Fai una donazione
Questo sito è autofinanziato. L'aumento dei costi ci costringe a chiedere un piccolo aiuto ai lettori. CHI NON HA O NON VUOLE USARE UNA CARTA DI CREDITO può comunque cliccare su "donate" e nella pagina successiva è presente (in alto) l'IBAN per un bonifico diretto________________________________
- Details
- Hits: 2186
Il clima sta cambiando, i rapporti di sfruttamento no
di Enzo Pellegrin
Se mai ce ne fosse bisogno, le manifestazioni "istituzionali" di venerdì scorso hanno confermato un dato ambientale, sul quale gran parte del mainstream mediatico investe risorse di controllo dell'opinione da almeno venti anni. Il clima della Terra sta cambiando.
Lo confermano, in ordine di importanza: i governi più potenti del mondo, le organizzazioni governative, le cosiddette organizzazioni non governative, i governi allineati ai governi più potenti del mondo. Nel mazzo entra pure il governo italiano, il quale ha "istituzionalizzato" le manifestazioni per il clima con una circolare del Ministero della Pubblica Istruzione, la quale invitava i docenti ad accettare la giustificazione di assenza per la partecipazione al "Friday for Future". Ultime ma non meno importanti, le organizzazioni dei partiti governativi e filogovernativi, le quali hanno tentato di dirigere, attraverso le loro organizzazioni giovanili, le manifestazioni di venerdì.
Che il clima, ma non solo il clima, stia andando incontro a mutamenti derivanti dall'inquinamento dei metodi di produzione e di sviluppo economico, lo avevano in precedenza detto sia la comunità scientifica internazionale, sia una serie di personaggi che alle nazioni Unite avevano più volte parlato, senza che il mainstream mediatico avesse mai dato loro la dovuta eco.
Fidel Castro Ruz, nel 2007, nella piena esplosione di quello pseudoecologismo peloso che lodava la ricerca di carburanti alternativi al petrolio derivati da vegetali e mais, ricordava che
"L'energia è concepita come qualsiasi merce…La terra e i suoi prodotti, i fiumi, le montagne, le foreste ed i boschi sono vittime di una incontenibile rapina. I beni alimentari, ovvia - mente, non sono sfuggiti a questa infernale dinamica.
- Details
- Hits: 4647
Due o tre cose sul clima e i Fridays for Future
di Piero Pagliani
«Your ancestors did not end slavery by declaring an emergency … I vostri antenati non hanno posto fine alla schiavitù dichiarando un'emergenza e sognando soglie artificiali per il numero “tollerabile” di schiavi. Ma l'hanno chiamata per quello che era: un'industria incredibilmente profittevole, la base di buona parte della prosperità dell'epoca, fondata su una fondamentale ingiustizia. E' tempo di fare la stessa cosa per il cambiamento climatico.»
(Myles Allen: Why protesters should be wary of ‘12 years to climate breakdown’ rhetoric. Myles Allen è docente di Scienze Geosistemiche, Leader dell'ECI Climate Research Programme, Università di Oxford, autore del capitolo riguardante le previsioni sul cambiamento climatico globale dell'IPCC Fourth Assessment Report e coautore dello Special Report on Global Warming of 1.5ºC dello stesso IPCC)
Nutro non solo sospetti, ma ho una reale paura dei movimenti suscitati dall'alto. Perché in alto ci sono le élite e spesso, come ci ricordava con chiarezza Antonio Gramsci, queste élite sono abilissime a mimare le forme di mobilitazione popolari (“del proletariato”), e lo fanno esclusivamente per i propri interessi e, in subordine, dei ceti sociali ad esse afferenti.
Ho quindi paura del “fenomeno Greta Thunberg” (non della giovane Greta), proprio perché per me il fenomeno Greta Thunberg, cioè il bandwagon che si è costruito in tempi record sulla base delle sue primitive - e io penso genuine - intenzioni e azioni, è un prodotto progettato e impacchettato a freddo (si veda di Cory Morningstar, giornalista investigativa e ambientalista, The Manufacturing of Greta); un prodotto immediatamente utilizzato da alcuni settori delle élite che infatti sin da subito hanno richiesto e ottenuto che la giovane Pasionaria del clima fosse accolta laddove si celebrano alcuni dei loro riti più appariscenti: i media mainstream, parlamenti e capi di stato vari, il World Economic Forum di Davos, il papa, l'Onu.
- Details
- Hits: 1754
Territori estrattivi e politica dei morti viventi
Lo sviluppo capitalista nell'era della crisi ecologica
di Maura Benegiamo
[Anche in Italia, come nel resto d’Europa e del mondo, gli ultimi mesi hanno visto centinaia di migliaia di persone scendere in piazza contro il cambiamento climatico. Importanti sono state le piazze oceaniche di Fridays For Future il 15 marzo e quella dei comitati a Roma, il 23 dello stesso mese. Dopo il secondo Climate Strike del 24 maggio, oggi va in scena il terzo atto. Per comprendere le sfide che attendono il movimento globale per la giustizia climatica proponiamo il seguente testo di Maura Benegiamo, che parte da una riflessione presentata al convegno Ambientalismo Operaio e Giustizia Climatica tenutosi presso il Centro Studi Movimenti di Parma il 14 giugno 2019. (el)]
1. L’astrazione è sempre estrazione
La connessione tra crisi ambientale e crisi economica che ha caratterizzato il panorama globale negli ultimi anni si è tradotta in un’intensificazione dei processi di mercificazione e sfruttamento applicati al mondo naturale. L’epoca post-fordista è stata caratterizzata da intense trasformazioni del lavoro e dei processi di sussunzione. Le logiche che hanno sotteso tali trasformazioni si sono estese al di là della produzione umana, implicando anche una trasformazione delle relazioni tra capitale e natura. In particolare, il crescente trasferimento sull’ambiente dei costi e delle funzioni della riproduzione sociale ha reso le funzioni riproduttive dell’universo non-umano – e la conseguente codificazione dei processi biologici – un elemento centrale nello sviluppo del capitalismo. In questo modo, le più recenti forme di captazione del valore, incentrate sulle dimensioni apparentemente più immateriali o cognitive della produzione ed attente a processi di cattura e monetarizzazione dei flussi di informazioni e di conoscenza, sono state applicate all’ampliamento delle dinamiche di estrazione e sfruttamento della natura (e dei corpi). Le stesse enclosures e la mercificazione della natura sono venute così ad articolarsi con i nuovi processi di accumulazione.
