Fai una donazione
Questo sito è autofinanziato. L'aumento dei costi ci costringe a chiedere un piccolo aiuto ai lettori. CHI NON HA O NON VUOLE USARE UNA CARTA DI CREDITO può comunque cliccare su "donate" e nella pagina successiva è presente (in alto) l'IBAN per un bonifico diretto________________________________
- Details
- Hits: 2496
Il capitalismo sta crollando, ma c'è poco da stare allegri
Il pessimismo radicale di Wolfgang Streek
di Carlo Formenti
E se il capitalismo dovesse crollare prima che (e senza che ciò avvenga per molto tempo) maturino le condizioni perché un nuovo ordine sociale possa prenderne il posto? A porre la domanda è Wolfgang Streeck, sociologo ed economista tedesco erede della Scuola di Francoforte, studioso di spessore, conosciuto soprattutto grazie al saggio Tempo guadagnato (1), un personaggio, insomma, che non sembrerebbe incline a formulare alla leggera ipotesi catastrofiste. Eppure, se gli si chiedesse di commentare l’ironica battuta “il capitalismo ha i secoli contati”, con cui un autorevole economista italiano liquidò le tesi dei teorici del crollo (2), Streeck obietterebbe che “Il fatto che il capitalismo sia finora riuscito a sopravvivere a tutte le previsioni di morte imminente non significa necessariamente che sarà in grado di farlo per sempre”(3).
La citazione è tratta da un libro appena uscito per i tipi di Meltemi (Come finirà il capitalismo. Anatomia di un sistema in crisi) che raccoglie una serie di saggi e articoli accompagnati da una lunga Introduzione. Un’opera in cui l’autore affronta anche alcune questioni di metodo relative alla sua disciplina, sostenendo, in particolare: 1) che il capitalismo non va studiato come un’economia, bensì come una società (dopo che i sociologi hanno a lungo subito l’imperialismo disciplinare degli economisti, argomenta, è giunto il momento di rovesciare il rapporto, perché il capitalismo di oggi non si può capire senza analizzarne le strette relazioni con la totalità delle relazioni sociali di tipo extraeconomico); 2) che il metodo da seguire per imboccare questa via è quello lasciatoci in eredità da Karl Polanyi (4), il quale sosteneva che la minaccia più grave del capitalismo nei confronti delle stesse condizioni di esistenza della società umana consiste nel rischio che “i rapporti sociali che governano la sua economia penetrino e si impossessino di rapporti sociali precedentemente non capitalistici”.
- Details
- Hits: 1846
Questa recensione contiene spoiler: La vittima muore
di Erica Fontana
Recensione di Una donna promettente, Due estranei e I May Destroy You
Quando film che pretendono di criticare lo status quo vincono agli Oscar, significa che c'è qualcosa sotto. Significa anche che dovremmo vederli.
Il frustrante lavoro di guardare questi film ci dirà poco o niente sulle lotte che pretendono di rappresentare, ma ci darà molti indizi sul modo in cui quelle stesse lotte vengono riassorbite e risignificate. Se non avete ancora visto Una donna promettente e Due estranei non preoccupatevi, ho fatto il duro lavoro per voi per mostrarvi che, nonostante tutti i discorsi emotivi degli Oscar, questi film rafforzino esattamente ciò che pretendono di criticare.
C'è qualcosa di particolarmente insoddisfacente in Una donna promettente. Sarà il fallimento della donna già suggerito nel "promettente" del titolo, o il fatto che le pretese del film di essere un "thriller di vendetta" che "chiede conto alla società" cadano nel vuoto. Ma forse questo doppio fallimento racconta involontariamente una verità; la ripetuta e inappagante affermazione del trauma da parte della protagonista e la totale incapacità del film di essere “thrilling” riflettono il discorso politico dominante, che non fa altro che affermare ripetutamente il nostro essere vittime.
Se non l'avete visto, il film va più o meno così: la protagonista, Cassandra, vendica lo stupro e la successiva morte della sua amica andando ripetutamente nei club, fingendo di essere molto ubriaca, e poi, quando qualche "bravo ragazzo" la porta a casa e comincia a fare sesso con lei, lo affronta. Solitamente questo comporta uno scambio di battute in cui lei fa notare agli uomini che stavano per violentarla. Si fa anche allusione (un segno rosso in un quaderno) al fatto che lei potrebbe essersi impegnata in qualche atto di violenza contro alcuni di loro, anche se non viene mai mostrato.
- Details
- Hits: 1536
La crisi climatica e la religione dell’economia della crescita
di Luca Pardi
La crisi climatica e ambientale nasce dal resistente consenso per una crescita economica indifferenziata e senza fine. L'inganno delle vie di uscita meramente tecniche. Un articolo di Luca Pardi, co-fondatore di ASPO Italia (Association for the Study of Peak Oil) e primo ricercatore presso il CNR
L’estate appena trascorsa ha avuto il tema dell’ambiente come sottofondo costante.
Le inondazioni, gli incendi, i record di temperatura, una quantità di eventi minori e, alla fine, l’ultimo rapporto dell’ONU sul cambiamento climatico.1
Rapporto che ha fatto notizia, forse, per due giorni. Ma, a parte l’inguaribile tendenza alla superficialità dei media, tendenza che in pochi giorni fa scomparire temi che dovrebbero restare nel dibattito pubblico a favore di notizie “vendibili”, non mi è sembrato di notare fra gli ambientalisti un cambio di marcia oltre le solite lamentele, speranze, “soluzioni”.
La crisi ambientale attuale è determinata, a mio parere, dal raggiungimento dei limiti fisici e cognitivi dell’espansione umana.
I limiti fisici si presentano come un progressivo aumento della viscosità nel flusso di risorse che dall’ecosfera vengono convogliate nell’antroposfera e come progressiva (ed evidente) saturazione degli ecosistemi terrestri e marini con i rifiuti delle nostre attività economiche e sociali. Sul tema delle risorse ho già scritto in passato. 2–5
I limiti cognitivi riguardano principalmente l’incapacità collettiva di vedere i limiti fisici da parte di una maggioranza schiacciante della popolazione umana e dei suoi leader politici. Una combinazione di inganno deliberato e autoinganno giocano un ruolo essenziale in questo contesto perché fanno parte, probabilmente, del nostro bagaglio etologico.
