Fai una donazione
Questo sito è autofinanziato. L'aumento dei costi ci costringe a chiedere un piccolo aiuto ai lettori. CHI NON HA O NON VUOLE USARE UNA CARTA DI CREDITO può comunque cliccare su "donate" e nella pagina successiva è presente (in alto) l'IBAN per un bonifico diretto________________________________
- Details
- Hits: 1865
Carola Rackete, migranti, spoliazione e l'illusione dei muri
di Carlo Lozito
Quella capitalistica è la società dell'apparenza in cui la realtà si presenta sempre trasfigurata. Per la questione dei migranti, non si tratta del capovolgimento mistificante dei rapporti tra gli uomini trasformati in rapporti tra cose, insito nei rapporti di produzione borghesi, ma di un atto ideologico col quale dissimulare la realtà, fatto di affermazioni, azioni e leggi che violano addirittura le stesse norme nazionali e internazionali borghesi. Il ministro dell'interno Salvini ha inaugurato, e quotidianamente rafforza, la stagione della calunnia, della piegatura dei fatti al mero scopo propagandistico, dell'uso della forza pubblica a proprio uso, dell'uso spregiudicato dei media per il proprio interesse.
Poco importa che tanto spiegamento di forze vada a colpire solo i deboli, quelli che nulla o poco possono fare per difendersi e lascino indisturbati i criminali veri, quelli dai poteri forti, quelli che scorrazzano quotidianamente nelle città e campagne italiane liberi di commettere qualsiasi illecito, difesi da mille cavilli giuridici spesi ad arte da un esercito di avvocati quando non totalmente impuniti. Così, Carola Rackete, comandante della nave impiegata nel soccorso ai migranti in mare, è stata arrestata, accusata dai più alti rappresentanti del governo italiano, ma non solo, di essere una criminale.
Una piega di vita, quella in corso, che riduce la politica a beceri insulti e volgari argomentazioni estranee a qualsiasi obiettività che mirano a solleticare e a far presa sugli istinti più beceri dell'essere umano, istinti mai sopiti e pronti a rigurgitare, rinvigoriti dall'incancrenirsi di una situazione economica che produce insicurezza e incertezza, precarietà, rabbia, risentimento che, per la mancanza di idee altre e più proprie alla necessità di liberazione e solidarietà umane, possono essere facilmente depistati contro il diverso e il debole, il migrante appunto. La volgarità e l'ipocrisia in questo regnano sovrani: si brandisce il manganello con una mano, appunto contro gli indifesi, mentre con l'altra si agita il crocefisso per dire che lo si fa in nome della santità.
- Details
- Hits: 1840
Agostiniani e Paolini
di Bazaar
La sovranità costituzionale, la dissonanza cognitiva e un concilio di Nicea allo stadio
«Diffidate di quei cosmopoliti che vanno a cercare lontano nei loro libri i doveri che trascurano di svolgere nel loro ambiente. Quel tale filosofo ama i tartari per non essere costretto ad amare i suoi vicini.» Jean-Jacques Rousseau, Émile
Mentre l’Unione Europea – espressione del capitalismo delle potenze egemoniche occidentali, lentamente, come un boa, stritola l’Italia e gli italiani – fenomeni macroscopici, per le dimensioni dell’impatto sociale o mediatico, dividono, spaccano, l’opinione pubblica in due.
La polarizzazione, nonostante gli sforzi dei media per creare dialettiche falsate, tesi e antitesi solo fintamente contrappositive che lasciano al governo materiale delle forze economiche proseguire la propria agenda politica al di là degli interessi generali e «al riparo del processo elettorale», si articola da un lato in un pubblico più o meno incosciente che però resiste – e che si ritiene, per ironia farsesca della Storia, perlopiù “conservatore” – e un pubblico che, a questa agenda politica, presta invece direttamente o indirettamente sostegno. Quest’ultimo si ritiene perlopiù progressista, e sulla sua “consapevolezza” sarà interessante riflettere.
Entrambe le fazioni portano avanti ideologicamente, di fatto, un pensiero (neo)liberale, nonostante la stragrande maggioranza delle persone, in particolar modo nella fazione resistente e conservatrice, rivendichi politiche e necessità di chiara matrice socialista: intervento dello Stato al fine di aumentare le assunzioni nel pubblico impiego, ripresa della crescita salariale nell’amministrazione pubblica, espansione della servizio sanitario nazionale, diminuzione dell’età pensionabile, supporto dello Stato alla famiglia e altre, sacrosante, battaglie socialiste i cui obiettivi furono perentoriamente iscritti in Costituzione e che questa inderogabilmente prescrive.
Dall’altra parte della barricata c’è quel blocco sociale guidato dalla borghesia che vive nelle zone urbane centrali, tendenzialmente di area liberal e progressista, che ha avuto perlopiù vantaggi dall’agenda politica eurounionista, o che ancora non ha subito le conseguenze di quello che è a tutti gli effetti uno strangolamento finanziario volto alla deindustrializzazione dell’Italia, alla grande espropriazione dei patrimoni dei ceti medi e alla definitiva mezzogiornificazione della penisola. Nota: all’espropriazione economica consegue l’esproprio della sovranità democratica.
- Details
- Hits: 3128
La storia della terza rivoluzione industriale
4. L’ultima crociata del liberalismo
di Robert Kurz
Pubblichiamo il quarto capitolo della sezione VIII dello Schwarzbuch Kapitalismus (“Il libro nero del capitalismo”) di Robert Kurz
La terza rivoluzione industriale ha definitivamente precluso ogni possibilità di soluzione per l’autocontraddizione capitalistica. Esauritasi la sua dinamica compensatoria, perfino il pace-maker keynesiano applicato al decrepito sistema-feticcio non poteva che fallire. Il dogma di una forma sociale totalitaria, ben decisa a sottomettere l’umanità con immutata durezza alla legge della valorizzazione e al giogo dei mercati del lavoro, doveva allora assumere il carattere di una crociata contro la realtà.
Il ritorno ad una prospettiva radicalmente microeconomica equivale ad una politica dello struzzo che infila la testa nella sabbia: si liquida nuovamente il livello di riflessione macroeconomico, conquistato con tanta fatica e solo all’interno delle categorie capitalistiche, per dissolvere integralmente la società nei calcoli individuali degli atomi sociali e, in questo modo, rendere la crisi invisibile. Non c’è più nessuna autocontraddizione oggettiva del capitalismo, né alcun problema sociale, visto che apparentemente non fanno altro che obbedire tutti alla propria volontà autoresponsabile: «La disoccupazione può essere spiegata con una libera opzione per il tempo libero in un calcolo di ottimizzazione individuale»1 – questo almeno secondo la «teoria» dell’economista statunitense Robert Lucas. Per simili trovate oggi si vince il premio Nobel (il turno di Lucas è arrivato nel 1995). Con la sua effettivamente «semplice scoperta» secondo cui i liberi calcoli individuali non si lasciano impressionare e dirigere da misure macroeconomiche (di politica sociale), ma le rendono inefficaci con le loro «aspettative razionali» conformi al mercato – così recita la laudatio universale – egli avrebbe «rivoluzionato il pensiero politico-economico».2
Una riflessione grossolana quale quella della «teoria delle aspettative razionali» ci fa comprendere quale sia la strada che ha deciso di intraprendere la crociata neoliberale contro la realtà: l’«economia dell’offerta» («supply side») di Say deve essere applicata una volta per tutte anche ai mercati del lavoro. Chi è costretto a vendere la sua forza-lavoro deve comportarsi civilmente e in maniera altrettanto «conforme al mercato» di chi vende pomodori, mine anticarro o preservativi – ossia secondo la «legge della domanda e dell’offerta» sui mercati anonimi.