In questo contesto, le derive ecologiche che hanno contribuito alla crisi del modello fordista possono essere riviste alla luce dei nuovi saperi ambientali e del progresso tecno-scientifico, che però a loro volta sono serviti a costituire una specifica grammatica ad uso della governance neoliberista. Tutti questi processi si accompagnano infatti a politiche di sfruttamento intensivo dei territori ed estrazione delle risorse che sostengono traiettorie differenziali di inclusione ed esclusione.
- Details
- Hits: 2265
Mao nella metropoli
di Roberto Sassi
In preparazione dell’iniziativa del prossimo 3 ottobre a Roma, organizzata dalla RdC, sui “70° anniversario della proclamazione della Repubblica Popolare Cinese e, più compiutamente come contributo alla discussione su questo importante snodo storico/teorico e politico, pubblichiamo l’introduzione alla terza edizione del libro di Mao Tse-tung, Ribellarsi è giusto!, Ed. Gwynplaine, 2013 (una raccolta di scritti di Mao Tse tung curata dal compagno Roberto Sassi che sarà un relatore all’iniziativa del 3/10 a Roma)
Il vento non si ferma neanche se gli alberi vogliono riposare
Mao Tse-tung, 2 giugno 1966.
Una montagna di menzogne ci opprime, una filosofia dell’irreversibile e dell’ineluttabile vuole imporci l’accettazione incondizionata dello stato di cose presente. La Storia ci chiude la bocca, curva le nostre spalle. E son sempre di più quelli che, stanchi di cercare l’ago nel pagliaio, cominciano a pensare che la paglia non è poi tanto male…
Tempi bui, davvero tempi bui: tempi di disastri e stragi, tempi di tirannia.
Il Nuovo Ordine Mondiale Imperialista, dopo aver celebrato i suoi fasti, è precipitato in una crisi di sistema senza precedenti.
Il mercato ha regolato tutti i conti, a modo suo, ma i conti non tornano.
È tempo di incominciare la Rivoluzione.
Per questo Mao Tse-tung è attuale, oggi più che mai. Di più, il pensiero di Mao è indispensabile a chi non vuole arrendersi alla morte delle intelligenze, dei corpi e della natura.
Il pensiero di Mao, “roba da scemi, da gruppetti folklorici e settari, ormai sepolti in un un passato di vergogna di cui è OBBLIGATORIO pentirsi”. Chi ci dice questo altro non ci propone se non sfruttamento, inquinamento e guerra – l’orizzonte insuperabile del dominio del capitale.
Vogliono imporci un “sì” convinto, o perlomeno rassegnato. Mao ci insegna a dire “no”.
Se una montagna di menzogne ci opprime, solo con la tenace follia di Yu Kung potremo liberarcene.
Solo con gli occhi del vecchio pazzo possiamo vedere, nell’ora più buia, l’approssimarsi dell’aurora.
- Details
- Hits: 1361
Il "nuovo"ESM, tra la vecchia soluzione del "trattamento Grecia" e la sfida tedesca all'Ital€xit
di Quarantotto
1. Il quadro generale della congiuntura italiana nei suoi possibili sviluppi di breve e medio termine.
Cerchiamo di approfondire l’evoluzione della situazione italiana dentro l’eurozona all’incirca nei prossimi due anni (indicativamente). E cioé, appunto, entro un breve periodo in cui si acutizzino i fattori recessivi esogeni (crisi strutturale e geopolitica, - cioè neo-multilaterale-, della globalizzazione asimmetrica) e endogeni all’eurozona (ulteriore consolidamento fiscale, pro-ciclico, determinato dagli obiettivi di pareggio strutturale di bilancio derivanti dal modo in cui viene calcolato l’output-gap dal working group che supporta le prescrizioni impartiteci dalla Commissione Ue).
Nell’appunto sull’applicazione dell’art.65 TFUE, la situazione italiana (attuale) viene riassuntivamente così descritta :
L’Italia attualmente si trova:
a) impossibilitata comunque a promuovere politiche di crescitadi c.d. “piena occupazione” (effettiva), e anzi obbligata, dal fiscal compact e dalle sue linee guida applicative (qui, p.3), a perseguire un aggiuntivo e forte consolidamento fiscale, induttivo di una probabile recessione che si aggiunge alla forte stagnazione “esogena” attualmente in corso;
b) impossibilitata, di conseguenza, anche a svolgere le politiche anticicliche(qui, pp. 5-8) la cui necessità e urgenza si manifesta a causa della fase di stagnazione-recessione in cui, anzitutto, la Germania si trova, “trascinando”, di conseguenza anche il nostro sistema produttivo che ne è divenuto, per notori motivi, strettamente dipendente;
- Details
- Hits: 1317
Governo italiano e mondo: incominciano a cadere le foglie
di Piotr
Con il nuovo esperimento di governo, così stravagante in termini politici ma benedetto da Bruxelles, Parigi e Berlino, l'Europa sta riconsiderando le sue relazioni approfittando della debolezza USA?
1) Cadono le foglie nazionali
Lo scisma renziano ha svelato uno dei motori che fanno e faranno funzionare, o funzionicchiare, il governo Conte bis: le poltrone (“Ops! Gli 'incarichi'”, direbbe Lucia Annunziata sorniona).
Un governo come si deve, un governo che meriti rispetto, si deve basare su un accettabile programma e su un'accettabile base etica, dove per “etica” non bisogna intendere la “morale” ma ciò che tiene insieme una comunità, dà ad essa valori di base condivisi e un orizzonte comune (si parla di un governo non rivoluzionario, ovviamente, ma anche un governo rivoluzionario deve fare i conti con la tenuta della comunità).
Avete notizia di un qualche programma di questo governo, a parte espressioni così vaghe che potrebbero essere formulate da un qualsiasi adolescente (tipo “più attenzione all'ecologia”, “crescita”, “giustizia sociale”)?
E in quanto ad etica, che spettacolo danno forze politiche che per anni si sono insultate nei modi peggiori, che fino ad un attimo prima dicevano “Mai con quello! Mai con questo!” e un attimo dopo si sono avviluppate sotto le lenzuola?
“Mai coi 5 Stelle!” urlava Renzi. “Alleanza subito coi 5 Stelle!” urlava un nanosecondo dopo in vista della sua scissione e dei vantaggi che poteva trarre da tutto ciò.
