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noinonabbiamopatria

Doppio schiaffo dall’Asia e dall’Africa

di Noi non abbiamo patria

In meno di una settimana gli Stati Uniti si espongono al mondo in due missioni diplomatiche in Asia ed Africa, tentando di rilanciare la sua leadership imperialista. Ma in entrambi i casi, a questo svolto della crisi generale del modo di produzione capitalistico, gli Stati Uniti appaiono un gigante dai piedi di argilla.

 

Pelosi in Asia e Taiwan

Le missioni diplomatiche degli Stati Uniti d’America.

Il doppio schiaffo dall’Asia e dall’Africa agli USA e all’Occidente!

Era abbastanza chiaro che il viaggio della Pelosi a Taiwan fosse un atto obbligato e per certi aspetti contraddittorio.

La concorrenza mondiale sulla produzione di macchinari attraverso macchine (leggi la capacità produttiva di produrre microchip e semiconduttori) è divenuto negli ultimi anni l’asse fondamentale intorno cui ruota la catena generale della produzione del valore.

Essa, in virtù della “globalizzazione” (come risultato della ristrutturazione toyotista e delle delocalizzazioni di parti consistenti del processo di produzione in Asia – soprattutto Cina -, America Latina, Africa e Est Europa, laddove la mano d’opera è decisamente a più basso costo) ha col tempo comportato un colpo a boomerang alla massima potenza imperialista, gli Stati Uniti d’America, esponendola alla concorrenza delle merci Asiatiche. Ora il cuore del moderno macchinario e delle nuove merci sfugge di mano agli USA (il microchip o microprocessore): le maggiori riserve minerarie dei preziosi metalli e le cosiddette terre rare sono in Cina, Australia, Cile, Russia, Africa Centrale. Le maggiori compagnie minerarie non sono più sotto un cartello di monopolio nord americano. Il semilavorato prevalentemente è realizzato in Cina che rifornisce compagnie e gruppi monopolistici a Taiwan, Sud Corea, Giappone, gli USA e la stessa Cina. La produzione di Taiwan di microchip e semiconduttori copre circa il 60% della domanda mondiale. Un 33% del suo export vede la via della Cina, mentre un’altro 33% vede la via dell’Occidente.

Il Congresso degli Stati Uniti, con voto bipartisan, approva un investimento di 52 miliardi di dollari per riportare in casa la capacità di produrre in proprio microchip e semiconduttori, che oggi non possiede, per non dipendere, rimanendone soffocata, dall’Asia e dalla Cina. Mentre la Cina rafforza la sua capacità in questa direzione con un investimento triplo.

Nel frattempo, la concorrenza mondiale su questo settore ha comportato che Cina e altri paesi Asiatici hanno fatto incetta di microchip negli ultimi due anni, hanno accumulato scorte più di quanto le loro produzioni necessitavano. La conseguenza immediata l’interruzione e la penuria del supply chain di semiconduttori e microchip che hanno colpito la produttività e la competitività dell’Occidente e delle sue industrie automatizzate, le loro merci per il consumo immediato, ecc.

Ma se gli USA sono obbligati di andare in questa direzione, verso la deglobalizzazione della produzione di macchinari attraverso macchinari (che oggi è rappresentata dalla filiera del microchip e del semiconduttore), e quindi gettano un guanto di sfida alla Cina, essa smuove anche la quiete di pacifica concorrenza con la Taiwanes TSMC che è il maggior produttore di microchip. Infatti all’indomani dell’approvazione da parte del Congresso USA del piano Chip Act, il CEO di TSMC non ha gradito l’operazione e ironicamente ha profetizzato il fallimento degli Stati Uniti a realizzare quelle capacità produttive che Taiwan ha.

Quindi il viaggio della Pelosi ha evidenziato ancora una volta debolezza ed incoerenza degli USA, obbligati a fare il bullo verso la Cina (e i concorrenti Asiatici) e a recarsi a Taiwan per scuse diplomatiche del Congresso verso TSMC.

