Considerazioni su maggioranza e opposizione tra BBC e Hasbara
Se non è zuppa è pan bagnato
di Fulvio Grimaldi
Quando ero alla BBC…
C’è un filo, più nero che rosso, che corre tra elementi apparentemente lontani e separati come la BBC, Israele e quello che si dice distingua le maggioranze dalle opposizioni. Trovate che questo filo sia un po’ tirato per i capelli? Giudicherete in fondo. Intanto è un filo lungo il quale scorre un bel po’ di biografia (mia) e di storia (altrui).
Avete visto: grande scandalo alla BBC, madre di tutte le emittenti, anzi di tutte le fonti di informazione, affettuosamente chiamata “Auntie”, zietta, dai sudditi (suoi e del sovrano). Si è dimesso la figura, solitamente sacrale, del grande capo Tim Davie, e pure quella della grande direttrice Deborah Turness. E’ successo là dove ancora vige un antiquato e da noi dismesso principio: la responsabilità politica di chi sta in alto e conduce. Perché non è che siano stati questi due numi dell’informazione a cinque stelle ad aver manomesso l’intervista a Donald Trump, al punto da farlo apparire il Masaniello dell’assalto al Capitol Hill. Hanno pagato i capi, perché responsabili della baracca. Pensate al presidente dell’Authority, irremovibile a dispetto di fetidi intrallazzi.
Con la BBC ho avuto un contratto di cinque anni da redattore a Bush House, Londra. La mia è conoscenza di causa. Era molti anni fa e, al netto di qualche incrinatura, Auntie gode tuttora di buona fama. Meritata, o abbaglio mediatico? Un po’ l’uno, un po’ l’altro. Certo, se pensiamo alle nostre di bocche da fuoco, tra polveri bagnate e micette fatte passare per informazione… E’ che l’emittente britannica, pur consanguinea culturalmente, socialmente e, dunque, politicamente, dell’establishment, ha l’accortezza (che da noi è stata obliterata) di esibire, a rottura di una linea generale di sistema, più tory che labour, l’eclatante fuoricoro. Stravaganza tollerata poichè garanzia di obiettività, indipendenza, pluralismo. Serve una occasionale, ma clamorosa – e solitaria – testa matta che le cose le diceva come stavano e mandava tutti a dormire convinti di una loro zietta cane da guardia a difesa del volgo e dell’inclita.
Favoloso esempio, a me famigliare, il collega David Frost e il suo show. Tra il 1964 e il 2016 intervistò, senza lisciargli un pelo e senza lasciargli intonsa una piuma, tutti gli otto premier britannici e tutti i presidenti USA. Con, botto epocale finale: Nixon spogliato nudo su Watergate. Frost come il ragazzino di Andersen. Uno su mille ce la fa, prometteva uno speranzoso Gianni Morandi.
BBC dalle stelle alle stalle
Infatti, complimentatomi col mio datore di lavoro per avermi mandato a scoprire, e poi mandare in onda, i turpi trastulli di una consorteria di satanisti all’acqua di rose, ministri e sottosegretari compresi, chiamata “Hellfire Club”, Club del Fuoco Infernale, ebbi modo di ricredermi la sera del 30 gennaio 1972. Sera della Domenica di Sangue in Nord Irlanda, quando, avendo fotografato e registrato il massacro per fucili mitragliatori del 1° Battaglione Parà di Sua Maestà, di 14 inermi manifestanti per i diritti civili, negati ai cattolici repubblicani, ebbi modo di ascoltare il resoconto di “Auntie” al TG della sera. Fecero parlare il generale Ford, comandante dei Parà, che disse: “I miei ragazzi hanno dovuto difendersi da cecchini dell’IRA sui tetti”. Era vero quanto lo scaracchio del generale Powell nella provetta esibita a prova delle armi chimiche di Saddam. Non fecero parlare alcun manifestante e neppure il parroco che avevo fotografato mentre amministrava gli ultimi riti al primo caduto della strage: Jack Duddy, 16 anni.