“Mai con Renzi”, urlavano i 5Stelle. Ma ora Renzi sta formando rapidamente la terza gamba del Conte bis (già iniziano i travasi da Forza Italia in Italia Viva). E la terza gamba - o quarta se intendiamo Conte come una gamba a sé - siederà a tutti i tavoli, per forza, e i 5Stelle siederanno agli stessi tavoli, per forza. Di Renzi si può dir tutto, ma non che non sia un animale politico (anche se non nel senso più nobile del termine).
- Details
- Hits: 1956
Quantitative Easing: la lotta di classe al tempo dello spread
di coniarerivolta
Nel Consiglio Direttivo di settembre la Banca Centrale Europea (BCE) ha deciso di riprendere il programma di acquisti netti di titoli finanziari (Asset Purchase Programmes) meglio noto come QE, ovvero il famigerato Quantitative Easing. Con il QE la banca centrale espande la liquidità a disposizione del sistema economico con lo scopo dichiarato di ripristinare il corretto meccanismo di trasmissione della politica monetaria: si suppone che la liquidità immessa allenti le tensioni sui mercati finanziari e consenta dunque all’economia reale di tornare sui binari della crescita. La banca centrale inonda il sistema di liquidità acquistando titoli finanziari, in prevalenza titoli di Stato dei paesi dell’area euro: tramite questi acquisti, i titoli finiscono nella pancia della banca centrale mentre il denaro, il prezzo pagato per acquistare quei titoli, entra nel sistema economico.
Attraverso questo meccanismo, la BCE ha introdotto nell’economia europea tra i 60 e gli 80 miliardi di euro ogni mese dal marzo 2015 al dicembre scorso, quando il programma di acquisti netti è stato provvisoriamente concluso, nell’ipotesi che tre anni di stimoli monetari fossero stati sufficienti a rivitalizzare il sistema finanziario e produttivo dell’area euro. Invece, il primo semestre del 2019 ha mostrato evidenti segni di stagnazione, con la produzione in calo persino nel cuore pulsante dell’Europa, in Germania, e l’inflazione al di sotto delle aspettative. Insomma, gli effetti positivi del QE sull’economia europea non si sono mai visti, nonostante la massiccia iniezione di liquidità messa in atto dalla BCE a partire dal 2015. Il Presidente della BCE, Mario Draghi, ha sostanzialmente ammesso questo fallimento, ma ovviamente ne imputa ad altri la responsabilità: secondo Draghi la politica monetaria sta facendo tutto ciò che è in suo potere per rilanciare l’economia europea, ma senza un briciolo di politica fiscale espansiva da parte della Germania diventa impossibile evitare il baratro di un’altra recessione.
- Details
- Hits: 2763
Where’s the Revolution? Who’s making your decisions?
di Francesco Cappello
Il rituale del venerdì e dello “sciopero globale” va riempito di tutti quei contenuti che risultano, non a caso, generalmente rimossi. Tutto è connesso a tutto
Bisogna aiutare i nostri figli/studenti a vedere ciò che è loro sistematicamente celato.
Non hanno gli strumenti per farlo autonomamente. Materie essenziali allo scopo sono state rimosse dai loro piani di studio. La didattica per “competenze“ tenta ormai di sostituirsi a quella per contenuti.
Nella scuola che frequentano anche il linguaggio convoglia l’ideologia aziendalistica. Non si danno più voti ma “debiti” e “crediti” mentre le micro e piccole imprese reali vengono lasciate al loro destino soffocate da un’enorme imposizione fiscale.
Vi si pretende di dare valutazioni e giudizi indiscutibili (digitali) che deresponsabilizzano i docenti. Anche una macchina può “correggere” una verifica nel formato “quiz invalsi“ e dare una valutazione scaturente dalla applicazione di insindacabili criteri, codificati in una “griglia“ (algoritmo valutativo) preventivamente predisposta. Allo studente è chiesto di mettere una crocetta (la stessa con cui si firmano gli analfabeti) nella casella giusta. La tendenza è quella di rendere maggioritarie questo genere di verifiche a discapito delle prove orali e di quelle scritte tradizionali.
Le prove invalsi ci “suggeriranno” quali argomenti trattare, con quali modalità e quali trascurare. Le interrogazioni orali e scritte saranno sempre più sostituite da idiote quanto mortificanti gare a quiz già candidate all’utilizzo per l’ammissione a esami di Stato, peraltro continuamente cangianti anche nel corso dell’anno scolastico, come accadde l’anno scorso.
Non più il/la preside ma un dirigente (d’azienda), scolastico amministratore delegato con sempre più responsabilità, all’interno di una organizzazione in cui sono in pochi (il Consiglio di Istituto) ad avere l’ultima parola. Il Collegio Docenti, per molti aspetti importanti, ha ormai solo potere propositivo; d’altronde, la propaganda propone che anche il Parlamento nazionale sia da considerare uno “strumento desueto».
- Details
- Hits: 1488
Noi vogliamo l'uguaglianza
di Marino Badiale
I. Introduzione
Nella stagione politica appena trascorsa, un tema di acceso dibattito è stato quello della riforma delle norme relative a separazioni e affidi, riforma proposta col DDL 735, poi divenuto mediaticamente noto come “DDL Pillon” dal nome del Sen. Simone Pillon, il personaggio politico più noto fra i sostenitori del DDL. La caduta del governo Lega-M5S ha cancellato questo tema dall’agenda politica. Può darsi che, appunto per questo, sia possibile adesso una riflessione più serena su questi temi, una riflessione che si distacchi dall’urgenza di attaccare questo o quel partito, questo o quell’esponente politico, e cerchi di andare alla radice dei problemi.
Non è facile discutere di questo tema. Uno degli elementi di difficoltà sta nel fatto che il problema è piuttosto serio e in certi casi anche drammatico, ma è in sostanza ignoto all’opinione pubblica, principalmente perché esso non gode di molto spazio sui media, che ne parlano solo in riferimento a casi particolarmente drammatici. Cerchiamo allora di riassumere i punti fondamentali.
È noto che, a partire dall’introduzione in Italia dell’istituto del divorzio, negli anni Settanta, le cause di separazione, in presenza di figli, sono state risolte, nella stragrande maggioranza dei casi, secondo lo schema per cui i figli venivano “affidati” alla madre, mentre il padre versava un contributo economico (i cosiddetti “alimenti”) e vedeva i figli a intervalli variabili a seconda dei casi ma, nella grande maggioranza dei casi, senza continuità. Questa organizzazione rifletteva naturalmente l’organizzazione famigliare tradizionale, secondo la quale la madre si occupa dei figli e il padre porta i soldi a casa: si tratta, con ogni evidenza, della traduzione di quest’ultimo schema nella nuova situazione della separazione/divorzio. Si tratta di una organizzazione che era sempre meno adeguata alla direzione verso la quale si stava evolvendo la famiglia, segnata dalla tendenza ad una maggiore uguaglianza fra i genitori nell’ambito della gestione della vita domestica e in particolare dei figli.
