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lacausadellecose

ArcelorMittal e lo scudo penale: non c’è via d’uscita

di Michele Castaldo

Quando un membro del governo come quello attuale, o anche di tutti quelli precedenti, di fronte al dramma della ArcelorMittal, che minaccia la dismissione, dice che “la sovranità appartiene al parlamento e non al gruppo dirigente della società”, dice una stupidaggine. Ci troviamo cioè al cospetto del dilettante allo sbaraglio, del presuntuoso di turno e del cretino patentato, ovvero di colui che non conoscendo la forza delle leggi dell’economia si atteggia a statista, piuttosto che a micragnoso personaggetto.

Meno cretino e più con i piedi per terra è Landini, che di fronte al ricatto della società – di dismettere se non viene rispristinata l’immunità penale – propone di ripristinare l’immunità penale per togliere l’alibi all’azienda. Poi ci saranno quelli che spareranno ad alzo zero contro Landini e la Cgil perché in questo modo si favoriscono i padroni sulla morte degli operai e dell’area inquinata circostante in nome del profitto. Il che è vero, ed è anche facile parlare, ma la questione che abbiamo di fronte non è di parole, ma di azioni, ovvero dell’uso della forza.

Sulla stessa lunghezza d’onda stanno i Calenda, i Renzi, e gran parte degli uomini di governo che interpretano “correttamente” le necessità dell’azienda e del Pil – Calenda dice che il fatturato della Arcelor Mittal da sola rappresenta l’1,5% del Pil.

E gli operai e il loro consiglio di fabbrica? Silenzio imbarazzante, balbettio privo di significato e lamentazione, ma niente lotta, al momento. Perché? Al riguardo vorremmo citare quella famosa scenetta di Totò che racconta ad un amico di un energumeno che lo affronta dicendogli “Pasquale, maledetto delinquente” e lo prende a calci e pugni. All’amico che gli chiede “e tu?” lui risponde “io pensavo: chissà questo scemo dove vuole arrivare”. A un certo punto l’amico gli chiede: “ma come lui ti prende a calci e pugni e tu non reagisci?” E Totò risponde: “E che mi frega, mica sono Pasquale”.

Ora diciamoci la verità: per chi è schierato contro il capitalismo è facile esultare di fronte a certe rivolte popolari come in Cile o in Libano; più complicato è cercare di ragionare su una vera e propria tragedia come quella che si sta consumando a Taranto.

Lo voglio dire a chiare lettere senza nascondermi dietro a un dito: Landini e la Cgil rappresentano lo stato d’animo della classe operaia dell’Ilva di Taranto. Uno stato d’animo deprimente, di chi non sa cosa fare e dove sbattere la testa. Di conseguenza il traditore non è solo Landini, ma tutta la classe operaia dell’Ilva di Taranto. Se non pensiamo questo ci dobbiamo interrogare sul perché una parte importante del proletariato industriale italiano di fronte a un attacco così feroce sta fermo. Non farlo equivale a mettere la testa sotto la sabbia e cercare facili alibi, nascondersi in fumose argomentazioni prive di logica.

La verità che non vogliamo accettare è che gli operai sono costretti a guardare al capitalista, al capitale e al capitalismo come i girasoli guardano al sole. Sanno di dover da esso dipendere, che sono ad esso complementari. In modo particolare in una fase di crisi di sistema come quella attuale e vivono tra l’incudine del lavoro nocivo proprio e dei propri familiari e la dismissione dell’azienda che li costringerebbe alla fame propria e dei propri familiari.

Chi avrebbe il coraggio di presentarsi ai cancelli per indicare il “che fare?” Nessuno, tanto è vero che tutti farfugliano frasi prive di senso, ma nessuno ha la forza di dire che sarebbe necessaria una rivolta popolare, mettere cioè in piazza una sana irresponsabilità operaia, proprio perché gli operai non se la sentono di sfidare una situazione così complicata, dove le leggi dell’economia sovrastano di gran lunga quelle degli stati e dei governi. Sicché l’unica forza non è quella di indurre a più miti consigli, bensì sarebbe la forza della mobilitazione di massa, esattamente quella che temono tanto i 5Stelle quanto quelli del Partito democratico, quanto i Leu che hanno sposato l’idea di gestire da “sinistra” le leggi dell’economia e si son fatti garanti della “civile convivenza”, una civile convivenza che viaggia a pieno ritmo verso il disastro ambientale e l’impoverimento di masse sterminate di uomini.

