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lantidiplomatico

"E' una crisi diversa dalle altre. Keynes non basta, serve una logica di piano"

Intervista ad Emiliano Brancaccio

Per l’economista sono già sconfessate le previsioni ottimistiche della BCE, secondo cui questa sarebbe una crisi “a forma di v”, con una breve caduta e poi subito una ripresa spontanea. E riguardo al fondo salva-stati dice: “non è la soluzione, è una trappola”. Ma non basta nemmeno invocare un rilancio della domanda. Un piano “anti-virus” è l’unica strada efficace per risolvere la “disorganizzazione” dei mercati e combattere la speculazione

keynes main photo“Il coronavirus rischia di condizionare le nostre vite più e peggio di quanto fece l’aids un trentennio fa. Se vogliamo difendere le nostre conquiste e i nostri diritti di libertà, dobbiamo comprendere che siamo dinanzi a una sfida colossale, che contemporaneamente investe la sanità, la scienza e la tecnica e l’economia. Per il momento siamo lontanissimi da una presa di coscienza. I policymakers sembrano ragionare con lo sguardo rivolto all’indietro, come se non avessero il coraggio di guardare avanti e indicare soluzioni all’altezza di questa tragedia epocale”. L’economista Emiliano Brancaccio denuncia all'AntiDiplomatico l’inadeguatezza dell’azione politica di fronte agli effetti dell’epidemia e lancia un appello sul Financial Times per un “piano-anti-virus”.

* * * *

Professor Brancaccio, pochi giorni fa il Financial Times ha pubblicato un appello promosso da lei e da altri colleghi economisti per l’immediata attuazione di un piano "anti-virus" che possa fronteggiare una crisi a vostro avviso gravissima. Qual è l’effettiva portata economica di questa crisi? E’ possibile quantificare l’impatto complessivo che avrà sulla produzione e sull’occupazione, in Italia e nel mondo?

Dipende da quanto dovranno durare le quarantene. Marx sosteneva che se una nazione ferma il lavoro anche solo per un paio di settimane, quella nazione è destinata a soccombere. Esagerava ma non andava troppo lontano dal vero. Un banale calcolo contabile ci dice che appena due settimane di blocco anche parziale dell’attività produttiva implicano una perdita di produzione e di reddito di un’ottantina di miliardi, ossia circa il 4 percento del Pil italiano, e questo senza considerare gli effetti moltiplicativi della recessione. Ovviamente, se il blocco perdura, il crollo si accentua.

Questa semplice misura chiarisce che sono già del tutto sconfessate le previsioni ottimistiche della BCE e di altri, secondo cui questa sarebbe una crisi “a forma di v”, cioè con una breve caduta e poi subito una ripresa in grado di portarci spontaneamente al vecchio equilibrio. I profeti della “v” non hanno compreso che questa crisi distrugge contemporaneamente sia le capacità di spesa che di produzione, e per questo rischia di essere più pesante e più lunga delle precedenti.

 

Chi rischia di pagare di più gli effetti economici della crisi del coronavirus?

La crisi sta avendo e avrà i suoi vincitori e i suoi vinti, e la distinzione tra gli uni e gli altri è sempre una distinzione tra classi sociali. Basti pensare agli ambiti in cui il virus si è maggiormente propagato nelle ultime settimane: nelle fabbriche, nei luoghi di lavoro, soprattutto tra i lavoratori precari che non potevano sottrarsi ai loro impegni. E dal lato sociale opposto, basti pensare alle occasioni di guadagno che il caos dei mercati potrebbe dare agli speculatori.

 

Considerata la dimensione della crisi, come giudica le prime azioni della BCE e delle istituzioni europee?

Inadeguate e in alcuni casi controproducenti. Tutti ora si rallegrano della sospensione del patto di stabilità. Ma quel patto è stato già violato nei due terzi dei casi e non è mai stato il problema principale. Il rischio più grande è che adesso i vari stati vadano sul mercato a vendere in massa nuovi titoli in cambio di finanziamenti. In questo modo potrebbe determinarsi un eccesso di offerta di titoli, il classico ingorgo del mercato che favorisce la caduta dei prezzi e le scommesse al ribasso degli speculatori. La BCE potrebbe offrire un ombrello protettivo contro di essi. Ma per farlo, anziché aggiungere alla spicciolata quantità definite di miliardi ad ogni nuovo sussulto dei mercati, dovrebbe dichiarare che mette a disposizione risorse illimitate. Purtroppo non lo sta facendo. La verità è che il modo di agire della BCE è ancora vago, condizionato da feroci conflitti tra creditori e debitori nel Direttorio di Francoforte.

