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marx xxi

Per la rinascita del marxismo in Occidente

L’analisi di Domenico Losurdo

di Aldo Trotta

nationmarxkunkelManca ormai da tempo un dibattito teorico-politico sullo stato di salute e sulle prospettive del marxismo in Italia e non solo. Un dibattito tanto più necessario e urgente a fronte di una sinistra residuale che, dopo più di un quarto di secolo di abiure e di congedi dalla propria storia, continua ad annaspare nelle sabbie mobili di un “nuovismo” esasperato ed esasperante, alla ricerca affannosa e inconcludente di “nuovi” orizzonti teorici, di “nuovi” linguaggi, di “nuove” forme e pratiche politiche, di “nuove” identità, e via declinando. L’ultimo volume di Domenico Losurdo, Il marxismo occidentale. Come nacque, come morì e come può rinascere, può senza dubbio fornire un contributo prezioso per provare a rianimare una discussione che vada oltre le pur importanti contingenze politiche. Pubblicato da poco per i tipi della Laterza, il testo si presenta nel panorama editoriale nel centenario della Rivoluzione d’Ottobre, in una fase storica in cui sullo scenario internazionale piovono bombe come fossero coriandoli, i focolai di crisi aumentano e i rischi di una conflagrazione bellica su ampia scala si addensano sempre più pericolosamente all’orizzonte, nella preoccupante assenza di un movimento pacifista in grado di far sentire preventivamente la sua voce prima che l’incendio divampi.

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la citta futura

199 anni di Karl Marx

di Roberto Fineschi

Il 5 maggio è il 199° anniversario della nascita di Marx. La sua teoria non ha tutt'oggi uguali per spiegare i meccanismi e le dinamiche del modo di produzione capitalistico

kark marx423“Ei fu, siccome immobile, / dato il mortal sospiro”, e via dicendo. Così inizia la celeberrima ode manzoniana, Il cinque maggio, che tutti gli studenti italiani, molti di essi obtorto collo, hanno studiato se non addirittura imparato a memoria durante gli anni scolastici. La stessa data in cui nel 1821 a Sant’Elena morì Napoleone era stata, tre anni prima, la data in cui un altro gigante della storia era nato a Treviri: Carlo Enrico Marx. Con una qualche ironia della sorte, proprio Napoleone, insieme al nipote Napoleone III, è il personaggio storico che Marx dichiara di amare di meno rispondendo alle domande di un “album di famiglia” della figlia Jenny.

Date a parte ed in attesa delle grandi celebrazioni del prossimo anno per i 200 anni, dedicherò un paio di riflessioni all’attualità del pensiero del vecchio “Moro”, come lo chiamavano amici e familiari. Sin da subito tuttavia, è bene dire chiaramente che la teoria di Marx non ha tuttoggi eguali per la sua capacità di comprensione e spiegazione delle tendenze di fondo del modo di produzione capitalistico, quindi della struttura della società in cui viviamo. Questo non significa ovviamente che sia perfetta, che non necessiti di essere criticata, approfondita o continuata ove necessario, come del resto il suo stesso autore auspicava; ma non significa neppure che essa non funzioni più. Anzi, nessuna meglio di essa ha delle risposte - non tutte sfortunatamente - a molti dei processi storico-economico-sociali tutt’ora in corso.

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maggiofil

Tutto l’onore di un “economista defunto” 

Parte I

di Giorgio Gattei

010 rtqyProprio nell’ultima pagina della sua Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta (si noti l’ordine decrescente d’importanza) John Maynard Keynes ha rimproverato gli «uomini della pratica», che si credono «affatto liberi da qualsiasi influenza intellettuale», di non essere invece altro che «usualmente schiavi di qualche economista defunto». Va però detto che il rimprovero vale anche per tanti “uomini della teoria” che, incapaci di pensare da sé (che è qualità di pochissime “eccellenze” che non a caso chiamiamo i grandi del pensiero) non possono che affidarsi al verbo di qualche loro predecessore deceduto. E’ così che nascono le scuole, che so?, dei neoclassici, dei neoricardiani, degli sraffiani, dei neokeynesiani, dei neomarxisti e chi più ne ha più ne metta.

Si tratta comunque di una nemesi necessaria: essendo poche le “teste pensanti” capaci di aprire nuovi percorsi nella mente, mentre tanti sono quelli che praticano il sapere, è giocoforza che i secondi si appoggino ai primi, accontentandosi di ripercorrerne le orme in qualità di seguaci o discepoli.