Mi capitò anche l’occasione – “uno su mille ce la fa…” – di vivere un confronto tra BBC e stampa italiana, incredibilmente a favore di questa. Guerra dei Sei Giorni in Palestina, premier Levi Eshkol, laburista (detto “de sinistra”). Trasmisi a Paese Sera, strepitoso quotidiano “de sinistra”, allora filo israeliano, come tutto il PCI e lo stesso Stalin, i crimini che già allora, indipendentemente da premier “de destra”, “de ultradestra”, o “de sinistra”, Israele stava commettendo: villaggi e città bruciate, terre occupate ed espropriate, 300.000 palestinesi cacciati in campi profughi sparsi nei paesi vicini, prepotenze e abusi su civili, rastrellamenti e incarceramenti a capocchia. Eravamo quattro inviati sul campo a raccontare questi fatti, ma la BBC e tutti i grandi media occidentali, che avevano visto le stesse cose, le raccontarono al contrario: difesa dei sopravvissuti alla Shoah che si battevano contro terroristi arabi che li volevano ributtare a mare.
Paese Sera no. A Paese Sera il PCI prese atto, cambiò linea, fece cambiare il direttore, Fausto Coen, e mise Giorgio Cingoli, ebreo pure lui, ma non più obbediente ai sionisti e a Hasbara, il loro gigantesco apparato propagandistico, oggi detto quanto di meglio esista al mondo per correggere la realtà. Così a Paese Sera ci rimasi per cinque anni con la coscienza in pace. Voglio ricordare che, sprazzi del genere, li ho poi potuto vivere anche al TG3. Sempre grazie allo stesso padrino. Finchè sono durati, quel padrino e la testata.
Ho detto Hasbara? Hasbara vuol dire avere in ogni coro una tua ugola che canta più forte delle altre e lo fa seguendo la bacchetta del direttore. Da noi di una Hasbara, centrale di organizzazione e comando di quanto va comunicato, non ce n’è neppure bisogno, si costituisce in automatico: sono i più presenti e autorevoli. A volte tanto bravi da meritarsi lo stipendio da “artista”, anziché quello più modesto di giornalista. Per non dire di chi li ospita e li sovradimensiona: Repubblica, Corriere, Stampa, Messaggero, RAI, Mediaset. E di chi ne tollera l’antigiornalismo: Ordine dei Giornalisti, Federazione della Stampa.
L’Hasbara e un suo volontario
Papa e Abu Mazen
Quello di Mahmud Abbas (Abu Mazen), 89enne, totalmente screditato presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, eletto nel 2005 e ampiamente scaduto (le elezioni legislative furono vinte da Hamas!), è stato un viaggio promozionale, mirato a far inserire il Quisling palestinese nel progetto trumpiano per Gaza. Accolto con tutti gli onori da Meloni, Mattarella e Prevost, tutta gente che, sopra sopra, o sotto sotto, sta con Israele, è il più recente e patetico sforzo Hasbara di accreditare una Palestina farlocca e rassegnata (nel caso di Abbas, complice) al destino assegnatogli dal colonialismo fin dal 1947. Magari con l’incarico di portare il caffè agli ufficiali della costituenda “Forza di Stabilizzazione”, come si dovrebbero chiamare i gendarmi (che Crosetto, in vena di spiritosaggini, vorrebbe far addestrare dai carabinieri) della costituenda Riviera di Gaza.