- Details
- Hits: 2090
Ancora sulla maledizione pandemica che ha colpito la sinistra di classe (II)
di Nicola Casale
Agli Appunti (https://sinistrainrete.info/societa/21035-nicola-casale-appunti-e-spunti-di-riflessione-sulla-maledizione-pandemica.html) è seguito un articolo sulla contraddizione capitale/natura (https://sinistrainrete.info/societa/21185-nicola-casale-ancora-sulla-maledizione-pandemica-che-ha-colpito-la-sinistra-di-classe-i.html). Nel presente (terzo e ultimo) si esamina un’altra questione che ha avuto diffusione nell’ambito della sinistra di classe (la composita galassia di tendenze antagoniste e/o rivoluzionarie) dinanzi all’evenienza della pandemia, della sua gestione politico-sanitaria e delle proteste di piazza contro lasciapassare e obbligo vaccinale. Entrambi questi articoli sono il frutto di sollecitazioni e osservazioni ricevute da lettori dei primi appunti e di un confronto e suggerimenti da parte di altri compagni che ne hanno discusso prima della pubblicazione. I temi affrontati in questa sede sono particolarmente complessi, e saranno trattati, inevitabilmente, solo per quel che riguarda i loro aspetti essenziali, rinviando, per il resto, a necessari ulteriori approfondimenti che coinvolgano, si spera, una crescente pluralità di militanti anti-capitalisti determinati a non farsi trascinare nella deriva dell’attuale sinistra di classe.
Crisi del capitale e totalitarismo
I governi occidentali hanno affrontato l’emergere della pandemia con confusione e approssimazione. Ciò è interpretato nella sinistra di classe come prova che il capitale stia precipitando in crescenti difficoltà, e chi, invece, vi vede la realizzazione di un progetto unitario non coglierebbe la profondità della crisi del capitale, ma che esso si stia addirittura “totalitariamente” rafforzando, mettendo in atto un proprio piano lucidamente perseguito oppure iscritto in un suo moto materialisticamente determinato.
- Details
- Hits: 1980
Tra delegittimazione e ristrutturazione
Una nuova tappa della crisi dello Stato borghese e della società italiana
di Eros Barone
1.“Motus in fine velocior” 1
La recente tornata delle elezioni amministrative segna, per tutte le aree politiche, un vero e proprio salto di qualità nella crisi organica che attanaglia da tempo lo Stato borghese e la stessa società italiana. Così è, a tutti gli effetti, e i risultati elettorali, per chi abbia seguìto le tappe successive di tale crisi, solo in apparenza sono sorprendenti.
Con il dato dei votanti alle Comunali che si attesta al 54,69% questo primo turno delle amministrative costituisce un record per la bassa partecipazione al voto: in pratica un elettore su due non si è recato alle urne. Dal 2010 ad oggi la minore affluenza si era registrata in precedenza solo nel 2017 con il 60,07%, mentre nella tornata di cinque anni fa aveva votato il 61,52% degli aventi diritto e lo scorso anno l'affluenza era stata del 65,62%. Il crollo della partecipazione è spettacolare soprattutto nelle grandi città italiane. Nella capitale la partecipazione dei cittadini al voto è stata del 48, 83, laddove cinque anni fa l'affluenza era stata del 57,03%. Parimenti, è in calo l'affluenza alle elezioni comunali di Milano, dove meno di un elettore su due è andato alle urne, un dato mai verificatosi in città: alla chiusura dei seggi ha votato infatti il 47,6% contro il 54,6% del 2016 quando si votò in un solo giorno. Così pure a Napoli, dove le elezioni fanno segnare un tracollo dell’affluenza alle urne, che si attesta sul 47,19% degli aventi diritto, nel mentre, cinque anni fa, al primo turno aveva partecipato al voto il 54,12% degli elettori. Anche a Torino l’affluenza è rimasta abbondantemente sotto il 50%, facendo così registrare il peggior risultato della storia nel capoluogo piemontese. Un’affluenza del 51,87% segna il dato più basso nella storia delle elezioni comunali di Bologna. Basti pensare che nelle elezioni di cinque anni fa votò il 59,66% degli aventi diritto al primo turno e il 53,17% al ballottaggio. Infine, è risultata del 35,93 l'affluenza alle elezioni suppletive per un collegio parlamentare della Toscana.
- Details
- Hits: 1190
Il cattivo debito dell’Italia
di Alberto Rocchi
Vorrei dare una prospettiva, probabilmente falsata e limitata di quello che vedo io quotidianamente, oltre a darvi conto di alcune letture fatte. In particolare vorrei partire da una parola attorno alla quale gira tutto il futuro dei prossimi quattro-cinque anni. Questa parola è debito. In realtà essa già in passato aveva un significato preponderante perché noi stiamo vivendo quella che tanti economisti chiamano la “fase del debito” o anche “l’economia del debito”: è un’analisi che va molto di moda. Entriamo nel dettaglio e chiediamoci perché questa parola, debito, debba avere una connotazione negativa, o per meglio dire quando essa ha una connotazione negativa e quando ne ha una positiva. Evito le discussioni sul rapporto tra economia e religione, anche queste molto di moda (su cui rimando all’intervista a Luigino Bruni, sul numero 85, marzo 2021). Il debito ha una connotazione positiva quando dietro al debito c’è un progetto, un programma di sviluppo. Dal punto di vista economico un debito è una leva, un leverage, serve per portarci da un punto a un altro. Se io faccio debiti per raggiungere un obiettivo sto facendo una cosa buona, non necessariamente cattiva.
Quando si deteriora questa parola? Quando faccio i debiti per coprire i debiti, ma soprattutto quando un debito non è il frutto di uno scambio negoziale equo. Dietro il debito c’è un contratto di finanziamento, tra due soggetti; uno scambio contrattuale che unisce una persona disponibile a prestare denaro a una bisognosa di riceverne. In una visione perfetta del sistema economico questi due soggetti si trovano su una posizione di simmetria, cioè hanno lo stesso potere negoziale. Può succedere che questa simmetria si sposti fisiologicamente a favore di uno o dell’altro: se un debitore è già particolarmente indebitato, avrà difficoltà a contrattare un nuovo prestito; al contrario, se è molto solvibile, sarà lui a poter imporre delle condizioni al suo finanziatore.
- Details
- Hits: 2339
Come la pandemia sta cambiando le norme della scienza
Sconfitta e declino
di John Pa Ioannidis
Imperativi come lo scetticismo e il disinteresse vengono scartati per alimentare una guerra politica che non ha nulla in comune con la metodologia scientifica
John PA Ioannidis è uno dei massimi esperti di epidemiologia su questo pianeta. Professore di Medicina e Professore di Epidemiologia e Salute della Popolazione, nonché Professore di Scienze Biomediche e Statistica presso la Stanford University. Le sue pubblicazioni complete relative al COVID-19 possono essere trovate qui. E, fra i suoi tanti meriti, c’è quello di non apparire spesso in TV!
