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Pratiche di ordinaria resistenza

Mirko Alagna, Andrea Erizi

L’idea attorno a cui gravita il ragionamento proposto in questo contributo è che l’affanno scontato dalla politica, e più duramente da una politica di sinistra, sia la manifestazione più drammatica ed eclatante di un fenomeno che affonda altrove le sue radici più profonde: non nelle geometrie della politica, ma nella fisionomia della soggettività oggi disponibile o egemone. La causa prima delle difficoltà in cui sembra spiaggiata la critica e la trasformazione del reale, storicamente appaltata ai partiti di sinistra, è la metamorfosi subita dalla soggettività occidentale a ridosso dei cambiamenti che hanno investito gli ultimi decenni tanto su un piano materiale, quanto culturale – di immagine del mondo: da un lato, lo straordinario incremento della capacità di consumo, che carica di sacrifici e rinunce qualunque scelta alternativa all’inserimento individuale nell’esistente, dall’altro l’inabissarsi di ogni prospettiva di mutamento radicale delle forme di organizzazione della vita sociale come prodotto di tendenze storiche oggettive.

Mentre il primo fenomeno innalza i costi della critica, il secondo minaccia la percezione della sua sensatezza: una pratica individuale e politica non conciliata appare un’opzione non solo dai costi materiali insopportabili, ma priva di senso, perché destinata all’isolamento e dunque votata alla sconfitta. L’effetto convergente è allora una profonda mutazione della fisionomia dei soggetti in direzione di una crescente difficoltà ad opporre una resistenza etica alla forza delle cose, e di conseguenza a farsi interpreti di una politica diversa da un’amministrazione dell’esistente prostrata ai feticci impolitici della sicurezza e del benessere.

Difendere un programma di ricerca che va a rintracciare nel tipo di soggettività l’eziologia del male di cui la politica è sintomo visibile significa, peraltro, escludere due ipotesi di lettura alternative spesso avanzate per dare conto dei medesimi fenomeni.

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Imprese, politici e camorra: ecco i colpevoli della peste

di Roberto Saviano

camorraGli ultimi dati dell'Oms parlano di un aumento vertiginoso, oltre la media nazionale, dei casi di tumore a pancreas e polmoni.

È un territorio che non esce dalla notte. E che non troverà soluzione. Quello che sta accadendo è grave, perché divengono straordinari i diritti più semplici: avere una strada accessibile, respirare aria non marcia, vivere con speranze di vita nella media di un paese europeo. Vivere senza dovere avere l'ossessione di emigrare o di arruolarsi.

E' una notte cupa quella che cala su queste terre, perché morire divorati dal cancro diviene qualcosa che somiglia ad un destino condiviso e inevitabile come il nascere e il morire, perché chi amministra continua a parlare di cultura e democrazia elettorale, comete più vane delle discussioni bizantine e chi è all'opposizione sembra divorato dal terrore di non partecipare agli affari piuttosto che interessato a modificarne i meccanismi.

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ilcorrosivo

L'uomo nuovo

Marco Cedolin

uomo in tunnel virtualeQuando intorno alla metà del secolo scorso l'elite mondialista che di fatto gestisce le sorti del pianeta e dei suoi abitanti iniziò a strutturare le basi per la costruzione di un nuovo ordine mondiale (o comunque lo si voglia chiamare di una nuova società che potesse risultare funzionale ai propri interessi) comprese immediatamente come la globalizzazione fosse la strada migliore da percorrere per ottenere il risultato voluto. Le basi di un progetto di questo genere erano già state poste negli anni 30, quando il Council on Foreign Relations americano concepì strutture come la Banca Mondiale ed il Fondo Monetario internazionale che nacquero ufficialmente a Bretton Woods nel luglio 1944 ed ebbero senza dubbio modo di affinarsi quando a partire dal mese di maggio 1954 iniziarono le riunioni del gruppo Bilderberg, deputato a fare sintesi e delineare le strategie.......

Nello stesso periodo, ad ottobre del 1947 a Ginevra vide la luce il GATT (General Agreement on Tarifs and Trade) composto inizialmente da 18 paesi fra i quali l'Italia (che entrò a farne parte nel 1949) e destinato a comprenderne 37, che si proponeva l'obiettivo di eliminare tutto ciò che potesse in qualche misura ostacolare il commercio internazionale.

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Dopo l’euforia dell’Expo

Mario Vitiello

1921031 795650067115217 868228551 oA qualche giorno dalla fine dell’Expo, è possibile iniziare a fare alcuni bilanci dell’evento che ha occupato la scena politica e sociale milanese (e a tratti anche nazionale) negli ultimi cinque anni. Expo è un evento complesso, che riguarda la città di Milano e probabilmente l’intera nazione, che interessa molti settori, e ancora oggi sono tante le domande aperte, molti i rischi incombenti – non tutti noti – e innumerevoli le ferite che si devono ancora rimarginare. Per questo è necessario premettere qualche informazione riguardo gli assetti delle società che governano Expo, per comprendere quali siano le criticità e le contraddizioni presenti sullo scenario milanese (ma non solo) per i prossimi anni.

La proprietà delle aree è di Arexpo Spa, la società che ha comperato il milione di metri quadri su cui si sta svolgendo l’evento. Li ha acquistati da Cabassi, da Fondazione Fiera e da Poste Italiane, pagandoli uno sproposito (grazie ad una speculazione tipo “mani sulla città” garantita dalla giunta Moratti), indebitandosi con le banche (principalmente Intesa San Paolo per circa 160 milioni) e con la stessa Fondazione Fiera (per circa 50 milioni di euro). La gara indetta negli scorsi mesi per trovare un compratore per le aree del sito è andata deserta, e in molti stanno pensando a cosa fare di queste aree, che per il momento sembrano interessare a tutti ma che nessuno vuole.

A meno che non intervenga un soggetto “forte”, sia sotto il profilo politico sia sotto quello finanziario, che garantisca la realizzazione di nuove opere, nuove infrastrutture Expo Spa è la società che ha costruito l’Expo e che sta gestendo lo show.