Complessivamente per operazioni Hasbara il regime Netanyahu ha investito quest’anno, tra Governo e Ministero degli Esteri, 185 milioni di dollari (comprese le spese di Abu Mazen e cricca ANP). Sono destinati a fiduciari nella stampa estera, a centinaia di influencer, a celebrità abramitiche arabe, ad artisti di fama e agli intimi di Google, Meta ed Amazon (Google e Amazon sono destinatari di 1,2 miliardi di dollari per il progetto “Nimbus”: dati privati forniti a Israele e sostegno mediatico alle sue politiche). Coerentemente chi scrive è stato cacciato da Youtube a gratis. E grazie a questa rete di agevolatori del genocidio che ci è concesso di vedere a Gaza una tale abbondanza di cibo sulle tavole dei palestinesi da fare venire il riflusso solo a guardare.
In sinergia con l’Hasbara, nell’ ”unica democrazia del Medioriente” c’è la soppressione dei media critici e, comunque, non allineati. Dopo la cacciata di Al Jazeera, l’organo più seguito nel mondo arabo, le pressioni e minacce a media israeliani che ci provano, come Haaretz, la totale chiusura di Gaza ai giornalisti internazionali che ha costretto molti, tra i quali il sottoscritto, a bivaccare inutilmente per giorni al valico di Rafah, con simultanea decimazione dei giornalisti gazawi, si è arrivati ora alla censura di Stato, modello apprezzato dalle migliori democrazie occidentali. L’11 novembre la Knesset ha approvato una legge che chiude i media “dannosi” Tracimerebbero di terroristi. E allora è quantomeno democratico bandirli, anziché farli fuori in quanto membri di quella categoria.
Cui ora apparterranno tutti i palestinesi, dal primo vagito in su, con rete gettata larghissima a includere anche chi dice “Hamas” senza sputare per terra. Tutti terroristi, compresi noi tutti che parliamo male di Israele e non parliamo male della Palestina. Terroristi e dall’11 novembre, per volontà della Knesset, tutti passibili di condanna a morte. E, guardate, Israele sa dove raggiungerci. Anche in capo al mondo. Google dà un’ulteriore mano cancellando 700 video che illustravano, glorificandoli, orrori commessi da soldataglia IOF e coloni. E trasmettendo dati utili.
Uno dei 250 giornalisti uccisi a Gaza
E’ convenuto questo enorme sforzo di manipolazione e ottundimento rispetto alla realtà perseguito da Israele? Lo storico israeliano Ilan Pappè sostiene che Israele stia implodendo. “L’odio per i palestinesi da parte di coloro che governano questo Stato neo-sionista, lo “Stato di Giudea”, governato da coloni ebrei fanatici, 750.000 dei quali vivono in Cisgiordania, si estende anche agli ebrei israeliani laici. Questo significa che alla fine Israele si frammenterà, rendendo Israele insostenibile”.
Quando il troppo stroppia
A dispetto dei milioni buttati nelle fauci di Hasbara, i risultati sono stati poveri, se non addirittura controproducenti. Il troppo stroppia e che si sia arrivati a una misura di criminalità manicomiale senza precedenti nella Storia nota, è diventato conoscenza e coscienza di massa ai quattro angoli della Terra. Quel padre col bambino morto in braccio e la camicia inzuppata di sangue, quei bambini con la casseruola vuota tesa verso chi fa balenare cibo e rifila proiettili, che l’eroismo dei morituri operatori di Gaza ci ha incastrato nella coscienza, nella rabbia e nel dolore.
Condannati alla maledizione ontologica del troppo che stroppia, da qualche tempo in qua ogni cosa che Israele fa gli si ritorce contro e ne accelera il precipitare nell’isolamento, nella disistima, nel rigetto vero e proprio. Basterebbe un esempio, la Flotilla, grandissima occasione per Israele per mostrarsi come le manipolazioni invenzioni di Hasbara lo fingevano: rispetto e cortesia nell’abbordaggio e prelievo con cortesia di equipaggi nonviolenti e inermi; trasferimento in centri di controllo e identificazione dignitosi e accoglienti, offerta di cibo, bevande, farmaci, medici, pernottamento confortevole, modi urbani, corrette procedure di riconoscimento e di espulsione e rientro in patria. Pensa che crepa avrebbero aperto nella convinzione universale di avere a che fare con un paese in pieno imbarbarimento fasciosionista!
