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comidad

Il monopolio ideologico della lobby della deflazione

di comidad

Jerome Powell, il presidente della banca centrale statunitense, la Federal Reserve, ha annunciato la scorsa settimana che d’ora in poi il suo obbiettivo istituzionale non sarà più di mantenere un tasso fisso di inflazione al 2%, bensì questa percentuale sarà considerata come tasso medio. Secondo il presidente della Fed questa nuova politica monetaria andrebbe a privilegiare l’occupazione invece che la stabilità dei prezzi. L’annuncio di Powell è stato considerato una “svolta epocale” non solo dalla stampa europea ma anche da quella americana.

Siamo in piena deflazione, cioè crollo dei prezzi e dell’occupazione, perciò non preoccuparsi dell’inflazione sarebbe puro buonsenso. In realtà, l’annuncio di Powell sa del classico “troppo bello per essere vero”. Anzitutto indicare il 2% di inflazione come tasso medio, vuol dire sì che si potrà sforare al 3% oppure al 4% ma significa anche che, per recuperare la media stabilita, occorrerà scendere all’1%, o addirittura allo zero. C’è poi da rilevare che la deflazione comporta una condizione di schiavitù per debiti, sia per gli Stati, sia per le famiglie. La deflazione determina infatti un crollo dei redditi e delle entrate fiscali, con una conseguente maggiore dipendenza dal debito, senza peraltro alcuna prospettiva che i creditori vedano eroso il valore dei loro crediti dall’inflazione.

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sollevazione2

I vincitori del Covid

di Leonardo Mazzei

Chi ci sta guadagnando? Ecco una domanda che tutti dovrebbero porsi. Ma che pare oscena, come se si volesse anteporre l’economia all’epidemia, il denaro alla vita umana. E così, con questo trucchetto finto-umanista da quattro soldi, chi i soldi ce li sta facendo alla grande riesce ad occultare la gigantesca ridefinizione della piramide della ricchezza e del potere in atto.

Le notizie sul virus coprono tutto, in primo luogo il dramma sociale che la gestione dell’epidemia sta producendo. Guai a dubitare della narrazione ufficiale. Nel mondo il numero dei casi e delle vittime è stabile da mesi? Non lo si dica, che c’è il rischio di abbassare la guardia. In Europa i casi crescono, ma la letalità è ormai al livello di una normale influenza? Nessuno si azzardi a rilevarlo, che l’accusa di “negazionismo” è già pronta a scattare.

Chi scrive non crede al complotto, ma tende a guardare ai fatti. Ed un fatto certo è la strumentalizzazione dell’epidemia da parte dei dominanti.

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andreazhok

Cronache dalla falsa opposizione

di Andrea Zhok

In un'interessantissima riflessione Pierluigi Fagan (vedi link) ha messo in rilievo l'esistenza di un'organizzazione strutturata di 'trumpisti' presenti in diversi paesi, e anche in Italia. Relativamente all'esistenza e all'organizzazione di fatto di questi soggetti sospendo il giudizio e rinvio a chi ne sa di più.

Due cose, tuttavia, mi hanno profondamente colpito nelle sue considerazioni.

1) L'idea che esista un'organizzazione (incidentalmente di estrema destra) che sembra operare avendo fatto tesoro delle analisi sulla priorità politica dell'egemonia culturale di matrice gramsciana. Questo punto mi pare emblematico della parabola regressiva avvenuta a sinistra e del terreno lasciato libero ad una destra sempre più consapevole.

Ma più ancora mi ha colpito:

2) Il posizionamento di questa 'destra trumpista' transnazionale.

Cito: <<Il gruppo ha una sua attenzione nazionale specifica, facendo capire che se Trump o suoi mandanti governassero l’Italia si avrebbero: agevolazioni fiscali e fisco liberale, tutela dei bambini, libertà vaccinale, diritto a non mandare i figli a scuola istruendoli a casa (scuola parentale), Italia fuori dall’Europa, una banca nazionale autonoma (sovranità monetaria), 100% produzione nazionale e molto altro.

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pierluigifaganfacebook

Noi con Trump?*

di Pierluigi Fagan

Tratterò un tema che è al contempo difficile e fondamentale. Il tema è difficile perché è vasto, complicato e soprattutto molto nebuloso, dai confini confusi, ambiguo, doppio. Altresì è fondamentale o almeno potrebbe esserlo perché attiene alla costituzione politica e geopolitica, economica, culturale della nostra forma di vita associata.

L’altro giorno mi sono imbattuto in una pagina facebook “Noi con Trump”, una vera e propria associazione politica con tanto di iscrizione e sezioni operative territoriali, promossa apparentemente da italiani ferventi e spontanei ammiratori di Trump, tra cui un ex paracadutista che vanta un curriculum in cui compaiono collaborazioni con Blackwater, società di mercenari, US Army Camp d’Arby e Dipartimento di Stato USA. Apparenti finalità sono il combattere il Deep State (americano? italiano?), combattere le “fake news” del “mainstream”, lottare contro il “traffico dei bambini”, promuovere la politica di Trump in Europa ed Italia, combattere la globalizzazione ed il pensiero unico del “politicamente corretto”. Ognuno di questi sono slogan ormai entrati nel lessico del dibattito pubblico qui su Internet e come sempre c’è da domandarsi se è nato prima l’uovo o la gallina, se cioè questi slogan o concetti hanno origine spontanea o qualcuno li ha sintetizzati ed introdotti nel flusso on line, stante che sono tutti di certa origine statunitense.