- Details
- Hits: 1771
Grandi opere e devastazione ambientale
di Giorgio Nebbia
È morto due giorni fa, all’età di 93 anni, Giorgio Nebbia, uno dei padri dell’ambientalismo non solo italiano, coerente e inascoltato sostenitore della necessità scientifica di porre dei limiti alla crescita: non per ragioni ideali ma per la decisiva ragione che il mondo e la materia non sono infiniti. Portò la sua battaglia anche in Parlamento, come indipendente eletto nelle fila del Pci negli anni dal 1983 al 1992. Senza successo, come ebbe a scrivere 25 anni dopo: «Nel 1992 è finita una maniera di vivere la politica. Ricordo una delle ultime iniziative del mio mandato parlamentare, in Puglia. Fui invitato a parlare in una discoteca, unica volta in cui vi ho messo piede: naturalmente nessuno ascoltava. Mi resi conto che un partito che, per adeguarsi, teneva i comizi in discoteca rappresentava un mondo finito […]. Era finita anche per me. Nascevano altre associazioni, altre persone si affacciavano nel movimento e ormai ero un “vecchio”, talvolta benignamente definito ancora come “padre” dell’ambientalismo, ma ingombrante residuo di un altro mondo. Nasceva l’ambientalismo scientifico: non bisogna sempre dire no, bisogna pure fare qualcosa e io come vecchio contestatore, un po’ anarchico, non servivo più. L’ambientalismo sembrava, ai miei occhi, occasione per ottenere assessorati e cariche pubbliche, ricerca di sovvenzioni e sponsorizzazioni. Si era passati dalla critica e dalla contestazione all’omologazione».
In suo ricordo – e a nostra memoria – riportiamo qui, per gentile concessione dell’editore, uno stralcio di uno dei suoi ultimi scritti, il libro intervista con Valter Giuliano Non superare la soglia. Conversazioni su centocinquant’anni di ecologia (Edizioni Gruppo Abele, 2016).
* * * *
Da qualche tempo ci sono due argomenti che animano il dibattito: la costruzione della galleria di base attraverso le Alpi per la linea ad alta velocità Tav Torino-Lione e la costruzione del Ponte di Messina, che periodicamente ritorna nelle agende dei vari governi.
Alle due opere vengono rivolte varie obiezioni di carattere sociale, ambientale, tecnico eccetera. La galleria del Tav in Valle di Susa potrebbe incontrare molteplici difficoltà tecniche, arrecherebbe alterazioni ambientali nella valle e via seguitando; il ponte sullo Stretto di Messina potrebbe essere difficile da realizzare, passerebbe in territori esposti a sismicità, richiederebbe vie di accesso dalla parte calabrese e siciliana con profonde alterazioni del territorio.
- Details
- Hits: 1920
L’umanesimo nell’Occidente è stato sostituito dall’umanismo
di Salvatore Bravo
L’umanesimo nell’Occidente è stato sostituito dall’umanismo: quest’ultimo è funzionale ai bisogni del capitalismo assoluto. L’umanismo recide i legami con ogni fondazione possibile della verità, con ogni oggettività formulata attraverso il logos, predilige l’individuo astratto rispetto all’essere umano concreto e comunitario.
Marx – nella lettura di Costanzo Preve – non può essere relegato nella nomenclatura degli umanisti, poiché non consegna l’essere umano alla contingenza della storia, non riduce il pensiero a nominalismo, ma si pone nell’ottica dell’universale, dell’umanità intera. Il materialismo storico è il mezzo attraverso il quale denuncia l’umanità offesa. Ricostruisce attraverso i modi di produzione l’alienazione (Entfremdung), i processi di negazione della natura umana, la sua riduzione ad appendice del sistema produttivo. Nel conflitto sociale che muove la storia, nelle sue contraddizioni, la condizione umana concreta si dispone al suo interno secondo prospettive e responsabilità differenti: la responsabilità di un magnate è differente rispetto alla responsabilità di un lavoratore salariato. La grandezza di Marx è aver sistematizzato le condizioni che provocano l’alienazione. Ma, nello stesso tempo, non si è limitato a costruire una narrazione ideologica, e dunque parziale: ma la sua opera è finalizzata all’emancipazione dell’umanità, perché il sistema produttivo borghese, il capitalismo, offende e nega la natura umana.
Nell’operaio legato alla catena della macchina e del plusvalore si rende lapalissiana la miseria umana nella fase del capitalismo. L’operaio è negato nella sua natura individuale e comunitaria, è il portatore sano di relazioni sociali errate; la controparte, il capitalista, vive una condizione materiale privilegiata dietro cui agiscono processi di alienazione che nell’immediato non appaiono. In realtà, dietro la maschera del benessere materiale, si scopre il soggetto alienato nella sua natura. Per Preve quindi, Marx è un iperumanista, poiché la sua teoretica è finalizzata a superare le scissioni che impediscono di concettualizzare la natura umana e di valutare attraverso di essa la condizione umana.
- Details
- Hits: 3175
La balcanizzazione dell’Italia
di Renato Caputo
Il pensiero unico neoliberista mira a indebolire la sovranità popolare e a tal fine, per dare il colpo definitivo alla Costituzione italiana “troppo democratica”, favorisce la balcanizzazione del paese
La netta vittoria nelle ultime elezioni politiche del qualunquista – programmaticamente né di destra, né di sinistra – Movimento 5 stelle rischiava di mettere in discussione un elemento chiave della Seconda repubblica, ovvero della restaurazione liberista, il bipolarismo fra due diverse fazioni dello stesso partito: i liberali progressisti e i liberali conservatori.
Tale bipolarismo faceva particolarmente comodo ai dirigenti del centro-destra e del centro-sinistra che potevano godere di una notevole rendita di posizione assicurata dal voto utile. Era anche la soluzione più confacente al pensiero unico neoliberista che voleva togliere la possibilità alle classi non possidenti di ottenere una parziale redistribuzione a loro favore di rendite e profitti mediante il suffragio universale. Non potendo eliminare quest’ultimo, se non mettendo a serio rischio la loro capacità di egemonia sui subalterni, il modo migliore per renderlo inoffensivo era svuotarlo dall’interno, riproducendo il modello dello Stato liberale italiano dalla nascita alla Prima guerra mondiale dove appunto si confrontavano due diverse tendenze dello stesso partito e, a scanso di equivoci, dominava permanentemente il trasformismo, visto che non essendoci differenze essenziali e contendendo essenzialmente per la conquista del centro i politicanti erano pronti a tutto pur di mantenere le loro poltrone nelle istituzioni.
Bisogna anche riconoscere che fra i principali responsabili della politica politicante della messa in discussione di tale modello troviamo il Pd, con i governi Letta, Renzi e Gentiloni che si sono spostati talmente a destra da far perdere qualsiasi significato al termine centro-sinistra. In particolare Renzi ha fatto di tutto per coinvolgere nel proprio governo il centro-destra e mirava apertamente alla costruzione di un Partito della nazione, in grado di ricomprendere nel proprio trasformismo centrista tanto il centro-sinistra che il centro-destra. Tale politica non poteva che mettere in allarme i sacerdoti del pensiero unico neoliberista, in quanto veniva meno la finzione del bipolarismo e il ricatto del voto utile e questo finiva per lasciare spazio al risorgere della sinistra.