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la citta futura

Idealismo vs. materialismo nella fisica quantistica

di Ana Pato[1]

Cosa c'è dell'idealismo nell'interpretazione ortodossa della meccanica quantistica? La necessaria considerazione del materialismo dialettico nella scienza

fisica dei quantiIl tema che tratterò è lo studio di un caso particolare. E per questo, soprattutto per chi si dedica allo studio di altre aree del sapere, l'esposizione correrà il rischio di risultare noiosa.

Ciò detto - pur senza essere in grado di ovviare a questo rischio -, la sua finalità è di attirare l'attenzione sull'importanza del pensiero materialista dialettico nella scienza a cui Marx, Engels e Lenin hanno dato un contributo fondamentale

La scienza e la filosofia sono legate indissolubilmente. In altre parole, non vi è dubbio che anche gli scienziati siano immersi in un dato sistema di rappresentazioni. Come affermava Engels nella sua Dialettica della Natura, la questione sta nel sapere se gli scienziati "vogliono essere dominati da una cattiva filosofia di moda o da una forma di pensare teorico che si basa sulla conoscenza della storia del pensiero e delle sue realizzazioni” [2].

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ildialogo

Alcune “leggi economiche universali” di Karl Marx

di Roberto Sidoli, Massimo Leoni e Daniele Burgio

karl marx QL70 Caro Moro*,

esiste una sorta di “giallo” teorico nel marxismo che avrebbe potuto attirare l’attenzione anche di Edgar Allan Poe: il mistero delle cosiddette leggi economiche universali (d’ora in poi LEU) scomparse o smarrite. Nell’AntiDühring, proprio all’inizio della sezione dedicata all’economia politica, il tuo grande amico Engels ha scritto che se questa scienza, di natura prettamente storica, deve necessariamente partire dall’analisi delle «leggi particolari di ogni singola fase di sviluppo della produzione e dello scambio», avrebbe però anche potuto «stabilire le poche leggi assolutamente generali valide per la produzione e lo scambio in genere». Quindi per Engels c’erano pure “leggi economiche universali”, sebbene egli non abbia quasi più fatto cenno a quali fossero. Ma scherzava e ci voleva prendere in giro? Niente affatto perché, sempre nell’AntiDühring e proprio poche righe prima, egli ne aveva indicata almeno una quando ha sottolineato che, sebbene produzione e scambio siano due funzioni diverse, non sono però equivalenti dato che si può dare «la produzione senza lo scambio, non invece lo scambio – che proprio per sua essenza è scambio di prodotti – senza la produzione». Insomma, la produzione sarebbe pratica economica universale, mentre lo scambio, storicamente determinato, non lo è!

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contropiano2

Epoca, fasi storiche, Capitalismi*

di Roberto Fineschi

Relazione al Forum Nazionale della Rete dei Comunisti, Roma 17/18 dicembre 2016

Milite quadro 340x200Con questo intervento cercherò, sulla base dei miei studi1, di precisare che cosa significa per Marx "storia" e "fase storica" Quando in altre occasioni ho presentato questo stesso tema, ho spesso preso come punto di riferimento i miei studenti, ai quali chiedo che cosa intendano per storia; loro guardano l'orologio e dicono che, partendo da ieri e andando all'indietro, più o meno tutto è storia, non facendo molte distinzioni in questo lungo lasso di tempo, cioè non riuscendo sostanzialmente ad andare oltre una definizione generica e non strutturata di che cosa storia significhi.

 

Dialettica di continuità e discontinuità storica

Marx, l'autore del quale mi sono interessato e in base al quale cercherò di argomentare questa tesi, si è impegnato per tutta la vita nel tentativo di elaborare un'idea di storia molto più strutturata e complessa, che tenesse insieme non un generico "prima", rispetto ad un altrettanto generico "presente", ma che dimostrasse come questo "prima” e questo "presente" avessero delle leggi di funzionamento, potessero essere strutturati in periodi. Si trattava di tenere insieme due aspetti, che poi nel dibattito successivo avrebbero prodotto tendenze conflittuali: la continuità e la discontinuità storica.

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trad.marxiste

L’eredità dimenticata di Carl Schorlemmer

di Ian Angus*

carl schorlemmer 300x211Avere una base per la vita e un’altra per la
scienza è une falsità a priori (Karl Marx)

Negli ultimi decenni del XX secolo una singolare idea ha preso piede in alcuni settori del mondo accademico. Con essa si è voluto sostenere che, lungi dall’essere i più stretti compagni e collaboratori, intenti a lavorare in armonia per quarant’anni, Karl Marx e Friedrich Engels di fatto erano in disaccordo riguardo a questioni fondamentali, sia teoriche che pratiche.