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teleborsa

Dominati dal Partito oppure dal Mercato?

di Guido Salerno Aletta

Le finte democrazie del socialismo cinese e del liberismo occidentale

Non è ancora matura la riflessione su quanto è accaduto negli scorsi vent'anni, da quando la Cina è entrata a far parte del WTO.

Ci si limita infatti a considerare i limiti antidumping che tuttora vigono nei suoi confronti in quanto "non è economia di mercato". Ancora a giugno scorso, infatti, il WTO ha confermato questo status per la Cina, dopo una controversia attivata nel 2016 dalla Unione europea, che aveva chiesto di mantenere una serie di dazi all'importazione di merci dalla Cina, in quanto beneficiavano di aiuti di Stato, nonostante fosse scaduto il periodo di adattamento quindicennale che era stato stabilito all'atto dell'ingresso nel WTO.

Anche il dibattito sulla convertibilità internazionale dello yuan e sul controllo politico del cambio con le altre valute è rimasto confinato agli addetti ai lavori.

Anche la ruvida partita sui dazi alle merci cinesi iniziata dal Presidente americano Donald Trump si è fermata alla superficie: ha chiesto una maggiore apertura del mercato cinese ai servizi assicurativi e bancari delle imprese americane, la rimozione del limite del 49% al possesso di imprese in Cina da parte di partner stranieri e dell'obbligo di condividere il know-how coperto dai brevetti di proprietà del partner.

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nazioneindiana

La questione meridionale, e quella neoliberista, a scuola

di Giorgio Mascitelli

Uno degli argomenti invocati dai riformatori neoliberisti della scuola per spiegare la necessità della riforma è che la scuola pubblica in Italia non funziona, in particolare nel Sud. L’ultimo a sostenere questa tesi è stato l’economista Giavazzi sul Corriere della sera lo scorso agosto, ma sarebbe facile citare l’opinione di tanti altri commentatori negli ultimi anni. Le prove citate per questa inefficienza delle scuole meridionali sono fondamentalmente due: gli scarsi risultati ottenuti dagli studenti del Sud nelle prove di verifica internazionali ( prove PISA) e nazionali ( prove INVALSI) e il fatto che agli esami di stato i voti al Sud sono più alti che al Nord. Si tratta di due argomenti pretestuosi che nascondono altre finalità. Nel caso dei voti di maturità basterà ricordare che la scuola italiana nel suo complesso è tra quelle più severe nell’uso dei voti e il fatto che in una regione si sia un po’ più larghi di un’altra non cambia questa situazione di fondo. E’ curioso pertanto che ammiratori di sistemi scolastici come quelli anglosassoni, in cui è molto più semplice raggiungere i voti più alti, rimproverino un presunto lassismo a una parte della scuola italiana che adotta comunque standard di valutazione abbastanza duri.

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contropiano2

La Fed scava il baratro sotto i piedi dell’Unione Europea

di Francesco Piccioni

Le “svolte storiche”, se non passano per sollevazioni piazza e fiamme sulle barricate, appaiono come tali solo molto tempo dopo. Questo dovrebbe spiazzare gli “esteti” del cambiamento e indurli a ragionare sui “fondamentali” di una società capitalistica complessa. Ma c’è poco da sperare…

Stesso discorso per i policy maker nazionali, concentrati invece sul terribile dilemma “ci teniamo Giuseppe Conte o affidiamo tutto a Mario Draghi?”.

La svolta di cui parliamo è quella messa in atto dalla Federal Reserve statunitense, che ha abbandonato il riferimento al tasso di inflazione annuo al 2% come architrave della politica monetaria. La variazione sembra piccola (verrà tenuta d’occhio la “media” dei tassi di inflazione su più anni, peraltro non specificati, il che lascia un margine di discrezionalità decisamente ampio), ma rappresenta una rottura decisa con un pilastro del monetarismo neoliberista che domina da quasi 40 anni.

E’ la fine del “pensiero unico”, anche se pochi sembrano averlo capito. Ci vorrà tempo perché venga razionalizzato e si cominci a pensare, nelle accademie e nelle banche centrali, ad un paradigma alternativo.