- Details
- Hits: 1632
Venezuela, a proposito di tortura e dintorni
di Geraldina Colotti
Verso le ore 11 del 28 gennaio 1982, le forze speciali di polizia fanno irruzione in un appartamento di via Pindemonte, 2 a Padova dov'è tenuto prigioniero il generale USA James L. Dozier. Il generale è stato sequestrato qualche tempo prima a Verona dalla guerriglia marxista delle Brigate Rosse, attiva in Italia dagli anni '70. Dozier viene liberato e i cinque brigatisti arrestati vengono ferocemente torturati per giorni con modalità tante volte descritte nelle testimonianze dei sopravvissuti alle dittature del Cono Sur. Due anni dopo, un prudentissimo rapporto di Amnesty International registra un “allarmante aumento di denunce di maltrattamenti” da parte di arrestati nei primi tre mesi dell'82. Le denunce – scrive l'organizzazione – si riferiscono ai casi di tortura o maltrattamenti che sono avvenuti nell'intervallo tra l'arresto e il trasferimento in carcere, in commissariati di polizia, caserme di polizia e in altri posti che presumibilmente non possono venire identificati perché i fermati erano incappucciati o bendati.
I metodi di tortura riferiti ad Amnesty includono “percosse prolungate e il costringere gli arrestati a bere grande quantità di acqua salata. Sono state denunciate anche bruciature con mozziconi di sigaretta, getti di acqua ghiacciata, torcimento dei piedi e dei capezzoli, strappo dei capelli, strizzatura dei genitali e l'impiego di scariche elettriche”. Altre testimonianze con altrettanti riscontri medici, parlano di torture di natura sessuale subite da alcune guerrigliere. E si denunciano finte esecuzioni, dentro e fuori le carceri speciali, dove pestaggi, maltrattamenti e deprivazioni psico-sensoriali sono all'ordine del giorno, soprattutto in quell'anno.
Nel luglio dell'83, quattro ufficiali di polizia che erano stati oggetto di queste denunce, vengono riconosciuti colpevoli di “abuso di autorità” commesso durante gli interrogatori. Saranno condannati a pene da un anno a 14 mesi, con la condizionale. Un quinto viene prosciolto perché nelle elezioni politiche di giugno era stato eletto deputato, beneficiando così dell'immunità parlamentare. In Italia, a tutt'oggi non esiste il reato di tortura e quei poliziotti verranno poi prosciolti in appello. Il brigatista Cesare di Leonardo che, nonostante le torture non si è pentito, sta ancora scontando una condanna all'ergastolo in un carcere speciale, uno di quelli istituiti, con un semplice decreto ministeriale, a maggio del 1977.
- Details
- Hits: 2790
Il diritto al futuro contro il capitalismo della sorveglianza
di Roberto Ciccarelli
Il plusvalore estratto dalla forza lavoro nel capitalismo delle piattaforme ha meccanismi che arrivano a condizionare l’identità personale. Analisi critica del libro, ancora non tradotto, di Shoshana Zuboff: “The Age of Surveillance Capitalism. The fight for a human future at the new frontier of power”.
Shoshana Zuboff ha scritto un libro importante di filosofia politica e critica dell’economia politica digitale: The Age of Surveillance Capitalism. The fight for a human future at the new frontier of power (Profile Books. pp. 691; L’epoca del capitalismo di sorveglianza: la lotta per un futuro umano sulla nuova frontiera del potere). È un libro necessario che racconta la storia terribile e urgente di cui siamo protagonisti e offre strumenti contro il nuovo potere. Considerato il fatto che non è stato ancora tradotto in italiano, propongo una guida al libro e una lettura critica delle cinque tesi principali.
0. Che cos’è il capitalismo della sorveglianza
1. Un nuovo ordine economico che configura l’esperienza umana come una materia prima gratuita per pratiche commerciali nascoste di estrazione, predizione e vendita;
2. una logica economica parassita nella quale la produzione delle merci e dei servizi è subordinata a una nuova architettura globale della trasformazione comportamentale degli individui e delle masse;
3. una minaccia significativa alla natura umana nel XXI secolo così come il capitalismo industriale è stato per il mondo naturale nel XIX e XX secolo;
4. una violenta mutazione del capitalismo caratterizzata da una concentrazione della ricchezza, conoscenza e potere senza precedenti nella storia umana; (…);
5. l’origine di un nuovo potere strumentale che afferma il dominio sulla società e presenta una sfida impegnativa alla democrazia di mercato (corsivo mio); (…)”. (p.1).
1. Il capitalismo della sorveglianza è un nuovo ordine economico che configura l’esperienza umana come una materia prima gratuita per pratiche commerciali nascoste di estrazione, predizione e vendita.
Il capitalismo di sorveglianza trasforma l’esperienza in “materiale grezzo gratuito”. Tale materiale è estratto da un corpo, descritto come una “carcassa”, è raffinato, reso intelligente e trasformato in dati comportamentali.
- Details
- Hits: 3362
Il populismo socialsciovinista bianco, l’Europa e la ricolonizzazione del mondo
L’emergere di una democrazia bonapartista postmoderna e plebiscitaria e la rivolta “sovranista” contro la Grande Convergenza
di Stefano G. Azzarà (Università di Urbino)
Presento qui la postfazione a un’antologia di testi di Domenico Losurdo dal titolo Imperialismo e questione europea, curata da Emiliano Alessandroni e in uscita presso La scuola di Pitagora. Ringrazio “Dialettica e Filosofia” per avermi consentito di anticiparlo e diffonderlo in Open Access
Abstract
Il mito transpolitico di un superamento epocale delle categorie di destra e sinistra copre in realtà l’esito ultimo di un gigantesco processo decennale di concentrazione del potere che ha determinato la fine della democrazia moderna e l’avvio di una fase di sperimentazioni di forme postmoderne di democrazia. Analogamente, la rivolta populista dei ceti medi e della piccola borghesia, che risponde a una crisi di legittimazione delle “caste” politiche, economiche e culturali europee, è in primo luogo la copertura di una furibonda guerra interna alle classi tra élites stabilite liberoscambiste e élites outsider protezioniste, le quali ultime contestano il consensus universalista e liberaldemocratico imponendo un nuovo consensus particolarista e riconducendo il liberalismo alle proprie origini conservatrici. Questa rivolta è però anche la reazione alla Grande Convergenza del mondo ex coloniale e a quel catastrofico management della crisi (l’Austerity per i poveri) attraverso il quale il capitalismo in Occidente ha scaricato sulle classi subalterne i costi della redistribuzione globale del potere e della ricchezza, scatenando risposte xenofobe indotte e un socialsciovinismo di massa che sta finendo per erodere quanto rimaneva della sinistra novecentesca.
* * * *
1. Una gigantesca concentrazione di potere neoliberale nel solco del bonapartismo postmoderno
È stato notato come l’Italia abbia spesso svolto il ruolo di un laboratorio capace di anticipare tendenze che si sarebbero manifestate in seguito anche in altri paesi, segnando a volte un’intera epoca storica.
Lo è stata e forse lo è ancora sul piano intellettuale, come ha rivendicato Roberto Esposito già negli anni Ottanta e di nuovo più di recente, rinviando ai nomi di Machiavelli e Vico e a una costante spinta di mondanizzazione resasi infine esplicita nel concetto di biopolitica1. Ma possiamo dire che lo sia stata e lo sia anche sul piano politico in senso stretto e cioè su quello delle forme della governance e, ancor prima, delle forme del conflitto.
- Details
- Hits: 2082
Immigrazione: una navigazione tra bassa criminalità, calcolato cinismo, falsità e ipocrisia
di Michele Castaldo
Un nuovo fatto di ordinaria criminalità compiuto nei confronti degli immigrati, quello di utilizzare l’episodio della “forzatura del blocco navale” da parte di Carole Rachete con la Sea Watch 3, per attaccare gli immigrati con una violenza pari alle forze politiche di destra, che Salvini ben sintetizza.