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sebastianoisaia

Riflessioni sui noti fatti parigini

Sebastiano Isaia

picture0311Il mondo islamico non ha conosciuto la rivoluzione borghese di tipo occidentale (dalla rivoluzione olandese a quella inglese, da quella americana a quella francese, dal Risorgimento tedesco a quello italiano), ed è precisamente questo il suo più radicale e cattivo vizio d’origine che tocca ogni aspetto della vita sociale dei Paesi che ne fanno parte. L’Islam, al contrario del cristianesimo, non è stato attraversato dalla Ragione, e questo punto Benedetto XVI, il Papa teologo tanto bistrattato e incompreso dal progressismo mondiale, lo aveva colto bene, ad esempio nella famigerata Lezione Magistrale tenuta all’Università di Ratisbona il 12 settembre 2006. Quel mondo non baciato dai Lumi sta ancora facendo i conti con questo cattivo retaggio storico e culturale, e anche l’Occidente ne paga le conseguenze, perché non solo esso non ha saputo o voluto favorire lo sviluppo della modernità nelle terre di Allah e di Maometto, ma ha fatto di tutto per renderle facili prede del fondamentalismo più retrivo e violento.

È, questa, una tesi che nei salotti buoni della cultura europea ha riscosso molto successo in questi tormentati e luttuosi giorni di dibattito intorno ai cosiddetti “valori repubblicani” e alla Civiltà Occidentale.  Se posta nei termini corretti, vale a dire storico-dialettici, la tesi sopra esposta può anche offrire interessanti spunti di riflessione. Rimane da capire fino a che punto ha senso, al di là della strumentalità politico-ideologica certamente non posta al servizio della verità, continuare a parlare in modo astratto e astorico di Occidente, di Civiltà Occidentale.

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sinistra

Tanzania, muore il presidente John Pombe Magufuli

Il bersaglio di turno. Ricostruzione dei fatti fino all’epilogo (marzo 2020-marzo 2021)

di Marinella Correggia

400x225 cmsv2 44ff78d3 6544 5950 a5ef 768d25915dde 5461354Fra i «principi elementari della propaganda di guerra» (ai quali la storica belga Anne Morelli venti anni fa ha dedicato un libro) efficacissima è la demonizzazione dell’avversario di turno, al quale si attribuisce ogni genere di terribili parole, opere, omissioni e pensieri. E in quella che molti politici occidentali hanno chiamato «la nostra guerra a Covid-19 con la quale stiamo scrivendo una pagina di storia» (e nella quale non hanno mai ammesso una sconfitta decretata dai numeri), di certo la Tanzania è stata fra i bersagli, fin dallo scorso mese di giugno 2020.

Ma cominciamo dalla fine. Dalla sera del 17 marzo 2021, quando in una chat del Movimento degli africani in Italia appaiono in rapida sequenza quattro notizie che riguardano tutte l’Africa. In Niger un gruppo di qaedisti (frutto avveleNato della guerra del 2011 in Libia) uccide 58 persone. In Mozambico a Capo Delgado, jihadisti (che infettano il paese da qualche tempo) uccidono bambini di fronte alle loro madri. Il tribunale di Milano assolve gli imputati Eni per l’inquinamento in Nigeria. La quarta notizia riguarda la Tanzania.

 

Morte di un presidente diventato inviso all’estero

Il 17 marzo 2021 muore il presidente John Pombe Magufuli, all’ospedale Mzena di Dar es Salaam dove era ricoverato dal 14; un precedente ricovero il 6 marzo. La vicepresidente Samia Suluhu Hassan ha indicato come causa della morte i gravi problemi cardiaci dei quali soffriva da dieci anni - aveva anche un pacemaker.

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ll Dio di Ratzinger

di Tomaso Montanari

In quale Dio crede Joseph Ratzinger?

Se da almeno mille e settecento anni l’esercizio del potere da parte della Curia romana tradisce un ateismo pratico, il discorso con il quale, l’11 febbraio scorso, Benedetto XVI ha annunciato l’inaudita decisione di lasciare il pontificato sembra presupporre un ateismo anche teorico: «Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato». In altre parole: mi dimetto perché non sono forte, non sono adatto (in latino, ha scelto la parola «aptus»: capace). E per vincere, nel mondo d’oggi («in mundo nostri temporis»), ci vuole la forza: «vigor».Per un cristiano (come me) queste sono affermazioni sconvolgenti perché negano radicalmente l’idea di Dio che la Chiesa stessa mi ha insegnato, seguendo la Scrittura e la Tradizione.

Il Dio della Bibbia è il Dio che ribalta sistematicamente la logica, umana, della forza: «Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà» (Luca, 9, 24). Un Dio le cui vie, lontane dalle nostre, sono vie paradossali: vie in cui vince chi perde, e in cui trionfano la debolezza e la povertà di spirito.

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Se la norma infrange il diritto

Gustavo Zagrebelsky

È ADEGUATO alla serietà delle questioni sollevate dal disegno di legge del Governo sulle intercettazioni telefoniche e sulle limitazioni alla libertà di stampa il dibattito, anzi la rivolta, che ne è seguita. Siamo alle fasi finali della procedura parlamentare ma la procedura parlamentare non chiuderà la partita, anche se l'impostazione della legge è ormai definita.

I poteri d'indagine penale risulteranno ridotti e, parallelamente, l'impunità della criminalità sarà allargata; i vincoli procedurali, organizzativi e disciplinari saranno moltiplicati a tal punto che i magistrati inquirenti ai quali venisse ancora in mente, pur nei casi ammessi, di ricorrere a intercettazioni saranno scoraggiati: a non fare non sbaglieranno; a fare correranno rischi a ogni piè sospinto. La libertà degli organi d'informazione d'attingere ai contenuti delle intercettazioni disposte nelle indagini penali sarà ridotta fortemente e la violazione dei divieti sarà sanzionata pesantemente. Tutto in proposito è stato ormai detto. Nulla potrebbe ancora aggiungersi e nulla potrebbe togliersi.

Al di là delle valutazioni circa le singole disposizioni, è stato anche colto il significato che una legge di questo genere non può non assumere presso l'opinione pubblica avvertita, nel momento attuale della vita pubblica del nostro Paese, mai come ora intaccata dalla corruzione: l'auto-immunizzazione con forza di legge di "giri di potere" oligarchico che intendono governare i propri interessi al riparo dai controlli, siano quelli della legge o siano quelli dell'opinione pubblica.