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lacausadellecose

Briatore e l'umana ipocrisia

di Michele Castaldo

Si fa tanto parlare in questi giorni del fatto che Flavio Briatore sia stato contagiato dal Covid-19. E allora? In decine di migliaia sono stati contagiati solo in Italia, uno in più uno in meno cosa si vuole che conti? Ma il nome è altisonante per mille e più motivi, uno su tutti quello di aver protestato contro il sindaco di Arzachena per le misure che imponevano la chiusura a una certa ora alle discoteche fra le quali veniva colpita una delle più famose discoteche d’Italia, il Billionaire di Porto Cervo, vanto dello sfarzo e del disprezzo del senso della misura. È vero che chiudono anche altri locali e cala il sipario sulle notti un tempo magiche della Costa Smeralda e arrivano le squadre dell’unità d’emergenza, ma Briatore è Briatore, un nome una garanzia. Il personale è contagiato senza distinzione, compresi i titolari, i gestori, fino ai camerieri. Quanti? A che serve contare, è una logica da pallottoliere per morbosi di numeri e statistiche che dicono tutto per non dire niente.

Il mondo degli intellettuali, dei politici, dei mass media colgono l’occasione per promozionarsi. L’insieme del mondo democratico si genuflette a che Briatore trovi pronta guarigione, una sua seria meditazione sul Covid-19 e la necessità delle misure da adottare.

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piccolenote

NYT: le contraddizioni dei test sul coronavirus

di Piccole Note

Il New York Times del 29 agosto pubblica un articolo il cui titolo sembra interessante per capire qualcosa in più in merito ai dati sulla pandemia negli Stati Uniti, dati che tanta parte hanno avuto e stanno avendo nella contesa elettorale e che suscitano emozioni anche in Italia, alle prese con lo stesso morbo. Questo il titolo della nota: Your Coronavirus Test Is Positive. Maybe It Shouldn’t Be (il tuo test al coronavirus è positivo ma forse non dovrebbe esserlo).

La tesi del NYT, fondata su pareri di vari esperti interpellati, è alquanto semplice: i test PCR attualmente utilizzati negli Usa (tamponi nasofaringei analoghi ai nostri) non danno indicazioni sulla quantità di virus presente nel paziente e quindi sulla sua eventuale contagiosità, ma danno una risposta del tipo SI-NO.

Questi test sono in grado di scoprire qualsiasi traccia del virus, anche minima, a seconda del “numero di cicli” a cui viene sottoposto il campione prelevato dall’interessato, ma nulla comunicano in merito alla quantità di virus “scoperto” e quindi a quanto il paziente possa essere effettivamente ammalato e/o contagioso.

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sebastianoisaia

Negazionista e complottista è questa società

di Sebastiano Isaia

Tutta la vita delle società nelle quali predominano
le condizioni moderne di produzione si presenta
come un’immensa accumulazione di rischi. L’anno
2020 ce lo ha ricordato nel modo più incisivo.

R. A. Ventura, Radical choc.

Sono francamente odiose le accuse di negazionismo e complottismo scagliate come oggetti contundenti dai socialmente allineati contro chi azzarda un minimo (non un massimo!) di atteggiamento critico sulla cosiddetta “crisi sanitaria” e, soprattutto, sulla sua gestione da parte dei “comitati scientifici”, dei decisori politici e dei loro apparati propagandistici. Si sta generalizzando l’escrementizia tendenza a bollare come “negazionista” e “complottista” chiunque esprima un’idea difforme da quella certificata come politicamente e socialmente corretta dagli esponenti più autorevoli della classe dirigente del Paese. Chi non si allinea di buon grado all’opinione comune è concepito dai più come una persona quantomeno “strana”, dalla quale è igienico mantenere le debite distanze: non si sa mai!

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manifesto

Perché l’Italia schiera i suoi caccia in Lituania

di Manlio Dinucci

Si prevede che il traffico aereo civile in Europa calerà quest’anno del 60% rispetto al 2019, a causa delle restrizioni per il Covid-19, mettendo a rischio oltre 7 milioni di posti di lavoro. Cresce in compenso il traffico aereo militare. Venerdì 28 agosto, sei bombardieri strategici B-52 della US Air Force hanno trasvolato in un solo giorno tutti e 30 i paesi della Nato in Nordamerica ed Europa, affiancati nei diversi tratti da 80 cacciabombardieri dei paesi alleati. Questa grande esercitazione denominata «Cielo Alleato» – ha dichiarato il segretario gen rale della Nato Jens Stoltenberg – dimostra «il potente impegno degli Stati uniti verso gli Alleati e conferma che siamo in grado di scoraggiare l’aggressione».

Evidente l’allusione alla «aggressione russa» in Europa. I B-52, trasferiti il 22 agosto dalla base aerea Minot in Nord Dakota a quella di Fairford in Gran Bretagna, non sono vecchi aerei della Guerra fredda usati ormai solo per le parate. Continuamente ammodernati, hanno conservato il loro ruolo di bombardieri strategici a lungo raggio. Ora vengono ulteriormente potenziati. La US Air Force, con una spesa di 20 miliardi di dollari, doterà tra breve 76 B-52 di nuovi motori, che permetteranno ai bombardieri di volare per 8.000 km senza rifornimento in volo, trasportando ciascuno 35 tonnellate di bombe e missili a testata convenzionale o nucleare.