Nessuna meraviglia, ci mancherebbe, se una Meloni invoca l’affondamento della nave incriminata; quando si dice che l’animo femminile è più sensibile, più umano, perché materno, ovvero la quota rosa della carognata. Non che ci voglia molto per provare disprezzo per Salvini, Meloni et similia. Qualche domanda andrebbe posta anche al M5S, ma è tempo perso, sono troppo stretti nella morsa che il potere, quello vero, dell’economia del paese, gli ha stretta al collo.
È perfettamente inutile disquisire sulle leggi dei mari e dei porti, sui diritti territoriali o umani, non è mestiere di chi è di parte, da entrambe le parti: tra chi difende comunque il diritto dei più deboli contro chi si affanna a sputare su di essi, a vivere della loro miseria, del loro sfruttamento, del loro lavoro.
Trafficanti di esseri umani?
Si. Ha ragione Salvini: c’è un traffico di esseri umani. Cui prodest? A chi giova l’immigrazione, non certamente agli operai, che si ritrovano un concorrente in casa; non giova ai disoccupati per la stessa ragione. Giova al capitalismo nel suo insieme e ai capitalisti italiani di tutta la scala piramidale: piccoli, medi e grandi di tutti i settori in modo particolare di quelli in crisi. Questa semplice verità non viene mai messa in luce perché è troppo complicato spiegare che molti paesi africani sono stati invasi per decenni e rapinati delle loro risorse e oggi si cerca di scaricare la crisi, che l’Occidente sta attraversando, ancora su di essi alimentando, come in Libia, guerre fratricide con lo scopo di continuare, da un lato, a rapinare il petrolio e, dall’altro lato, favorire l’emigrazione in massa verso i lidi europei in cerca di fortuna. Lungo il cammino di loro vita, per raggiungere il sospirato Occidente, l’Europa o gli Usa, incrociano quelli che si prestano al lavoro sporco di caricarli su barconi di fortuna e arrivare sulle coste più vicine all’”Eldorado” e una parte di essi trova la morte senza mai raggiungere una riva.
- Details
- Hits: 3123
Rosa Luxemburg e la sinistra
di Salvatore Bravo
Destra e Sinistra
La differenza tra destra e sinistra di governo si assottiglia fino a renderle perfettamente speculare, per cui la sinistra annaspa e si lascia strumentalizzare dalla destra in una pericolosa e complice relazione biunivoca. Porre il problema della differenza significa rendere palese la paralisi programmatica e politica, ed il congelamento nella storia attuale. La sinistra è flatus vocis, siamo in pieno nominalismo, la sinistra di governo risponde alla funzione del capitale, anzi lo blandisce, non è solo dimentica di sé, si lascia colonizzare, diviene parte attivo del dispositivo anonimo del capitalismo assoluto.
La presenza puramente formale della sinistra, nella storia occidentale attuale, ha la sua causa “principale-immediata” nella caduta del muro di Berlino (1989), dopo la caduta dei paesi a socialismo reale non vi è stato che un lungo frammentarsi per adattarsi al capitale, per rendersi visibile e spendibile sul mercato del voto. La sconfitta storica ha palesato un’altra verità: il progressivo emergere del nichilismo economicistico delle sinistre. La sconfitta è l’effetto della verità profonda della sinistra, ovvero il progressivo svuotarsi di un progetto, dell’umanesimo per un accomodarsi curvato sull’economia della sola quantità, per cui l’avanzamento della cultura liberista ha trovato un mondo simbolico già disposto all’economicismo, al verticismo del potere, all’antiumanesimo. Il capitalismo di stato dei paesi a socialismo reale non è stato antitetico, ma competitivo al capitalismo liberista, le destre del capitale sono avanzate su un terreno già arato, pronto a prediligere la quantità sulla qualità, la propaganda all’attività soggettiva consapevole.
Non tutta l’esperienza è stata nefasta, ma il “tradimento culturale” rispetto ai grandi propositi teoretici ed ideologici ha indotto gli elettori a scegliere l’autentico (capitalismo liberista) rispetto all’imitazione (capitalismo di stato).
Per poter riaffermare la differenza tra destra e sinistra mediata dalla condizione storica attuale, non è sufficiente affermare che destra e sinistra sono categorie vetuste, dovrebbero essere riformulate con nuovi contenuti, è necessario l’esodo dagli steccati ideologici. Ricostruire le posizioni ideologiche è operazione lenta e faticosa nella quale lo strato teoretico incontra la prassi.
- Details
- Hits: 2540
Vorrei poter chiedere a Pasolini
di Norberto Natali
La mancanza di Pasolini mi pesa sempre di più quando sento, per esempio, parlare Saviano. Due figure opposte.
Il grande poeta friulano sapeva farci misurare con i nostri punti di vista con l’abilità -direi da grande artista- di ricorrere alla provocazione graffiante, mai banale né fuorviante, con un sapiente uso del paradosso e dell’iperbole. Riusciva sempre a non lasciarci assopire sugli stereotipi accomodanti verso cui voleva indirizzarci il moderno potere borghese, riusciva a farci domandare cosa ci fosse veramente dietro le apparenze superficiali (e che futuro preparassero).
Come dimenticare l’imprevedibile difesa dei poliziotti figli dei contadini meridionali (quindi della disoccupazione e della povertà provocate dal fascismo e non risolte dalla DC) o certi discorsi “corsari” i quali, apparentemente, sembravano snobbare l’antifascismo ma in realtà servivano ad evitare che questo divenisse un comodo alibi per il potere.
Soprattutto non posso dimenticare la lezione di “Petrolio” e quando diceva (dovremmo ricordarcene tutti, oggi) di sapere che i criminali fossero al potere pur senza averne le prove.
Ovviamente, bisogna utilizzare questa sua eredità sapendo che si tratta degli interventi rapidi ed “educativi” di colui che era, in primo luogo, un grande poeta e come tale ci parlava della realtà. Sarebbe un errore interpretare alla lettera quelle sue incursioni morali, come fossero una posizione o, peggio, un programma politico: è evidente che egli fosse contro la repressione e la sua violenza, così come era un antifascista degno fratello di un partigiano ed un sostenitore convinto e fermo -lo è sempre stato- del PCI.
Lui scrisse una toccante cronaca -da par suo- dei funerali di Di Vittorio che era, in realtà, un tributo alla grande folla di lavoratori, di poveri ed emarginati che si erano radunati per l’ultimo saluto al “capo” della CGIL, in un certo senso un loro eroe.
Chissà se Pasolini confermerebbe (come vuole oggi parte importante della stampa e degli intellettuali, anche della politica) che la “capitana” tedesca protagonista delle cronache di queste settimane, là nella terra di Pio La Torre e Rosario Di Salvo, può essere considerata una specie di eroina della causa dei poveri e degli oppressi, della lotta contro la prepotenza e la corruzione degli sfruttatori.
- Details
- Hits: 1382
Ragioni e migrazioni
di Miguel Martinez
La polarizzazione comporta il rifiuto di immaginarsi che l’altro possa avere delle ragioni.
Eppure a volte mi sembra che abbiano tutti delle ragioni; o comunque accettare questa possibilità è l’unico modo possibile per iniziare una riflessione su cosa fare: io sono convinto che stiamo vivendo il momento più importante della storia dall’estinzione dei dinosauri, e perdere tempo a litigare è suicida e criminale, insieme.