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perunsocialismodelXXI

Totalitarismo liberale e struzzi di sinistra

di Carlo Formenti

pascale totalitarismoliberale macrocopertinaIl governo Meloni cade come il cacio sui maccheroni per una sinistra alla disperata ricerca di un nemico di comodo su cui dirottare l'attenzione delle masse, nella speranza che queste non le chiamino a rispondere delle loro responsabilità. Così si evoca l'immagine anacronistica di un fascismo da operetta, con tanto di orbace, saluti romani e inni al nuovo duce in gonnella, associandola a una forza politica che incarna piuttosto l'ala più duramente e coerentemente neoliberale della borghesia, mentre opera in piena coerenza e continuità con tutti (senza distinzioni ideologiche) i governi che l'hanno preceduta negli ultimi decenni: attacco ai salari e all'occupazione, smantellamento dello stato sociale, privatizzazioni, svendita degli interessi nazionali al "partito dello straniero" come lo chiamava Gramsci, infeudamento agli interessi strategici della NATO e d'una UE totalmente allineata (contro i suoi stessi interessi) ai comandi di Washington.

Mentre milioni di francesi sfilano per le strade di Parigi contro la riforma delle pensioni voluta da Macron, e mentre i lavoratori inglesi tornano a scioperare contro la politica economica imposta dal governo conservatore, le preoccupazioni della sinistra de noantri sono tutte per l'arretramento dei diritti civili e individuali, che considerano la più grave, se non l'unica, minaccia generata dalla svolta a destra sancita dalle ultime elezioni. Svolta dovuta al fatto che milioni di proletari, avendo ormai perso fiducia nelle sinistre, hanno preso sul serio le esternazioni "populiste" e "sovraniste" della destra, o hanno comunque sperato che sarebbero state seguite dai fatti, (considerati gli ultimi sondaggi, sembra non abbiano ancora perso le illusioni in merito).

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la citta futura

Un parlamento “modello Rocco”?

di Ascanio Bernardeschi

Il taglio dei parlamentari è un tassello di un più vasto disegno volto a ridurre gli spazi di resistenza delle classi sfruttate. E noi diciamo No!

ec8e748f0688ea03b676f28b588d56dc XLIl 20 e 21 settembre si andrà a votare al referendum confermativo dell’ennesima “riforma” costituzionale. Questa volta l’elettorato si deve pronunciare sulla riduzione del numero dei deputati da 630 a 400 e dei senatori da 315 a 200. L’elemento di novità di questo appuntamento è che questa volta si voterà non solo per il referendum, ma anche per il rinnovo dei consigli di sette regioni, dei sindaci e dei consigli di oltre mille comuni e di due senatori in un collegio uninominale della Sardegna e uno del Veneto.

Già questo abbinamento pone dei problemi. Infatti l’importante tema di una riforma costituzionale rischia di essere poco dibattuto nelle realtà dove al centro dell’attenzione saranno i partiti e soprattutto i candidati per le elezioni amministrative e regionali. In periodo di emergenza da coronavirus e con spazi di partecipazione ridotti il rischio è che il popolo italiano giunga a questo appuntamento poco informato.

C’è da considerare inoltre che la percentuale dei votanti al referendum nelle località dove si tengono altri tipi di elezione sarà verosimilmente molto maggiore di quella negli altri territori e quindi che il peso dell’elettorato sarà molto diverso da località a località. A causa di ciò sull’appuntamento elettorale si allunga l’ombra di ricorsi presso l’Alta Corte.

La difficoltà di informare e far ragionare gli elettori si inserirà in un percorso che per i fautori del No sarà tutto in salita. Infatti il taglio dei parlamentari è stato proposto dai partiti populisti cavalcando la stanchezza della gente, il senso comune – purtroppo in buona parte più che comprensibile – che la politica e i partiti sono tutti corrotti, che meno parlamentari mandiamo a Roma e meglio è, che bisogna ridurre il costo della politica in quanto abbiamo sul collo un debito pubblico enorme che mette a repentaglio i diritti sociali: scuola, salute, casa, lavoro, trasporti pubblici.

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sebastianoisaia

Rosa Luxemburg. Coscienza, passione, azione

di Sebastiano Isaia

rosa 1Il marxismo non è una dozzina di persone che si
distribuiscono a vicenda il diritto alla “competenza”,
e di fronte alle quali la massa dei pii musulmani
debba inchinarsi in cieca fede. Il marxismo è una
dottrina rivoluzionaria, che nulla aborre di più che
le formule valide una volta per tutte, e che mantiene
viva la sua forza nel clangore delle armi incrociate
dell’autocritica e nei fulmini e tuoni della storia.
Rosa Luxemburg

Lo spirito di Rosa Luxemburg, l’ideale socialista,
era una passione travolgente che travolgeva tutto;
una passione, allo stesso tempo, del cervello e del
cuore, che la divorava e la sollecitava a creare.
L’unica ambizione grande e pura di questa donna
impareggiabile, l’opera di tutta la sua vita, non fu
 altro che preparare la rivoluzione che doveva lasciare
 il passaggio franco al socialismo. Poter vivere la
rivoluzione e partecipare alle sue battaglie, era per
lei la suprema felicità.
Clara Zetkin

1. La militanza come coscienza di classe e passione rivoluzionaria

L’articolo di Maria Turchetto (1) sul libro di Rosa Luxemburg L’accumulazione del capitale (1912) ai miei occhi ha soprattutto il merito di ricordarci la figura politica e umana della grande rivoluzionaria polacca (naturalizzata tedesca) brutalmente assassinata nel 1919 dalla canaglia al servizio della controrivoluzione. «Operai! Operaie! Cose mostruose stanno avvenendo a Berlino da qualche giorno. […] Un mostruoso assassinio è stato commesso contro Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg. Non è vero che Karl Liebknecht sia stato abbattuto durante un tentativo di fuga. Testimoni obiettivi hanno stabilito all’obitorio che Karl Liebknecht è stato colpito a distanza ravvicinata e di fronte. Rosa Luxemburg è stata gettata a terra in modo bestiale da una banda di borghesi e quindi smembrata e trascinata via. E le truppe governative, che avrebbero dovuto arrestare e proteggere l’inerme prigioniera, non hanno impedito quest’azione vile e cannibalesca».