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marx xxi

Il referendum di Buridano

di Norberto Natali

Secondo la vecchia storiella, l’asino di Buridano non riusciva a scegliere tra due balle di fieno, entrambe ugualmente distanti ed appetitose. È un po’ la sensazione che suscita il prossimo referendum sul “taglio” dei parlamentari.

Difficile stabilire se siano più disgustosi certi sostenitori del SI o del NO e quali -tra le rispettive motivazioni- debbano essere condannate di più. Così come è arduo dire chi sia peggiore tra i razzisti che si scagliano con squallidi argomenti contro tanti stranieri e quelli che sono a favore dell’immigrazione ma solo per poter sfruttare ignobilmente tanta povera gente e calpestare il salario e i diritti di tutti.

Nella storia in questione, alla fine, l’asino muore di fame perché non sa decidere e anche nel prossimo referendum l’errore peggiore sarebbe non votare. Per questo andrò a votare convintamente NO e invito tutti i miei conoscenti a fare altrettanto e a far votare NO anche altri.

La ragione principale -sacrifico la chiarezza e la completezza alla brevità- è che la vittoria del SI favorirebbe i disegni di quelle centrali finanziarie e di quegli apparati politici (espressione del dominio dei grandi monopoli finanziari internazionali) che da molto tempo tramano -con successo- per svuotare la democrazia, anche quella formale borghese.

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mondocane

Berlino, ma non finisce qui

di Fulvio Grimaldi

Rassegna di significatiove e belle immagini sulla storica giornata berlinese del 29 agosto 2020:

https://youtu.be/3ZdH2XXgb_A

Ripresa aerea dei “18.000” che la nostra stampa virusiana ha concesso alle centinaia di migliaia alla manifestazione di Berlino contro il Grande Inganno:

https://www.youtube.com/watch?v=w1OEPd_jSxA

«È evidente che gli italiani sono disposti a sacrificare praticamente tutto, le condizioni normali di vita, i rapporti sociali, il lavoro, perfino le amicizie, gli affetti e le convinzioni religiose e politiche al pericolo di ammalarsi. La nuda vita – e la paura di perderla – non è qualcosa che unisce gli uomini, ma li acceca e separa.» Giorgio Agamben, filosofo

Coro “Libertà libertà” di un gruppo di italiani alla manifestazione anti-operazione Covid il 29/8/20 a Berlino:

https://www.youtube.com/watch?v=lrk8KEF-1tI&feature=youtu.be

La grande manifestazione contro il governo tedesco per la sua gestione di una pandemia inventata e manipolata contro le libertà dei cittadini segue a quella del milione e 300mila dimostranti che l’hanno preceduta il 1. Agosto 2020.

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blogmicromega

In nome del Dio mercato

di Carlo Formenti

Un articolo di due economisti italiani residenti all’estero (“Efficient Policy Interventions in an Epidemic”) ha suscitato un vivace dibattito sui social. Ho trovato particolarmente interessante il commento (“Sulla razionalità economica come ideologia”) che Andrea Zhok (docente di Filosofia Morale all’Università Statale di Milano) ha dedicato all’articolo in questione sul suo profilo Facebook. Zhok riassume così il senso dell’articolo: gli autori sostengono l’opportunità di applicare alle esternalità create dalla pandemia sul sistema produttivo lo stesso modello che è stato adottato per “internalizzare” gli effetti dell’inquinamento industriale attraverso l’emissione di “diritti di inquinamento” (che possono essere comprati e venduti dalle imprese). In poche parole: invece di affidarsi a costose e inefficienti pratiche burocratiche per controllare il rischio di contrarre il virus da parte dei lavoratori, i livelli di rischio potrebbero essere esternalizzati sotto forma di “diritti di contagio” negoziabili sul mercato.

Prima di valutare le implicazioni etiche di tale proposta, Zhok ricorda che si tratta dell’applicazione di un principio consolidato della teoria economica, fondato sul cosiddetto teorema di Coase, il quale afferma che “un sistema economico idealmente razionale può sempre internalizzare le esternalità che si creano attribuendovi un prezzo”.

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albertomicalizzi

La FED cambia marcia.  L’eurozona al bivio

di Alberto Micalizzi

Svolta della banca centrale americana (FED). Lo scorso 27 Agosto Il Governatore Jerome Powel ha deciso di rimuovere il vincolo del 2% di inflazione dando priorità all’occupazione ed alla crescita economica.

Questo significa che non appena l’economia americana inizierà correre, sotto la spinta dei bassi tassi di interesse e delle agevolazioni fiscali in atto, l’inflazione supererà il 2% ma a differenza del passato la FED non aumenterà i tassi di interesse e lascerà che la crescita economica si rafforzi anche con inflazione “moderatamente alta”.

Cosa vuol dire questo? Che una volta tanto, ci si preoccupa più dell’economia reale, dell’occupazione e dell’industria che non delle banche e del settore finanziario.