Quando dico tutti, intendo innanzitutto i migranti stessi, cui di solito nessuno pensa; poi quelli che tifano per il Capitano Salvini che ci salva dagli immigrati e quelli che invece tifano per la Capitana Rackete che salva gli immigrati.
Cito un episodio di cronaca di cui nessuno si ricorderà tra qualche mese, ma che ha diviso gli italiani in due schieramenti urlanti e totalmente incapaci di ascoltarsi a vicenda (i migranti non li ascolta nessuno per principio).
Partiamo dalle ragioni dei migranti.
Quello che una volta chiamavano “Terzo Mondo” è un po’ a chiazze: in Nigeria c’è chi ordina la pizza in aereo da Londra.
Ma per non rendere troppo lungo il discorso, chiamerò Terzo Mondo quella parte del mondo da cui la gente tende a emigrare di corsa, se solo può.
E perché tende a farlo?
Dodici anni fa (mi sento un po’ Cassandra, pensando a cosa è successo poi nel 2011) scrissi qui:
Quando il sole arde forte sull’Egitto e fa salire verso il cielo l’odore onnipresente dei rifiuti, i giovani – ragazzi spesso di una straordinaria ma sprecata autodisciplina, curiosità e intelligenza – si trovano a milioni nei caffè, con un’unica certezza: ma fish mustaqbal, “non c’è futuro“. E hanno, ovviamente, ragione.
Esiste però una magra consolazione: tutti sanno che c’è un Egitto degli egiziani, un posto ancora più caldo, devastato, afflitto dalla miseria e ancora più privo di qualunque speranza.
- Details
- Hits: 3120
Partito e classe dopo la fine della sinistra
di Alessandro Visalli
Questa, relazione, firmata da Carlo Formenti e Alessandro Visalli, è stata presentata all’Assemblea: “Oltre la sinistra. Lavoro, sovranità, autodeterminazione”, tenutasi a Roma il 15 giugno presso il Circolo dei Socialisti alla Garbatella.
Il testo di lancio dell’Assemblea recitava:
Dopo il lancio, a marzo, del Manifesto per la Sovranità Costituzionale il campo in formazione del neo-socialismo patriottico ha subito le tensioni della fase in corso. La frattura tra coloro che sono connessi al sistema-mondo capitalista (mondo finanziario, reti industriali transanzionali, segmenti superiori dell’economia della conoscenza), e coloro che restano ai suoi margini, respinti nelle tante periferie del nostro paese, è stata rimossa da alcuni in favore di un’immaginaria frattura tutta morale tra destra e sinistra. Per altri la ricerca del consenso, e la fretta di intercettarlo, ha prodotto un’interpretazione del ‘populismo di sinistra’ come mera tecnica, priva di un’analisi all’altezza della durezza dello scontro in essere.
Noi crediamo che il conflitto sia tra i ‘centri integrati’ nel mercato mondiale, organizzati gerarchicamente, e le ‘periferie’ che sono nella posizione di essere sfruttate da questi. E crediamo che questo conflitto apra una frattura insanabile che attraversa diagonalmente l’intero campo del capitalismo. Esso crea fenomeni interconnessi come l’estendersi della precarietà, l’erosione della capacità di sostenere una vita decente, il degrado fisico delle nostre città, periferie e campagne, l’abbandono dell’ambiente e il saccheggio indiscriminato, di risorse e uomini del mondo.
Noi crediamo che non si possa assumere una posizione politica all’altezza del presente guardando ai fenomeni separatamente. Vanno visti come una configurazione unitaria fenomeni come il violento ordine europeo, lo svuotamento sistematico delle capacità dello Stato di proteggere i cittadini, la gara per attrarre - spesso in posizione subalterna – capitali privati, attività e lavoratori nelle aree forti, la tragedia dell’emigrazione ed immigrazione che squilibra sistematicamente le nostre società.
Noi crediamo che assumendo una lettura moralista e solo culturale di ciascun singolo fenomeno, nascondendone il carattere sistemico, le soluzioni vengano allontanate.
Per questo crediamo che sia venuto il momento di abbandonare le stantie abitudini di quella sinistra che, uscita sconfitta alla chiusa del XX secolo, abbandonata dal suo popolo (dopo avergli voltato le spalle), si è rifugiata dal nemico, o si è rinchiusa in una critica di tipo moralistico o libertario (perdendo la dimensione di emancipazione collettiva e retrocedendo su vaghe istanze di liberazione individuale). Questo atteggiamento è parte importante della sconfitta del 26 maggio.
- Details
- Hits: 3042
Carola e Matteo: il teatro sul mare
di Piotr
Una nave della ONG Sea Watch recupera al largo della Libia poche decine di immigrati. Rifiuta l'invito della guardia costiera libica (quella del traballante - e pure fantoccio - Governo di Unità Nazionale di al-Sarraj) a dirigersi verso il porto di Tripoli. E' il più vicino, ma va da sé che non è il più sicuro (almeno da un punto di vista politico-militare). E qui iniziano le interpretazioni. Già, perché che cosa significa “più sicuro”?
Non so se vi ricordate, ma il governo spagnolo affermò ai tempi del caso Aquarius che “la Spagna non è il porto più sicuro, perché non è il più vicino, come dovrebbe essere secondo la legge internazionale”. Quindi la qualifica “sicuro” in quel caso era interpretata come un corollario di “più vicino”.
Il capitano tedesco della Sea Watch 3, Carola Rackete, non accetta per via della sua (ovvia e condivisibile) interpretazione del termine “più sicuro”, ma non va nemmeno verso il porto “più vicino” di Tunisi. Punta invece dritta a Lampedusa.
La Sea Watch, come la Sea Eye e poche altre ONG hanno navi che vanno su e giù davanti alla costa libica e sembra che tengano aggiornata la loro posizione su Facebook (non sono riuscito a verificare), che così sarebbe conosciuta dai trafficanti d'uomini che là inviano le loro carrette negriere. Fatto sta che la Sea Watch 3 non ha raccolto “naufraghi”, ma persone che dall'Africa “vogliono” venire in Europa. Non necessariamente in Italia. Ci faremo raccontare da un africano cosa bisogna intendere con quel “vogliono”.
La reazione dell'Europa, in base ai vecchi accordi, è che questi immigrati li deve gestire il porto di prima accoglienza. Ovvero: l'Italia quelli che arrivano via mare (a causa del “più vicino-più sicuro”) e la Grecia per quelli che arrivano via terra. Sì, proprio quella Grecia martoriata dalla Troika a maggior beneficio delle banche tedesche e francesi, che mentre vede il tasso di bambini indigenti salire inesorabilmente deve anche accollarsi masse di immigrati che nessun altro in Europa vuole.
- Details
- Hits: 1209
Podemos torni a fare opposizione
Eoghan Gilmartin e Tommy Greene intervistano Manolo Monereo
Nelle elezioni generali di aprile, Unidos Podemos era andata sopra le aspettative, pur avendo perso circa un terzo dei parlamentari rispetto alla tornata elettorale precedente. Ma alle europee ha riportato sconfitte significative su tutti i fronti. Nelle «Città senza paura», ad eccezione di Cadice e con difficoltà Barcellona, la sinistra spagnola ha subito un ulteriore colpo, non è riuscita riconquistare città come Madrid, Santiago de Compostela e Saragozza.
* * * *
Nel 2015 abbiamo assistito alla vittoria di una serie di coalizioni locali radicali in diversi municipi in tutto il paese, mentre a livello nazionale Podemos minacciava di soffiare l’egemonia a sinistra al Psoe. Dopo la perdita di consensi di Podemos nelle elezioni politiche, la sconfitta di maggio subita dalle coalizioni radicali in molti municipi è sembrata una conferma della fine del momento post-Indignados nella politica spagnola. Come spiegheresti la fase di risacca di questo movimento?