Mi è parso il caso di tradurre questo recente articolo di Ioannidis, dove fa un riassunto di come la scienza è uscita con le ossa rotte dall’epidemia del Covid. Distrutta da una combinazione di incompetenza, ignoranza, supponenza, politicizzazione, interessi privati, e, soprattutto, corruzione a tutti i livelli. E questo proprio mentre tutti la osannavano e sostenevano che tutto quello che gli faceva comodo era “Scienza”,
Fa male quasi fisicamente leggere queste note scritte da un grande scienziato come Ioannidis che vede distrutto in breve quello su cui aveva lavorato -- quello su cui tanti scienziati avevano lavorato -- il tentativo di tirar fuori la scienza, quella vera, dalle nebbie della corruzione che l’avevano avvolta e che la stanno avvolgendo sempre di più. Dice Ioannidis “C'è stato uno scontro tra due scuole di pensiero, la salute pubblica autoritaria contro la scienza e la scienza ha perso.”
Riuscirà mai la scienza a riprendersi da questo disastro? Forse si, ma leggete questo pezzo per capire in che condizioni ci siamo ridotti. [Ugo Bardi]
* * * *
In passato avevo spesso ardentemente desiderato che un giorno tutti potessero essere appassionati ed entusiasti della ricerca scientifica. Avrei dovuto essere più attento a quello che desideravo.
- Details
- Hits: 1743
L’operaismo. Un’antifilosofia della storia
di Giulia Dettori e Andrea Cerutti
Giulia Dettori e Andrea Cerutti si concentrano sugli anni Cinquanta di Mario Tronti, la fase cioè in cui pone le fondamenta della sua riflessione teorica e politica. È il periodo in cui il futuro autore di Operai e capitale fa i conti con la tradizione del marxismo italiano e con la sua impronta idealista, con Gramsci e con la categoria di nazionale-popolare. La polemica con lo storicismo e con la linea Croce-Gramsci-Togliatti rappresenta un passaggio necessario per mettere al centro la negazione senza sintesi del capitale, il rifiuto ad asservirsi alla dialettica progressiva, la rottura. E per aprire Marx all’uso del grande pensiero conservatore. Per dirla con gli autori dell’articolo: «pensiero della crisi + marxismo = operaismo».
Che la fede illuministica nel progresso sopravviva in modo quasi ostinato – nonostante le leggi dell’evoluzione abbiano dimostrato che è piuttosto l’interazione, tanto complessa da risultare sconvolgente, tra casualità e adattamento a permettere la sopravvivenza per un certo lasso di tempo – è forse da imputare alla facile attrattiva di un tempo storico lineare e smodatamente ambizioso e alla sua analogia con la scrittura lineare delle culture occidentali. In considerazione di questo è fin troppo semplice trarre l’erronea conclusione naturalistica che tutto ciò che esiste, benché le istanze divine abbiano perso ogni significato, sia frutto di una volontà e abbia un senso. Nella sciocca eppur dominante fantasia di un’evoluzione inarrestabile, l’unica utilità del passato consiste nel sottomettersi al nuovo e nell’immaginare la Storia – sia quella della propria vita, sia quella di una nazione o del genere umano – come un progresso ineluttabile, e comunque non casuale. Tuttavia è dimostrato che la cronologia, l’assegnazione di numeri progressivi per ciascun nuovo arrivo, nella sua logica impotente, rappresenta, come ogni archivista sa, il meno originale di tutti i principi organizzativi, dato che si limita a simulare l’ordine.
(Judith Schalansky, Inventario di alcune cose perdute)
Nel contesto del processo di destalinizzazione che segue all’«indimenticabile» 1956, con il progressivo affacciarsi in Italia di nuove forme di dominio capitalistico, caratterizzate da fenomeni di razionalizzazione e pianificazione, e dal sorgere di dibattiti sullo statuto teorico del marxismo italiano e sulla sua efficacia nell’interpretare queste profonde mutazioni, Mario Tronti, allora studente universitario di filosofia e membro della cellula giovanile del Pci, inizia a porre le fondamenta della sua successiva riflessione teorica e politica.
- Details
- Hits: 1352
La Fed, i tassi di interesse e la stagflazione
di Michael Roberts
"L'economia ha compiuto dei progressi verso gli obiettivi di occupazione e inflazione e se i progressi continuano in maniera più ampia, come previsto, potrebbe presto essere giustificata una moderazione nel ritmo degli acquisti di asset", hanno affermato i funzionari della Federal Reserve degli Stati Uniti nella relazione sulla politica monetaria di settembre. La Fed ha anche segnalato che gli aumenti del tasso di interesse potrebbero continuare più rapidamente del previsto, con 9 responsabili politici su 18 che prevedono che i costi di finanziamento dovranno aumentare nel 2022. La Fed ha ridotto la sua previsione della crescita del PIL reale per quest'anno al 5,9% dal 7% della sua proiezione di giugno, ma ha innalzato la sua previsione per il prossimo anno al 3,8% dal 3,3% della proiezione di giugno. Più preoccupante per i mercati degli investimenti e per i lavoratori dipendenti, è che quest'anno l'inflazione dovrebbe attestarsi in media al 4,2% prima di tornare al 2,2% l'anno prossimo; e il tasso di disoccupazione rimarrà al di sopra dei livelli pre-pandemia per quest'anno e il prossimo. Il problema più importante per la Fed è se deve smettere di iniettare enormi quantità di denaro nel sistema bancario possibilmente per sostenere gli affari durante la crisi del COVID. Durante la sua riunione, ha chiarito che era imminente un "tapering"1 del suo acquisto mensile di titoli di stato e titoli ipotecari (prossima riunione) e "potrebbe presto essere giustificato" allentare i suoi acquisti di asset. Tuttavia, la Fed è divisa su quando farlo. Il presidente della Fed Powell ha osservato che alcuni partecipanti al FOMC ritengono che i criteri di "sostanziali ulteriori progressi" siano già stati soddisfatti, mentre ha descritto le condizioni del mercato del lavoro come se avessero "quasi soddisfatto" la sua visione di questi criteri.
- Details
- Hits: 2124
Il Capitale e la storia russa. Un estratto
di Paolo Favilli
Segnaliamo l’uscita il 24 settembre dell’ultimo libro dello storico Paolo Favilli, A proposito de Il capitale (Franco Angeli), un lavoro che prova a delineare un itinerario conoscitivo dentro il complesso di relazioni tra “Il capitale” di Karl Marx e i processi storici reali dell’età contemporanea tramite continui rimandi fra presente e passato. Con il permesso dell’autore, che ringraziamo, vi proponiamo un ampio estratto
1. Voi non ignorate che il vostro “Capitale” gode di grande popolarità in Russia. Malgrado il sequestro dell’edizione, le poche copie rimaste vengono lette e rilette dalla massa delle persone più o meno istruite nel nostro paese; vi sono uomini seri che le studiano75.
