per l’amicizia fra i popoli di Comunione e Liberazione – un discorso tutto incentrato sui giovani. A detta di Draghi, negli ultimi anni «una forma di egoismo collettivo ha indotto i governi a [trascurare i giovani e a] distrarre capacità umane e altre risorse in favore di obiettivi con più certo e immediato ritorno politico». Ma adesso, dice Draghi, è arrivato finalmente il momento di «essere vicini ai giovani», investendo su di loro e sul loro futuro, perché «privare un giovane del futuro è una delle forme più gravi di diseguaglianza».

Parole indubbiamente condivisibili, ma che risulterebbero più credibili se a pronunciarle non fosse colui che per otto anni ha presieduto la più importante carica istituzionale dell’Unione europea, quella di presidente della Banca centrale europea (BCE), e che in quella veste ha pervicacemente sostenuto le politiche di austerità fiscale che hanno condannato milioni di giovani europei alla disoccupazione, alla precarietà e all’emigrazione forzata, distruggendo le prospettive di un’intera generazione.