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orizzonte48

L'inutile massacro del parlamento per... la sovranità

Siamo già un protettorato

Quarantotto

mario-draghi1-largeNon preoccupatevi dell'Argentina.

Anche se registra il secondo default in 12 anni, anche se ha sbagliato nuovamente a voler mantenere uno "strisciante" aggancio col dollaro, che nascondeva l'andamento effettivo dei rispettivi REER (facendo però politiche espansive oltre i limiti ragionevoli che avrebbe consigliato, ai livelli di crescita e di spesa pubblica tenuti dopo il primo default, una linea ortodossa rigorosamente keynesiana), ebbene, nonostante ciò - e nonostante la scandalosa sentenza USA che ha dato ragione ai fondi-avvoltoio e minato alla base l'efficacia di ogni futuro accordo coi creditori post default-, l'Argentina rimane un paese sovrano e, quindi, può riprendersi.

Cioè, faticando e soffrendo, può comunque uscire da una crisi per la quale dispone di tutti i mezzi monetari e di correzione delle politiche fiscali ed economiche che possono rendere semplicemente ciclica la difficoltà conseguente a questo nuovo default.

L'Italia no: l'Italia non è in default ma è nella diversa situazione di un paese dai conti pubblici sanissimi, i più sani dell'eurozona, considerato lo spaventoso calo del suo PIL post crisi del 2007-2008, e certamente non le si può imputare di aver tenuto politiche espansive e di aver lasciato mano libera all'inflazione. Ma solo, semmai, di aver agganciato il suo cambio alla Germania e di considerare questa realtà come incontestabile, anzi da mantenere ad ogni costo, e persino indifferente sulla sua stessa struttura sociale ed industriale, (le due cose ormai vanno considerate inscindibilmente).

Solo che, ormai, l'Italia non è più un paese sovrano.

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Cedimento strutturale

di Marco Revelli

Bipolarismo addio

Doveva essere un terremoto. E lo è stato. Da questa tornata elettorale il sistema politico italiano esce a pezzi. E non solo perché l'outsider assoluto, il cane in chiesa di tutta la politica professionale - il teorico del «partito non-partito» -, balza al centro della scena politica per eccellenza. Né soltanto perché, per effetto di una legge elettorale scellerata, Camera e Senato si contraddicono a vicenda, mandando in cortocircuito il nostro bicameralismo simmetrico. E producendo l'unica cosa che tutti avrebbero voluto evitare: l'ingovernabilità.

Ma anche perché è la struttura stessa del nostro assetto istituzionale che subisce un cedimento strutturale. Sono i suoi «fondamentali» a sgretolarsi, tanto che è assai più facile dire che cosa finisca che non che cosa nasca o anche solo si annunci.

Finisce sicuramente la cosiddetta Seconda Repubblica. Quella in cui due schieramenti, di volta in volta identificati da una persona - di cui da una parte Berlusconi rappresentava la costante e dall'altra si ruotava - monopolizzavano il campo, e mimavano una sorta di alternanza. Ora il meccanismo si è rotto: la platea dei competitor si è ampliata con una presenza inaspettata, e l'impossibilità di alternarsi si conclude in una caduta libera. Finisce così anche il bizzarro bipolarismo maggioritario e più o meno egemonico, che era stato teorizzato nel 2008 (ricordate Veltroni?) e che si era già schiantato nel novembre del 2011, col «governo del Presidente».

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Goethe non serve più

Elisabetta Teghil

Il governo Monti, prima ancora di prendere qualsiasi decisione, ha ottenuto due effetti positivi.

Il primo è che si può parlare di “Trilaterale”, parola tabù che nessuno/a pronunciava , anche perché aveva un peccato originale, quello che , per prime, ne avevano parlato le Brigate Rosse nei loro documenti.

Il secondo effetto positivo è che si può parlare del gruppo Bilderberg, del Think Tank Bruegel, del Council on Foreign Relations- CFR- e del panfilo Britannia senza che chi lo fa sia subito etichettato, e perciò emarginato, come complottista.

E’ inutile , qui, elencare quello che farà il governo in carica, perché lo sappiamo tutti.

E’ inutile ricordare che saranno prese decisioni molto dolorose per i cittadini/e italiani/e.

Invece, vale la pena di sottolineare che saranno presi provvedimenti simili a quelli attuati in Grecia ed, altresì, che saranno portate a compimento le iniziative già prese con gli esecutivi a guida PD, compresa la svendita delle imprese e dei beni pubblici ai privati, eufemismo per dire alle multinazionali.

Ed ancora, la riforma, mai parola fu tanto stravolta nel suo significato, dei servizi pubblici, anche questi privatizzati con conseguente definitivo affossamento dello stato sociale.

Necessari tasselli del mosaico, il lavoro precario, normale e normato, la precarizzazione di massa, l’allargamento della platea dei poveri e delle fasce di cittadini in condizioni disperate.

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micromega

La guerra capitalista spiegata nel nuovo libro di Brancaccio, Giammetti e Lucarelli

di Enrico Grazzini

Il libro “La Guerra Capitalista. Competizione, centralizzazione, nuovo conflitto imperialista” individua nella centralizzazione dei capitali uno dei fattori decisivi di squilibrio del sistema economico e politico internazionale ed un fattore fondamentale di stravolgimento delle nostre democrazie

filenjhygtfdcfvQuali sono le cause economiche dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin e quali le cause dello scontro strategico tra Stati Uniti e Cina? Dopo la Prima Guerra Mondiale John Maynard Keynes spiegò nel suo best seller “Le conseguenze economiche della pace”[1] che il principale fattore di conflitto tra gli Stati è il debito: il rapporto tra i debitori e i creditori porta molto facilmente, se non inevitabilmente, alla guerra. Emiliano Brancaccio, Raffaele Giammetti e Stefano Lucarelli nel nuovo libro “La Guerra Capitalista. Competizione, centralizzazione, nuovo conflitto imperialista” edito da Mimemis (2022) offrono un’interpretazione molto interessante e per alcuni aspetti anche molto keynesiana dei conflitti geopolitici in corso.