Questo che vi ho appena letto è l’incipit di una lettera che Vera Zasulič, una giovane populista appartenente alla corrente di Zemlja i Volja (Terra e libertà), scrive nel gennaio 1881 a Karl Marx. Sulla lettera e sulla risposta di Marx avremo modo di ritornare tra poco, intanto proviamo a riflettere sui modi della ricezione russa de Il capitale, su alcuni lineamenti del percorso del marxismo nel suo rapporto tanto conoscitivo che politico con la complessa stratigrafia della storia russa e della storia russo-sovietica. Aspetti che si riflettono, e non poco, anche sulla storia dei comunismi nati dall’Ottobre sovietico.
Vi prego di richiamare alla memoria quanto vi ho ricordato all’inizio del Corso a proposito di una studentessa la quale, durante l’esame di Storia contemporanea, ha affermato che Marx era russo. Non mi sono scandalizzato per una risposta così paradossale. Non mi sono scandalizzato per due motivi: il primo riguarda la lunga esperienza professionale di insegnante; chiunque l’abbia condivisa si è sentito dire moltissime bestialità. Il secondo, di qualche interesse nella logica della nostra lezione, perché quella risposta paradossale è un po’ lo specchio del paradosso di una transizione del «marxismo» da complesso di costruzioni teoriche e politiche a Stato marxista.
- Details
- Hits: 1665
Circa Valérie Gérard, “Tracer des lignes: sur la mobilisation contre le pass sanitaire”
di Alessandro Visalli
Un interessante dibattito rimbalza sulle colonne di “Sinistra in rete”, attraverso una confutazione sulla quale torneremo[1], muovendo da un libricino[2] disponibile in rete della filosofa francese Valérie Gérard. La Gérard si interroga sulla natura di quel movimento che ogni sabato batte le strade francesi contro il pass sanitario e che apparentemente ha preso la staffetta lasciata dai Gilet Gialli. La tesi della filosofa è che per giudicare un movimento non bisogna tanto prestare attenzione alle idee, quanto ai discorsi ed alle pratiche concrete. Ovvero agli atti ed agli affetti che mette in campo.
La tesi è quindi che il movimento in oggetto ha un segno diverso da quello dei Gilet Gialli, e per alcuni versi opposto (con tutto che alcuni leader dei GG sono presenti). Si tratterebbe infatti di un movimento individualista e iper-liberista. In sostanza la mobilitazione contro il pass sanitario, e contro la “società del controllo”, si muoverebbe in continuità con ambienti che la nostra non esita a chiamare di estrema destra o segue promotori disonesti di trattamenti inefficaci, no-vax, complottisti[3]. Un elemento che seduce la sinistra radicale è la critica del controllo sociale sicuritario, oltre, ed è un altro tema, il tentativo di non lasciare la piazza. O, come scrive, la pretesa di essere l’avanguardia illuminata che guida quelli che non sanno quel che fanno.
Quel che la preoccupa “sono le linee di forza che acquisiscono importanza nel campo politico e quello che questo movimento costituisce e prefigura”. E la diagnosi è impietosa:
- Details
- Hits: 1358
Islamismo e liberazione nazionale
di Alessandro Mantovani
“…L’Islam vede la religione come un modo di vivere, un insieme di comportamenti, una legge, un ideale politico;[…] Ciò spiega come l’Islam abbia potuto tradursi, e continui a tradursi anche oggi, in un programma di unificazione politica e d’indipendenza nazionale […] la rivoluzione compiuta in nome degli ideali islamici costituisce uno dei fenomeni più grandiosi della nostra epoca.” (Ambrogio Donini, Breve storia delle religioni, Newton Compton, Roma, 1989).
Dicevo nella mia precedente nota sull’Afghanistan che l’opinione secondo cui i Talebani sarebbero “reazionari” ha acquisito anche presso le sinistre rivoluzionarie la solidità di un pregiudizio che non necessita di essere dimostrato. Su cosa si basa (consapevolmente o inconsapevolmente)?
-
su di un diffuso – ma non comunista né marxista – sentimento anti religioso che denota sudditanza verso il laicismo borghese;
-
sull’ignoranza del mondo islamico in generale, dell’islamismo radicale in particolare, e del ruolo storico di alcune tra le sue molte correnti nella lotta anti imperialista ed indipendentista dei paesi musulmani in specifico;
-
sull’idea sommaria che islam, integralismo islamico ed oppressione della donna siano sinonimi;
-
sull’”universale consenso”, da leghisti a movimentisti, che i talebani siano la peggior versione di tale misoginia di fondo;
- Details
- Hits: 2487
Pensare tutto, curare nulla. Contro la medicalizzazione del dolore
di Simone Raviola
È un mondo della morte – un tempo si nasceva vivi e a poco a poco si moriva. Ora si nasce morti – alcuni riescono a diventare a poco a poco vivi.
Roberto Bazlen
Il tempo della cura
Il nome della nostra epoca è “cura”, il suo essere “vita”. Non si tratta di una questione semplicemente sanitaria. Le pieghe attraverso cui la questione si apre e si chiude, si mostra e si cela, sono molteplici. Tuttavia, con metodo e dedizione, è possibile isolare un nodo in cui tutte le fila s’intrecciano trovando il loro senso. La malattia, o disfunzionalità nel lessico della contemporaneità, è condannata a priori; l’invasione di psicofarmarci, terapie, yoga e libri di self help nel mercato dei beni di massa ne è il sintomo più lampante. La cura è oggi l’ennesimo prodotto da consumare, afflitti come siamo dalle perverse e distorte metastasi del desiderio.
«La salute come bene economico», scriveva Gottfried Benn nel 1931, «sei nuovi istituti con uno stanziamento di due milioni di dollari per la ricerca volta a sostenere i vasi e la circolazione sanguigna: un affare economico che permette di rinviare di dieci giorni in media l’inizio dell’inabilità lavorativa e quindi si ammortizza come un investimento al quattro per cento». Quanto conta una malattia? La salute si razionalizza, se ne fa dunque una ratio, un calcolo. Il corpo e la mente vengono messi a rendita, territorio di contesa e di profitto. «Inoltre», continua Benn, «il vago, nervo delle forme di labilità, della frequenza nei bisogni fisici e delle nevrosi intestinali -: mense con alimentazione ricca di calcio, terapia stabilizzante, tutto detraibile dalle dichiarazioni dei redditi come reinvestimento, calcolato dal punto di vista dell’industria, significa un aumento di cavalli vapore del 3,27 per cento».