Benvenute le mobilitazioni in Cile, in Equador, in Libano, in Iraq, che dimostrano che stiamo sulla bocca di un vulcano e che il movimento del sottosuolo minaccia tempi brutti per l’insieme del modo di produzione capitalistico.

A giusta ragione la destra, italiana e mondiale, difende lo status quo e dà dell’irresponsabile a quei “pensatori” che propongono una decrescita felice. E la sinistra? Diamo la parola a J. Diamond e N. Stern:

«Nel momento in cui sia la carta neoliberista che quella neo-keynesiana sono state giocate a margine di conseguenze devastanti, ciò che sembra persistere nel nostro rapporto con la crisi è la fede indistruttibile in una nuova rivoluzione scientifico-tecnologica che ci trarrebbe d’impaccio. In altre parole, rimaniamo certi che l’occidente […] tornerà a crescere con la giusta miscela di innovazione e sano capitalismo, e che una nuova generazione di tecnologie “verdi” aprirà ‘nuovi scenari di crescita che potranno trasformare le nostre economie e società nello stesso modo in cui la ferrovia, l’elettricità, l’automobile e l’IT hanno fatto in passato».

Cantano a Napoli: «ma chisto è suonno d’oro, è suonno ‘e fantasia.».

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Comments

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Mario Galati
Friday, 15 November 2019 11:41
Hai ragione, Michele Castaldo, se per "fatti" intendi la tua biografia, il tuo ombelico e dintorni. A questo punto, per essere conseguente e totalmente coerente, non dovresti neppure scrivere o parlare d'altro, ma dovresti superare anche la narrazione biografica e limitarti ad esibire corporeamente la tua persona che, secondo questa concezione (che potrebbe rientrare a pieno titolo in quella dei straparlatori dei "corpi", della "biopolitica" e biodiscorrendo), sarebbe il massimo dell'eloquenza.
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michele castaldo
Thursday, 14 November 2019 14:49
Vedi Galati: questa è la differenza che passa tra un militante che parla di fatti e chi, in assenza di argomenti tira calci in aria.
Buona fortuna.
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Mario Galati
Thursday, 14 November 2019 12:12
Non ho nessuna intenzione di fare presentazioni, visto che non siamo in una comitiva nel tempo libero o tra nuovi colleghi di lavoro. E soprattutto, non ho alcuna intenzione di esibire curricola, come ama fare Michele Castaldo. Se può essere di qualche interesse, dico che la mia origine ed estrazione sociale è proletaria, d'ambiente bracciantile meridionale. Quanto all'"origine" contadina di Michele Castaldo, mantengo la mia sensazione, visto che egli non risponde sulla sua origine, ma solo sul corso della sua vita.
Gli consiglierei di andare più cauto nell'esibire conoscenze che non ha, se non superficialmente e in modo distorto. Eviterebbe di dire scempiaggini su Gramsci, Lenin, Marx e su altri autori che cita.
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Paolo Selmi
Thursday, 14 November 2019 10:49
Speriamo Michele,
c'è davvero un gran bisogno, di questo dibattito. Perché alla fine nessuno ci concederà nulla, ma anzi ci cercheranno di disgregare ulteriormente le nostre poche energie, convogliarle su falsi temi, sapendo peraltro che ci cascheremo quasi sicuramente, dirigendo loro le danze, mantenendo l'iniziativa, disinnescando possibili situazioni di conflitto e di crescita di un movimento che, oggi, in quanto tale non esiste, né socialmente come coordinamento nazionale sul territorio (si procede in ordine sparso), né tantomeno politicamente (Umbria, non da ultimo, docet).
Ciao!
paolo
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michele castaldo
Thursday, 14 November 2019 09:39
Per M. Galati.
1) io mi sono presentato, si presentasse anche lui.
2) io conosco la storia dei fatti, ovvero di come si è svolta, lui si nasconde solo dietro parole ed espressioni ideologiche che non spiegano niente.
3) l'origine contadina - il furbetto Galati vuole riferirsi alle jaquerie - non c'entra un bel niente, mi sono formato nelle lotte per un verso e studiando Epicuro, Tito Lucrezio Caro, Giordano Bruno, alcuni filosofi del '700, Marx, Engels, Lenin, Bucharin, Plechanov, Gramsci e tanti altri ancora..
4) Le jaquerie a cui il Galati fa riferimento, si riferiscono alla lotta dei contadini a cavallo della rivoluzione francese, che non conosce. Lui non sa che la nuova borghesia francese si appropriò delle terre usando leggi e trucchi infami del catasto e massacrò intere comunità di contadini che si ribellavano contro i nuovi padroni.