Infatti, in un mondo caratterizzato da bassi tassi di interesse qual è quello nel quale ormai da anni viviamo, un tasso di inflazione superiore al 2% non è un problema per chi si indebita bensì per chi finanzia. Infatti, è ragionevole attendersi che chi presta denaro riceverà un rendimento inferiore al tasso di inflazione e questo eroderà il suo capitale a tutto vantaggio di chi si indebita. Un trasferimento quindi dalle rendite finanziarie ai profitti industriali.

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kriticaeconomica

“Infection rights”: la razionalità economica come ideologia

di Andrea Zhok

In questi giorni è uscito un articolo dal titolo “Efficient Policy Interventions in an Epidemic” (qui il testo) scritto da due economisti italiani, operanti all’estero.

L’articolo, per quanto usualmente tecnico, ha mosso qualche onda in rete, perché, nonostante i tecnicismi, diversi lettori vi hanno percepito qualcosa di abnorme.

Curiosamente diversi economisti di professione, anche intelligenti, colti e critici, si sono lasciati andare a commenti giustificativi del paper.

In verità entrambe le reazioni sono ben comprensibili, anche se quella più interessante a mio avviso è quella degli “economisti critici”, perché mostra la potenza ideologica pervasiva dell’approccio economico standard insegnato nelle nostre università (la cosiddetta “sintesi neoclassica“).

Informalmente l’articolo sostiene che si potrebbero internalizzare le esternalità create dalla pandemia sul sistema produttivo dando un prezzo al rischio di contrarre l’infezione attraverso il conferimento di “diritti di infezione” (infection rights).

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insideover

L’accusa di Mosca: “L’arresto dei mercenari un piano ucraino-americano”

di Emanuel Pietrobon

La crisi fra Russia e Bielorussia è rientrata per via dell’improvviso e inaspettato scoppio di una duratura insurrezione post-elettorale che, in piedi dalla sera del 9 agosto, non mostra ancora segni di declino e/o di interruzione. I disordini, sui quali sin da subito ha iniziato a gravare l’ombra di un’interferenza straniera, per via degli arresti di dimostranti provenienti da Polonia e Ucraina, poi confermata dal protagonismo del duo Varsavia-Vilnius e dell’Unione Europea, hanno convinto Aleksandr Lukashenko a sospendere la politica di avvicinamento all’Occidente, riportandolo saldamente a riaffermare il posizionamento geopolitico di Minsk all’interno della sfera d’influenza russa.

L’episodio più eclatante della crisi, che sarebbe culminata in una vera e propria rottura in assenza del maldestro tentativo di cambio di regime, è stato indubbiamente l’arresto di trentatre mercenari del gruppo Wagner, avvenuto il 29 luglio. L’operazione aveva avuto luogo grazie alla soffiata ricevuta da alcuni servizi segreti esteri, secondo i quali i militari privati si sarebbero trovati nel Paese con l’intento di attuare un piano di destabilizzazione alla vigilia delle elezioni.

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sinistra

Il diversivo

di Lorenzo Merlo

Gli stati sono strutture. Architetture desiderate, pensate, progettate, realizzate. Sono destinati a contenere un corpo sociale. Prevedono gangli di controllo e/o gestione normalmente chiamato “sistema”.

Il sistema tende a funzionare secondo la concezione auspicata in modo direttamente proporzionale all’ubbidienza degli elementi privati e associativi che in esso sono ammessi dal sistema stesso.

La disobbedienza mette in crisi il funzionamento e la sopravvivenza dell’organismo sistema.

In tempo di bassa consapevolezza generale il sistema adotta metodi di controllo e gestione ad essa confacenti e soddisfacenti. Quando il gradiente di consapevolezza generale tende a crescere, il sistema a sua volta evolve. Ciò che andava bene prima perde di efficienza e diviene necessario escogitare adeguate infrastrutture.

La Rivoluzione francese prima e l’Internazionale comunista poi – farcite da altre minori espressioni – ebbero il pregio di alzare il livello di consapevolezza comune relativamente ai dictat imposti dai sistemi governativi. L’alfabetizzazione ne accelerò il processo. Per mantenere il controllo e la gestione sociale serviva un’idea.

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comuneinfo

Una politica per l’Antropocene

di Paolo Cacciari

Sta avvenendo sotto i nostri occhi: la conclusione di un ciclo di civilizzazione lungo e addirittura di un’era geologica che molti scienziati definiscono con il nome Antropocene. Abbiamo bisogno di individuare le cause profonde della crisi ecosistemica, strutturale e di civiltà e di prospettare molte alternative, diverse già sperimentate, per uscire dal miope cinismo economicista e dalle logiche distruttive dell’accumulazione capitalista prevalenti. Ma non non basta avere una coscienza di classe, servono anche la coscienza di genere, di generazione, di luogo, di specie. Abbiamo bisogno di un immaginario comune, di una cosmovisione.

C’è chi pensa – vedi il genetista evoluzionista Svante Pääbo, in Elizabet Kolbert, La sesta estinzione, Beat edizioni, 2014 – che ci sia un “gene faustiano” annidato nella mente umana che spinge alcuni individui (maschi, come ci dimostra l’archeologa Marija Gimbutas) a sviluppare comportamenti aggressivi, predatori, distruttivi. Nel corso della storia, si sono creati clan, potentati, elite dominati che sono riusciti a plasmare e organizzare secondo le loro regole le intere relazioni sociali.