 

Blinken in Africa e Sud Africa

All’esito contraddittorio, così giustamente percepito nella patria del dollaro, del viaggio della Pelosi, c’è stato in questi giorni l’altrettanto negativo viaggio di missione di Blinken in Africa: Sud Africa, Repubblica Popolare del Congo e poi in Rwanda.

Anche lì ad inseguire Cina e Russia che gli stanno strappando quote di posizionamento negli investimenti finanziari e commerciali. Gli Stati Uniti d’America non godono di grande popolarità tra molti paesi del continente Africano. Non dimentichiamoci che gli USA sono riusciti ad eleggere il primo presidente afroamericano della sua storia ed il primo presidente afroamericano che nei suoi otto anni di presidenza abbia bombardato pesantemente l’Africa con caccia e droni, soprattutto la Somalia e la Libia.

Così il Segretario di Stato Americano Blinken, di fronte alla perdita di Leadership anche in paesi chiave del continente Africano (ricchi di risorse e metalli rari, per esempio il Cobalto del Congo) ed all’incalzare della Cina, si reca lì come un commesso viaggiatore a proporre la sua merce. Si reca in Sud Africa, che ha trainato ben 24 nazioni al voto di astensione all’ONU circa la condanna dell’invasione Russa dell’Ucraina e la non adesione alle sanzioni economiche avanzate dall’Occidente. E l’esito non pare essere dei migliori se il Ministro degli Esteri del Sud Africa – Naledi Pandor – ha così dichiarato alla congiunta conferenza stampa dopo il vertice con Blinken e per come il Los Angeles Times lo riporta:

“‘Io odio sentirmi dire, scegli questo o quello. Noi non possiamo essere di parte nel conflitto tra USA e Cina’.

A riguardo della Russia Pandor ha ribadito che la posizione del Sud Africa è l’urgenza che le Nazioni Unite risolvano il conflitto con l’Ucraina attraverso la diplomazia e non le sanzioni.”

Il Los Angeles Times poi aggiunge:

“Pandor, una donna formidabile con voce dominante, non ha concluso qui. Ha domandato circa l’inconsistenza degli Stati Uniti in politica estera, paragonando l’Ucraina a quella che lei ha chiamato ‘Palestina’, ed ha enfatizzato che i Palestinesi meritano di avere una patria come gli Ucraini. Lei ha detto che i Sud Africani hanno l’autorità a parlare su questo problema ’avendo sperimentato loro stessi l’apartheid’, riferendosi al regime di oppressione subito dai neri Sud Africani per decenni da parte di una minoranza bianca. Alcuni sostenitori dei diritti umani ritengono l’occupazione Israeliana di Gaza e West Bank come una forma di apartheid. Caratterizzazione che Israele, come gli USA fermamente respingono”.

Questo blog non si unisce al pensiero della formidabile Ministro degli Esteri del Sud Africa. Soprattutto non si fa illusioni di mondi multipolari e di fronti nazionali campisti. Tanto più che la progressiva lotta contro l’Apartheid sta lasciando cadere il velo sulla nuda verità agli occhi della maggioranza degli sfruttati proletari Sud Africani e lo storico ANC sempre meno rappresenta gli interessi immediati dei lavoratori Sud Africani e dei poverssimi delle township.

Ma se queste sono le conclusioni della conferenza congiunta tra i due Ministri degli Esteri, tira una brutta aria per gli Stati Uniti e per l’intero Occidente che appare essere in braghe di tela. Per una possibilità e prospettiva proletaria ridotta a nullità in Occidente, questo doppio schiaffo subito in pochi giorni da USA e di conseguenza da UE ed Italia che per secoli hanno saccheggiato l’Africa, non puó che essere una dinamica positiva per le forze oggettive della rivoluzione.


https://www.latimes.com/politics/story/2022-08-08/biden-administration-africa-strategy

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