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manifesto

Borse, perché gli Usa si giocano il tutto per tutto

Joseph Halevi

dollar comicL'espressione è «going for broke», giocarsi il tutto per tutto. Via la regola monetaria della banca centrale, via la preoccupazione concernente l'inflazione che viaggia a circa il doppio di quella programmata. Cestinate le anodine spiegazioni riguardo la credibilità della politica monetaria, la Federal Reserve si è lanciata al salvataggio del sistema finanziario riducendo a sorpresa il tasso di interesse dello 0,75%. Non solo: in maniera tipicamente americana, dove i dogmi teorici vengono immediatamente accantonati quando è in gioco il sistema stesso - e di questo adesso si tratta - il governatore della Fed, Ben Bernanke, si è trasformato nel protagonista diretto del rilancio espansivo sul piano fiscale. Tuttavia la reazione del mercato di Wall Street non appare incoraggiante se, di fronte al drastico taglio dei tassi operato dalla Fed, i corsi non riescono a stabilizzarsi.

In questo contesto i mercati finanziari nella loro ottica di brevissimo periodo (si noti che, pur esistendo per scommettere sul futuro, i mercati operano sull'immediato: oggi scommettono sul valore di un titolo fra dieci anni, pronti però a cambiarne radicalmente la valutazione il giorno dopo) si comportano in un modo che ci illumina sulle contraddizioni dell'attuale fase economica.

Le società finanziarie vogliono tanto una politica fiscale espansiva quanto una politica monetaria fondata su bassi tassi di interesse; un vero nirvana keynesiano insomma.

Contemporaneamente però non credono, con ragione, ai loro stessi desideri, malgrado la Federal Reserve faccia ormai di tutto per soddisfarli su entrambi i fronti. Venerdì 18 gennaio l'International Herald Tribune ha pubblicato un lungo articolo sulle mosse di Ben Bernanke mostrando come le misure auspicate e attuate non abbiano colpito nel segno. Quelle mosse però erano sempre in consonanza con le esigenze e le credenze dei mercati. Per cui se la Fed avesse proposto, poniamo a settembre, politiche fiscali e monetarie della dimensione odierna i mercati avrebbero reagito negativamente perchè credevano ancora nella regola monetaria antinflazionistica e avrebbero affibbiato a tali misure la colpa di alimentare aspettative inflazionistiche. Pertanto Bernanke non poteva fare molto, fallendo perciò l'obiettivo.

A settembre i mercati credevano ancora in regole inapplicabili e caduche perchè non avevano preso piena coscienza della natura effimera delle cartacce da loro stessi create. Sono stati i fatti, la crisi creditizia da indebitamento, a renderli edotti della situazione ed il fatto che le mosse della Fed abbiano mancato il segno è stato un elemento decisivo nell'adeguare le credenze dei mercati alla realtà.

Oggi le società finanziarie hanno una visione più realistica, quindi negativa, del quadro economico. In particolare, esse sanno che l'impatto positivo di ulteriori riduzioni del tasso di interesse è alquanto dubbio alla luce delle tendenze recessive e del fatto che il flusso sia di perdite da parte di società finanziarie, sia di mutui in protesto è lungi dall'essersi esaurito. Le tendenze recessive creano capacità inutilizzata riducendo la domanda di investimenti anche in caso di saggi di interesse più bassi, ammesso che il saggio di lungo periodo venga rapidamente ridotto dalle misure di breve periodo della banca centrale. Come osservava il Financial Times di lunedì, i saggi a breve, quelli fissati dalla Fed, influiscono sulla domanda di mutui. Tuttavia nell'attuale situazione di caduta dei prezzi immobiliari, di ulteriori ondate di fallimenti e protesti e di alto idebitamento delle famiglie, è improbabile che la tendenza possa venir invertita dalla mera riduzione dei tassi. Questo stato di cose giustificherebbe dunque la politica di rilancio tramite rimborsi fiscali. Tuttavia le famiglie di bassi reddito percepiranno poco e quelle a reddito medio useranno i rimborsi per appianarei i debiti. I ricchi sepnderanno relativamente poco ed utilizzeranno i rimborsi in attività di risparmio.

In ogni caso devono passare molti mesi affinchè ciò avvenga e nel frattempo la recessione ha tutto il tempo di installarsi nell'economia. Le misure decise oggi risulterebbero insufficienti domani. Tutte queste cose le società finanziarie ormai le sanno, per cui non credono nelle politiche da loro stesse auspicate, prolungando di conseguenza la caduta delle borse.

Le prospettive sarebbero diverse se gli Stati uniti, tramite la politica espansiva di bilancio, progettassero di costruire 250 navi per la marina militare, di produrre 4000 aerei da guerra, ecc. Ma non ci sono più - e per sempre - né Ho Chi Minh né il sistema di Bretton Woods.

Ripeto dunque che per attenuare l'impatto della crisi ed il suo contagio ci vuole una forte ripresa salariale. Solo cosi si sostiene la domanda e l'occupazione dei cittadini.

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