 

Il presidente del consiglio Conte sostiene che risorse immediate potrebbero scaturire dal MES, il cosiddetto fondo “salva-stati”. Anche il commissario europeo Gentiloni la vede in questo modo. Lei che ne pensa?

Penso che stiano sbagliando. Quello che chiamano fondo “salva-stati” è un accordo intergovernativo estraneo ai Trattati e completamente sbilanciato, poiché condiziona espressamente l’erogazione delle risorse al soddisfacimento del “punto di vista dei creditori”. E’ un meccanismo iniquo e inefficace, che è stato ideato solo per dare alla BCE un alibi che le consenta di sottrarsi dal ruolo decisivo di prestatore di ultima istanza, l’unico che può garantire la solvibilità del sistema e può quindi realmente bloccare gli speculatori. Per come è configurato, il MES dunque non è la soluzione. E’ una trappola.

 

Nel vostro appello sostenete che se dovessero prevalere gli egoismi, l'Europa unita potrebbe non resistere. A questo proposito, in una recente conversazione con lei, anche l’ex ministro Giovanni Tria ha sorprendentemente dichiarato che sarebbe utile avere un “piano B” per gestire un eventuale tracollo dell’euro. A suo avviso in cosa dovrebbe consistere un ipotetico “piano B”?

Se si presentasse questa emergenza si tratterebbe di risolvere il vecchio “trilemma” delineato da Padoa Schioppa e altri: tra piena apertura ai movimenti di merci e di capitali, cambi fissi e politica monetaria nazionale autonoma, sono compatibili tra loro solo due opzioni su tre. Se la soluzione della delega della politica monetaria a un ente sovranazionale come la BCE fallisce, qualcuno dice che basterà abbandonare i cambi fissi e affidare i movimenti valutari al gioco del mercato e degli speculatori. Io penso che questa strada porterebbe ad altri fallimenti. Se l’euro crolla, la prima cosa giusta da fare sarà il ripristino dei controlli sulla circolazione internazionale dei capitali.

 

Al di là dei destini dell’Eurozona, in ogni caso nel piano “anti-virus” pubblicato sul FT voi proponete il controllo dei mercati dei capitali per bloccare la speculazione. Ci ha meravigliati che la testata più autorevole della finanza mondiale abbia deciso di pubblicare una proposta che limiterebbe la libera circolazione del capitale. Come se lo spiega?

E’ un po’ il segno di questo tempo. Durante una crisi di tale portata può accadere che il capitale si guardi allo specchio e si interroghi sul rischio che l’instabilità dei mercati minacci la sua stessa riproduzione. E può accadere che arrivi persino a chiedere aiuto alla politica, in un certo senso per salvarsi da sé stesso. Non sarebbe la prima volta.

 

Nell’appello voi parlate anche del rischio di una più generale “disorganizzazione” dei mercati, che potrebbe riguardare non solo il mercato finanziario ma pure i mercati delle merci, con strozzature nelle catene della produzione e al limite problemi di approvvigionamento di beni e servizi. Quanto è concreto questo rischio?

Il rischio di “disorganizzazione” dei mercati è stato evocato qualche giorno fa dall’ex capo economista del FMI, Olivier Blanchard. Sta proprio a indicare che questa è una crisi diversa dalle altre, perché pone problemi non solo dal lato consueto della domanda ma anche dal lato dell’offerta. Ce ne stiamo già accorgendo nella fornitura di beni e servizi sanitari, ma se le quarantene perdurano le difficoltà emergeranno anche in altri settori. E saranno guai ancora più seri.

 

Proprio per la complessità di questa crisi, voi invocate una vera e propria pianificazione pubblica.

Sì. Per uscire da questo caos non basteranno le solite invocazioni a fornire liquidità e a rilanciare la spesa aggregata. Servirà pure consapevolezza della fragilità delle catene input-output della moderna produzione capitalistica, che potrebbero incepparsi e potrebbero quindi aver bisogno di una riorganizzazione tramite interventi misurati e moderni di pianificazione pubblica. Non basta Keynes, questa volta serve anche Leontief.

 

In un articolo recente avete anche accennato alla necessità di una pianificazione nel campo della ricerca sul virus, per contrastare i tentativi di speculare sulle conoscenze scientifiche in materia. Può spiegarci questo punto?