Per spiegarlo dobbiamo considerare gli sviluppi di due movimenti differenti. Il primo copre un ciclo più lungo, ed è legato alla reazione democratica della società spagnola alla rottura del contratto sociale dopo la crisi del 2008. Il movimento degli Indignados aveva richieste simili a quelle di Occupy Wall Street, ma [a differenza del movimento americano] riuscì a mobilitare milioni di persone, dando vita a un vero e proprio movimento di massa fondato sull’alleanza tra una gioventù precaria e una generazione più vecchia, politicizzatasi durante il passaggio alla democrazia negli anni Settanta. La generazione di mezzo fu meno attiva.
Grazie soprattutto all’intelligenza e all’audacia di Pablo Iglesias, così come a quella di Ada Colau, questa indignazione è riuscita a esprimersi in maniera politicamente organizzata. Nel 2014, l’ingresso di Podemos nella vita politica ha portato, a sua volta, all’apertura di un secondo ciclo, più piccolo, nel quale le élite hanno provato a neutralizzare la minaccia al regime esistente.
- Details
- Hits: 3232
La riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità: come si perfeziona l’austerità
di coniarerivolta
La crisi che ha messo in ginocchio l’Italia insieme all’intera periferia d’Europa si sviluppa su due livelli. Un primo livello è quello della lotta senza quartiere contro i diritti e i salari dei lavoratori, una battaglia che ogni giorno erode pezzi di stato sociale sotto la scure dell’austerità, retribuzioni e tutele del lavoro date in pasto all’accumulazione del profitto, tempi e ritmi di vita sacrificati sotto il ricatto della precarietà. Questo è l’aspetto del problema di immediata percezione, quello che molti di noi sperimentano sulla propria pelle, che incide direttamente sulle nostre vite. Il secondo livello è caratterizzato dal fatto che questa lotta di classe contro i lavoratori non è improvvisata ma si articola in una strategia. E le strategie, come ben sappiamo, si disegnano a tavolino e poi si traducono in azioni coordinate. Esiste, dunque, un piano della crisi in cui lo sfruttamento viene organizzato, in cui il dominio esercitato dai mercati sulle nostre vite definisce le istituzioni necessarie alla sua realizzazione, un piano che in questa parte del mondo assume la forma storica dell’Unione Europea, dei suoi trattati, delle sue regole e dei suoi strumenti operativi. Vale la pena, ogni tanto, sollevare lo sguardo dalle nostre battaglie quotidiane e provare ad anticipare le mosse del nemico; provare a decifrare i piani di chi lo sfruttamento lo impone dall’alto per essere in grado di opporre al sistema basato su povertà, precarietà e disoccupazione una strategia politica altrettanto solida e articolata – per passare, al momento giusto, al contrattacco.
Per questo è utile analizzare il disegno di riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) discusso nei giorni scorsi dall’Eurogruppo (l’organo che riunisce i Ministri delle finanze dei 19 Stati che adottano l’euro) e destinato a perfezionare ulteriormente il dominio dei cosiddetti mercati sulla politica, e dunque sull’organizzazione della nostra società, attraverso un più capillare e pervasivo sistema di controllo delle economie nazionali da parte delle istituzioni europee. Il MES è la versione più recente del ‘fondo salva Stati’ istituito in varie successive configurazioni per gestire la crisi del debito pubblico, a partire dalla Grecia nel 2010.
- Details
- Hits: 1987
La natura delle contraddizioni in seno al governo
di Domenico Moro
Come era facile aspettarsi, dopo le elezioni europee le contraddizioni all’interno del governo si stanno divaricando. Infatti, il ribaltamento dei rapporti di forza tra i due partner, M5S e Lega, sta dando luogo a un confronto senza esclusione di colpi su molte tematiche centrali. Ma va precisato che le forze in campo sono tre, perché, oltre a M5s e Lega, gioca un ruolo di rilevo anche l’altra componente del governo, quella che, sotto la supervisione del Presidente Mattarella, comprende il ministro degli esteri Moavero e soprattutto quello decisivo dell’economia e delle finanze, Giovanni Tria.
Rispetto alle elezioni politiche, i Cinque stelle hanno quasi dimezzando la loro quota percentuale, mentre la Lega l’ha raddoppiata, passando da terzo a primo partito nazionale. Quindi, è naturale che il leader del M5s, Luigi Di Maio, cerchi di riprendersi l’iniziativa politica che gli era stata sottratta da Salvini su due temi, l’Europa e soprattutto l’immigrazione. Dall’altro lato, Salvini si trova nella situazione di chi ha accumulato un enorme vantaggio e si chiede come e quando capitalizzarlo. Del resto, l’elemento dominante nella fase politica attuale è la mobilità dei consensi con milioni di voti che si spostano con grande facilità. La situazione è ingarbugliata, perché, se i Cinque stelle devono andare all’attacco per recuperare le loro posizioni, tirare troppo la corda può condurre alle elezioni, che molto probabilmente sancirebbero il loro arretramento, anche se non bisogna dimenticare che le elezioni politiche sono competizioni elettorali diverse da quelle europee. La Lega potrebbe volere nuove elezioni, ma per far cadere il governo deve trovare la motivazione giusta agli occhi degli elettori, senza contare che, svanita ogni possibilità di coalizione con il M5s, si porrebbe il problema di come e con chi formare una nuova coalizione, con il possibile rientro in gioco di Berlusconi. Inoltre, a complicare la situazione c’è la perdurante debolezza del Pd che non sarebbe ancora in grado di costituire una alternativa né all’attuale governo né al centro-destra.
- Details
- Hits: 1617
La "Questione nazionale" nel XXI secolo
di Alessandro Pascale
«L'emancipazione della classe operaia deve essere l'opera della classe operaia stessa» (Karl Marx) [1]
Da quando esiste il socialismo scientifico i comunisti sanno che l'obiettivo primo della loro azione pratica deve essere la conquista del potere politico. Per giungere a tale obiettivo tutti gli autori fondamentali (da Marx a Gramsci, da Lenin a Mao, ecc.) concordano sul fatto che il partito comunista debba saper coniugare patriottismo ed internazionalismo.
Anche se è più nota l'affermazione che «gli operai non hanno patria», Marx ed Engels precisano nel Manifesto del Partito Comunista:
«ma poiché il proletariato deve conquistarsi prima il dominio politico, elevarsi a classe nazionale [nell'edizione inglese del 1888 si precisa “classe dirigente della nazione”, nota di Luciano Gruppi], costituirsi prima il dominio politico, elevarsi a classe nazionale, costituirsi in nazione, è anch'esso nazionale, benché certo non nel senso della borghesia». [2]
Inoltre «sebbene non sia tale per il contenuto, la lotta del proletariato contro la borghesia è però all'inizio, per la sua forma, una lotta nazionale. Il proletariato di ogni paese deve naturalmente farla finita prima con la sua propria borghesia». [3]
Non è un caso infatti, come sottolinea Domenico Losurdo nel suo monumentale La lotta di classe [4], che tutte le rivoluzioni socialiste siano nate dalla capacità di coniugare la salvezza della nazione in rovina con un programma radicale di trasformazioni sociali. E che già Marx ed Engels perseguissero «non solo la liberazione/emancipazione della classe oppressa (il proletariato), ma anche la liberazione/emancipazione delle nazioni oppresse» [5], ricordando l'appoggio che diedero alle oppressioni subite dai polacchi e dagli irlandesi. Il sostegno ai movimenti nazionali locali viene dato nonostante vi partecipino anche esponenti della nobiltà. Ciò perché «se il proletariato è il protagonista del processo di liberazione/emancipazione che spezza le catene del dominio capitalista, più largo è lo schieramento chiamato a infrangere le catene dell'oppressione nazionale» [6]; nel caso irlandese, Marx fa coincidere la “questione sociale” con la “questione nazionale” [7].