Secondo gli autori gli Stati Uniti hanno perso la guerra della globalizzazione e lo scontro attuale tra le grandi potenze è legato al gigantesco contrasto tra debitori e creditori: non è certamente un caso che gli Stati Uniti d’America con 14 trilioni di dollari di posizione finanziaria netta negativa verso l’estero (64% del suo PIL, dati 2021) siano il maggior debitore del pianeta e che Cina e Russia siano (insieme al Giappone e alla Germania) tra i paesi maggiori creditori del mondo. Il declino della potenza americana è quindi legato alla sua enorme posizione debitoria con l’estero: gli Stati Uniti possono reggere il loro pluriennale e crescente doppio deficit (deficit commerciale e deficit di bilancio pubblico) solo grazie all’”impero del dollaro”, e dunque al fatto che il dollaro – che la FED può stampare in quantità illimitata – è la moneta mondiale di riserva e, come tale, è richiesta da tutti i Paesi del mondo per commerciare. Gli USA difendono la loro posizione debitoria e il dominio del dollaro anche grazie al fatto che sono di gran lunga la maggiore potenza militare del mondo.

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collegamenti

Come finirà la guerra in Ucraina?

di Visconte Grisi

Schermata del 2022 10 17 15 01 15Quando si cerca di riflettere sull’evoluzione che potrà avere la guerra in Ucraina una domanda sorge spontanea: la guerra e le distruzioni in Ucraina possono costituire i prodromi di una terza guerra mondiale? Certamente, anche se da diversi anni ormai si sente parlare di “terza guerra mondiale a pezzi”, di “guerra per procura” ecc., questa volta il ricorso a una terza guerra mondiale per risolvere la crisi è reso molto problematico dall’entità delle distruzioni che un tale evento comporterebbe.

Inoltre attualmente nessuna delle potenze in gioco sembra in grado di produrre questo immane sforzo: non gli Stati Uniti che rimangono comunque i più forti sul piano militare ma deboli sul piano industriale dopo decenni di delocalizzazioni, la cui egemonia mondiale si fonda ormai solo sul capitale finanziario; non l’Unione Europea, debole sul piano militare e in preda alle solite divisioni, con una industria tecnologicamente avanzata che ha bisogno dei mercati mondiali di gamma medio/alta; non la Russia che accoppia alla potenza militare ereditata dall’URSS una economia basata quasi esclusivamente sull’esportazione delle materie prime; non la Cina ancora indietro sul piano militare e tesa ad espandersi sul piano commerciale lungo le varie “vie della seta” e con problemi di sviluppo interno ancora non risolti.

L’andamento della guerra, dopo il primo azzardo di Putin in Ucraina, sembra confermare questa ipotesi con gli Stati Uniti aggressivi a parole ma cauti nei fatti, la Cina che attende sorniona l’evolversi degli avvenimenti e l’Unione Europea con smanie interventiste che servono per giustificare una politica di riarmo.

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mondocane

“Andrà tutto bene”. A chi? I fantastici quattro. Liberarsi degli eretici

di Fulvio Grimaldi

san bartolomeoPer Bill Gates i vaccini sono una filantropia strategica che nutre i suoi numerosi affari legati ai vaccini, compreso l’obiettivo di Microsoft di controllare un’identità digitale universale che gli assicurerebbe il controllo dittatoriale sulla politica sanitaria mondiale, punta di lancia dell’neoimperialismo tecnoscientifico multinazionale” (Robert Kennedy Jr.)

Prima regola, non credere a niente di quanto dice il governo” (George Carlin, umorista statunitense)

Robert Francis Kennedy Jr. è figlio di Robert F. Kennedy, ministro della Giustizia USA, assassinato il 6/6/1968, e nipote di John F. Kennedy, presidente USA, assassinato il 22/11/1963. Avvocato impegnato nella difesa dell’ambiente, oppositore della vaccinazione forzata, è fondatore e presidente della “Waterkeeper Alliance”, un’organizzazione non-profit per la difesa delle riserve d’acqua mondiali. Torneremo sulle sue posizioni.

E’ già successo e, ogni volta, è andata peggio. Stiamo facendo la fine dei pagani sotto Costantino e Teodosio, dei sassoni sotto Carlo Magno, dei catari-albigesi con papa Innocenzo III, degli ugonotti (protestanti) per due secoli fino a Luigi XIII e Luigi XIV (e ne sa qualcosa il mio antenato, Pierre de Gerbaulet, che si rifugiò in Vestfalia nel ‘600 e si fece cattolico). Per finire, limitandoci ai genocidi, all’eliminazione pressochè totale dei nativi d’America. A ognuna di queste pulizie etnico-religiose, ma essenzialmente, come oggi, politico-economiche, seguirono arretramenti civili, totalitarismi feroci, desertificazioni culturali, devastazioni morali e ritorni di barbarie. Ogni posizione che sfuggisse all’ordine era criminalizzata come “eretica” (αἱρετικός: “colui che sceglie”. Bello, no?). Protagonista, immancabilmente, l’apparato cristiano nelle sue varie denominazioni, principalmente cattolica. Prima da protagonista, poi da fiancheggiatore.

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dialetticaefilosofia

Quale Marx?

Lo scontro egemonico tra Gramsci e Gentile

di Emiliano Alessandroni

gentile croce gramsciPremessa

Nel paragrafo 235 del Quaderno 8, dal titolo Introduzione allo studio della filosofia, Gramsci sostiene l'importanza di «rivedere» e «criticare tutte le teorie storicistiche di carattere speculativo», predisponendo, sull'esempio di Engels, le idee per la composizione di «un nuovo Antidühring, che», afferma, «potrebbe essere un AntiCroce, poiché in esso potrebbe riassumersi non solo la polemica contro la filosofia speculativa, ma anche, implicitamente, quella contro il positivismo e le teorie meccanicistiche, deteriorazione della filosofia della praxis»1. Più avanti, in Q 10b, 11, egli specifica che «un Anti-Croce deve essere anche un Anti-Gentile»2.