- Details
- Hits: 3301
Green ferocia
di Enza Sirianni
Non ha notato il modo in cui la nostra società s’è organizzata per liquidare la gente? Avrà certo sentito parlare di quei minuscoli pesci dei fiumi brasiliani che attaccano a migliaia il nuotatore imprudente, lo ripuliscono in pochi istanti a piccoli e rapidi bocconi, e lasciano solo uno scheletro immacolato? Ebbene, la loro organizzazione è così.«Volete una bella vita ordinata e pulita? Come tutti?» Uno dice di sì, naturalmente. Vuol dire di no? «D’accordo. Vi ripuliremo. Ecco qua un mestiere, una famiglia, gli svaghi organizzati.» E i dentini rodono la carne fino all’osso. Ma sono ingiusto. Non bisogna dire: la loro organizzazione. É la nostra, in fin dei conti: si gareggia a chi ripulirà l’altro.
Albert Camus , La caduta
Il Capitale, giunto ad una delle fasi peggiori delle sue performances, ha messo a punto le sue strategie per il mondo futuro con una pianificazione subdola in cui il leitmotiv è emergenza.
Oggi è quella del virus Sars- CoV2, domani sarà una nuova peste, dopodomani quella climatico-ambientale o l’app-digitalizzazione per un controllo capillare dei dominati (unità cod-digitali di consumo). Poi andando vedendo. Il resto delle pesanti ingiustizie e dei vistosi squilibri planetari, con oppressione, sfruttamento, marginalizzazione e esclusioni di miliardi di invisibili, non è nell’ Agenda 2030 dei tirannosauri terrestri.
Intanto, per quel che concerne la gestione della “pandemia”, il nostro governo guidato dal Divus Marius, si distingue e primeggia per la compressione dei diritti civili, attuata a suon di dpcm, uno più perentorio e coercitivo dell’altro, in un crescendo ingiustificato dal punto di vista scientifico, ma perfettamente in linea con finalità estrinseche al bene degli italiani e intrinseche al profitto, vera stella polare di tutta la sporca faccenda Covid. La funzione del parlamento? Azzerata.
- Details
- Hits: 1072
Per una critica della società dell’Apocalisse permanente
di Sandro Moiso
Francesco “Kukki” Santini, Apocalisse e sopravvivenza. Considerazioni sul libro «Critica dell’utopia capitale» di Giorgio Cesarano e sull’esperienza della corrente comunista radicale in Italia (nuova edizione riveduta e accresciuta), Edizioni Colibrì, Milano 2021, pp. 176, 15,00 euro
Costoro sono nati per una vita che resta da inventare; nella misura in cui hanno vissuto, è per questa speranza che hanno finito con l’uccidersi (Raoul Vaneigem, Banalità di base)
Tornato per un momento dall’esilio sull’isola di Patmos e costretto a posare i piedi nella realtà attuale, l’evangelista Giovanni si stupirebbe certamente nel constatare come l’umanità contemporanea si sia assuefatta a vivere, anche se sarebbe forse meglio dire sopravvivere, in una apocalisse continua: climatica, economica, politica, militare, sanitaria, sociale e ambientale.
Un autentico inferno che, colui che è ancora rappresentato nell’iconografia cristiana come l’aquila, per la sua lungimiranza e profonda capacità visionaria, non avrebbe saputo anticipare nemmeno nei suoi incubi più terribili.
Questa Apocalisse terrena, che non si è ancora sviluppata in alcuna lotta definitiva tra il Bene e il Male, anche se nel corso dei secoli milioni di persona sono morte a causa di crociate politico-militari e religiose che promettevano, da vari e contrastanti punti di vista, il trionfo del primo sul secondo, ha avuto, però e fin dai primi anni Settanta del ‘900, un suo anticipatore, seguito da un ristretto numero di seguaci, in Giorgio Cesarano.
Come afferma Francesco “Kukki” Santini nel riassumerne l’opera di Giorgio Cesarano (1928-1975) intitolata, appunto, Apocalisse e Rivoluzione (con Gianni Collu, come attestava il frontespizio del manoscritto, Dedalo, Bari 1973):
- Details
- Hits: 2361
Draghi ha sempre ragione
di Gianni Giovannelli
El povaro me dise:
son vigliaco, sì, ma ‘scolta: gò la mare vecia,
el pare vecio,
la mugier piutosto zòvene,
e i fioi da mantigner.
Saria la fame.
Giacomo Noventa
(Versi e poesie)
Milano, Edizioni di Comunità , 1956
Il Senato, nella seduta del 15 settembre, ha approvato la conversione in legge del decreto n. 105/2021, su cui il governo, per non correre rischi, aveva chiesto il voto di fiducia; conseguentemente ha trovato conferma la strategia del lasciapassare utilizzato come principale strumento di contrasto del Covid e di regolamentazione dell’emergenza, mettendo a tacere la peraltro tiepida opposizione interna alla maggioranza delle larghe intese. Il giorno successivo il presidente del consiglio ha varato un nuovo decreto legge, trasmettendo il testo al Quirinale per una firma che viene data per scontata, nonostante la delicatezza del contenuto; il nuovo provvedimento non è solo innovativo rispetto alla legislazione europea vigente, ma si caratterizza per una natura a modo suo costituente, con una interpretazione cioè dei precetti costituzionali quanto meno assai disinvolta, certamente fino ad oggi mai percorsa nei paesi dell’Unione.
Il green pass – la certificazione verde europea – assume, con questo decreto, la funzione di un vero e proprio lasciapassare, senza il quale viene inibito d’imperio l’accesso ai luoghi di lavoro, e conseguentemente al reddito.
- Details
- Hits: 2028
Strutturare i soggetti storici. Un paio di riflessioni a partire da Carducci
di Roberto Fineschi
La personalità e la parabola politica di Giosuè Carducci è emblematica del complesso rapporto tra intellettuale e movimento politico, continuamente oscillante tra esigenze di autonomia e necessità organiche di un'organizzazione strutturata. Se l'individualismo lirico rischia di sfociare in posizioni idealistiche, l'intellettuale organico può essere schiacciato da meccaniche che ne cancellano l'autonomia
Se le vacanze in Maremma ti portano a Bolgheri e Castagneto, non si può non pensare a Carducci; e se per hobby ti occupi di teoria politica, non puoi non metterti a riflettere su una figura il cui sviluppo politico e intellettuale fornisce spunti interessanti. Innanzitutto bisogna tenere a mente che il nostro è, intellettualmente, un gigante: la sua poesia può piacere o meno o essere più o meno “invecchiata”, ma si tratta di un individuo colto, brillante, audace, reinventore delle metrica classica nella modernità, grande critico letterario. Talvolta non si percepisce fino in fondo la dimensione veramente assoluta di siffatte menti, come quelle di Dante, Leopardi ecc., le cui capacità sono letteralmente sbalorditive; studiare attraverso la poesia il loro lato più umano e intimo occulta talvolta la loro assoluta eccezionalità. Ma non di questo intendo parlare.
