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Rassegnatevi

di Franco Bifo Berardi

Disfattismo di massa, diserzione e sabotaggio: proposta per una strategia paradossale della rassegnazione (in attesa delle Comunità Autonome Operative per la Sopravvivenza)

 

Il Covid lungo della mente sociale

Nelle ultime pagine del suo libro La peste, Camus racconta il festoso ritorno alla vita della città di Orano dopo l’estinguersi dell’epidemia. Oggi, nell’autunno del 2021, all’orizzonte non si vedono segni di una festa imminente. Al contrario sembra che i segnali del disagio psicosociale si approfondiscano, e se nell’assenza di luoghi di incontro qualcuno si azzarda a organizzare un rave party rischia di essere aggredito come untore.

All’inizio del flagello il cretinismo pubblicitario diceva: ne usciremo migliori. Con ogni evidenza è vero il contrario: nervosismo generalizzato, razzismo rampante, violenza predona delle grandi corporazioni, diseguaglianza galoppante. L’avidità proprietaria di Big Pharma ha impedito la produzione locale dei vaccini e il risultato è Omicron. I vecchi bianchi si sono iniettati le terze dosi che sarebbero dovute andare ad altri, ma il virus è più furbo e si prepara ad ammazzarne qualche altro milione, magari anche me.

Ma quel che mi interessa non è la persistenza del virus, bensì una specie di Covid lungo della mente sociale.

Si definisce Long Covid la prolungata persistenza di sintomi di vario genere dopo il contagio e la guarigione. Un’amica che ne ha sofferto mi ha detto che il sintomo principale era per lei una spossatezza costante, una perdita di energia e anche una certa confusione mentale. In effetti spossatezza e confusione mentale sembrano dominare la scena contemporanea. Il caos (economico, geopolitico e psichico) che il virus ha prodotto sembra perdurare, anzi accentuarsi, al di là degli effetti positivi della vaccinazione di massa. Le proteste di piazza, la resistenza ai vaccini, la ribellione al Green Pass, a prescindere dalla fondatezza delle loro ragioni, alimentano una sensazione di panico.Il virus ha agito come catalizzatore di fantasmi contrapposti: fantasmi paranoici di complotto e fantasmi ipocondriaci di paura che invadono e paralizzano la soggettività.

Il discorso pubblico è invaso da alternative paradossali e da doppi legami. L’ingiunzione sanitaria provoca una reazione che si manifesta dapprima come denegazione, poi come fobia (attribuzione al vaccino di poteri malefici, ossessioni complottiste). La reazione dei governi e della maggioranza dell’opinione pubblica contro gli eretici no vax assume carattere autoritario, paternalistico oppure aggressivo: licenziamento, cariche poliziesche, stigmatizzazione pubblica, censura. Si produce così una vittimizzazione di massa, e alla lunga la profezia paranoica (il vaccino è un complotto per imporre una forma totalitaria) finisce per autorealizzarsi.

Se pensiamo che la resistenza al vaccino sia irragionevole (io non lo affermo, né lo nego, non intendo occuparmi di questioni che sono al di fuori della mia competenza) dobbiamo interpretarla come il sintomo di un disturbo, ed è assurdo criminalizzare il portatore del sintomo, come è inutile rivolgergli prediche sulla responsabilità. Il portatore del sintomo va curato, ma è l’insieme sociale ad essere pervaso di forme psicotiche.

Chi cura chi?

Mentre impongono totale obbedienza agli ordini del complesso industrial-sanitario, i governi usano lo stato di emergenza come condizione perfetta per una furiosa imposizione di politiche di privatizzazione e precarizzazione. Perciò l’emergenza non deve finire mai, e i media devono continuare in eterno la campagna di panico che da quasi due anni inonda il discorso collettivo. Ogni giorno ci vengono somministrate ore intere di immagini televisive ripetitive che hanno solo la funzione di terrorizzare: infermieri con camici verdi, mascherine e tute protettive, ambulanze che corrono, e fiale, fialette, siringhe, iniezioni, decine di iniezioni, centinaia di iniezioni.