Invece? Assalto armato muscolare e strafottente. Sequestro violento e trasbordo a spintoni e insulti. Carcerazione ingiustificata e illegale con trattamento aggressivo, botte, umiliazioni, privazione di cure, cibo pessimo e insufficiente, schiaffi, insolenze, dileggi, perfino da parte di massimi esponenti delle istituzioni. Il tutto esibito con tracotanza e aggressività. Un disastro di Pubbliche Relazioni da suicidio morale e legale. Così sempre e ovunque. Hai voglia Hasbara…
Questa o quella per me pari sono
1948. 9 aprile, il terrorismo delle bande sionista Stern, Irgun e Haganah si scatena sui civili palestinesi. Il villaggio storico di Deir Yassin viene bruciato, periscono tra le fiamme 300 persone. Premier David Ben-Gurion. Fondatore dello Stato.
Deir Yassin
Parlo per me, perché c’ero. 1967, Guerra dei 6 giorni, piratescamente aggrediti a freddo Siria ed Egitto, con distruzione a terra delle loro aviazioni, villaggi rasi al suolo, Palestina invasa e occupata contro il dettato ONU, soldati egiziani giustiziati a freddo, Golan siriano annesso, 300.000 palestinesi cacciati verso campi profughi nel nulla. Premier Levi Eshkol, laburista.
1970. Su sollecitazione del presunto nemico israeliano, re Hussein di Giordania, reagìsce alle operazioni dei Fedayin in partenza dal suo paese, sterminando, col pretesto di dare la caccia ai guerriglieri palestinesi, oltre 5000 profughi della Nakba. Premier Golda Meir, laburista.
1982. In Libano le sinistre e i profughi palestinesi si scontrano con i fascisti della Falange maronita. Israele entra in campo a sostegno dei Falangisti e per 18 anni spadroneggia nel paese, fino a venirne cacciato nel 2000 dalla resistenza armata di Hezbollah. Il generale Sharon sovrintende alla strage di 3.500 profughi palestinesi inermi a Sabra e Shatila. Premier Shamir, Likud, e Rabin, laburista.
Anni ’80. Intifada dei sassi. Almeno 1.100 palestinesi, moltissimi minorenni, uccisi dall’esercito. Una decina di migliaia sequestrati senza processo nelle carceri della tortura. Premier, Shamir, Likud, e Rabin, laburista, che aveva intimato all’esercito di “rompere le ossa di braccia e gambe” ai ragazzi
2006. Israele torna a invadere il Libano, allora, come in questi giorni di tregua solennemente firmata, invade, occupa il Sud, bombarda e distrugge Beirut e tutte le città del paese. Nel giro di un mese viene cacciata dal paese da Hezbollah. Lascia come ricordo e monito a Khiam, sul confine, una prigione che mi capitò di visitare e vederne tutti gli strumenti di tortura. Tra l’altro uno scatolone di 1,5 metri per 1,5 in cui venivano costretti prigionieri, raggomitolati per giorni e settimane. Medici negli ospedali libanesi mi mostrarono feriti con piaghe interne che uccidevano mandando in necrosi gli organi, provocate da nuove armi segrete. Premier Ehud Olmert, Kadima
2008-2009. Piombo Fuso, prova generale del genocidio in corso, testimoniata nel docufilm “Araba Fenice il tuo nome è Gaza”. Israele invade, bombarda, occupa, uccide, distrugge, costringe a sfollare, rientrare, sfollare. Utilizza scudi umani, ragazzi di Gaza legati sui cofani dei blindati in perlustrazione, o posti in testa a pattuglie che controllano case alla ricerca di partigiani. Costringe famiglie a lasciare l’abitazione e, incolonnate, le mitraglia, e impone di abbandonare i feriti, lancia fosforo dagli aerei che bruciano vive le persone investite. Distrugge ogni infrastruttura necessaria alla vita: acquedotti, reti elettriche, barche da pesca, allevamenti, depositi di viveri, panifici, coltivazioni. Premier Ehud Olmert, Kadima. Intervisto una bambina di 12 anni a cui sono stati uccisi 28 membri della famiglia. Sa tutta la storia della Palestina, dalla Nakba.