Carducci è figlio di un medico mazziniano, democratico radicale, che in prima persona si espone nelle lotte nazionali, ma con una evidente dimensione sociale. Nel ’48 a Castagneto – pure lì c’è la rivoluzione – riesce a mediare tra rivendicazioni contadine e rigidità padronale trovando un compromesso che garantisce una, seppur parziale, redistribuzione delle terre incolte (le “preselle”). Profondamente anticlericale, non teme le conseguenze delle sue prese di posizione e questo porta la famiglia a peregrinare a lungo per l’opposizione dei potentati locali (abbandonano Bolgheri perché durante la notte prendono a fucilate l’abitazione del “mangiapreti”).
- Details
- Hits: 1249
"Lukács chi? Dicono di lui"
Introduzione di Lelio La Porta
In Lukács chi? Dicono di lui, Bordeaux, Roma 2021
La vita di György Lukács (1885-1971), turbolenta e tempestosa, è stata una di quelle vite che hanno costretto il pensiero a sottomettersi quasi totalmente alle stesse svolte imposte dall’esistenza storica.
Nato da una ricca famiglia ebrea, laureatosi a Budapest nel 1906, Lukács approfondisce gli studi filosofici a Berlino e Heidelberg dove subisce l’influenza del neocriticismo e dello storicismo tedesco e stringe amicizia con Ernst Bloch. A questo periodo risalgono i suoi primi libri in ungherese (La forma drammatica, 1909; Metodologia della storia letteraria, 1910; Cultura estetica, 1911; Storia dell’evoluzione del dramma moderno, 2 voll., 1912) mentre la sua prima raccolta di saggi in tedesco (L’anima e le forme) era apparsa nel 1911. In questo stesso periodo prepara un libro sull’estetica (non portato a termine) e uno su Dostoevskij (non pubblicato, di cui rimangono gli appunti)1. Fra il 1914 e il 1915 scrive La teoria del romanzo. Lo scoppio della Prima guerra mondiale conduce Lukács a quella che sarà la scelta fondamentale della sua vita: l’adesione al marxismo e l’iscrizione al Partito comunista ungherese.
Nel 1919, nella breve esperienza della Repubblica ungherese dei Consigli, fu commissario del popolo all’istruzione e commissario politico della quinta divisione. Conclusasi l’esperienza consiliare, dovette fuggire a Vienna dove, arrestato, scampò all’estradizione richiesta dal governo ungherese grazie all’intervento di un gruppo di intellettuali fra cui Thomas Mann. Sono gli anni in cui vive fra Vienna e Berlino e produce, fra gli altri, una serie di saggi che, rielaborata, comparirà in volume nel 1923 con il titolo Storia e coscienza di classe. Fra il 1924 e il 1926 pubblica uno studio su Lenin2e uno su Moses Hess3. Sulle sue posizioni politiche di quel periodo così scriveva Lukács nella Prefazione del 1967 a Storia e coscienza di classe:
- Details
- Hits: 9893
Green pass. Compagni, bisogna scegliere: collaborare o disobbedire
di Marco Craviolatti*
L’obbedienza non è più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far scudo né davanti agli uomini né davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l’unico responsabile di tutto.
Lorenzo Milani
Disagio, malessere, nella testa e nello stomaco: incontro pubblico tra gi storici Alessandro Barbero e Angelo D’Orsi, ottimo candidato alle elezioni di Torino che ha unificato almeno parte dei comunisti locali. Alle porte del cinema, giovani militanti controllano zelanti i lasciapassare “verdi”, in coda decine di persone, volti noti, la mia “famiglia” ideologica e perfino antropologica, attendono pazienti con il QR pronto, senza un commento, una critica, nemmeno rassegnati, semmai pacificati. Il lasciapassare è la nuova normalità.
Stessa sensazione due giorni dopo a teatro, spettacolo dello stesso D’Orsi e della band Primule rosse sulla vita di Gramsci, lo stomaco si contorce e per un attimo immagino Gramsci lì in coda addomesticato con il lasciapassare in mano. E poi di nuovo al Festival delle migrazioni, dove “nessuno è clandestino”, dove si è solidali con i “sans papier”, ma qui sans papier sei clandestino e non entri. E poi la grigliata alla storica e accogliente Casa del popolo di Chieri, un messaggio: ”mi spiace ma non puoi partecipare. Mi spiace ma queste regole non sono solo individuali e come collettivo non possiamo assumerci le conseguenze di violarle”.
- Details
- Hits: 1637
Dopo l'Afghanistan.Riflessioni sull'imperialismo statunitense
di Domenico Moro
Molti hanno visto nel ritiro dall’Afghanistan una sconfitta degli Usa. Qualcuno ha addirittura paragonato l’Afghanistan al Vietnam. Ma l’Afghanistan è molto diverso dal Vietnam, dove veramente si realizzò una sconfitta dell’imperialismo americano dal punto di vista sia militare sia soprattutto politico. In Afghanistan i talebani non sono stati capaci di scatenare una offensiva del tipo di quella del Tet, lanciata nel 1968 dall’esercito nordvietnamita e dai vietcong, che scosse il morale degli americani e costrinse il presidente Lyndon Johnson a iniziare i colloqui di pace. Né l’Afghanistan ha dato luogo ad un ampio movimento contro la guerra nel cuore stesso degli Usa come quello che si sviluppò all’epoca del Vietnam, coinvolgendo una generazione di americani e facendo da denotatore a una critica del sistema capitalistico statunitense di una entità difficilmente riscontrabile in altri periodi della storia di quel Paese. Soprattutto la guerra del Vietnam segnò una modifica dei rapporti di forza a livello mondiale tra imperialismo e blocco dei paesi socialisti. Il ritiro statunitense dall’Afghanistan, invece, non ha determinato alcun mutamento dei rapporti di forza a livello mondiale tra potenze. In realtà, il ritiro dall’Afghanistan, pensato dalla presidenza Obama e giunto a compimento con quella di Biden, può essere definito come un riposizionamento strategico della politica statunitense. Come dimostrano anche l’ultima riunione della Nato e le nuove alleanze nell’area dell’Indo-Pacifico (Aukus e Quad) gli Usa stanno ridefinendo la loro politica estera, collocandone il baricentro nel contrasto alla Cina e, in misura minore, alla Russia.