La lotta contro le teorie dei due filosofi idealisti costituisce per Gramsci una delle vie maestre per procedere ad una corretta esposizione di quella «filosofia della praxis» che individuava in Marx ed Engels i propri padri fondatori. Il primo oggetto del contendere è dunque il materialismo storico e vedremo come le riflessioni di Gramsci, tanto quelle dei Quaderni quanto quelle degli scritti precedenti, forniscano gli elementi fondamentali oltre che per la stesura di un Anti-Croce anche per quella di un Anti-Gentile3.

Nell'accostarsi a questo tema occorre tenere in considerazione due questioni fondamentali 1) Gentile non è mai stato marxista; 2) elementi del marxismo sono penetrati nella prospettiva di Gentile. Contrariamente a quanto da un primo sguardo possa apparire, di questi due punti è il secondo a costituire il dato meno sorprendente. Gramsci stesso ci induce invero a supporre che dopo Marx non esiste autore della storia della filosofia nel quale non si possano rintracciare testimonianze della sua lezione.

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lantidiplomatico

Missione ONU in Italia: da migrante vi racconto chi sono i veri razzisti

di Daniel Wedi Korbaria

Oltrefrontiera ONU Sud SudanCara Italia,

dopo l'Eritrea adesso tocca a te. L'Alto Commissario Onu per i diritti umani, Michelle Bachelet1 ha deciso di mandarti i suoi ispettori per indagare sul tuo razzismo contro i migranti africani e i ROM. Il mondo intero è preoccupato del tuo disumano atteggiamento. Certo, qualcuno potrà obiettare come ha fatto Left contro Salvini: “non in mio nome”. Ma lo stesso sarà come cantava il poeta De André: "Anche se voi vi credete assolti siete lo stesso coinvolti".

Se ci fosse un po’ di giustizia a questo mondo le indagini Onu non si dovrebbero concentrare solo sul Ministro dell’Interno e la sua decisione di chiudere i porti ma anche e soprattutto su come è stata gestita l’accoglienza nell’ultimo decennio quando sono stati fatti sbarcare in Italia ben 700.000 migranti. "Come li avete accolti? Che fine hanno fatto queste persone? Dove sono ora? Quante di loro sono state poi integrate nella società italiana?" Ovviamente l’integrazione non ha nulla a che fare con il disgustoso spettacolo degli immigrati col berretto in mano fuori dai locali mentre aspettano un’elemosina e neppure con quello di vederli dormire all’addiaccio all’esterno delle stazioni o bivaccare in uffici dismessi occupati abusivamente. L’integrazione non è nemmeno quella che per quattro soldi li sfrutta nei campi di pomodoro e neppure quella che li rinchiude in campi di accoglienza moltiplicatisi a dismisura in un decennio su tutto il territorio italiano. Questa non è integrazione.

A rispondere alle accuse di razzismo, a mio parere, dovrebbero essere tutti gli umanitari che finora sono campati grazie al business dell'accoglienza e anche chi in qualsiasi forma abbia favorito il traffico degli immigrati. Ed è questo il punto. L'Onu dovrebbe venire qui per indagare sul razzismo di chi ha sfruttato quegli immigrati.

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ist onoratodamen

Trump: questa non è soltanto l’America, questo è il mondo del Capitale

di Giorgio Paolucci

Kafka hallwayE si sta come quei viaggiatori ferroviari di Kafka

“…che hanno subito un sinistro in un tunnel, e precisamente in un punto da dove non si vede più la luce dell’ingresso, e quanto a quella dell’uscita, appare così minuscola che lo sguardo deve cercarla continuamente e continuamente la perde, e intanto non si è nemmeno sicuri se si tratti del principio o della fine del tunnel.

Cento anni fa, per l’esattezza il 23 febbraio del 1917 secondo il calendario russo dell’epoca e il 10 marzo secondo quello in uso nel mondo occidentale, aveva inizio in Russia, nel pieno della prima guerra mondiale, quel processo rivoluzionario che si sarebbe concluso nell’ottobre successivo con l’insaturazione della Repubblica Federativa Socialista Sovietica Russa, il primo governo dichiaratamente ispirato ai principi del marxismo rivoluzionario e avente nel suo programma il definitivo superamento del modo di produzione capitalistico e la costruzione di una società socialista.

Finita la guerra, martoriati dalla disoccupazione, dalla fame e dalla miseria, nel 1919 insorsero anche i proletari ungheresi e tedeschi, mentre in Italia ebbe inizio una lunga serie di scioperi e di forti scontri sociali - il cosiddetto biennio rosso - che culminarono, nel settembre del 1920, con l’occupazione di quasi tutte le maggiori fabbriche dell’Italia del Nord.

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illatocattivo

Della difficoltà ad intendersi

In risposta ad una recensione di Dino Erba

Il Lato Cattivo

lato cattivoNel dicembre 2016, Dino Erba (DE) ha prodotto e fatto circolare una recensione del secondo numero de «Il Lato Cattivo», che rendiamo disponibile anche sul nostro blog. DE è un compagno che conosciamo da tempo e di cui, nel corso degli anni, abbiamo apprezzato in più di un'occasione le qualità umane, l'attività pubblicistica non priva di interesse delle sue Edizioni All'Insegna del Gatto Rosso, nonché certe salutari prese di posizione, non da ultimo a proposito del dilagante «pateracchio rossobruno» che – guerra in Siria aiutando – manifesta oggi, una volta di più, la crisi della militanza «anticapitalista» e dei suoi circuiti. Benché la sua recensione sia globalmente elogiativa, non possiamo astenerci da una replica, nella misura in cui il documento di DE rivela: a) dei disaccordi che nessun dibattito ulteriore (di cui DE, in coda alla sua recensione, esprime l'auspicio) potrà smussare; b) alcuni malintesi relativi ai contenuti del secondo numero della rivista.

Cominciamo da questi ultimi. A ragione, introducendo il proprio ragionamento, DE individua nella questione della classe media (salariata) il «filo conduttore» del testo; e, anche qui a ragione, riconosce che in sostanza nessuno ne parla. Molto bene.