Ci sono aziende private che ogni giorno annunciano scoperte imminenti nella ricerca sui vaccini, e che per questo vedono esplodere i loro valori di borsa. Ci sono altre aziende che già dispongono di conoscenze che potrebbero risultare utili nella lotta alla pandemia, ma le mettono a disposizione solo dei migliori offerenti. I governi, a cominciare da quello americano, hanno finora assecondato questi “battitori liberi”. Noi invece sosteniamo che queste speculazioni ostacolano la ricerca e debbono essere immediatamente fermate. Occorre un piano pubblico per acquisire le conoscenze che attualmente sono in mani private e per metterle subito gratuitamente a disposizione di tutti gli scienziati che sono impegnati nella lotta contro il virus. Più presto mettiamo in comune le conoscenze, più presto avremo a disposizione armi efficaci per sconfiggere il Sars-Cov-2.

 

Veniamo da più di trent’anni di liberismo. E’ davvero possibile compiere una svolta verso forme così sofisticate di pianificazione pubblica?

Il piano è sempre la risultante di un’emergenza, che improvvisamente costringe a coordinare azioni che prima erano caotiche e divergenti. Dopo anni di litanie sull’opportunità di gestire le unità sanitarie come aziende private in competizione tra loro, all’improvviso i cittadini si sono resi conto di quanto invece sia fondamentale disporre di un sistema sanitario che agisca secondo logiche di pianificazione pubblica e democratica: che vuol dire tutelare i cittadini in base alle condizioni di salute piuttosto che al censo, anche in situazioni di razionamento dei beni e dei servizi sanitari. Se la crisi durerà a lungo, problemi analoghi di razionamento potrebbero emergere anche in altri settori, con difficoltà di approvvigionamento e quindi anche tentativi di speculare su di esse. Se le cose diventeranno così difficili, meccanismi moderni e ben delineati di pianificazione pubblica saranno l’unica possibile salvaguardia, civile e democratica, contro eventuali fenomeni di “borsa nera”.

 

Professore, lei insiste sulla parola “democrazia”: pensa che sia a rischio?

La democrazia ha molti nemici, è già malata da tempo e questa tragedia del coronavirus può indebolirla ulteriormente. In fin dei conti, più funesta del virus c’è solo la tentazione di affidare l’emergenza al cosiddetto “uomo forte”: se la gente resterà chiusa in casa a lungo e si susseguiranno emergenze che impongono centralizzazione delle decisioni, quella tentazione si farà sempre più strada. Già oggi alcune forze politiche di tradizione autoritaria invocano a piè sospinto super-commissari con potere di decretazione d’urgenza. E’ un pessimo segnale. Saremmo più tranquilli se ci fosse ancora quel tessuto di salvaguardia democratica che veniva garantito da sindacati combattivi e da partiti di massa che intermediavano tra popolo e istituzioni. Oggi purtroppo non c’è nulla di tutto questo. Quel tessuto democratico andrebbe ricostruito, in fretta.

Comments

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Roberto
Saturday, 11 April 2020 18:11
Ai rivoluzionari da "scantinato" che osano criticarlo, ricordo che Brancaccio è il più grande studioso della tendenza marxiana alla centralizzazione dei capitali, ed è il primo ad averla verificata empiricamente:

https://www.emilianobrancaccio.it/2020/02/17/marx-updated/

Da anni Brancaccio riporta la teoria della lotta di classe al centro della scena in un mondo dominato dalla comunicazione borghese. I suoi critici farebbero meglio a uscire dagli scantinati e mettersi a disposizione della sua lotta. Oppure chi proprio vuole misurarsi con lui dovrebbe chiedergli la cortesia di un confronto e sperare che lui lo conceda. Poi si vede dal vivo chi ha davvero più filo da tessere. Io non avrei dubbi sull'esito.
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AlsOb
Thursday, 02 April 2020 01:44
Questo fumoso personaggio evoca in modo suggestivo e curioso il mediocre e reazionario Padoa Schioppa quando the impossible trinity risale nella letteratura a Mundell e Fleming. Inoltre contrappone in modo artificioso Keynes e Leontief.