- Details
- Hits: 1467
Scala mobile, questa sconosciuta
Cronaca di una morte annunciata e soprattutto desiderata
di Stefano Tenenti
“Le politiche economiche degli ultimi dieci anni hanno portato alla disoccupazione e all'impoverimento di molti e agli esiti elettorali, che non solo in Italia, hanno sanzionato le forze politiche tradizionali, responsabili di quelle scelte” Dalla quarta di copertina di Lavoro e Salari un punto di vista alternativo alla crisi di Antonella Stirati
C’era una volta un tempo nel quale il mondo del lavoro, quello di fabbrica ma anche dei servizi, in definitiva quello dei Lavoratori, godeva della considerazione, oserei dire del rispetto, da parte di una intera società. Rispetto che si addiceva a chi stava sorreggendo, pagando prezzi altissimi, lo sforzo collegato allo sviluppo del Paese così come si andava strutturando nel secondo dopoguerra. Bisogna dire, per onestà intellettuale, che per una certa, non trascurabile fase dell’industrializzazione italiana, anche pezzi rilevanti della pur sgangherata borghesia nostrana, furono in grado di comprendere (obtorto collo) la necessità di poggiare lo sviluppo, dentro il conflitto capitale-lavoro, su solide basi redistributive. Nella fattispecie quelle garantite, oltre che dai Contratti Nazionali di categoria, dal “meccanismo” del quale ci occupiamo in questa sede: la Scala Mobile e il “punto di Contingenza”.
Conviene però precisare, da subito, per non farsi soverchie illusioni, che nel breve volgere di tempo che ci separa da quella stagione i due strumenti sopra citati sono stati largamente sterilizzati.
Il CCNL di categoria è ormai, da anni, diventato un sacco vuoto tanto che i lavoratori più che auspicarne il rinnovo, lo temono. I sindacati concertativi infatti, a partire dall’ormai lontano 1993 con la firma del famoso accordo interconfederale, hanno assunto una posizione ancillare rispetto a Confindustria e barattano, da anni, la loro sopravvivenza con il cedimento totale sul terreno rivendicativo. Si strutturano così, con precise responsabilità i due pilastri propedeutici alla distruzione del welfare e alle conseguenti inevitabili privatizzazioni.
- Details
- Hits: 1958
Fortuna e sfortuna dell’ideologia: una breve storia
Parte prima
di Roberto Finelli
1. Una nascita moderna nel tardo Illuminismo francese
Ideologia è un termine polivalente che nella storia della cultura moderna rimanda a una molteplicità di significati opposti al significato proprio dei termini greci antichi, come ιδεολογία e ιδιολωγέω (opinione del singolo, discorso privato). Sia che la si assumi come a) sinonimo di falsa coscienza sociale, o b) di sistema di idee non legate a un interesse per la verità e il confronto scientifico ma al prevalere di passioni e desideri, o c) invece come visione del mondo che dà senso alla vita e all’agire di gruppi e individui, ideologia è termine, nella modernità, sempre legato, a una dimensione di sapere e di agire collettivi e come tale è termine che appartiene sia alle scienze sociali, alla sociologia in primo luogo, che alla filosofia sociale e politica.
Ma proprio per la complessa varietà dei suoi significati ritengo che sia opportuno presentare un resumè della storia delle idee di questo termine, per poter svolgere, con maggiore adeguatezza, delle riflessioni sulla funzione e sulla costellazione attuale di senso che l’ideologia ricopre nel nostro presente.
Il termine ideologia è stato coniato per la prima volta, con un significato prettamente positivo, nell’Illuminismo francese. Destutt de Tracy pubblica nel 1801 Projet d’elèments d’idéologie e definisce l’ideologia come la scienza della formazione delle idee. Le idee, secondo un’ispirazione empiristica alla Locke, derivano dalle percezioni sensibili. La sensazione è il principio di ogni conoscenza, sia del mondo esterno che di ogni esperienza interiore. Per cui anche le forme più elevate del sapere derivano sempre dalle sensazioni. La ideologia è la scienza, “qui traite des idées ou perceptions, et de la faculté de penser ou percevoir” e “qui résulte de l’analyse des sensations”1.
- Details
- Hits: 1321
L’ombra del neoliberismo
di Francesco Marabotti and L'Indispensabile
«Com’è potuto avvenire che un intero paese sia senza accorgersene eticamente e politicamente crollato di fronte a una malattia?».[1]
Questa è la domanda che poneva, lucidamente, Giorgio Agamben in un articolo datato 14 aprile 2020, alla quale a mio avviso non è stata ancora data una risposta adeguata.
Come è potuto avvenire – aggiungo io – che si sia passati, a partire dalla proclamazione dello stato di emergenza (il 31 gennaio 2020), in modo così repentino e convulso dalla open society al lockdown? Come è potuto avvenire che dalla libera circolazione delle persone e dei capitali siamo giunti al divieto di spostamento al di fuori del proprio comune e alla certificazione di ogni movimento sul suolo nazionale?
Come siamo potuti passare, chiedo ancora, da “quella gioiosa spensieratezza che sembra divenuta d’obbligo”[2] dell’era pre-covid, al clima di paura, terrore quotidiano e distanziamento sociale che ha reso le nostre esistenze un campo di guerra con “un nemico invisibile”?
Un così radicale capovolgimento è un fenomeno che, a mio avviso, va oltre le sole ragioni medico-scientifiche o tecnico-amministrative. È qualcosa che ci coinvolge in quanto società e direi come civiltà occidentale in toto. La tesi che cercherò di argomentare in questo articolo è che ad essere venuta in luce è l’ombra stessa del neoliberismo o se volete della post-modernità.
- Details
- Hits: 1632
Vie di fuga
di Miguel Martinez
I.
La nostra vita è sempre più virtualizzata.
Anzi, la virtualizzazione è ormai una condizione indispensabile per sopravvivere. Non puoi riempire il modulo più semplice, senza dare almeno un indirizzo mail e il numero di un cellulare.
La virtualizzazione assume innumerevoli forme diverse: dalla carta d’identità con il chip elettronico alle istruzioni al drone che porta esplosivi, al navigatore sull’auto…
La cosa fondamentale è capire che queste virtualizzazioni apparentemente diverse, sono separate tra di loro soltanto da un sottile muro di password, o da leggi la cui applicazione è quasi impossibile controllare.
Non possiamo nemmeno contare sul muro della concorrenza, come quello che una volta separava la sfera statunitense da quella sovietica del mondo: Amazon, Google, Facebook/Whatsapp/Instagram, Apple, Samsung, Microsoft sono ciascuno un monopolio nel proprio campo, intimamente legato agli altri monopoli; e tutti sono legati a stati-nazione (USA e secondariamente, Cina) con i propri interessi di dominio militare.
I dati possono scivolare da una categoria all’altra, per negligenza anche nostra, per hackeraggio, per modifica a qualche clausola contrattuale che comunque pochissimi leggono, o magari perché una ditta fallisce e i suoi creditori hanno diritto a spartirsi i capitali, tra cui giocano un ruolo decisivo proprio i dati.
- Details
- Hits: 1497
Transizione ecologica o transizione economica?
