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Il presidente Mattarella e l'art. 97

di Eros Cococcetta

Il poco loquace Presidente Mattarella stavolta ha parlato in modo chiaro lo scorso 29 settembre, dinanzi a molti microfoni, sulla manovra economica del Governo:

«La Costituzione italiana - la nostra Costituzione – all’articolo 97 dispone che occorre assicurare l’equilibrio di bilancio e la sostenibilità del debito pubblico. Questo per tutelare i risparmi dei nostri concittadini, le risorse per le famiglie e per le imprese, per difendere le pensioni, per rendere possibili interventi sociali concreti ed efficaci. Avere conti pubblici solidi e in ordine è una condizione indispensabile di sicurezza sociale, soprattutto per i giovani e per il loro futuro».

Queste chiare parole mi hanno fatto sorgere, però, diverse domande che ipoteticamente vorrei rivolgere al Presidente Mattarella, soprattutto per quello che non dicono:

1) Come mai non ha citato gli articoli 1, 3 e 4 della Costituzione che prevedono il diritto al lavoro per tutti, la piena occupazione e il dovere per lo Stato di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il raggiungimento di tali obiettivi? In proposito vorrei ricordarle il discorso pronunciato nel 1955 dal grande giurista Piero Calamandrei sull’art. 3.

2) Secondo Lei gli articoli 1, 3 e 4, che rientrano tra i principi fondamentali della Costituzione, possono essere aggirati o vanificati dagli artt. 81 e 97, come modificati dal Governo Monti con la legge costituzionale 20.4.2012 n. 1, intitolata “Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale”?

La Corte Costituzionale ha più volte ribadito che anche le leggi di revisione della Costituzione possono essere dichiarate incostituzionali se in contrasto con i principi fondamentali della Costituzione (v. sentt. nn. 30 del 1971, 12 del 1972, 175 del 1973, 1 del 1977, 18 del 1982 e 1146 del 1988), così come le leggi di esecuzione dei Trattati europei possono essere assoggettate al giudizio della Corte Cost. se in contrasto con i principi fondamentali della nostra Costituzione o con i diritti inalienabili della persona umana (v. sentt. nn. 183 del 1973, 170 del 1984). Lei esclude che questa modifica sul pareggio-equilibrio di bilancio sia incostituzionale?

3) E’ a conoscenze delle motivazioni che hanno portato il Governo Monti ad inserire il pareggio di bilancio addirittura in Costituzione? A tale proposito L’ex Ministro Andrea Orlando in un incontro pubblico del 3 settembre 2016 ha dichiarato:

«L’obbligo del pareggio di bilancio non fu il frutto di una discussione nel Paese, fu il frutto del fatto che a un certo punto la BCE, più o meno ora la brutalizzo, disse o mettete questa clausola nella vostra Costituzione o altrimenti chiudiamo i rubinetti e non ci sono gli stipendi alla fine del mese. Io devo dire che è una delle scelte di cui mi vergogno di più di aver fatto. Io penso che sia stato un errore approvare quella modifica …».

Lei conosce queste dichiarazioni? Secondo Lei si è trattato semplicemente di una ingerenza indebita da parte della BCE oppure siamo di fronte ad un colpo di stato strisciante?

4) Come commenta la seguente frase pronunciata da Giuliano Amato in un’intervista del 13 luglio 2000 rilasciata a “La Stampa”:

«Non penso che sia una buona idea rimpiazzare questo metodo lento ed efficace – che solleva gli Stati nazionali dall’ansia mentre vengono privati del potere – con grandi balzi istituzionali … Perciò preferisco andare lentamente, frantumando i pezzi di sovranità poco a poco, evitando brusche transizioni dal potere nazionale a quello federale. Questa è il modo in cui ritengo che dovremo costruire le politiche comuni europee»?

E cosa ne pensa delle altre considerazioni dello stesso Giuliano Amato sul fallimento dell’euro (qui e qui)?

5) Nel 2017 il Giappone ha raggiunto un debito pubblico pari a 10.272 Mld di Euro con un PIL pari a 4.060 Mld di Euro (4.872 Mld $) e quindi un rapporto DP/PIL al 253% (per l’Italia gli stessi parametri al dic. 2017 sono: 2.263/1.725 Mld € = 131,2%); in altri termini il Giappone ha un debito pubblico 4,5 volte superiore a quello dell’Italia e un PIL pari a 2,4 volte quello italiano. Per non parlare del famoso rapporto deficit/PIL (quello su cui il nostro Governo sta litigando con Bruxelles per ottenere il 2,4%) che in Giappone nel 2009 era al 9,5% e poi e sceso gradualmente fino al 4,5% del 2017. In poche parole il Giappone — verrebbe da dire lo Stato più keynesiano del pianeta — (che nel 2011 e 2012 ha realizzato un PIL di circa 6.200 Mld di dollari), ha dei parametri economici (debito pubblico e deficit) che farebbero impallidire la Commissione europea, Draghi, la Merkel e Macron. Eppure, proprio grazie ai massicci investimenti pubblici in deficit effettuati dal Governo, il Giappone con il suo Yen è la terza economia del Mondo; con una popolazione di 127 milioni di abitanti ha un tasso di disoccupazione al 2,4% (quello dell’Italia a fine 2017 è all’11,2%, con una disoccupazione giovanile al 35% e 18 milioni di italiani a rischio povertà, cioè un italiano su tre). Anche l’inflazione nel Sol Levante è bassa (in media lo 0,5% nel 2017 e l’1% nel 2018), una riprova che finché il sistema economico non arriva alla piena occupazione dei fattori produttivi l’inflazione resta bassa anche in presenza di abbondanza di moneta. Insomma il Giappone è la prova provata che il debito pubblico e il deficit, anche se molto elevati, non solo non sono un problema ma sono la leva fondamentale per ottenere un’economia forte e la piena occupazione. Un modello da seguire per tutto il Mondo.