- Details
- Hits: 2143
Questione ambientale e movimenti studenteschi
di OSA - Opposizione Studentesca D'Alternativa
Il clima della Terra con l’aumentare della temperatura globale sta cambiando ad una velocità spaventosa, portando alla scomparsa di alcuni ecosistemi, allo scioglimento dei ghiacci e all’innalzamento dei mari, che rischia addirittura di sommergere (ad esempio in Polinesia) interi stati nel giro di 50/100 anni. Il riscaldamento globale è incrementato consistentemente dagli effetti delle attività umane, e in particolare della deforestazione, del consumo di acqua e dell’inquinamento.
Tutte queste sono attività che l’uomo svolge da 13.000 anni, ma che hanno assunto proporzione così rilevante dalla nascita dell’industria alla fine del XVIII secolo. Da allora la popolazione mondiale è cresciuta di 8 volte e si è moltiplicata la produzione di qualunque bene di consumo. L’industria produce però scorie; per fare l’esempio più noto e lampante è ancora oggi fondata sulla combustione di fossili, che libera nell’aria anidride carbonica, uno dei cosiddetti “gas serra” alla base del riscaldamento globale, che catturano i raggi solari limitandone la riflessione.
Inoltre l’industria richiede un’enorme quantità di materie prime, inclusa l’acqua dolce che ricordiamo essere presente in quantità limitata sul pianeta. I nuovi materiali plastici e gli agenti chimici utilizzati in agricoltura creano un ulteriore problema di inquinamento duraturo causato tanto dalla loro dispersione quanto dalla produzione, e uniti all’inquinamento atmosferico dovuto alle polveri sottili causano la morte in massa e la malattia di numerose specie animali, tra cui l’uomo.
Nel suo continuo bisogno di incrementare la produzione di merci, il capitale è spinto alla ricerca perenne di nuove risorse, talvolta distruggendo ecosistemi unici.
- Details
- Hits: 2072
Sulle rotte della Nuova Via della Seta
conversazione con Diego Angelo Bertozzi
Oggi l’Osservatorio presenta un’ampia conversazione avuta con l’analista Diego Angelo Bertozzi (Brescia, 1973), tra i maggiori esperti italiani della Cina e della Nuova Via della Seta. Sull’Impero di Mezzo Bertozzi ha pubblicato i saggi “Cina, da sabbia informe a potenza globale” (Imprimatur, 2016), “La Belt and Road Initiative” (Imprimatur, 2018) e “La Nuova Via della Seta. Il mondo che cambia e il ruolo dell’Italia nella Belt and Road Initiative”, uscito da pochi giorni per i tipi di Diarkos. Sui temi trattati nell’ultimo suo lavoro e, in generale, nella sua lunga carriera di studioso della Cina abbiamo voluto confrontarci con una delle voci più autorevoli nella comprensione delle dinamiche della potenza in maggiore ascesa su scala globale.
* * * *
Osservatorio Globalizzazione: Dottor Bertozzi, nei suoi lavori lei ha fornito validi spunti per la comprensione delle dinamiche della politica cinese e delle strategie per il suo rafforzamento. Quali sono, attualmente, le prospettive per Xi Jinping e il suo governo.
Diego Angelo Bertozzi: Il prossimo 1° ottobre Pechino festeggerà il settantesimo anniversario della fondazione della Repubblica popolare e, quindi, della vittoria della rivoluzione socialista e della lotta di liberazione nazionale. Si tratta di un anniversario molto atteso perché destinato a celebrare l’ascesa della Cina a vera e propria potenza globale dopo un processo, anche contraddittorio e difficoltoso, di crescita impetuosa che ha cancellato il “secolo delle umiliazioni”. Credo che ci siano pochi dubbi a proposito: Xi Jinping e il suo governo possono mostrare all’opinione pubblica mondiale la realizzazione concreta del messaggio lanciato da Mao nell’ottobre del 1949: “la Cina si è levata in piedi”.
- Details
- Hits: 3438
Il pesante fardello dell’uomo bianco. I
Diritti umani e democrazia. La Repubblica Popolare Cinese contro l’imperialismo americano
di Gianbattista Cadoppi
Take up the White Man's burden —
Send forth the best ye breed —
Go bind your sons to exile
To serve your captives' need;
To wait in heavy harness,
On fluttered folk and wild —
Your new-caught, sullen peoples,
Half-devil and half-child.
..........
Take up the White Man's burden —
The savage wars of peace —
Rudyard Kipling
Il pesante fardello dell’uomo bianco è quello di portare ai popoli incivili, per metà diavoli e per metà bambini, la vera fede, la civiltà, la democrazia dovendo, ahimè, combattere le “guerre selvagge” della pace. Ma coloro che abbiamo salvato dalla barbarie siamo sicuri che lo volessero? Siamo sicuri che la loro fosse “barbarie”, siamo sicuri che i nostri popoli siano quelli del “Manifest Destiny”, che Dio ci abbia destinato una missione? Siamo davvero in missione per conto di Dio come dicevano i Blues Brothers? Ma loro non facevano particolari danni e il prezzo era che qualche nazista dell’Illinois finisse a bagno dentro al fiume.
Certo che questa nostra voglia di portare la civiltà agli altri ha avuto anche qualche vittima per i danni collaterali. Quando ci sono milioni di morti una cosa è sicura: questi morti non potranno mai usufruire degli “immensi benefici” della democrazia, della libertà e dei frutti della “civiltà” occidentale. E le vittime? Gore Vidal afferma che i milioni di filippini morti (forse tre milioni) sono stati generalmente rappresentati come danni collaterali di una rivolta contro l’Impero americano.
Perché cito Vidal? Perché la poesia di Kipling fu scritta a sostegno dell’invasione da parte degli Stati Uniti delle Filippine nella guerra ispano-americana (definita splendid little war) iniziata nel 1898 il cui pretesto fu l’affondamento della USS Maine.
- Details
- Hits: 2040
The Great Green Capitalism Swindle
di Sandro Moiso
Julien Temple nel 1980, con il film The Great Rock’n’Roll Swindle, ci aveva informati, in maniera irriverente e trascinante, del fatto che non solo la musica pop con tutto il suo circo mediatico e mercantile, ma anche il fenomeno punk, apparentemente così trasgressivo e diverso come nel caso degli iconici Sex Pistols, altro non fosse che una ben congegnata truffa ai danni dei giovani consumatori. Anche di quelli più radicali nei gusti e nei comportamenti.