Il proletariato e la questione ambientale
di Rostrum
“Niente è più facile che essere idealisti per conto d’altri. Un uomo satollo può facilmente farsi beffe del materialismo degli affamati, che chiedono un semplice pezzo di pane invece di idee sublimi”.
K. Marx, New York Daily Tribune, 11 maggio 1858
È di pochi giorni fa la notizia che dal prossimo trimestre la bolletta elettrica aumenterà del 40%, dopo che già nello scorso trimestre era aumentata del 20%. Secondo alcune stime, se questo aumento fosse confermato, corrisponderebbe a una spesa di circa 247 euro in più all’anno.
All’origine del rincaro in Europa ci sarebbe in primo luogo l’aumento delle quotazioni delle materie prime combustibili, a seguito di un aumento della domanda di energia provocato da una certa crescita economica globale – dato interessante soprattutto per chi si limita a recitare la formula rituale della “crisi”, come se il solo evocare la parola possa esimere da una concreta analisi strutturale che renda conto della specificità di ogni crisi.
Ma al rincaro contribuirebbero, per circa un quinto del totale, anche l’assolvimento degli obblighi del mercato Ets Ue, ovvero il Sistema per lo scambio delle quote di emissione dell’UE. In pratica viene fissato un tetto alla quantità totale di alcuni gas serra che possono essere emessi dagli impianti che rientrano nel sistema. Il tetto si riduce nel tempo, in modo tale da ridurre, teoricamente, le emissioni totali. Sotto questo tetto, gli impianti acquistano o ricevono quote di emissione che, se necessario, possono essere scambiate, infatti, la limitazione del loro numero totale garantisce che le quote disponibili abbiano un valore.
Page 181 of 616
Gli articoli più letti degli ultimi tre mesi
Carlo Di Mascio: Diritto penale, carcere e marxismo. Ventuno tesi provvisorie
Carlo Lucchesi: Avete capito dove ci stanno portando?
L'eterno "Drang nach Osten" europeo
Mario Colonna: Il popolo ucraino batte un colpo. Migliaia in piazza contro Zelensky
Fulvio Grimaldi: Ebrei, sionismo, Israele, antisemitismo… Caro Travaglio
Elena Basile: Maschere e simulacri: la politica al suo grado zero
Emiliano Brancaccio: Il neo imperialismo dell’Unione creditrice
Francesca Albanese: Palestina. Dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio
Elena Basile: Gaza, i "risvegli" tardivi e gli insegnamenti di Hannah Arendt
Paolo Ferrero: L’accordo sui dazi? Una schifezza. L’Europa si svende alle multinazionali Usa
Mauro Armanino: Lettere dal Sahel XIX
Sergio Fontegher Bologna: Milano dall’elettronica alle aragoste
Pino Arlacchi: L’ultima primavera di popolo in Iran
comidad: Israele ha il tocco di Mida all'incontrario
Redazione: Come uscire dalla crisi del neoliberalismo?
Francesco Piccioni: L’Unione Europea è un cane morto
Pino Cabras: Tre schiaffi in tre giorni: Cina, Qatar e USA ridicolizzano l’UE di von der Leyen & Co.
Enrico Tomaselli: Guerra tecnologica e manpower
Nico Maccentelli: Cosa ci dice l’incontro Putin Trump
Andrea Zhok: Il fallimento storico delle liberaldemocrazie
Roberto Iannuzzi: Il grottesco teatro dell’assurdo attorno allo sterminio per fame di Gaza
Redazione Contropiano: Non c’è posto in Alaska per le follie “europeiste”
Fulvio Grimaldi: Il 7 ottobre come l’11 settembre. E c’è chi ancora ci casca --- Terrorista a chi?
comidad: Non sono russofobi, semmai italofobi
Giuseppe Masala: Il Summit Putin-Trump in Alaska certifica le gerarchie mondiali
Gli articoli più letti dell'ultimo anno
Carlo Di Mascio: Hegel con Pashukanis. Una lettura marxista-leninista
Giovanna Melia: Stalin e le quattro leggi generali della dialettica
Andrea Del Monaco: Landini contro le due destre descritte da Revelli
Andrea Zhok: La violenza nella società contemporanea
Carlo Di Mascio: Il soggetto moderno tra Kant e Sacher-Masoch
Jeffrey D. Sachs: Come Stati Uniti e Israele hanno distrutto la Siria (e lo hanno chiamato "pace")
Jeffrey D. Sachs: La geopolitica della pace. Discorso al Parlamento europeo il 19 febbraio 2025
Salvatore Bravo: "Sul compagno Stalin"
Andrea Zhok: "Amiamo la Guerra"
Alessio Mannino: Il Manifesto di Ventotene è una ca***a pazzesca
Eric Gobetti: La storia calpestata, dalle Foibe in poi
S.C.: Adulti nella stanza. Il vero volto dell’Europa
Yanis Varofakis: Il piano economico generale di Donald Trump
Andrea Zhok: "Io non so come fate a dormire..."
Fabrizio Marchi: Gaza. L’oscena ipocrisia del PD
Massimiliano Ay: Smascherare i sionisti che iniziano a sventolare le bandiere palestinesi!
Guido Salerno Aletta: Italia a marcia indietro
Elena Basile: Nuova lettera a Liliana Segre
Alessandro Mariani: Quorum referendario: e se….?
Michelangelo Severgnini: Le nozze tra Meloni ed Erdogan che non piacciono a (quasi) nessuno
Michelangelo Severgnini: La Libia e le narrazioni fiabesche della stampa italiana
Diego Giachetti: Dopo la fine del comunismo storico novecentesco
E.Bertinato - F. Mazzoli: Aquiloni nella tempesta
Autori Vari: Sul compagno Stalin
Qui è possibile scaricare l'intero volume in formato PDF
A cura di Aldo Zanchetta: Speranza
Tutti i colori del rosso
Michele Castaldo: Occhi di ghiaccio
Qui la premessa e l'indice del volume
A cura di Daniela Danna: Il nuovo volto del patriarcato
Qui il volume in formato PDF
Luca Busca: La scienza negata
Alessandro Barile: Una disciplinata guerra di posizione
Salvatore Bravo: La contraddizione come problema e la filosofia in Mao Tse-tung
Daniela Danna: Covidismo
Alessandra Ciattini: Sul filo rosso del tempo
Davide Miccione: Quando abbiamo smesso di pensare
Franco Romanò, Paolo Di Marco: La dissoluzione dell'economia politica
Qui una anteprima del libro
Giorgio Monestarolo:Ucraina, Europa, mond
Moreno Biagioni: Se vuoi la pace prepara la pace
Andrea Cozzo: La logica della guerra nella Grecia antica
Qui una recensione di Giovanni Di Benedetto