Carchedi ripete delle considerazioni generalmente giuste, tuttavia nel capitalismo la presenza di grossi oligopoli e dello stato e del complesso militare industriale, per trascurare istituzioni finanziarie, seppur in forma perversa, per essere la logica quella della valorizzazione del denaro, definisce degli elementi di pianificazione. In Cina sono più robusti e ciò ha avvantaggiato la loro accumulazione e crescita infrastrutturale e tecnologica.
Tuttavia l'affermazione che suona un poco estemporanea è relativa al ricorsivo motivo dell'esaurimento del capitalismo occidentale, dato che la grossa crisi degli ultimi mesi (causata da un virus sorto da sporcizia e assenza di condizioni igieniche in Cina o da qualche esperimento di laboratorio, non segue propriamente la narrazione abitudinaria (a meno di non aggiungere la degenerazione capitalistica da virus). Infatti è un fenomeno critico che direttamente colpisce il processo reale di produzione.

Data l'attuale struttura di potere e rapporti di forza, caratterizzati da una mancanza pressoché assoluta di forze di sinistra che non siano maggiordomi o folclorismi, è la classe dominante capitalistica a prendere quasi incontrastata le decisioni Per quanto riguarda l'astuto Draghi è fuori di dubbio che è un servitore di carriera della classe dominante, ma è anche intelligente e un ottimo conoscitore del sistema finanziario, perciò le sue osservazioni indicano un percorso non demenziale a differenza di altri svitati sicofanti. Infatti le possibili risposte non sono equivalenti, nel senso che se rappresentano inequivocabilmente gli interessi della stessa classe, per i costi e disastri addizionali colpiscono le classi sociali inferiori, che in grandissima maggioranza manco sanno cosa sia il capitalismo e prendono tutto come fenomeno atmosferico.