Oggi la grande truffa è diventata green, verde come quel capitalismo che in nome della propria sopravvivenza finge di rinnovarsi affinché nulla realmente cambi, sia nel suo devastante rapporto con l’ambiente che nei rapporti di classe, dominio e sottomissione che le sue regole economiche da sempre sottendono.
Greta Thunberg è sicuramente un personaggio ispiratore di grande simpatia e i giovani che si sono mossi dietro di lei e con lei sicuramente hanno molto a cuore il destino di questo pianeta e della nostra specie. Ma il discorso sulla casa comune, come ho già affermato la settimana scorsa proprio su Carmilla (qui), rimane profondamente inficiato dal fatto che in una società divisa in classi c’è ben poco in comune tra chi sta in alto (pochi) e chi sta in basso (la maggioranza, soprattutto nelle aree esterne all’Occidente o ai paesi del G dai vari numeri che lo accompagnano a seconda delle occasioni). Molto spesso, infatti, mentre le case di molti bruciano o vengono travolte dal fango o da altri disastri naturali (dall’Amazzonia a New Orleans fino ai nostri Appennini), in altre case si festeggia: non lo scampato pericolo come sarebbe lecito supporre, ma il guadagno che tali disgrazie altrui possono portare nelle tasche di pochi fortunati.
- Details
- Hits: 2214
Un target da centrare (prima che sia troppo tardi)
di Francesco Cappello
È noto come l’export tedesco sia pari alla metà del Pil della Germania. Aver puntato tutto sulle esportazioni rende oggi l’economia tedesca fragile, a causa, ad esempio, della rapidissima diffusione dei dazi che hanno fatto crollare le esportazioni. Si pensi, in particolare, al mercato delle auto verso la Cina. Lo scorso giugno, le esportazioni tedesche sono scese dell’8% rispetto all’anno precedente con tendenza al peggioramento.
La Ue, complessivamente, è in surplus rispetto al resto del mondo. È il mercantilismo a connotare la politica economica dei paesi dell’eurozona. Il suo strumento principale essendo l’ordoliberismo.
Nell’area euro, pur di risultare in surplus rispetto al mondo (esportiamo più di quanto non si importi), non si è esitato a operare svalutazioni interne, che mantenendo bassi salari e stipendi, distruggendo lo stato sociale, limitando il più possibile gli investimenti pubblici, accettando un equilibrio di sottoccupazione, hanno penalizzato i mercati interni dei singoli paesi europei; tutto al fine di vincere la competizione, producendo merci capaci di imporsi sui mercati grazie all’alto rapporto qualità prezzo raggiunto.
Il mercato interno europeo si sta ridimensionando pericolosamente a causa della deflazione imposta dall’euro. Anche la crescita dell’export italiano è stata realizzata al ribasso, nel tentativo di ovviare alla fissità del cambio imposta dalla moneta unica, che ha impedito le fisiologiche svalutazioni e rivalutazioni, consentendo accumuli patologici di attivi e passivi delle bilance commerciali europee (i saldi che i paesi in surplus hanno accumulato registrati dal sistema dei pagamenti europeo, Target 2, ammontano a circa mille miliardi di euro, di cui 800 tedeschi!). I conseguenti spostamenti criminali di capitali, dai paesi in surplus a quelli in deficit, atti a profittare della situazione, fino a ridurre in povertà estrema questi ultimi (esemplare il caso della Grecia), costretti a ridurre a zero il loro stato sociale, svendere i loro patrimoni pubblici, asset, i fattori stessi della produzione ecc..
- Details
- Hits: 1598
I dilemmi di un’autonomia difficile: la cultura tra economia e politica
Intervista a Carlo Galli
Giacomo Bottos, Lorenzo Mesini, Francesco Rustichelli intervistano Carlo Galli
Con questa intervista vorremmo approfondire la questione dei nessi tra cultura, politica ed economia. Iniziamo col constatare come il nesso tra cultura e politica appaia oggi in crisi, mentre da più parti si pone l’accento sul legame tra cultura e mondo economico. Un rapporto che si declina sia in termini di ‘utilità’ della cultura – e quindi di giustificazione dell’investimento in cultura – sia di una concezione della cultura intesa come attività economica in senso stretto. Essa deve rivendicare una propria autonomia? Al tempo stesso sembra necessario che essa entri in relazione con queste sfere. Quali sono le forme specifiche in cui questo può avvenire?
Dobbiamo guardarci dal rischio di reificare la cultura, anche solo definendola ‘cultura’ come se fosse un ambito a sé stante, completamente autonomo e composto da specifiche pratiche. In realtà la cultura è il modo con cui l’uomo sta nel mondo. Vi sono dunque infinite gamme di cultura, dalla costruzione di utensili primitivi fino alla creazione della Cappella Sistina. Quando diciamo cultura oggi, però, intendiamo di solito forme di elaborazione particolarmente sofisticate, non immediatamente volte all’utilità o, se volte all’utilità, finalizzate anche a trascendere l’utilità stessa. Attenendoci a questa definizione ristretta di cultura ci troviamo di fronte a forme di elaborazione, costruzione, rappresentazione e narrazione che si confrontano con canoni prefissati – adeguandosi ad essi o superandoli – compiendo una serie di operazioni che trascendono l’orizzonte immediato.
Partendo da questa riflessione comprendiamo facilmente che nella produzione di cultura in una qualche dimensione – prima, dopo, davanti, dentro – deve darsi anche una produzione di utilità. L’utilità può essere intrinseca all’oggetto: un tempio, ad esempio, è allo stesso tempo utile e bello.
- Details
- Hits: 3669
La solitudine dell’agente rappresentativo
Eterogeneità e interazione per una nuovamacroeconomia
di Giovanni Dosi e Andrea Roventini*
Crisi e rivoluzioni della teoria e della politica economica: un simposio
Abstract:La Grande Recessione è stata un esperimento naturale per la macroeconomica, mostrando l’inadeguatezza della teoria dominante basata sui modelli DSGE. La macroeconomia dovrebbe considerare l’economia come un sistema complesso in evoluzione, cioè come un’ecologia popolata da agenti eterogenei, che interagiscono fuori dall’equilibrio cambiando continuamente la struttura stessa del sistema.Quindi, la macroeconomia non può ridursi alle scelte micro di un agente rappresentativo, ma le complesse interazioni tra gli agenti portano all’emergenza di nuovi fenomeni e strutture gerarchiche a livello macro. Questo è alla base dei modelli ad agenti eterogenei, che offrono una nuova metodologia per modellare economie complesse “dal basso”, con microfondazioni in linea con l’evidenza empirica.
