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Governo Lega-M5s: ottime possibilità di durare a lungo

di Francesco Cattabrini

Molti politici e giornalisti ripetono ogni giorno che il governo Lega-M5S non durerà a lungo. Piú che una previsione è un auspicio, ma è il classico gioco politico tra le parti. In verità, penso che l’attuale governo possa durare a lungo, per molte ragioni, una delle quali provo a sintetizzare in poche righe.

Nel corso di oltre due secoli di storia illustri economisti – tra cui Schumpeter, ma anche vari economisti russi – hanno posto l’attenzione sui «cicli economici». Si è cercato di capire, in sostanza, se il sistema economico capitalistico presenti “regolarità”, ossia se abbia un andamento ciclico (quelle che Kondratiev definiva «onde»). Alcuni economisti ritennero corretto tale andamento, osservando cicli piú o meno brevi e regolari di espansione e contrazione dell’economia: «onde», appunto. E tale andamento crescita-recessione era noto a Marx e ha svolto un ruolo importante nella sua analisi, né credo si possa attribuire a sua poca chiarezza o a sue presunte illusioni il fallimento, da parte del variegato mondo marxista novecentesco, dei tentativi di transizione dal capitalismo al socialismo. Ma è un’altra questione.

Tornando al punto, perché questa premessa? Aiuta a spiegare la fase politica presente, dicendo però altre “due cosette” sull’economia. Il secondo dopoguerra del Novecento fu caratterizzato dai «trenta gloriosi» (anni del «boom economico») che hanno portato l’Italia nell’élite dei paesi piú industrializzati del mondo. Grazie a politiche di stampo keynesiano tutto l’Occidente industrializzato ha beneficiato di questa fase di crescita. La politica, in quella fase, ha guidato l’economia su un sentiero espansivo, stabilendo una cornice di regole sul piano internazionale funzionali a evitare – o meglio, ritardare – l’inversione del ciclo nella fase recessiva, inversione tanto piú rapida quanto piú l’economia capitalistica viene lasciata a se stessa.

A partire dagli anni ottanta, come molti sanno, questa fase si è interrotta, prima sul piano teorico e poi su quello dell’economia reale. La ragione principale ha a che vedere con la caratteristica centrale del modo di produzione capitalistico: la lotta di classe. Ritenendo di aver concesso troppo ai lavoratori – si pensi al Sessantotto e alle conquiste dei diritti del lavoro, ottenuti con dure lotte fino alla prima metà degli anni settanta – il variegato mondo del “Capitale” decise di riprendere in mano la situazione. E separiamo l’andamento ciclico teorico da quello reale.

In teorica economica, dalla predominanza della teoria keynesiana si passò al ritorno delle teorie di stampo neoclassico o marginalista. A chi ha qualche nozione di teoria economica viene subito alla mente il «monetarismo» di Milton Friedman, ma i riferimenti possono essere molti. Ebbene, ripristinato il vecchio paradigma, si potevano giustificare tutte quelle misure di liberalizzazione volte a sbrigliare il Capitale da lacci e lacciuoli. Per esempio, ci si liberò del controllo sui movimenti di capitali a livello internazionale, favorendo una sempre piú intensa finanziarizzazione dell’economia. Su questa misura e altre relative alla cosiddetta «accumulazione del capitale» si potrebbe parlare a lungo, ma non è questo il luogo. È importante sottolineare che, da allora, si aprí quella fase di «crescita drogata» dell’economia conclusasi con la durissima crisi del 2008, con inversione del ciclo reale nella recessione.

Che c’entra con Salvini e il M5S? Ecco: il capitalismo ha nove vite come i gatti. Spesso a sinistra si è pensato di riprendere in mano la situazione sulle ceneri di un sistema economico implodente su se stesso, ma questo non è successo. Viceversa, il meccanismo – ben illustrato già da Marx – recupera le sue forze proprio nella fase di recessione. A differenza degli anni sessanta-settanta, adesso ci si accorge che la corda è stata tirata troppo, con gigantesco allargamento della forbice in termini di distribuzione del reddito. Frasi tipo «l’1% piú ricco della popolazione mondiale possiede piú ricchezza del restante 99%» (si veda il Rapporto Oxfam 2018) chiariscono bene quanto mal distribuite siano le fette di torta dell’economia. Ma non è che il ricco 1% sia preso da sensi di colpa, no di certo. È il meccanismo economico capitalistico in sé che necessita di un correttivo, perché, se azzeri la domanda di quel 99%, il meccanismo stesso si inceppa e va in crisi. Dunque occorre riavviarlo, con cautela, ma riavviarlo: se uccidi tutti gli schiavi il lavoro non lo fa piú nessuno. Occorre concedere loro un po’ di cibo e riposo, ridando un po’ di potere di acquisto e, quindi, una fettina di torta un po’ piú grande. Questo, sul piano storico, si può ben osservare con gli andamenti ciclici. Fino a oggi il capitalismo è riuscito a riprendere energia proprio grazie al funzionamento di un meccanismo caratterizzato dall’alternarsi di crescita e crisi, concessione di diritti e riduzione dei diritti.

Eccoci al governo Salvini-Di Maio. L’Italia non avrebbe potuto avere altro governo che questo, proprio quanto delineato. Il Pd, partito al servizio del Capitale, non può svolgere alcun ruolo in questa fase. E Berlusconi ha fatto il suo tempo. Al capitalismo serve qualcuno che sappia gestire questa fase di recessione per evitare il collasso del sistema. Chi meglio dell’accoppiata Lega-M5S? Possono garantire un “riaggiustamento” del sistema senza metterlo veramente in discussione. Un capitalismo moderato al posto di quello selvaggio che ha dominato dagli anni ottanta al 2008. Lo scopo di questo governo è di ridare un po’ di potere di acquisto e qualche diritto a quel 99% di popolazione che, a sua volta, esprimerà il suo apprezzamento in sede elettorale. Per questo penso che abbia ottime possibilità di durare.

Questo dice il ragionamento, ma la storia, alla fine, non si ripete mai davvero uguale a se stessa, ed eventi improvvisi e inaspettati possono sempre mutare il quadro generale. Questa la mia recondita speranza: sbagliarmi. Certo è che, se un pensiero e un’azione “di sinistra” devono rinascere da «Liberi e Uguali» o da «Potere al Popolo», questa speranza è cosí recondita da ridursi a un quasi impercettibile lumicino.

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