L’effetto di questa offensiva che mobilita l’intero sistema dei media in una campagna di terrore è visibile: il corpo sociale rattrappito in una crisi di ipocondria interminabile, quasi avesse paura di rinunciare alla paura. Questa paralisi dell’immaginazione e questo rattrappimento non sono un effetto del virus, ma la conseguenza della prolungata impotenza della società che non riesce a fermare l’impoverimento, la devastazione dell’ambiente fisico e mentale: la rabbia impotente è condizione altamente patogena.

Ma le tecniche terapeutiche che possano curare un’epidemia psichica generata dall’impotenza dalla rabbia e dalla solitudine non possono che essere paradossali.

Credo che l’Occidente sia politicamente finito: non per gli orrori di cui il suo dominio è responsabile, ma per l’incompetenza, il pressapochismo e la viltà.

 

Marasma e panico: l’aeroporto di Kabul metafora globale

Una cosa mi ha fatto particolare impressione nella disfatta americana che ha occupato l’attenzione nelle settimane di agosto: il marasma.

Biden aveva detto qualche tempo prima: non assisterete alle scene di Saigon, con il personale dell’ambasciata che scappa dal tetto. In effetti le scene dell’evacuazione dell’aeroporto di Kabul, la folla terrorizzata, la violenza, l’attentato cui l’intero mondo ha assistito erano molto peggio di Saigon 1975.

Nel ’75 gli americani avevano preparato l’evacuazione con largo anticipo, solo il personale dell’ambasciata rimase intrappolato alla fine quando i vietcong entrarono in città. Questa volta non era stato preparato nulla, perché gli americani pensavano di avere ancora sei mesi più o meno sicuri. Tutto invece è crollato in pochi giorni e decine di migliaia di collaboratori sono stati lasciati in balia del destino. Hanno creduto che gli occidentali fossero onnipotenti. Non sapevano che gli occidentali sono codardi, cialtroni e traditori.

Per questo credo che l’Occidente sia politicamente finito: non per gli orrori di cui il suo dominio è responsabile, ma per l’incompetenza, il pressapochismo e la viltà. In realtà non si tratta di incompetenza, ma di qualcosa di più profondo, e più inquietante: si tratta di marasma, caos mentale.

Marasma è la parola con cui si indica lo stato di confusione mentale in cui cade una persona incapace di governare gli eventi della sua vita.

Quando ho visto il discorso del povero Biden dopo l’attentato che ha ucciso duecento afghani, tredici militari americani, tre cittadini britannici, ho avuto l’impressione che balbettasse parole senza senso. Marasma: non è forse quel che sta accadendo all’Occidente in generale?

Il panico è l’effetto della esposizione a una complessità non elaborabile, una successione di alternative non più decidibili: il caos.

La rapidità, la complessità, la proliferazione dei processi sociali, militari e sanitari (la proliferazione del virus, le sue mutazioni) rendono la mente collettiva incapace di elaborare e di governare il mondo circostante.

Il panico è la manifestazione psichica e comportamentale di un organismo sopraffatto dal flusso di eventi ingovernabili. L’origine del panico sta in uno scarto tra la capacità di elaborazione cosciente degli stimoli e l’intensità e velocità degli stimoli info-nervosi.

Stiamo avvicinandoci a una situazione in cui degradazione dell’ambiente, moltiplicazione dei conflitti, e accelerazione degli stimoli info-neurali rendono impossibile conoscere in modo esaustivo e quindi decidere razionalmente. Stiamo entrando in una situazione in cui quanto più sappiamo tanto meno conosciamo, perché quante più informazioni riceviamo tanto più difficile diviene compiere una scelta.

Esiste una cura politica per il panico? Temo di no, perché il panico disattiva la mente politica. Esiste una cura psicocanalitica per il panico collettivo? Questa è la sola domanda che conta attualmente. Tutto il resto è marasma.

L’aeroporto di Kabul è la metafora della condizione globale che si è ripresentata su scala enormemente più vasta tre mesi più tardi a Glasgow, dove è andato in scena il panico di chi si rende conto che il tempo è scaduto. Il marasma della razza bianca sta travolgendo il pianeta e la stessa civilizzazione. L’estinzione non è la sola prospettiva che ci resta, ma è la meno terrificante.

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