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lordinenuovo

Il "rivoluzionario" Bonomi

di Graziano Gullotta

Chi sia e che ruolo abbia avuto l’elezione a presidente di Confindustria Carlo Bonomi lo abbiamo scritto in un articolo su questo giornale al momento della sua nomina a capo degli industriali italiani.

In realtà l’approccio bonomiano alle relazioni e alle politiche industriali, che potremmo ricondurre al ruolo di “falco” utilizzando il gergo del giornalismo politico, non ha nulla di innovativo o “rivoluzionario”, per citare una sua ultima uscita infelice.

Si tratta infatti di una posizione di intransigente arroganza e supponenza nel portare avanti gli interessi di un pezzo consistente di classe padronale italiana che si trova sempre più in difficoltà nel recuperare i livelli di bilancio pre-crisi e nel mantenere una competitività con i capitali stranieri nel mercato globale e soprattutto in quello italiano.

Un comportamento che possiamo in realtà definire “classico” per la classe borghese della fase morente del capitalismo nella quale viviamo, una posizione di profonda reazione nella quale il perseguimento dell’interesse di classe coincide con la necessità di garantire la sopravvivenza stessa della propria classe e dell’intero sistema di valori e di regole che la informa.

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coku

Il debito pubblico italiano è uno Schema Ponzi

di Leo Essen

Italia, terra di santi, di poeti e navigatori, ma soprattutto di ragionieri.

Da quando i dati sono largamente accessibili nella loro presunta forma grezza (o neutra) tutti ci siamo riscoperti analisti economici.

Basta accede a una della banche dati disponibili – Eurostat, Banca mondiale, Ocse, Banca d'Italia - per dotarsi di una razione ragionevole di dati per dimostrare qualsiasi teoria.

L’impresa sulla quale si stanno misurando in molti in questi giorni su Facebook è la dimostrazione, dati alla mano, della teoria che assimila il debito pubblico italiano a uno schema Ponzi.

Nello Schema Ponzi (wikipedia) a una persona che ha una certa quantità di denaro liquido viene proposto un investimento dal quale ricaverà un guadagno facile e veloce e superiore ai tassi di mercato. Dopo poco tempo, all'invertitore viene pagata una discreta somma, facendogli credere che il sistema funzioni. Si sparge la voce, altre persone aderiscono al Sistema Ponzi e investono i loro risparmi. Con una parte dei soldi via via incassati dai nuovi aderenti si pagano gli interessi ai vecchi aderenti. Tutto funziona finché le richieste di rimborso del capitale versato non superano i nuovi investimenti.

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insideover

Gli infettivologi tedeschi bocciano il governo italiano: “Il lockdown? L’Italia ha sbagliato tutto”

di Alessandra Benignetti

Chiudere le discoteche? Non solo questa ma “tutte le decisioni del governo italiano sono state sbagliate”. Non ha dubbi Sucharit Bhakdi, specialista in microbiologia ed epidemiologia delle infezioni che per 22 anni ha diretto l’Istituto di Microbiologia dell’Università Johannes Gutenberg di Magonza. Assieme alla moglie, Karina Reiss, ricercatrice nel campo della biochimica, infezioni e biologia cellulare all’università di Kiel, ha dato alle stampe un libro che in poche settimane è diventato un best seller in Germania con oltre due milioni di copie vendute.

Corona Fehlalarm? (“Falso allarme Corona?”), edito da Goldegg Verlag, è uno studio basato su numeri, dati e almeno duecento citazioni della letteratura scientifica, che punta a ridimensionare la portata della pandemia in corso in tutto il globo. “Basta guardare il tasso di mortalità, è da lì che ognuno di noi può evincere che il Sars Cov-2 è paragonabile ad un qualsiasi virus influenzale”, dicono ad Inside Over i due autori del volume. I numeri a sostegno di questa tesi sono elencati nelle pagine del tascabile, che tra qualche settimana sarà tradotto anche in lingua inglese.

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contropiano2

“L’inflazione? Magari ce ne fosse…” La Fed smonta il diktat

di Claudio Conti

Il capitalismo non funziona più e il quadro teorico-operativo che lo ha sostenuto negli ultimi 30 anni – il neoliberismo monetarista – non ha più alcuna funzione positiva. Anzi…

Il discorso con cui il presidente della Federal Reserve – la banca centrale statunitense – ha aperto il simposio annuale di Jackson Hole (una riunione informale dei governatori della banche centrali mondiali, con inviti “mirati”), a buon diritto stavolta si guadagna l’aggettivo di “storico”.

In poche parole, infatti, Jerome Powell ha annichilito quello che per quasi quattro decenni ha rappresentato il pilastro delle politiche monetarie mondiali: l’obiettivo di inflazione “intorno al 2% annuo”.