- Details
- Hits: 4199
Immigrazione, gingoismo ed “esercito industriale di riserva”
di Eros Barone
Generalmente, il caos è il disordine esistente tra l’ultimo ordine di cui si è a conoscenza e l’ordine futuro ancora da realizzarsi. E’ una fase pericolosa e incerta, nella quale ogni elemento di solidità sembra sgretolarsi…Sebbene il caos sia in genere una fase difficile e faticosa, è anche dinamica, una fase di grande creatività e sviluppo.
Sun Tzu, L’arte della guerra.
-
Immigrazione: dati reali e percezione
Com’è possibile che l’immigrazione, a dispetto della sua modesta consistenza e relativa incidenza se paragonata ad altri paesi europei come la Francia, l’Inghilterra e la Spagna, abbia assunto un rilievo così sproporzionato nell’agenda politica del governo, dei ‘mass media’ e, a partire da qui, nella percezione e nella sensibilità della maggioranza della popolazione italiana?
Il primo dato da considerare è l’entità del fenomeno: tra regolari e irregolari, gli immigrati presenti nel Bel Paese sono (dati ISTAT), all’incirca, 6 milioni, ossia il 10% sul totale della popolazione, quindi una percentuale e un dato assoluto che, in un paese moderno che è la sesta o settima potenza mondiale, non dovrebbe giustificare la sindrome da ‘invasione’ paventata e/o indotta ad opera di determinate forze politiche e sociali.
Sennonché, stando ai sondaggi demoscopici che sono stati effettuati, 1 l’Italia è il paese europeo dove lo scarto tra i dati reali poc’anzi citati e la percezione soggettiva espressa dagli intervistati è in assoluto il più ampio. Basti pensare che i cittadini intervistati percepiscono l’esistenza di una percentuale di immigrati che assomma a più del doppio (esattamente il 25%) di quelli risultanti dai dati reali. Orbene, di fronte alle dimensioni (sia reali che immaginarie) di questo fenomeno sono possibili e concretamente osservabili due tipi di reazione: la prima è quella di chi, attenendosi al dato numerico della consistenza e incidenza tutto sommato modeste del fenomeno, arriva tranquillamente a negare che tale fenomeno costituisca un problema; il secondo tipo di reazione è quello di chi, riflettendo sullo scarto tra i dati e la percezione, ritiene corretto supporre che il problema relativo all’immigrazione sia molto più ampio e profondo di quanto appaia dalle sue dimensioni statistiche.
- Details
- Hits: 2239
Discussioni sull’Italia: lotta nazionale e/o lotta di classe?
di Alessandro Visalli
Moreno Pasquinelli ha deciso di replicare al mio pezzo sulla politica della Lega nel contesto dell’attuale crisi europea, ovvero a “Giochi di specchi ed equivoci: il caso della Lega”. Lo ha fatto con un articolo sul blog di P101, “L’Italia non può farcela (da sola)”.
Potremmo anche chiudere la discussione basandoci sul titolo: certo che l’Italia non può farcela (da sola). Ma non è così semplice, perché la vera domanda è: a fare cosa? E questa domanda si muove su molteplici piani di una discussione necessaria e dirimente, che quindi merita di essere fatta.
Quindi partiamo dai due articoli, bisognerà riassumerli brevemente:
1- Il mio tentava una valutazione della situazione politica con particolare riferimento alle contraddizioni entro l'attuale governo ed alla posizione della Lega rispetto all'Europa. L’idea fondamentale era di provare a partire dalla focalizzazione delle contraddizioni per inquadrare le forze, poco visibili, che si muovono nel campo e le tensioni che manifestano. Infatti anche per pensare in termini di ‘amico e nemico’[1], e/o di ‘nemico principale’ e ‘secondario’[2], bisogna capire che ogni tensione attraversa diagonalmente tutti i campi. Altrimenti dimentichiamo le nostre radici, ed il livello di analisi che comportano, e rischiamo di riprodurre anche inconsapevolmente schemi nazionalisti. Parlare di “Italia”, in ogni contesto politico è una probabilmente necessaria abbreviazione, ma occorre sempre avere cura di pensare nella sua concretezza lo scarto delle forze che si connettono e lottano attraverso i confini politici. La mia analisi partiva quindi dal risultato del 4 marzo, nello schema interpretativo della lotta centro/periferia divenuta prevalente su quella destra/sinistra (anche se questa resta come chiave subordinata, come si vede). Quindi dallo spiazzamento delle sinistre, tutte, nel contesto dello smottamento sociale del secondo decennio.
Questo smottamento ha separato qualcosa di profondo nel paese, e la sinistra non ha trovato di meglio che reagire al suo riflesso elitista condannando i toni popolari come ‘razzisti’ e ‘nuovo fascismo’.
- Details
- Hits: 1697
Sea Watch & Sea Reality
di Igor Giussani
Ci sono due tipi di sbarchi: gli sbarchi fantasma di cui nessuno parla, poi arrivano le ONG e si scatena il finimondo, si accendono i riflettori e tutti parlano di 43 persone non vedendo che nei giorni scorsi sono sbarcate 200 persone… se sbarcano altri non capisco perché non debbano sbarcare questi
Nel loro ingenuo candore, le parole del sindaco di Lampedusa Totò Martello risultano molto illuminanti, se si è capaci di andare al di là della vicenda della Sea Watch 3 e del solito tritacarne mediatico dove si mescolano rabbiose minacce proferite da Salvini, interviste soporifere a Saviano, esternazioni omicide di Giorgia Meloni, reazioni sdegnate delle opposizioni, inviti della Chiesa all’accoglienza, tweet impazziti di VIP, tempeste di indignazione pro-contro ONG sui social network ecc.
In estrema sintesi, infatti, esse forniscono due informazioni preziose:
- in barba alla narrazione dei migranti ‘deboli, sradicati e post-identitari’ in balia del mare su barchini improvvisati e/o vittime di loschi trafficanti di uomini, molti di essi dimostrano capacità e intraprendenza non inferiore a quella dei giovani europei che, depressi dalla crisi economica, cercano miglior sorte in nuovi lidi. Persone quindi che non necessitano di ONG o particolari tutori, per i quali la cosiddetta ‘macchina dell’accoglienza’ probabilmente risulta solo un’inutile palla al piede;
- alla faccia dei proclami governativi inneggianti alla drastica riduzione degli sbarchi, il fenomeno prosegue senza interruzioni nel silenzio generale.
Una forma mentis complottista in tale contesto intravederebbe sicuramente una gigantesca pantomima per portare acqua ai diversi mulini coinvolti: le ONG intercettano le tipologie di migranti confacenti alla loro mission, offrendole sul piatto d’argento della retorica sovranista della Destra e di quella umanitaria della Sinistra, in uno scambio di accuse incrociato tra le parti che ne consolida il prestigio presso i rispettivi seguaci. Così, mentre la gente eleva a icone Carola Rackete o Matteo Salvini a seconda dei gusti personali, i migranti restano anonimi sullo sfondo, avvolti in quel mix di integrazione ed esclusione perfetto per lo sfruttamento economico capitalistico (ci pagano le pensioni, svolgono lavori sottopagati, sono ottime armi di distrazione di massa, per giunta assicurano un consistente pacchetto di voti a Destra e Sinistra mossi da odio o simpatia – cosa desiderare di più?).