I presunti disaccordi tra i due avrebbero riguardato la natura e le scienze naturali. Ad esempio, Paul Thomas contrappone “il ben noto interesse di Engels per le scienze naturali” alla “mancanza di interesse da parte di Marx”, suggerendo che “Marx ed Engels erano divisi da un abisso concettuale che avrebbe resistito ad ogni tentativo d’insabbiamento”(1). Terrence Ball, analogamente, sostiene che “l’idea (successivamente abbracciata da Engels) secondo la quale la natura esiste indipendentemente, e prima, di ogni sforzo da parte dell’uomo di trasformarla, è del tutto estranea all’umanesimo di Marx”(2). Dal punto di vista di Ball, alla distorsione della filosofia di Marx compiuta da Engels  vanno addebitate “alcune delle più repressive caratteristiche dell’esperienza sovietica”(3).

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dialetticaefilosofia

Esiste in Marx una teoria generale e unitaria della crisi?

di Ascanio Bernardeschi

addaveni1. Premessa

La coincidenza fra gli importanti studi filologici attorno all’edizione storico-critica delle opere di Marx ed Engels1 e l’avanzare di una importante crisi del capitalismo mondiale, ha determinato una ripresa dell’interesse verso la teoria della crisi economica all’interno del sistema di analisi di Marx.

Se ormai resta diffìcile per chiunque disconoscere l’importanza del lascito marxiano su questo argomento, gli stessi estimatori di Marx si dividono fra di loro su questioni interpretative rilevanti. Ne è esempio il pregevole numero monografico sulla crisi in Marx della rivista «Pagine inattuali»2.

Per esempio Giovanni Sgro’, curatore del numero della rivista, nella sua analisi dei Quaderni di Londra3, sostiene che in Marx non «vi sia un’unica teoria della crisi» ma «diversi approcci teorici per l’analisi e la spiegazione delle crisi»4.

Stefano Breda da parte sua sostiene - se abbiamo ben capito - che non esista, e non possa esistere all’interno del livello di astrazione cui giunse Marx, una teoria della crisi in quanto la spiegazione di tali fenomeni deve avere le caratteristiche di teoria cuscinetto5 frapposta fra il cielo della teoria della struttura del modo di produzione capitalistico e la terra dell’analisi dei fenomeni contingenti che caratterizzano le diverse crisi6.

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archiviointernetmarx

Introduzione a Per la Critica dell'Economia Politica

di Stefano Garroni

169 marxNel primo §. (Individui autonomi. Idee del XVIII secolo), l’argomento di Marx è facilmente riassumibile. L’economia politica ha come oggetto la produzione materiale, la quale è svolta da individui, che lavorano in certe condizioni sociali; è naturale, dunque, (nel senso di “è ovvio”, “va da sé”) che il discorso dell’economia politica prenda le mosse dagli individui, che operano in condizioni socialmente determinate. E’ pur vero che nel Settecento si è andato imponendo un altro modo di procedere, ovvero, si è ritenuto di poter iniziare il discorso dell’economia politica a partire dall’individuo isolato, dal Robinson Crusoe (il personaggio dell’omonimo romanzo settecentesco di Daniel De Foe). ma si tratta di un’illusione dell’epoca (la robinsonata), la quale consegue, per un verso, dal tentativo di legittimare l’individualismo, proprio dell’economia borghese; per un altro, dalla cecità di chi non comprende come anche l’individuo isolato sia possibile, solo, perché esiste una certa maniera di organizzare la società, che appunto esprime se stessa attraverso individui isolati.

Questo è, di primo acchito, il discorso che Marx fa. E’ vero, tuttavia, che guardando le cose più a fondo -per così dire con uno sguardo più sospettoso e scaltrito -, la faccenda si rivela più complessa.

Il fatto stesso che Marx ponga il tema del ‘punto di partenza’ (Ausgangspunkt) significa, implicitamente, richiamare Hegel, il quale aveva iniziato, ad es., la sua Scienza della logica (Wisenschaft der Logik) proprio affrontando la questione dell’Ausgangspunkt. Ed Hegel è richiamato anche nel proseguo.

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ilcovile

Un percorso nell'essere in comune

Marxisti antimoderni

di Marco Iannucci*

Presentiamo la prima parte di un saggio di Marco Iannucci, amico di Jacques Camatte e traduttore italiano di alcuni suoi scritti. Il testo integrale è stato da noi pubblicato ed è disponibile nella serie «I libri del Covile» a: www.ilcovile.it  e anche su Sinistrainrete qui. In calce un carteggio tra autore e redazione

light at two lightsSvolgo alcune considerazioni a mo’ di premessa

E' fonte ogni volta di stupore per me constatare quanto poco si parli di «capitale». I canali attraverso i quali viene formata l’opinione pubblica, a cominciare da quelli che operano nei paesi dell’occidente industrializzato, non forniscono praticamente mai degli strumenti per interpretare il mondo contemporaneo alla luce della posizione dominante occupata dal capitale. Eppure non è difficile constatare che i fenomeni che determinano in modo decisivo la forma di vita dell’umanità attuale, in quanto forma di vita sociale, sono fenomeni del capitale.