Secondo Lei il Giappone ha ottenuto questi eccellenti risultati economici nonostante l’elevato indebitamento o invece proprio grazie a questo elevato indebitamento?

6) Autorevoli economisti (tra cui mi limito a citare Sapelli, Galloni, Bagnai e Malvezzi) sostengono, in linea con la comprovata teoria Keynesiana (che consentì al Presidente Roosevelt di superare la grave crisi americana del 1929 con il New Deal), che un’economia impostata sull’austerity e il pareggio di bilancio spinge lo Stato verso la catastrofe perché in una situazione di crisi, stagnazione economica e disoccupazione è necessario che lo Stato effettui massicci investimenti pubblici in deficit per rilanciare l’economia e l’occupazione. Del resto tutti possiamo vedere quali sono gli effetti dell’austerity sugli Stati eurozona. Secondo Lei tra la teoria keynesiana e quella neoliberista chi ha ragione?

7) L’art. 123 del Trattato sul funzionamento UE vieta alla BCE e alle Banche Centrali nazionali di intrattenere qualsiasi tipo di rapporto finanziario con gli Stati membri (prestiti, finanziamenti, scoperti di c/c ecc.) come anche l’acquisto diretto di titoli di Stato (cioè di nuova emissione). Questa norma ha avuto l’effetto, assolutamente voluto, di costringere gli Stati Eurozona, privati della sovranità monetaria, a reperire la moneta vendendo i titoli di Stato alle banche e alle grandi finanziarie, ossia alla finanza speculativa. Per l’Italia ciò ha comportato un costo di 70 – 80 Mld di euro all’anno in termini di interessi sui titoli di Stato a partire dal 2002. Peraltro l’Italia era già caduta rovinosamente in questa trappola degli interessi nei precedenti 20 anni a causa del “divorzio” del 1981 della Banca d’Italia dal Min. Tesoro, imposto autonomamente da Ciampi e Andreatta. In sostanza l’art. 123 ha realizzato un gigantesco trasferimento di risorse finanziarie dagli Stati Eurozona verso le élite bancarie e finanziarie, sottraendole così alle molteplici necessità degli Stati e dei cittadini, solo a motivo del divieto stabilito dall’art. 123.

Infatti la BCE ha due compiti principali: 1°) quello di fornire liquidità alle banche mediante finanziamenti o prestiti (a tasso zero dal marzo 2016 - quindi una sorta di bancomat delle banche) oppure acquistando i titoli di Stato detenuti dalle banche stesse, quindi sul mercato secondario (il famoso QE - Quantitative Easing). 2°) di tenere l’inflazione al di sotto del 2%.

In sostanza la BCE è la banca delle banche e non interagisce con gli Stati se non indirettamente acquistando dalle banche i titoli di Stato già in circolazione, fornendo così liquidità al sistema bancario.

Secondo Lei non sarebbe opportuno modificare l’art. 123 TFUE, attribuendo alla BCE il compito di finanziare direttamente gli Stati UE e di acquistare i titoli di Stato al momento dell’emissione – cioè di diventare realmente la Banca Centrale degli Stati eurozona - in modo da ridurre al minimo se non azzerare gli interessi sul DP?

8) Per quanto finora detto, le sembra normale e condivisibile che il benessere di uno Stato e di un popolo dipenda dallo spread e dai mercati finanziari (speculativi o meno che siano) quando basterebbe cambiare i compiti delle BCE per evitare queste problematiche?

Finora la BCE ha tutelato soltanto le banche, ma ora è giunta l’ora di cambiare registro e di pensare al benessere degli Stati e ai popoli. Se invece la UE continua a seguire le teorie ordoliberiste - neoliberiste basate sull’austerity, il pareggio di bilancio e l’attuale assetto della BCE la strada verso la povertà degli Stati e dei popoli dell’Eurozona è irreversibile.

In tal caso restano due opzioni: 1°) Uscire dall’Euro a gambe levate ed emettere immediatamente una nuova moneta nazionale (il famoso piano B o “cigno nero”). 2°) Rimanendo nell’Euro dovremmo riscrivere l’art. 1 della nostra Costituzione come segue: l'Italia è una Repubblica fondata sulle agenzie di rating. La sovranità appartiene ai mercati che la esercitano nelle forme e nei limiti del trattato di Maastricht. Peccato per i neoliberisti che l’art. 1 non può essere modificato poiché rientra tra i principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale.

Vorrei concludere riportando una importante frase pronunciata dal grande Presidente americano Abramo Lincoln, che 150 anni fa aveva già capito tutto:

Lincoln A

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