5) Lenin fu grande, anzi grandissimo perché seppe appoggiare senza condizione le jaquerie dei contadini tra il luglio e l'ottobre 1917.
6) Lo stesso Gramsci - che Galati cita a sproposito, senza conoscerlo - innalzò al settimo cielo quelle jaquerie.
7) nel 1962 molti "gramsciani" (Garavini docet) condannarono senza riserve le jaquerie dei giovani operai della Fiat che insorsero per una settimana contro l'accordo che discriminava i giovani operai provenienti dal sud Italia.
Nel 1980/1 molti "gramsciani" (addirittura del Manifesto) condannarono la lotta dei disoccupati organizzati che andarono a chiedere il sostegno alla Camera del Lavoro di Napoli.
8) Sempre nel 1980/1 molti "gramsciani" governavano Napoli nel dopoterremoto e sostenevano la polizia contro le jaquerie dei disoccupati e occupanti di case.
9) Molti cosiddetti gramsciani ieri come oggi leccano il culo al potere, ed oggi nell'attuale governo Conti 2 abbiamo fior fiori di "gramsciani".
A M. Galati, concedo come sempre faccio il beneficio della buona fede e gli raccomando di studiare per meglio conoscere la storia della lotta degli oppressi e sfruttati, non le ideologie che le porta a spasso il vento.
Caro Mario,
c'è un prima: la lotta e un dopo: i risultati di essa.
Enri Kisinger a chi criticava i cedimenti durante le trattative ai vietnamiti eroici rispose: Non si può conquistare al tavolo delle trattative quello che si perde nel campo di battaglia.
Ecco, prendiamo esempio.
A Paolo Selmi,
carissima persona, di spirito onesto dico: il mio intendimento è quello di suscitare un dibattito vero, non meschino e ideologico, che miri a costruire un punto di anticapitalismo solido che pone al centro la messa in discussione del Modo di Produzione Capitalistico recuperando il punto critico di questa fase: l'impossibilità di riprodurre valore. Le sollevazioni di questo periodo rappresentano esattamente questa possibilità.
Ringrazio chiunque si sente lealmente impegnato su questioni inerenti gli interessi storici degli oppressi e sfruttati.
Michele Castaldo
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Mario Galati
Thursday, 14 November 2019 08:48
Nessuno mette in discussione che Michele Castaldo sia stato un agitatore e si sia impegnato in prima persona, pagandone anche un prezzo personale. Ciò che si mette in discussione è la sua concezione generale, che fa dell'agitazione l'alfa e l'omega della lotta. Si può essere agitatori, demagoghi deteriori e danneggiare il movimento. So benissimo che senza la lotta non si ottiene nulla. Però, non è importante solo lottare, ma come e per cosa si lotta. I mezzi non possono mai essere separati dai fini. Le forme di lotta, i mezzi adoperati, sono strettamente connessi ai fini. Una lotta fine a se stessa non può esistere, nemmeno se la si teorizza. La lotta per la lotta è puro vitalismo. Mi sbaglierò, ma Michele Castaldo, potrebbe essere di origine contadina e si porta dietro il retaggio di quel primitivismo che limitava la lotta alle esplosioni momentanee, ai tumulti, agli incendi dei municipi.
Castaldo non mi conosce e parla a vanvera di pranzi di gala, senza immaginare quanto possano essere distanti dalla mia vita. Per quanto riguarda la lotta di classe, per parteciparvi non occorre il suo invito, che tra l'altro, per il modo in cui la concepisce, rifiuterei.
E proprio perchè non ci conosciamo personalmente, ciò che viene in discussione sono le cose che scriviamo. E le cose che scrive Castaldo, a mio avviso, sono errate e dannose.
Un comunista che disdegna la teoria e l'organizzazione non è tale. E' solo un demagogo che lavora per il potere.
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Paolo Selmi
Thursday, 14 November 2019 08:31
Caro Michele,
Ci sono spunti di riflessione estremamente interessanti, sia in questo tuo lavoro, che dalle osservazioni che ne sono scaturite, e che ne rappresentano la ricezione e la rielaborazione da parte di compagni di diversa impostazione e orientamento. Non potrebbe, d'altro canto, essere altrimenti, visto che ArcelorMittal non può che rappresentare uno spartiacque, l'ennesimo, fra modi di intendere il rapporto capitale-lavoro, fra politiche industriali, fra interpretazioni pratiche, concrete, con i piedi nel fango, di visioni ideologiche del mondo.