Il dibattito tra Emiliano Brancaccio e Olivier Blanchard si colloca nella più ampia discussione sulla crisi e possibile rifondazione della teoria macroeconomica scaturita dalla crisi finanziaria del 2008 e dalla Grande Recessione (Blanchard e Summers, 2019; Brancaccio, 2019; Blanchard e Brancaccio, 2019). I due autori, in modi più o meno espliciti, affrontano temi sia teorici che di politica economica. Per Emiliano è necessario un paradigma economico alternativo rispetto a quello fondato sull’equilibrio economico generale e l’agente rappresentativo che permetta di slegare la produzione dalla distribuzione del reddito. Tale paradigma dovrebbe ri-basarsi sui contributi classici di Marx, Sraffa, Pasinetti, Garegnani e molti altri. Olivier discute cinque lezioni o sfide che la macroeconomia deve affrontare e le implicazioni per la politica monetaria e fiscale. Entrambi partono da un’ispirazione teorica keynesiana: dopo la crisi, gli economisti che credono ‘talebanamente’ nelle magnifiche sorti e progressive del libero mercato sono diventati dei panda (i cui problemi riproduttivi non andrebbero peraltro curati).
- Details
- Hits: 3971
Non è una festa
di Andrea Zhok
Ieri vaste manifestazioni di matrice ecologista, in Italia e nel mondo, hanno suscitato impressione e grandi entusiasmi. Vedere tante persone, soprattutto giovani, mobilitarsi in massa per qualcosa di importante, qualcosa che va al di là delle immediatezze e superficialità di cui siamo prigionieri, è uno spettacolo confortante.
Francamente delle nuove generazioni è giusto temere chi si rimbecillisce davanti a uno schermo, chi fa a gara di selfie o chi si perde dietro a gadget e capetti firmati, ma non quelli che alzano la testa per guardare al di là del proprio presente individuale.
Dunque credo che l’attuale movimento vada accolto con apprezzamento, e anche se non mancano espressioni ingenue e talvolta semplicemente sciocche, bisogna ricordare che questo è fatale in ogni movimento di massa, e lo è sempre stato.
Ciò che però è importante capire, davanti alle usuali espressioni festose e ridenti, da scampagnata inattesa, è che il problema in oggetto è assai lontano dall'essere l'occasione per una festa.
1. I dubbi
I dubbi degli scettici verso questo movimento non sono privi di senso, per quanto spesso si appuntino su questioni irrilevanti (come le vicende biografiche della nota ragazzina svedese).
Il primo, fondato, dubbio nei confronti di questo movimento sta nel fatto di essere apparentemente sostenuto da quello stesso apparato capitalistico che è all’origine dei problemi ecologici. I sorrisi di capi di stato che invocano ulteriore crescita come unica soluzione, e il plauso di industrie private la cui moralità si risolve nel distribuire cedole corpose ai propri azionisti, sono indici assai sospetti.
- Details
- Hits: 3704
Scuola: un tema nelle mani di un gruppetto di “specialisti”?
di Lucio Russo
Ripubblichiamo di seguito la recensione di Lucio Russo al volume di Ernesto Galli Della Loggia, L’aula vuota. Come l’Italia ha distrutto la sua scuola. Il titolo con il quale pubblichiamo lo scritto è stato scelto dalla Redazione di Roars. Il testo è originariamente apparso su Anticitera. [NdR]
Il dibattito sulla scuola, che attrae di solito molta meno attenzione di quanto meriterebbe, si è arricchito di recente di questo interessante contributo di Ernesto Galli della Loggia, che è allo stesso tempo un saggio abbastanza documentato sulla storia della crisi della scuola italiana e un pamphlet in cui le idee dell’autore sul tema (ma anche sulla politica italiana e sulla cultura in generale) sono esposte con il consueto vigore.
Tra le tesi esposte in questo libro condivido innanzitutto l’affermazione del ruolo centrale svolto dalla scuola nella vita degli Stati in generale e, in particolare, nell’Italia postunitaria. Scrive Galli della Loggia (p.14):
[…] nei decenni successivi all’Unità, mentre l’analfabetismo veniva sia pur lentamente riducendosi, furono essenzialmente l’istruzione superiore e l’università a fornire alla giovane nazione le élite necessarie alla sua crescita. E fu così che, già dalla fine dell’Ottocento, l’Italia poté contare su ottimi ingegneri, matematici illustri, filologi, medici ed economisti di vaglia. Le prime reti moderne che si videro nella Penisola – quella ferroviaria e quella dell’elettricità – furono realizzate in larghissima misura da persone formatesi nella scuola italiana.
In questo brano sono implicitamente individuati due fini della scuola: l’elaborazione e trasmissione di competenze tecniche utili nel lavoro e la formazione delle élite. Galli della Loggia sottolinea però giustamente che la scuola deve innanzitutto e soprattutto avere un altro fine: preparare alla vita, dotando i giovani (tutti i giovani per i quali è possibile farlo) di una cultura generale che permetta loro di uscire dalla propria particolarità e di mettersi in relazione con il mondo passato e presente, con tutti i suoi pensieri, i suoi protagonisti e i suoi fatti, raggiungendo così una pienezza di vita altrimenti impossibile (p. 12).
- Details
- Hits: 2540
L'altro Marx
Perché il Manifesto Comunista è obsoleto
di Norbert Trenkle (Krisis)
1 -
È almeno a partire dalla crisi finanziaria del 2008 che Karl Marx viene di nuovo riconosciuto, abbastanza giustamente, come altamente attuale. I suoi nuovi e vecchi amici, ad ogni modo, si sono concentrati su quella parte della sua teoria che è ormai da lungo tempo superata: la teoria della lotta di classe tra la borghesia ed il proletariato. Diversamente, l'«altro Marx», quello che ha criticato il capitalismo in quanto società basata sulla produzione generale di merci, sul lavoro astratto, e sull'accumulazione del valore, ha ricevuto ben poche attenzioni serie. Ma invece è proprio questa parte della teoria di Marx che ci permette di analizzare adeguatamente la situazione attuale di quello che è il sistema capitalistico globale ed il suo processo di crisi. La teoria della lotta di classe, al contrario, non contribuisce in alcun modo alla nostra comprensione di quello che sta attualmente accadendo, né è in grado di riuscire a formulare una nuova prospetta di emancipazione sociale. Per tale ragione, bisogna dire che oggi il Manifesto del Partito Comunista è obsoleto, e conserva solo un valore storico.