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lavoro culturale

La bona scuola

di Marco Ambra

Bauducco, oltre a parlarmi di sport – scherma, equitazione, voga – e di quando era alpino, mi spiegava anche come cultura e produzione si accordino secondo una doppia curva. «Queste sono le spese generali», diceva mostrandomi una riga rossa ascendente su un foglio di carta millimetrata.
«Il fatturato invece è rappresentato da una riga verde. Quando le due curve si toccano, allora si ha il pareggio, e vuol dire che l’azienda è sana. Quanto più le due curve si distaccano, all’opposto, tanto più l’azienda è malata, passiva». «Ma qui la curva verde non si vede», feci io, perché infatti non si vedeva nessuna linea verde. «Ecco, per il momento noi abbiamo solo la riga rossa; quella verde non c’è, perché ora nella nostra azienda non esiste fatturato».

(L. Bianciardi, L’integrazione, Feltrinelli, Milano 2014, p. 41)

la-buona-scuola copertina-e1409814034118Passerà alla storia come un capitolo formidabile di storia della lingua italiana questo documento sulla Riforma della scuola pubblica diffuso ieri dal MIUR. Se non per la pletora di annunci e obbiettivi ambiziosi (come quello di riscrivere il Testo Unico del 1994), per l’uso iperbolico di anglismi e acronimi con cui le sue 136 pagine descrivono la visione de la buona scuola promossa dal duo Renzi-Giannini. In un Paese come il nostro in cui il livello di conoscenza della lingua inglese è considerato basso dagli indici internazionali per livello di competenza, il governo ha deciso di costruire la strategia di comunicazione di una di quelle che è considerata fra le riforme-chiave più importanti proprio sull’efficacia sciamanica delle formule anglofone, lessico di base dell’epoca del primato dell’economia sulla vita. Non perderò tempo ad analizzare la cornice semantica di un certo uso di parole inglesi come coding e governance, che a prima vista tradiscono una certa subalternità culturale – è un eufemismo – al pidgin english del neoliberismo e dei digitalisti. Mi limiterò dunque a scandagliare la cortina di governance e challenge che si addensa sul tanto atteso documento, per trarre qualche aleatoria conclusione sui suoi potenziali effetti.

 

Il piano di assunzioni dei precari nelle Graduatorie ad esaurimento (Gae)

Lo aveva anticipato il ministro Giannini alla compiacente assise del meeting di CL che il progetto di riforma della scuola andava nella direzione dell’abolizione delle supplenze e di conseguenza della fascia di precariato ad esse connessa, i precari e le precarie delle Graduatorie ad esaurimento.

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Attacco al lavoro la cura sbagliata

Stefano Perri

Nella storia della economia politica pochi argomenti come quello dell'occupazione hanno generato teorie "volgari", come direbbe Marx, che sostengono che gli interessi dei lavoratori sono sempre subordinati a qualche legge economica.

Tra i vari esempi, si possono ricordare le tesi alcuni autori mercantilisti del XVII secolo, che raccomandavano di mantenere i salari al livello della sussistenza, perché altrimenti i lavoratori avrebbero utilizzato il sovrappiù per darsi all'ozio e alle bevute in osteria.

Per Malthus il livello dei salari di sussistenza era il risultato di una legge "naturale": la legge della popolazione, secondo cui questa tenderebbe inevitabilmente a crescere ad un tasso superiore a quello della disponibilità di alimenti. Di conseguenza i lavoratori sarebbero condannati, senza speranza, alla fame. Per la stessa ragione furono aspramente criticate le poor laws, che prevedevano, nell'Inghilterra dell'epoca, sussidi ai disoccupati.

Fu poi la volta dell'uso della teoria del fondo-salari in funzione anti-sindacale. Questa teoria assumeva che in ciascun periodo e in ciascun paese vi fosse una quantità limitata di beni salario da distribuire ai lavoratori. Ogni tentativo di aumentare il salario reale dei lavoratori sindacalizzati avrebbe avuto la conseguenza di far diminuire l'occupazione o di peggiorare le condizioni dei lavoratori non protetti (non vi ricorda argomentazioni ripetute anche ai giorni nostri?).

La teoria neoclassica, infine, considera il salario come un prezzo determinato dalle forze della domanda e dell'offerta nel mercato del lavoro. Il tentativo di alzare questo prezzo con l'azione sindacale o la legislazione, imponendo ad esempio un salario minimo più alto di quello che rende uguali la domanda e l'offerta, creerebbe disoccupazione.

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barnard

Il Times e Berlusconi: macché Noemi

di Paolo Barnard

times on line berlusconiChe il Times di Londra arrivi a scrivere un editoriale dove chiama il capo di governo di un Paese europeo “clown” e  buffone sciovinista”, e ciò solo per motivi di indignazione politica, lo lascio credere ai giornalisti, ma noi persone raziocinanti dobbiamo andare oltre. Un quotidiano della portata del Times, storico bastione del conservatorismo mondiale, voce internazionale dei Consigli di Amministrazione più potenti del pianeta, non si muove così violentemente per così poco (Noemi e festini), né è pensabile che abbiano scoperto solo oggi che Silvio Berlusconi alla guida del G8 è come un orango alla guida di un pullman. La scusante ufficiale per quell’editoriale di fuoco ai danni del Cavaliere è un insulto all'intelligenza. Rattrista, ma non stupisce, che in Italia nessuno dei paludati opinionisti pro o anti ci stia pensando.

Il motivo è altro, non v’è dubbio, ed è assai più importante. Per farvi capire, cito la caduta dal potere del dittatore indonesiano Suharto nel 1998. Uno dei peggiori assassini di massa del XX secolo, nulla da invidiare a Hitler per numero di morti, era il cocco di mamma degli USA e della Gran Bretagna, media inclusi, che lo adoravano perché obbediva puntigliosamente a ogni diktat dell’establishment economico neoliberale d’Occidente e soddisfaceva ogni sua voracità di profitto, naturalmente a scapito dell’esistenza di milioni di disgraziati suoi connazionali. Nel 1997 Suharto fece l’errore delle sua vita: disobbedì al Tesoro americano (leggi Fondo Monetario Internazionale), una sola volta. L’allora Segretario di Stato di Clinton, Madeleine Albright, gli disse due parole secche. Fine di Suharto.