Non c’è mai stata alcuna prova scientifica che quel livello fosse davvero “ottimale”, così come per i “parametri di Maastricht” su cui è fondata l’Unione Europea, ma in ogni caso le banche centrali intervenivano alzando i tassi di interesse quando quando l’inflazione annuale accennava a salire sopra il 2%, “raffreddando” così la crescita economica. E facendo naturalmente l’opposto quando scendeva molto sotto a quel livello.

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pensieriprov

Il discorso di Draghi

di Sandro Arcais

Del discorso di Draghi ai giovani di Comunione e Liberazione si è molto scritto. Ne hanno scritto Dante Barontini su Contropiano, Guido Salerno Aletta su Teleborsa, Thomas Fazi sull’Antidiplomatico e la redazione di Piccole Note, per citarne solo quattro. Tutti si sono concentrati soprattutto su alcuni temi toccati da Draghi: l’ingiustizia che da sociale viene da lui trasformata in ingiustizia generazionale, la necessità di tornare alle regole europee, revisionate finché si vuole, la necessità che il debito venga ripagato in futuro dalle nuove generazioni, il dovere della generazione di Draghi di mettere in grado le generazioni future di ripagare il debito contratto dai loro padri con un massiccio investimento in formazione, la distinzione (un po’ vaga nel testo) tra debito buono e debito cattivo. Rimando ai quattro articoli citati per un loro esame.

Io vorrei aggiungere al dibattito due temi toccati da Draghi, che mi sembrano essere stati sottostimati.

Il primo rimanda a un paragone che si era subito imposto nei mezzi di comunicazione di massa italiani tra l’epidemia di coronavirus e la guerra. Già Draghi aveva sdoganato definitivamente questo paragone con tutto il peso della sua autorevolezza nella famosa lettera sull’Economist. Davanti ai giovani di Comunione e Liberazione ha ripreso il paragone:

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operaviva

Andamento lento

Salvaguardare la memoria nell'epoca della spensieratezza

di Ludovico Fusco

«L’assenza di pensiero è un ospite inquietante che si insinua dappertutto nel mondo d’oggi. Infatti al giorno d’oggi, se si vuole conoscere qualcosa, si prende sempre la via più rapida e più economica e, una volta raggiunto lo scopo, nello stesso istante, altrettanto rapidamente, lo si è già dimenticato. […] Anche quando regna l’assenza di pensiero, però, non possiamo affatto abdicare alla capacità di pensare che costituisce il nostro essere».

Questo passo, risalente al 1959, si trova nelle prime pagine dell’opuscolo Gelassenheit (L’abbandono) scritto da Martin Heidegger. Con l’intuito e la lungimiranza propri del grande filosofo, egli aveva già sessanta anni fa colto un aspetto centrale del riassestamento della società occidentale al termine della Seconda guerra mondiale. Le parole di Heidegger mi paiono tanto più vere oggi se penso a come il mondo del capitalismo sia gradualmente divenuto condizione di possibilità di tale, si potrebbe dire, «spensieratezza». Qui opero una scelta terminologica non casuale, dato che l’espressione di cui il pensatore tedesco fa uso nel suo scritto è Gedankenlosigkeit.

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sinistra

Abitudini e novità dal Sahel

di Mauro Armanino

Niamey, agosto 2020. Non c’è nulla di nuovo sotto il sole, ci ricorda il libro del Qoelet. Afferma senza timore che c’è un momento per tutto e un tempo per ogni cosa sotto il cielo. Il saggio del libro conclude che tutto è vanità, soffio che svanisce in fretta, come bruma mattutina. L’autore coglie l’aspetto abitudinario dell’esistenza, la ripetizione di gesti, pensieri, parole e azioni. La cronaca quotidiana è una litania di cose già vissute, risapute, commentate e più volte interpretate. La storia come ciclo che si ripete oppure come segmento che si apre verso l’inedito. Concezioni della vita che si completano e non smentiscono affatto la vanità che accompagna la maggior parte delle umane azioni. Mettiamo, ad esempio, i naufragi e le morti dei migranti e rifugiati nel Mar Mediterraneo, un dramma di questi ultimi giorni. Appaiono per molti come un’abitudine, una tra le tante, in fretta accantonata per passare in fretta ad altre cose. Le diseguaglianze ogni volta più consistenti tra Paesi e all’interno dei Paesi, tra una minima classe capitalista transnazionale, e il resto del mondo considerato accdentale periferia o zavorra di cui disfarsi se necessario.

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teleborsa

Contrordine Banchieri!

di Guido Salerno Aletta

Svolta a Jackson Hole, dopo 40 anni di monetarismo, una follia che ha distrutto l'America (e l'Italia)

Basta una parola per cambiare la politica monetaria americana: aggiungendo "media" con riferimento all'inflazione del 2%. Siccome non si dice in quale periodo pluriennale si calcola la media, che è mobile, il gioco è fatto: l'economia va sostenuta ad ogni costo, l'occupazione è prioritaria, la rendita finanziaria può andare a picco.