L’opposizione è connivente e, con Naftali Bennet, Nuova Destra religiosa, e Yair Lipid, Yesh Atid (Partito di Centrodestra), governa brevemente tra 2021 e 2022. Quanto basta per ripetere gli assalti a Gaza e potenziare il colonialismo di insediamento.
Premier israeliani
Questi giorni hanno appena visto l’oscena farsa trumpiana di un Piano di Pace senza il soggetto che lo riguarda, corredato da costanti rotture israeliane di una finta tregua, a Gaza come in Libano. Quel soggetto, il popolo di Gaza, è quindi implicitamente dichiarato inesistente, mentre quello che ancora figura formalmente sulle mappe della Cisgiordania (presto Giudea e Samaria) sta subendo il più mortale assalto, di coloni ed esercito, da quei giorni di Oslo che avrebbero dovuto assicurargli rispetto e autogoverno.
Obietta quella parte della Knesset su cui tanto puntano coloro che si sbilanciano fino a giudicare nefasto solo il regime di Netanyahu, con i suoi gatto e volpe, operativi l’uno del genocidio a Gaza e l’altro della nuova Nakba in Cisgiordania? Non obietta. Se ritenete diversa da quella di un Ben-Gvir la linea di Naftali Bennett, del più rumoroso Yair Lapid, o dell’ultrà tipo Azov, Avigdor Lieberman (“Israele casa nostra”, scissione a destra dal Likud), dovreste ri-ritenere. In Cisgiordania, da noi infilata dai media sotto le coperte di Ucraina e Garlasco, stanno bruciando 75 tra città e villaggi. Da gennaio a inizio ottobre erano 1.500 gli attacchi da parte di coloni armati, con 180 tra morti e feriti, ad abitazioni, strutture, campi, uliveti, acquedotti, magazzini palestinesi, furti di macchinari e di raccolti delle olive, vitali per la sopravvivenza. Per l’UNRWA il mese più violento da quando si è monitorata la violenza dei coloni nel 2006.
Coloni armati e raccolta olive
Tutto questo è illegale, criminale, opera di uno Stato fuorilegge che, mentre nega il riconoscimento dello Stato degli autoctoni, dovrebbe essere esso stesso a essere messo in discussione. Ma né Yair Lapid, considerato numero uno per la prossima premiership, né i suoi colleghi “oppositori” hanno fiatato. Anzi, Bennett ha ribadito che questa è la nostra terra, ne siamo figli e non lo sono quei beduini che poi sono tutti Hamas. Né nessuno di costoro, su cui puntano i vari preoccupati del degrado israeliano, ha avuto da obiettare quando tutto questo è stato dichiarato l’inequivocabile passo verso il Grande Israele dal Nilo all’Eufrate.
Ma è giusto così, sono terroristi e, dunque, da condannare a morte. Compresi i 10.000 trovatisi per caso nelle carceri della tortura e dello stupro, magari con cani, magari sotto terra senza mai un filo di luce del giorno o una boccata d’aria…
… E intanto lo Zombie sepolto da reati, ma degno di ricevere la grazia ancor prima del processo, sta in cima ai sondaggi…
Come si vede il sionismo, nella sua espressione coloniale e razzista senza scrupoli o limiti, non conosce, né contrasti, né sfumature, tra chi si professa di un credo o dell’altro, sinistra destra, religione, laicità. Meglio non farsi illusioni.
Zuppa? Pan bagnato?







































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