Torno in Italia. Io sono convinto che lo stesso meccanismo sia in opera col nostro capo di governo. Deve aver fatto qualcosa di non gradito a chi oltrefrontiera aveva scommesso su di lui. Forse non gli sta obbedendo, da troppo tempo, e la corda si è spezzata, dunque l’attacco del Times.

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sinistra

Il sistema di credito sociale e l'ID digitale in Cina e nel mondo

di Flavia Manetti

personenbezogene datenDa tempo la narrazione che imperversa, anche tra molti sinistri, è che il “democratico e liberale” Occidente si stia apprestando a copiare i modelli distopici della Cina in fatto di Id digitali e sistemi di credito sociale. Eppure, sono anni che non è WeChat ma i social media che usiamo come la “democratica e libera” Wikipedia, Twitter, Facebook e You Tube a decidere cosa liberamente pubblicare o censurare: chi oscurare e chi no, cosa è giusto pensare o cosa no. Ci si stupisce delle telecamere di riconoscimento visivo che la Cina ha applicato, in alcune città durante i lockdown ma è sicuramente altrettanto allarmante quello che è successo a maggio a Roma: alla stazione della Metro Anagnina, dove è andata in onda l’esercitazione militare “antiterrorismo” del sistema Dexter (Detection of explosives and firearms to counter terrorism) , finanziata dalla NATO, per prevenire attacchi con armi, bottiglie molotov o esplosivi in metropolitane, stazioni ferroviarie, aeroporti ma anche piazze e spazi affollati…Un “guardian angel” hi-tech che servirà allo Stato per controllare, reprimere, arrestare tutti i coloro che riterrà disubbidienti.

Il nostro prossimo futuro distopico, sospeso tra ID e Crediti sociali, era già stato studiato a Washington e non a Pechino. R. Kurzweil, uno dei “guru” di Google scriveva, già nel 1999, in “The Age of Spiritual Machines” : la singolarità tecnologica ci permetterà di superare le limitazioni dei nostri corpi e cervelli biologici. Saremo artefici del nostro destino. La mortalità sarà nelle nostre mani. Saremo capaci di vivere quanto vogliamo”.

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micromega

Cambiare la vita o conquistare il potere?

Foa, Trentin e il futuro della sinistra

di Giorgio Pagano

Vittorio Foa, “La Gerusalemme rimandata”, Einaudi, Torino, 1985
Bruno Trentin, “La città del lavoro”, Feltrinelli, 1997

images830La sinistra, oggi a rischio avanzatissimo di irrilevanza, vive solo se ricrea una dimensione sociale a partire dalle persone che lavorano. “La città del lavoro” di Bruno Trentin e “La Gerusalemme rimandata” di Vittorio Foa sono due libri che non ebbero fortuna quando uscirono. Riletti oggi, ci forniscono preziose riflessioni non solo sul passato ma anche sul presente e sul futuro.

Vittorio Foa e Bruno Trentin si conobbero a Milano il giorno prima della Liberazione. Insieme scrissero l’appello alle Brigate di “Giustizia e Libertà” per l’insurrezione di Milano che inizia con la frase “La bandiera rossa sventola su Berlino”. Si frequentarono assiduamente nei due anni di esistenza del Partito d’Azione, per poi prendere strade diverse allo scioglimento del partito nell’autunno 1947: Foa aderì al partito Socialista, Trentin si laureò e si iscrisse al Pci probabilmente nel 1950. Alla fine del 1949 Foa, diventato vicesegretario della Cgil con l’incarico di seguire l’ufficio studi, chiamò Trentin in questo ufficio con l’incarico di ricercatore. Il loro comune maestro fu Giuseppe Di Vittorio, segretario della Cgil. Foa fu dirigente della Cgil fino al 1970, Trentin ne fu segretario dal 1988 al 1994.

Nell’ultima fase delle loro vite, entrambi tornarono a studiare e a riflettere sulla loro esperienza sindacale e politica, sulla sconfitta del movimento operaio dopo le grandi lotte degli anni Sessanta e Settanta di cui furono protagonisti, e soprattutto sul socialismo libertario, l’”altra strada” per la sinistra. Foa pubblicò “La Gerusalemme rimandata” nel 1985, dopo quattro anni di studi in Inghilterra. Trentin pubblicò “La città del lavoro” nel 1997, dopo un lavoro durato tre anni. Sono due libri che, quando uscirono, non ebbero successo: furono quasi “clandestini”. Riletti oggi, ci forniscono preziose riflessioni non solo sul passato ma anche sul presente e sul futuro.

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gramsci oggi

Banche pubbliche: da utopia politica ad esigenza imprescindibile

di Fulvio W. Bellini

007 fydLo scontro tra la Banca Centrale Europea e la Germania

Nel precedente articolo sulla Industrie 4.0 si sottolineava come la Germania stia realizzando una sua politica industriale, ne abbiamo visto obiettivi e metodologia. Ci siamo poi soffermati sulla declinazione italiana di una possibile Industrie 4.0, chiudendo l’articolo sulla crisi del Monte dei Paschi di Siena. In questo articolo analizzeremo infatti il ruolo imprescindibile che il sistema bancario debba svolgere nel quadro di una politica industriale in Italia.

Torniamo un attimo in Germania. Lo scorso anno abbiamo assistito varie volte allo scontro tra esponenti di primo piano dell’establishment tedesco (il ministro delle finanze Wolfgang Schaeuble, il governatore della Bundesbank Jens Weidmann) ed il governatore della Banca Centrale Europea Mario Draghi. Il motivo del contendere è stato sovente quello dei bassi tassi d’interesse che negli ultimi mesi si sono tradotti in tassi negativi sui depositi delle banche presso la BCE. Ovviamente i mass media hanno fatto il loro solito mestiere teso a non far comprendere nulla all’opinione pubblica: nessun approfondimento e nessuna obiettività, ma tifo da stadio per Shaeuble se fossero stati media tedeschi e per Draghi se fossero stati media italiani. Proviamo a mettere in ordine degli elementi oggettivi, e proviamo a darci una nostro punto di vista.