2 -
Ad una prima occhiata, tutto ciò può sembrare sorprendente. A leggere, estrapolandoli, alcuni passaggi del Manifesto suonano come se fossero delle diagnosi altamente attuali del nostro tempo. Ad esempio, quando Marx ed Engels scrivono che la borghesia, nella sua incessante urgenza di espandersi, ha «dato un'impronta cosmopolitica alla produzione e al consumo di tutti i paesi» e «ha tolto di sotto i piedi dell'industria il suo terreno nazionale» (Marx/Engels 1848), questo si legge come una diagnosi in anticipo di quella che sarà la cosiddetta globalizzazione.
- Details
- Hits: 3226
La teoria marxista dello Stato socialista e del diritto
di Mario Cermignani
Il concetto di “democrazia socialista” e la funzione delle regole giuridiche in Marx, Lenin e nell'ottobre 1917
Processo rivoluzionario, questione della proprietà e Stato socialista. La visione marxista ed il ruolo del Partito comunista
Alla base della teoria marxista dello Stato vi è la contraddizione ultima ed insanabile (che, nella logica “dialettica” del reale, costituisce il fondamento oggettivo della necessaria e razionale evoluzione socialista del processo storico) fra sviluppo delle forze produttive della società e rapporti di produzione/proprietà capitalistici: cioè l'inconciliabile contrasto, scoperto dalla scienza marxista, tra l'oggettiva e progressiva “socializzazione” (interconnessione/correlazione/interdipendenza generale e “collettiva”) della produzione, della capacità e dei processi lavorativi, da un lato, e, dall'altro, i rapporti di appropriazione “privata”, da parte di una esigua minoranza dell'umanità, del prodotto sociale generato dal medesimo lavoro collettivo.
Sul punto è illuminante Lenin, in “Che cosa sono gli amici del popolo”:
“Le cose vanno in un modo del tutto diverso quando si giunge, grazie al capitalismo, alla socializzazione del lavoro. (…) Ne risulta che nessun capitalista può fare a meno degli altri. E' chiaro che il detto 'ognuno per sé' non è più applicabile in nessun modo ad un simile regime: qui oramai ognuno lavora per tutti e tutti lavorano per ciascuno (…). Tutte le produzioni si fondono in un unico processo sociale di produzione, mentre ogni produzione è diretta da un singolo capitalista, dipende dal suo arbitrio, e gli dà i prodotti sociali a titolo di proprietà privata. Non è forse chiaro che la forma di produzione entra in contraddizione inconciliabile con la forma dell'appropriazione? Non è forse evidente che quest'ultima non può non adattarsi alla prima, non può non divenire anch'essa sociale, cioè socialista?”.
- Details
- Hits: 1275
L’impossibile cambiamento
di Militant
Quando nel giugno 2016 Il Movimento Grillino riuscì a conquistare il Campidoglio con Virginia Raggi, grazie al massiccio consenso registrato nelle periferie della città, si pensò, con molti se, che la debacle del Pd e di quel sistema di potere pervasivo che aveva governato per alcuni decenni, si fosse scomposto, disarticolato. Non certo il partito degli affari ma almeno il referente politico bipartisan che aveva diligentemente portato avanti le politiche liberiste nella città. Sappiamo tutti com’è andata e nessuno nel nostro campo, nonostante l’evidente soddisfazione per la rovinosa sconfitta del PD, considerava la nuova giunta dell’onestà e della trasparenza”, una giunta che sarebbe stata amica dei movimenti e risolutrice di alcune grandi questioni sociali che affliggevano in particolare la metropoli romana.
Tanta acqua è passata sotto i ponti da quel 2016: abbiamo visto il Renzismo cadere nel giro di un anno, le elezioni del 4 marzo 2018, l’alleanza giallo verde, l’ascesa del Salvinismo (ancora in corso) in consistenti settori delle masse popolari e l’avvento dell’inedita alleanza di sistema Grillo Renzi. A tre anni di distanza occorre tracciare un bilancio di questo tempo trascorso, partendo da alcune premesse necessarie e non scontate che riguardano il governo della città liberista.
La prima riguarda il contesto, la cornice politica della crisi generale, che è in primis economica e sociale, senza cui è impossibile comprendere la crisi del governo della città. Questa premessa è necessaria per capire la sostanziale ingovernabilità del regime metropolitano, in assenza di una politica espansiva, in cui il diktat, mai messo in discussione, del pareggio di bilancio, è un totem intoccabile. Contro questo macigno posto sull’unica strada percorribile, nessuno, neanche la forza più popolare e di sinistra, sarebbe in grado di segnare quella famosa discontinuità o cambiamento.
- Details
- Hits: 2114
Liquidità BCE
Nella palude dell'UE
di Francesco Cappello
Draghi reimmetterà 20 miliardi al mese (creati dal nulla) nel circuito economico
Per statuto non può immetterli direttamente nell’economia reale in forma di investimenti pubblici, sostegno alle imprese, alle famiglie ecc… mette quindi delle condizionali nella “speranza“ che stavolta possano raggiungere il target desiderato. Nella Unione Europea è stata introdotta l’idea criminale che gli investimenti pubblici in deficit siano da evitare perché causerebbero debito. Ne sono conseguite pratiche malsane che stanno portando allo smantellamento della casa comune. Si fa avanzo primario dal ’92. Si spende cioè meno di quanto si incassi sotto forma di tasse così che rimanga sempre qualcosa da destinare al pagamento del servizio al debito. Non si investe nei servizi pubblici, che vengono piuttosto taglieggiati, si risparmia sulla previdenza, le infrastrutture al collasso vengono abbandonate al loro destino, si svende il patrimonio comune nel tentativo di far cassa, i trasferimenti dello Stato ai comuni sono stati ridotti al lumicino viceversa questi ultimi sono stati incoraggiati a diventare esattori delle tasse locali. Si fanno concessioni di sfruttamento coloniale del territorio svenduto, spesso a multinazionali straniere che fanno i loro comodi operando con finalità estrattive di ricchezza. Tali concessioni, compensate con due briciole e tre posti di lavoro… sono generalmente fatte passare per salvifici investimenti stranieri.