Erano quarant'anni che l'obiettivo della stabilità della moneta, con un tasso di inflazione vicino ma non superiore al 2%, era diventato un mantra ossessionante.

La nostra storia, quella degli Usa e quella dell'Italia si è piegata davanti a questo tabù, che ha creato ricchezze immense e povertà spaventevoli.

Vi racconto perché.

Io, i miei vecchi libri di economia, quelli su cui ho studiato, da Caffè a Forte, da Lipsey a Baffi, da De Cecco a Modigliani, non li ho mai buttati. E poi Napoleoni, quello sì che mi affascinava: con il collettaneo dal titolo "L'inflazione e le inflazioni", la monografia sul "Valore" e l'ultimo addio: "Cercate ancora". Di manuali non ho quelli di Monti, di Andreatta, e di Draghi: introvabili.

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treccani

La Bielorussia a un bivio

di Maurizio Vezzosi

Dopo l’ennesima riconferma elettorale di Aleksandr Lukašenko, in Bielorussia sono emerse vivaci proteste contro un presidente al potere dall’ormai lontano 1994. I risultati ufficiali del voto hanno visto Lukašenko imporsi con circa l’80% dei voti: a distanza di 70 punti percentuali ‒ 10% ‒ si sono attestate le preferenze per Svetlana Tikhanovskaja, la trentottenne che viene considerata la principale oppositrice di Lukašenko. Anche ammettendo i brogli denunciati dall’opposizione e dalle maggiori cancellerie occidentali, il consenso di cui gode Lukašenko resta ancora rilevante e superiore a quello di ogni altra forza d’opposizione, seppur rumorosa e organizzata.

La Bielorussia è stata pressoché l’unico Paese dell’ex URSS che non ha conosciuto privatizzazioni selvagge e deindustrializzazione su larga scala (come avvenuto sia nei Paesi baltici, sia in Ucraina sia nella stessa Federazione Russa) rimanendo fino ad oggi uno dei Paesi ex sovietici con il livello di corruzione più basso ‒ risultato tangibile della politica della tolleranza zero promossa da Lukašenko ‒ e con il maggior grado di stabilità e sicurezza sociale.

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sinistra

Un NO al taglio dei parlamentari contro l’avanzata delle postdemocrazie

di Lorenzo Poli

Sembra assurdo che si debba scrivere un articolo per difendere la democrazia, ma a quanto pare ce n’è estremo bisogno. Sui social c’è di tutto e di più: tuttologi, esperti del momento e costituzionalisti che, con la scusa di occuparsi di Costituzione, spacciano la loro opinione per scienza. Questo non è importante perché sempre c’è stato e sempre ci sarà, ma ciò che è veramente importante è analizzare la banalità con cui si sta affrontando questo referendum. Un referendum che tratta di Costituzione e non di patatine, che tratta di democrazia non di temi scontati. Eppure sembra che l’opinione pubblica non sia pronta a questo referendum. Si sente palpabile la volontà politica di non parlare di questo referendum, di ovviarlo, di metterlo all’angolo come se non fosse una cosa importante. Il referendum doveva svolgersi il 26 marzo 2020, ma a causa Covid-19 è stato rimandato al 20-21 settembre. Né a marzo né in questi mesi se n’è sentito parlare. Si è aspettato a fare il referendum dopo il periodo estivo così da non avere il tempo per informare i cittadini sul referendum, sebbene adesso in tv sbuchino le bacheche elettorali. I mesi per informarsi, ci sono stati, ma la gente non ne ha avuto i mezzi per il semplice fatto che vi è stato un silenzio stampa assordante sul referendum.

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comidad

La politica USA rafforza l'asse Russo-Cinese

di comidad

Il mainstream ha ormai sposato l’idea di una nuova guerra fredda tra USA e Cina. Questa presunta guerra fredda è oggetto di analisi da parte dei centri-studi di questioni globali, come l’ISPI, l’Istituto di Studi di Politica Internazionale. Fondato nel 1934 dal regime fascista, l’ISPI era il centro-studi che consigliava Mussolini. Visti i risultati, già da allora era il caso di prendere con le molle le sue analisi, ed oggi le cose non sembrano andare diversamente.

Su Ispionline si trova infatti uno strano articolo, nel quale indirettamente si riconosce che, aldilà delle velleità soggettive degli USA, oggi non vi sono le condizioni oggettive di una nuova guerra fredda tra Stati Uniti e Cina, poiché in tutta evidenza mancano le basi per un duopolio mondiale tra le due potenze. La Cina infatti intrattiene rapporti economici con quasi tutto il mondo ma non è egemone in nessuna area. L’unica base militare all’estero della Cina è a Gibuti in Africa, ma è poca cosa in rapporto alla presenza economica che ha in quel continente. Ce ne sarebbe a sufficienza per fare giustizia di tutte le narrazioni da talk-show sulla minaccia globale della Cina, invece lo “studioso” autore dell’articolo conclude che una guerra fredda comunque c’è e che agli Europei conviene allinearsi al volere degli USA.