Quindi, per finire, le considerazioni di Domenico Mattia Testa hanno un solido fondamento, per le classi inferiori l'unica alternativa è sulla misura della sofferenza, e questa dipende dalla tipologia delle risposte della classe dominante, se demenziali e basate sulle mitologie neoclassiche, o se più responsabili e basate su una minima conoscenza del capitalismo.
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Eros Barone
Wednesday, 01 April 2020 22:43
Fortemente perplesso di fronte alle escogitazioni keynesiano-leontiefite di Brancaccio, condivido la corretta risposta, oserei dire engelsiana, di Carchedi, che ha richiamato una contraddizione importante del capitalismo - quella tra pianificazione nella fabbrica ed anarchia nel mercato -. A Brancaccio, che scivola maldestramente sull'onda keynesiana (e draghiana...) che sta sopraggiungendo, consiglio di riflettere su questa massima di Tex Willer, che è un classico, se non del socialismo, di un corretto antagonismo: "Un serpente velenoso non si trasforma in una biscia. Perciò è necessario ucciderlo e conservare solo la coda".
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carchedi
Wednesday, 01 April 2020 18:50
“Non basta Keynes, questa volta serve anche Leontief”. Il Prof Brancaccio ha ragione che nella attuale crisi detonata dal corona virus, Keynes non basta. Mi meraviglia però che egli ponga le sue speranze nel duo Keynes-Leontief e cioè in un piano che razionalizzi l’economia capitalista. Il piano e il capitalismo sono come il diavolo e l’acqua santa. Il capitalismo non tollera nessun vincolo alla propria libertà, che è poi la libertà di fare il massimo tasso di profitto. Il piano può funzionare, ma solo in periodi di emergenza. L’esempio più macroscopico è il capitalismo statunitense che introdusse il piano durante la Seconda Guerra Mondiale riconvertendo massicciamente l’industria civile in industria militare e proletarizzando milioni di mano d’opera femminile. Finita l’emergenza, il capitale diede un bel calcio nel sedere al piano. Naturalmente, le aziende, sia piccole che grandi, pianificano le loro attività produttive, dall’acquisizione degli input, alla produzione, alla vendita e alla distribuzione. In questo senso le aziende pianificano. Ma sono unità pianificatrici nel contesto di un’economia caotica, non pianificata e competitiva. Se Keynes più Leontief è la ricetta per salvare il capitalismo, un numero cospicuo e crescente di studi anche empirici (e di cui il Prof. Brancaccio è certamente al corrente), dimostra che il capitalismo Occidentale si sta esaurendo, nonostante l’altalena tra politiche economiche espansive e restrittive. Né Keynes né Leontief possono salvarlo, ammesso che valga la pena di salvarlo.
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DomenicoMattiaTesta
Sunday, 29 March 2020 18:10
Il capitalismo,nelle fasi difficili,ha saputo risollevarsi e rigenerarsi e stavolta troverà il modo per uscirne vincente.Parlare di pianificazione quando,da decenni, dominano nel mondo, incontrastati,la finanza,i mercati senza regole e il liberismo pervasivo,è solo una petizione di principio,una pia illusione.Le forze antagoniste in questa fase storica sono minoritarie,se non marginali,in Italia,in Europa e nel mondo.Mancando un solido pensiero teorico alternativo,sindacati forti, solidi partiti di massa si fa fatica a credere che esistano concretamente le condizioni per politiche di programmazione pubblica,di riforme sociali che mettano al centro il lavoro,l'ambiente,la ricerca ,la scuola.In Italia è necessaria una redistribuzione della ricchezza,per cui una patrimoniale s'impone,ma solo a pronunciarla nella situazione data si passa per" visionari". Staremo a vedere quali risposte avrà la crisi sanitaria,economica,psicologica:c'è da scommettere che a pagarla saranno i ceti meno abbienti, medio bassi con l'inasprimento della pressione fiscale sui più deboli.Altro che "fondi.salva- stati europei!.Va da sè che anche gli spazi di democrazia,di libertà dei cittadini, possono essere seriamente compromessi diffondendosi e perdurando la cultura e la pratica dell'emergenza....
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sandro caddeo
Sunday, 29 March 2020 11:12
IIn una situazione così difficile, credo che ormai ci sia poco da fare, rispetto ad una società capitalista che da troppi anni sta morendo. Tutti tentano di salvarla, nonostante siano tutti al suo capezzale. Qualsiasi economista mette a disposizione le sue ricette, compresi quelli che sono amici dei lavoratori, come Emiliano. Io leggo i suoi libri, come leggo altri libri di economisti, ma a parte chi ha un indirizzo forte che riguarda la morte della società capitalista, in un modo o in una altro purtroppo, basta riprendere la nostra storia dal 1950 al 1974 e poi dal 1974 fino ad oggi, possiamo tranquillamente sostenere, grazie anche agli studi di grandi economisti, di cui uno di questi si chiama Maurice Allais, che mentre dal 1950 al 1974 il lavoro, in termini di occupazione per quanto riguarda il primo periodo, ha avuto un andamento che mediamente possiamo dire che è stato costante; ma dal 1974 ad oggi, abbiamo incominciato a vedere un andamento che prima lentamente e poi sempre più rapidamente è andato peggiorando. Per quali motivi è accaduto questo. A furia di sperare che questa società morente riesca comunque a continuare a vivere, come se le società che si sono sviluppate sul nostro pianeta siano rimaste le stesse, e non invece diverse, allora non riusciremmo mai a comprendere che così come gli esseri viventi, compresi gli esseri umani, nascono, crescono, raggiungono il loro massimo di capacità e poi incominciano a invecchiare, prima lentamente e poi sempre più rapidamente, fino a portasi di fronte a quello che si chiama morte, che purtroppo per noi scienziati, anche se non lo vogliamo dire, lo