Prima però di parlare di massimi sistemi, non posso che condividere la tua impostazione di fondo: L'ex-ILVA è un conglomerato nazionale dove, fino a oggi, gli operai sono stati a guardare, così come sarebbe successo in tutte le PMI che compongono il NOVANTADUE PERCENTO del nostro tessuto produttivo (https://www.infodata.ilsole24ore.com/2019/07/10/40229/?refresh_ce=1). Per inciso, citando il giornale dei padroni, lamento anche il fatto che siano sempre meno e sempre meno dotati di strumenti i centri studi che dovrebbero rappresentare il Lavoro e, più nel dettaglio, l'inquadramento attuale delle contraddizioni, il loro sviluppo storico, la loro possibile leva per promuovere una transizione al socialismo che, paradossalmente, nonostante il loro acuirsi ormai non è più valutato neppure come prospettiva dai centri stessi.
E come si comportano i lavoratori di ditte piccole o medie? Stanno a guardare, scendono - talvolta - in piazza, sempre una a una, più che altro quando i loro padroni decidono che è giunto il tempo di vendere e passare a miglior vita (purtroppo, per loro, in questa terra!), appare un trafiletto di giornale, CIS finché si può, e via.
Non per niente, i metalmeccanici delle grandi fabbriche hanno storicamente svolto un ruolo da volano sul resto delle categorie. Oggi manca anche questo, e non è un handicap da poco.
Una mobilitazione nazionale costringerebbe, senza dubbio, anche una classe dirigente che ha fatto di tutto per togliere qualsiasi rappresentanza politica diretta al Lavoro a scendere a patti con esso, in attesa che la gallina faccia l'uovo e ri-nasca, per l'ennesima volta, un'organizzazione politica degna di questo nome e in grado di raccogliere e rielaborare le istanze che dal Lavoro nascono e al Lavoro devono ritornare come soluzioni di problemi in una prospettiva, quella socialistica, che non nasce dall'oggi al domani.
Quanti, per esempio, oggi, dei nostri sarebbero in grado di coordinare il lavoro di costruzione del socialismo (proprietà sociale mezzi produzione + piano) in una realtà frammentata come la nostra?
Qui mi fermo, con queste riflessioni / impressioni, perlopiù a caldo, e scappo al timbro. Ma questa occasione, ancora la volta, ripropone a gran voce l'idea che da questo sito nasca un forum per la discussione e l'elaborazione politico-ideologica permanente di questi problemi, senza dover andare a recuperare un commento di quà e un commento di là.
Grazie del tuo lavoro.
Un abbraccio
Paolo
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michele castaldo
Wednesday, 13 November 2019 22:14
Dedicato a Mario Galati che non conosco e nemmeno lui conosce me.
1) ho 75 anni, 56 dedicati alla lotta politica.
2) sono stato operaio e sempre in prima fila nelle lotte e non solo del mio settore o stabilimento.
3) ho subito una cinquantina di denunce e più di una volta incarcerato.
4) sono stato alla testa di operai, disoccupati, occupanti di case, di lotte dei contadini poveri, di lotte degli immigrati e quant'altro ancora.
Tutta la mia esperienza diretta - nonché quella indiretta - nonché immense letture mi hanno convinto di una cosa che M. Galati non capirà mai: SOLO LA LOTTA, LA FORZA POSSONO SPOSTARE IN FAVORE DEGLI OPPRESSI E SFRUTTATI VERSO CONDIZIONI MIGLIORI DI VITA E DI LAVORO. questo è il Manifesto COMUNISTA.
Lui parla di Gramsci senza conoscere l'istinto di ribellione che espresse il sardo all'indomani dell'insurrezione del marzo 1917 in Russia.
Solo i presuntuosi e gli intellettuali da strapazzo possono pensare che il pensiero "rivoluzionario" anticipi la rivolta, disciplini la rivolta, orienti la rivolta.
Farebbe bene M. Galati a studiare la storia partendo dai fatti, non dalle idee sui fatti. L'agiografia sui fatti è come la marjurana, aiuta a star bene con sé stessi. Ma la storia, è tutt'altra storia caro amico.
Il silenzio operaio a Taranto di questi giorni è il peggior nemico degli operai e della cittadinanza che muore di cancro. Una rivolta in quella cittadina costringerebbe tutti i governi europei a sedersi a un tavolo e discutere per prendere decisioni che riguarderebbero tanto gli operai quanto i cittadini. Se M. Galati teme le jaquerie, i COMUNISTI, quelli veri, non da salotto, non solo non le temono, ma le hanno sempre sollecitate. Chi parla di jaquerie è perché teme di non controllare la rivolta degli oppressi e sfruttati e immagina i processi sociali come le tavole rotonde e i pranzi di gala. La lotta di classe è un'altra cosa. Egregio M. Galati: Stattene buono, non sei invitato.