- Details
- Hits: 2129
Tra cronaca e Storia: perchè scricchiola l’asse franco-tedesco
di Guido Salerno Aletta
Distrarre “gli itagliani” dai problemi veri è facilissimo, basta scegliersi un diversivo facile facile. Farli appassionare alle vicende internazionali, invece, è difficilissimo; anche se sono queste, quasi sempre, le vere cause di problemi che poi ci si affanna a scaricare sui più deboli.
Il conflitto attuale nell’Unione Europea per rinnovare tutte le cariche istituzionali principali è accuratamente tenuto lontano dai riflettori. Intanto perché mostra con enorme evidenza il fatto che questo governo, a Bruxelles, conta quanto il due coppe quando regna denari. E molto perché – dal tourbillon delle cariche di rilievo – questo governo è di fatto escluso. Sarebbe difficilissimo anche per dei mentitori professionali come loro, infatti, far passare come “vittoria” la perdita di ben tre poltrone importanti (presidente del Parlamento europeo, pesidente della Bce, “ministro degli esteri” europeo) senza alcuna compensazione.
Ma c’è molto di più in ballo, e determinerà il corso dei prossimi anni.
Questa analisi dell’attento Guido Salerno Aletta smonta molta retorica “europeista”, indicando interessi, esigenze, rapporti di forza che si tende invece a nascondere sotto la maschera dell’”Europa unita”. Cugini coltelli, nel migliore dei casi. Perché nella logica del capitale multinazionale non ci sono valori né leggi, solo occasioni di business oppure perdite.
Buona lettura [redaz.].
*****
Un passato senza futuro: era il 19 giugno 2018, appena un anno fa, quando Francia e Germania firmarono congiuntamente la Dichiarazione di Mesenberg, un testo dal titolo promettente e dai contenuti ancor più accattivanti: “Rinnovare gli impegni europei di sicurezza e prosperità”. Era già un compromesso rispetto alle ambizioni francesi, ma almeno sembrava una via di uscita dalla morta gora in cui l’Unione si era trascinata per anni.
Parole incise sul marmo, un epitaffio verrebbe da dire oggi: già dalle prime parole, infatti, si capiva che il vento del neo-liberismo, quello delle riforme strutturali a tutti i costi, non era affatto calato. Enfasi assoluta:
- Details
- Hits: 2691
Contro Zeffirelli: la necessità del dissenso
di Tomaso Montanari
Pubblichiamo un testo che ancora solo pochi anni fa sarebbe sicuramente stato pubblicato come editoriale di prima pagina da qualche grande quotidiano italiano o sarebbe stato al centro dei principali talk show. Quantum mutatus ab illo! Ormai il conformismo culturale e politico ha talmente saturato la vita del paese, che un articolo esemplare nella valutazione di meriti e mediocrità culturali e nella semplicità di adesione ai valori della nostra Costituzione, trova spazio solo in testate minoritarie di resistenza eretica democratica. (pfd'a)
Vorrei provare a tracciare un provvisorio bilancio della vicenda (sgradevole, ma in fondo assai istruttiva) provocata dal cortocircuito tra una mia frase iconoclasta contro il defunto Zeffirelli e l’uscita di un mio testo tra le tracce della maturità. Una vicenda sfociata nel dubbio privilegio di un attacco personale contro di me da parte del ministro Salvini, e dunque nell’immancabile pestaggio mediatico da parte dell’ormai larghissima corte di boia, capre e ballerine che circonda (più o meno consapevolmente) il Ministro della Paura.
Il fulcro su cui ruota tutta questa vicenda ha un nome: dissenso. L’orizzonte che essa dischiude è, invece, quello del conflitto.
1. Necessità del dissenso
Come ho spiegato altrove tutto parte da un mio tweet.
Si può avere naturalmente un’opinione assai critica verso l’uso dei social media. Io stesso mi sono chiesto se sia giusto usare un mezzo che per sua natura impedisce riflessioni articolate, e produce una buona dose di fraintendimenti ed equivoci. Ma alla fine penso che sì, che sia giusto starci. Da papa Francesco a Salvini, è anche lì che si combatte una battaglia di opinione e di pensiero.
Ed è del resto la dinamica stessa di questa vicenda a dimostrare che anche un tweet può essere uno strumento utile, se il fine è la ricostruzione di un qualche pensiero critico diffuso.
L’aspetto più clamoroso della vicenda è proprio l’esiguità di quelle due mie righe di fronte alle centinaia di pagine e di spazio mediatico dedicati all’esaltazione di Franco Zeffirelli.
La morale è che il sistema non è disposto a tollerare nemmeno quelle due righe: nemmeno un atomo di dissenso. Il senso comune su cui poggia il consenso al potere è così fragile, sul piano razionale e argomentativo, che non si può permettere che qualcuno dica che il re è nudo.
Il dissenso è dunque pericoloso: e diventa pericolosissimo quando chi lo esprime rischia di acquistare autorevolezza mediatica, per esempio attraverso la sua inclusione nel ‘canone’ della maturità (tanto più insopportabile perché fatta da ‘burocrati’ ministeriali di un ministero controllato dalla Lega!). Ed è proprio allora che scatta il pestaggio.
- Details
- Hits: 3603
Pianificabilità, pianificazione, piano
di Ivan Mikhajlovič Syroežin
II parte – Pianificazione
Capitolo 4. L’autoregolamentazione nei sistemi economici (parte I)
Introduzione di Paolo Selmi
Cari compagni,
non potevo non iniziare questa seconda parte di lavoro con la foto di questo nonnino, dall’aria simpatica, ritratto con la sia nipotina. Il suo nome non dirà nulla a nessuno ma, siccome proprio nessuno non fu, è il caso che cominci a dire qualcosa a qualcuno, specialmente a chi come noi è ormai da un anno in parete e, moschettone dopo moschettone, sta puntando alla stessa cima da lui scalata più e più volte.
Si chiamava Nikolaj Konstantinovič Bajbakov (7 marzo 1911, Sabunçu, Impero Russo, attuale Azerbaigian, 31 marzo 2008, Mosca), uno che dal 1963 poteva permettersi di girare con, appuntata sulla giacca, una delle massime onorificenze dell’URSS, il premio Lenin (Лeнинская прeмия) e, dal 1981, la massima onorificenza sovietica in assoluto: Eroe del lavoro socialista (Герой Социалистического Труда), al netto di tutte le altre onorificenze conferitegli nella sua lunga vita.
La foto che segue lo ritrae nel lontano 26 giugno 1972, sul posto di lavoro. È il secondo da sinistra attorniato, oltre che dall’interprete e dalle immancabili alte cariche, anche da un ospite straniero che non ha bisogno di presentazioni.
Ebbene si: quel giorno Fidel Alejandro Castro Ruiz (1926-2016) stava visitando il Centro principale di calcolo del Gosplan dell’URSS (Главный вычислительный центр Госплана СССР1) e, a fianco, aveva il Presidente del Gosplan stesso, vicepresidente del Consiglio dei ministri dell’URSS, Nikolaj Bajbakov. Di quell’incontro è lo stesso Bajbakov, nelle sue memorie, a fornirci dettagli concreti, come la sua raccomandazione a Fidel, per esempio, di non puntare sulla monocoltura o di differenziare i salari operai in base al merito. È un libro prezioso, come tutte le autobiografie di personaggi di un certo spessore, scritto nel 1998, negli anni più neri della neonata Federazione Russa2.
Page 270 of 610