È vero che fare investimenti pubblici in deficit crea debito? No. Chi fosse interessato veda qui (1) [Ancora meglio se si riprendesse ad usare, in parallelo all’euro, moneta a non debito come si dirà più avanti]. Sappiamo che nel settore pubblico il vincolo di ideale saldo zero (spese=entrate fiscali) e in generale il Fiscal Compact, che nel 2012 ha sovvertito la costituzione economica (nuovo art. 81), ci impediscono qualsiasi politica fiscale espansiva (1).
- Details
- Hits: 2505
La libertà è solo nella verità
Trockij, Lenin, Stalin
di Salvatore Bravo
Democrazia e capitalismo assoluto
I processi di dominio ed alienazione sono la verità del capitalismo assoluto, la pratica del capitalismo assoluto agisce secondo due direzioni convergenti: la struttura e la sovrastruttura speculari l’una all’altra: il fine è non lasciare tempo e spazio per il pensiero e sostituirlo con il calcolo. La fase del rispecchiamento del capitalismo diviene così totalitaria, in assenza di discrepanze tra struttura e sovrastruttura non resta che il pensiero omologato e la necrosi della democrazia. Se la democrazia sopravvive perché è usata come mezzo ideologico contro i sovvertitori dell’ordine mondiale, la motivazione è da riscontrarsi nella sua riduzione a forma giuridica privata di ogni partecipazione sostanziale. La “democrazia del capitale” rende sostanziale i diritti delle merci ed il loro feticismo, infatti possono circolare senza limiti nello spazio concreto e virtuale, attraversano l’etere per colonizzare le menti mediante le tecnologie. L’”atmosfera” al tempo del capitalismo assoluto è inquinata dall’invisibile circolazione di frequenze che trasportano messaggi commerciali; il capitalismo non lascia nessuno spazio libero: visibile ed invisibile si ritrovano accumunati nella densità quantitativa e calcolante. Nel Timeo il Demiurgo soffiava nel corpo del cosmo per vivificarlo, donandogli un’anima unica che tutti accomuna, il capitalismo assoluto soffia nello spazio e nel tempo per dividere, per frammentare e lasciare dietro di sé un mondo di solo cose. L’effetto di tale pratica non è solo la divisione e la formazione di individui anticomunitari, ma una miriade di specializzazioni che consentono di acquisire un numero notevole di informazioni tecniche, ma inibiscono ogni pensiero della totalità. Democrazia senza verità e prassi e, pertanto, non resta che il calcolo nichilistico delle tecniche di produzione e controllo, a cui si è passivamente sussunti.
- Details
- Hits: 3440
Nazionalizzare. Cui Prodest?
di Andrea Genovese e Mario Pansera
Il capitale multinazionale si muove come vuole, si sposta cercando di ridurre i costi di produzione (uniche variabili, ormai, sono i salari e le politiche fiscali nazionali), delocalizza, sfrutta territori e persone e se ne va.
Ma oltre a questa dinamica, ormai consaputa, rispetto alla quale gli Stati nazionali si comportano da servi (per debolezza o per convinzione ideologico-corruttiva), c’è anche la saturazione di mercato per alcune merci, mentre sorgono (a ritmo sempre più lento) nuovi bisogni indotti e merci in grado di soddisfarli.
La fuga del capitale multinazionale ha come unica risposta possibile la nazionalizzazione degli stabilimenti che vengono abbandonati, con terribili conseguenze sull’occupazione, specie in territori che non presentano particolare densità industriale.
Ma – è questo il merito della riflessione di Andrea Genovese e Mario Pansera – non tutti i settori produttivi sono uguali. Nazionalizzare uno stabilimento che produce merci “mature”, per cui esiste solo un mercato di sostituzione (peraltro rallentata dai bassi salari medi, che limitano i consumi) può avere un senso per tutelare l’occupazione, ma essere un fallimento nelle normali dinamiche “di mercato”.
Dunque si pone una domanda importante per chiunque non sia asservito ai desiderata del capitale: quali nazionalizzazioni sono strategiche e quali no? Una volta espropriata la fabbrica – senza indennizzo – bisogna sapere se quella produzione è ancora significativa (e in che misura) e cominciare a pensare a riconvertire su altri prodotti. Per cui in genere servono altri tipologie di stabilimento, ossia con nuovi investimenti
Insomma, salvaguardia dell’occupazione e utilità sociale della produzione debbono essere pensate come un tutto. Una volta era quasi normale chiedersi: cosa produrre e come, per soddisfare quali bisogni?
- Details
- Hits: 2340
L'euro-dittatura getta la maschera
di Leonardo Mazzei
Cosa ci dice la vergognosa risoluzione anticomunista del parlamento di Strasburgo
Quando si parla di totalitarismo eurista, ci si riferisce solitamente al retroterra ordoliberista da cui sgorgano quelle regole e quei "trattati europei" (in realtà dell'Ue) che imprigionano tanti popoli e nazioni del continente. Ma, come i carabinieri, l'ordoliberismo in campo economico non cammina da solo, andando invece a braccetto con una più ampia visione totalitaria del mondo. Da qui l'incredibile e vergognosa risoluzione adottata giovedì scorso dal parlamento europeo.
Una risoluzione obbrobriosa sotto ogni punto di vista, scritta male, con concetti fasulli ripetuti senza fine, basata su falsificazioni madornali, dove non si sa neppure se sia più la malafede che l'ignoranza, dove si tratta di storia come se si scrivesse una sentenza in un tribunale di quart'ordine. E tuttavia una risoluzione illuminante, con la quale fare i conti fino in fondo. Una risoluzione che ci dice alla perfezione cosa sia davvero l'Unione Europea.
I nostri critici che si vorrebbero di "sinistra" ritengono che l'Ue, per quanto imperfetta, sia comunque meglio del sovranismo, che per loro è sempre nazionalismo, dunque - da una semplificazione all'altra - inevitabilmente fascismo. Per loro lo scandalo (vedi, ad esempio il Manifesto) sta nel fatto che il Pd ha votato come Orban. Ora, a parte il fatto che il Pd in Europa governa - governa! - con il partito di Orban, la questione decisiva qui è un'altra. Ed essa risiede nella pretesa, questa sì totalitaria, di ostracizzare definitivamente chi si colloca fuori dalla cornice del pensiero dominante. In breve: o si è liberali, meglio se liberisti, oppure si deve essere cacciati ai margini della società. Da qui la riscrittura del passato, l'apologia delle forze e dell'ideologia che dominano il presente, l'ipoteca che si vorrebbe mettere sul futuro.
Page 261 of 610