Michele Castaldo
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Mario Galati
Wednesday, 13 November 2019 15:31
Penso sia chiaro che Michele Castaldo non offre la minima prospettiva ai problemi che pone (o meglio, offre una pseudoprospettiva del tutto inadeguata. Il che equivale a lavorare per confermare l'esistente). Secondo lui occorre mobilitare (anzi: occorre che si mobiliti "spontaneamente") una forza che si contrapponga alla forza del capitale. C'è però il piccolo dettaglio che una forza si mobilita secondo una prospettiva, a meno che per mobilitazione della forza non si intenda una mobilitazione teppistica o da jaquerie.
Tutto ciò rientra coerentemente nella concezione generale di Michele Castaldo, secondo cui un sistema, un moto-modo di produzione, come lo definisce, non viene modificato o superato anche con l'azione e l'intervento cosciente delle forze presenti (come se la volontà e la previsione soggettiva, l'organizzazione, gli scopi prefissati, non rientrino a pieno titolo nei fattori oggettivi, come Gramsci insegna), le quali possono tuttalpiù agitarsi per favorire il caos e la pandistruzione (alla quale, il pensiero di Castaldo, offre come solo esito l'amorfismo: oggi distruggiamo, poi si vedrà; il che equivale a dire "Inutile che vi agitiate, tanto non serve a nulla. Dovete aspettare che i tempi siano maturi e la profezia si adempia. Tuttalpiù potete fare un po' di casino"). E questa concezione non è altro che nullismo, nichilismo anarcoide, ossia, pensiero conservatore.
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michele castaldo
Tuesday, 12 November 2019 16:02
Purtroppo, caro Claudio Della Volpe, la storia muove solo in base a spostamento di forza contro forza e chi insegna chimica e/o fisica lo sa bene. Il punto in questione non è quello di fare una proposta che potrebbe avere la valenza, o forza, della ragione ma non quella della ragione della forza in assenza della quale tutto ruota intorno buona volontà che lastrica continuamente la via dell'inferno delle classi meno abbienti.
Il mio è semplice buon senso, nulla più.
Ti ringrazio
Michele Castaldo
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CLAUDIO DELLA VOLPE
Tuesday, 12 November 2019 13:26
Caro Nichi De Martini ci vorrebbe una cosa banale: l'ESPROPRIO dell'ILVA; punto e basta; l'acciaio lo produciamo noi e lo usiamo noi; ristrutturiamo lo stabilimento (sostituiamo al coke il metano per esempio o l'idrogeno) e il problema ambientale non c'è più; ovviamente qua abbiamo un governo che accetta la logica del capitale e una classe operaia senza partito; ovviamente questo lo si può fare se si mette in discussione ogni cosa compresa il legame all'europa e al "mercato" maledetto; da una parte si deve pur cominciare.
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michele castaldo
Tuesday, 12 November 2019 12:22
Caro Nichi De Martini,
innanzitutto ti ringrazio per aver letto il mio breve articolo, precondizione per discutere. Cerco di rispondere a chiare lette nel merito della tua osservazione.
Avrai certamente notato che pongo al centro della questione una forza impersonale come quella delle leggi del modo di produzione capitalistico. Contro una tale FORZA si può discutere solo opponendo non gli argomenti del mercato e delle sue leggi, no, ma le quelle delle necessità lavorative e di vita dell'uomo. Dunque leggi contro leggi e FORZA CONTRO FORZA. E dopo? Cominciamo dal PRIMA, cioè dal mettere in discussione le leggi anti uomo, anti umanità e strada facendo ragioniamo - con la forza in campo - cosa fare.
Ragionando priori sul dopo prevale la FORZA delle leggi del Capitale. Tutto qua. E' un invito a riflettere.
Michele Castaldo
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Nichi De Martini
Tuesday, 12 November 2019 07:04
Bell'articolo. Vengono chiaramente indicati i "cretini", gli ignavi e i mascalzoni. Vorrei però capire quale sia la soluzione prospettata dall'autore: una "rivolta popolare" , pare di capire, una "mobilitazione di massa".
Ah si? E poi? Che succede dopo le mobilitazioni e le lotte ( degli altri)? Si risolve il dilemma tra occupazione e salute? Si trova la soluzione al problema dei costi di produzione e della collocazione dell'acciaio sul mercato mondiale?
A volte è difficile capire il confine tra idiozia e irresponsabilità: questo è un caso emblematico
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