sappiamo. Così come nel passato le società che esistevano non esistono più. Ma non esistono più, non perchè erano cattive, ma perchè è un percorso normale che permette al futuro di entrare nel presente di chi muore. Se non fosse così, noi saremmo ancora all'età della pietra. Per quale motivo dovremmo cercare di salvare la vita di una società, che è nata dalla rivoluzione industriale e che in un tempo brevissimo, che io chiamo in maniera semplice, ovvero il battito delle ali di una farfalla, in questo tempo che è volato talmente in fretta, che è riuscito a distruggere la natura del nostro pianeta, e ancora stiamo discutendo di economia, ma non per permettere a tutti gli esseri umani di vivere tutti nelle stesse condizioni, ma per fare un percorso che noi, donne e uomini non dovremmo accettare, ovvero una società che man mano che passa il tempo diventa sempre di più diseguale. Di fronte ad una diseguaglianza che dal 1974 fino ad oggi è aumentata sempre di più. Non è una questione di natura politica, ovvero tra chi è di destra e chi è di sinistra. No, è semplicemente, e i dati che abbiamo tutti a disposizione lo confermano, che il capitalismo per potere continuare a vivere fa la cosa più semplice, ovvero mantenere il suo potere, per impedire che i cittadini del mondo possano stare in una società di uguali, e per fare questo è indispensabile che questa società muoia. Noi crediamo che invece la società che sta morendo è quella migliore che possa esistere. E invece è la peggiore che ci sia. Senza la nuova società che verrà, che non interessa come la chiameremo, ma sarà comunque una nuova società che nascerà sulle ceneri di questa società capitalista, e che permetterà al futuro, non per noi ma per le future generazioni di vivere meglio. Credo che Marx lo avesse già intuito dal momento in cui è diventato grande. Che questa società stia morendo non ci sono dubbi. Le stesse crisi, che prima avvenivano in tempi abbastanza lunghi, dopo il 1974 questi tempi sono diventati sempre più brevi, al punto che almeno dal 1980 in poi sembra quasi che la crisi di quel periodo non si sia fermata più. Siamo arrivati poi alla crisi mondiale proveniente dagli Stati Uniti d'America nel 207-2008, e da quel momento possiamo tranquillamente dire che da quella crisi ci siamo completamente fermati, anzi, possiamo confermare anche che tutte le società occidentali hanno soltanto ed esclusivamente perso terreno. Siamo entrati in un tunnel senza uscita, e non vediamo più la luce del sole. Le rivoluzioni non avvengono senza che la società in cui noi esseri umani abbiamo vissuto non avesse terminato il suo percorso. Se non fosse così noi saremmo ancora all'età della pietra. Dobbiamo prendere atto che questa società ha finito il suo percorso. Quando morirà questo nessuno lo sa, ma stiamo sicuri che morirà. Così come accade a tutti i mortali.
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Michele Castaldo
Saturday, 28 March 2020 21:31
Caro Emiliano Brancaccio,
la democrazia è composta di pagnotte, ovvero di elargizione di benessere a più classi sociali in precisi e determinati contesti storici piuttosto che chiacchiere nei parlamenti.
David Harvey è stato molto più esplicito dicendo:
«Quest'ultimo» cioè Trump «se sarà saggio, annullerà le elezioni in caso di emergenza e proclamerà l'inizio di una presidenza imperiale per salvare capitale e il mondo da "rivolte e rivoluzioni"». Viva la faccia: piuttosto che la rivoluzione un bel Trump "socialista" pianificatore dei mercati. Cosa si vuole più dalla vita.
A Emiliano Brancaccio andrebbe ricordato che i sindacati e i partiti riformisti capaci di organizzare il proletariato occidentale, facevano parte di una fase storicamente determinata del modo di produzione capitalistico dove le potenze occidentali padroneggiava il mondo saccheggiando risorse materiali e umane. E' cambiata l'epoca e solo lui Brancaccio non se n'è accorto e si affida al Financial Times invocando la programmazione dell' economia come se le leggi dell'economia potessero ubbidire ai politici oppure agli economisti alla Brancaccio. Una donna del secolo scorso di tutt'altra levatura rispetto a certi "marxisti" dei giorni nostri diceva: «La moneta non figlia valore». Piantiamola di correre al capezzale del capitalismo nel tentativo di salvarlo dal crollo facendogli la respirazione bocca a bocca. Nessun movimento storico è stato eterno e non lo potrà essere il modo di produzione capitalistico.
A milano dicono: ti capìì Emiliano?
Michele Castaldo
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marku
Saturday, 28 March 2020 18:04
Gent.mo prof. Brancaccio
lei giustamente dice e scrive dell'eventuale deriva che potrebbe prendere quest'ultima fase della crisi sistemica prodotta dall'ideologia totalitaristica (assai più del nazismo che si rivolgeva ad una inesistente e parziale razza ariana, escludendo prima e con il disegno di sterminio poi il resto delle genti) del liberal/liberismo dove ogni essere umano in ultimo
dovra essere il
nuovo consumatore demokratiko tipo
che non ha nè razza
nè sesso
nè nazionalità
che possiede un solo grande diritto
(quello di consumare)
e molti doveri
tra cui il fondamentale è
quello di produrre per poi consumare,
che con l'ausilio dell'I/A e dei metadati
si avvicina a passo di progresso scientifico.
Dicevamo quindi che le destre potrebbero invocare l'uomo forte
e quindi se le destre invocano le €lites
propongono e dispongono.
Concludo quindi provocatoriamente
e se questa volta le sinistre in primis reagissero in modo preventivo
passando dallo stato comatoso a quello
prerivoluzionario
invece di analizzare le colpe
indicare i colpevoli
invece di proporre rimedi
lanciare benzina ideologica
invece di temere l'uomo forte delle destre
invocare l'uomo fortissimo delle sinistre
ROBESPIERRE.
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