Print Friendly, PDF & Email
deriveapprodi

Convertiti e pervertiti

di Augusto Illuminati

arteModernaUn altro africano, Agostino, arrivato clandestino in Italia per ragioni familiari, quando si decise, dopo lungo travaglio, alla conversione, non la sfoggiò pubblicamente né tanto meno pretese di aggiungere l'impegnativo nome di Cristiano al momento del battesimo. Durante il soggiorno milanese scrisse il De immortalitate animae, non editoriali ben pagati per il «Corriere della Sera». Vero che, alla fine della sua vita, ci andò giù con mano pesante nei confronti di donatisti e pelagiani, ma in complesso per un lungo tratto fu tollerante e puntò alla persuasione ecclesiale più che alla repressione imperiale. Il nostro Magdi Cristiano, invece, esordì con una sparata anticoranica che imbarazzò l'incauto pontefice-battezzatore e perfino il devoto Giulianone. Proseguì auspicando la demolizione o non-edificazione delle moschee italiche e l'espulsione degli imam e scatenando crociate contro le organizzazioni rappresentative islamiche con cui faticosamente trattavano i vari governi nazionali, insomma applicando al campo musulmano il noto stereotipo dell'ebreo odiatore di se stesso. O più semplicemente del convertito fanatico, di cui anche la politica ci ha offerto memorabili esempi. Ma si tratterebbe ancora di una patologia individuale, per quanto autorevolmente sponsorizzata dal Papa e pubblicizzata sulla stampa, un predicatore fondamentalista come ce ne sono tanti negli Usa e nel mondo islamico.

Quando però il Nostro si applica ai delicati temi dell'immigrazione, non possiamo dimenticare che parla ufficialmente il vice-direttore del «Corriere» (18 giugno 2008) e non più soltanto il born again schiumante risentimento.

Come trattare gli immigrati? Ma è semplice: se un estraneo si introduce a casa nostra, chiamiamo subito la polizia, senza curarci troppo delle sue motivazioni e senza aspettare che ci faccia del male. Basta che abbia infranto la legge che tutela l'inviolabilità del domicilio privato. Come mai non applichiamo la stessa regola alla casa collettiva, la città e lo Stato e ci lasciamo andare a una tolleranza buonista? Addirittura, se i clandestini passano il Mediterraneo sani e salvi ci sentiamo rasserenati, senza prendere in considerazione il loro reato, «ma se i clandestini muoiono in mare, ci sentiamo tutti afflitti fino al punto da autoattribuirci una colpa collettiva, quasi fossimo noi i veri responsabili di quei morti che meritano certamente tutto il nostro cordoglio umano». La nostra unica colpa consiste eventualmente nel non averli ancora dissuasi, con il reato di clandestinità e l'effettività delle espulsioni, a rinunciare a quella pericolosa traversata. Non pensavo che il battesimo conferisse superiori capacità logiche, dato che evidentemente il peggior Cpt spaventa meno della morte per fame e guerre, ma un po' di virtù cristiane, per esempio la carità, quello sì. Non si vergogna la Chiesa, che su clandestinità e accoglienza ha opinioni diametralmente opposte, di questo recente e impietoso adepto? Ma lasciamo che Magdi "Cristiano" si rallegri al vedere cadaveri galleggianti e viventi agonizzanti aggrappati alla gabbie per tonni e cerchiamo di capire perché il suo giornale lo pompi (e foraggi) tanto. Oggi il prudente «Corriere» va "controcorrente" al politicamente corretto, ossia sul filo della corrente della deregulation di Sacconi, che supporta esaltando oggi le stravaganze di Brunetta sui "fanulloni" come ieri faceva con i "bamboccioni" di Padoa-Schioppa o con i "fanulloni" di Ichino (scusate la ripetizione, ma forse coincidono gli ispiratori). Per tacere dagli elogi alla Marcegaglia, leader della "nuova" Confindustria e primatista degli infortuni sul lavoro nella sua azienda di famiglia. In perfetta coerenza, d'altronde, con il suo scalognato sostegno alla grande coalizione Veltroni-Berlusconi, allo smarrimento per l'inevitabile defilarsi del primo dopo le randellate del secondo, ai ripetuti ammonimenti a non tornare alla stagione dei girotondi. Se quei garbati riti di traslazione angosciano talmente Panebianco e Galli della Loggia, figuriamoci ogni ricordo di '68. Non meraviglia perciò che la difesa dei collettivi studenteschi contro un assalto di fasci fans di Ahmadinejad nei pressi della Sapienza venga paragonato da Ostellino... alle minacce di Ahmadinejad a Israele, di cui Roberto Fiore diventa l'impagabile testimonial. Fino al punto di sfidare il ridicolo inventandosi, nell'isolamento della stesso circuito giornalistico, il sequestro "percepito" del preside di Lettere alla Sapienza di Roma, Pescosolido. Dietro il folklore dei convertiti e delle vibrazioni, di delinea allora un disegno più complesso e pericoloso, il cui esito per fortuna si rivela controproducente quanto il celebre e ridicolo endorsement di Mieli a Prodi non molti mesi fa. Gli endorsati farebbero bene a fare gli scongiuri.
--------

Add comment

Submit