Accade così che negli stessi mezzi di informazione di massa venga data ogni giorno la massima evidenza ad argomenti come: crisi finanziaria e uscita dalla crisi, recessione o espansione, prodotto interno lordo che cala o, finalmente, cresce («la crescita!»), domanda interna ed estera che ristagna o aumenta, aziende che chiudono o aprono o si fondono, andamenti degli indici delle varie Borse, prezzo del petrolio greggio e quotazione dell’oro, cambio Euro-Dollaro, aste dei titoli di stato, spread tra gli interessi sulle emissioni di uno stato rispetto a un altro, deficit di bilancio, debito pubblico e rischio di default di questo o quello stato, tasse e politiche fiscali, decisioni del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Mondiale, della Federal Reserve, della Banca Centrale Europea, dei ministri delle finanze e cosi via ... ma del capitale no, di quello non si parla.

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tempofertile

Michèa, “Il vicolo cieco dell’economia”

di Alessandro Visalli

michea mysteres gaucheQuesto libro di Michèa reca come sottotitolo “sull’impossibilità di sorpassare a sinistra il capitalismo”, e rappresenta un tentativo di sviluppare una critica che vada alle radici del capitalismo stesso. Michéa, in circa 100 pagine, produce una serrata ricostruzione sulla stessa linea de “I misteri della sinistra”, volta a mettere in luce la profonda integrazione della sinistra con il liberalismo, che a volte dice di combattere, e di questo con il razionalismo occidentale e l’illuminismo.

Nulla di particolarmente nuovo, dunque.

L’orgogliosa tesi, così come nel libro letto precedentemente, ma di ben 11 anni successivo, è che il socialismo ben inteso si differenzia dal movimento politico liberale “di sinistra”, in modo diretto ed esplicito. Come dirà nel 2013, il movimento socialista non è, e non è mai stato “di sinistra”. L’alleanza contro il tradizionalismo reazionario, cementata nel 1800, è oggi da superare, per il filosofo francese, perché la modernità contemporanea ha ormai da tempo passato il segno dopo il quale lo sradicare ed il mobilitare diventa distruttivo. Il ruolo progressista del capitalismo (contro la reazione) è, insomma, venuto meno.

Il capitalismo esprime infatti una pulsione all’acritica esaltazione dell’efficienza e della competitività individuale, ad esso connaturata, ovvero del progresso come mobilitazione costante dei potenziali (ma, più, profondamente della iscrizione come potenziale nello sviluppo quantitativo di ogni dimensione di vita, concepita come “risorsa”), che è profondamente problematico per l’ispirazione del socialismo (che come dice la parola stessa, parte all’opposto dal fatto della vita sociale).

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operaicontro

Lo spettro di Marx

Andrea Vitale

marx2 620x350Il pensiero di Marx è per tutti i sostenitori del capitalismo un’ossessione costante, da esorcizzare in tutti i modi. Nessun credito può esser dato da parte loro a chi ha sostenuto la necessità di un diverso ordinamento sociale, senza padroni e sfruttamento. In epoche di crisi, in cui si palesano violentemente tutte le contraddizioni insite nell’economia di mercato, questa preoccupazione è destinata a crescere in maniera esponenziale. L’espressione teorica del movimento degli operai verso la loro liberazione va cancellata, fatta passare come una sterile e dannosa utopia.

L’ultimo esempio in questo senso lo abbiamo avuto lo scorso mercoledì 15 marzo su Il Fatto Quotidiano. Ne è stato autore Marco Ponti, professore ordinario di Economia applicata al Politecnico di Milano, uno che è fiero di essere definito “un pericoloso comunista-liberista”, oltre ad essere imprenditore, esser stato consulente di molti ministri dei trasporti ed economici, consigliere di amministrazione di alcune società pubbliche e collaboratore della Commissione Europea. Dall’alto di questo curriculum di tutto rispetto, “garanzia” di sicura imparzialità di giudizio, il Ponti pubblica un articolo dal titolo significativo Lo spettro di Karl Marx sulla sinistra anti mercato”, il cui occhiello ne rivela subito lo spirito: “LA LEZIONE. Senza concorrenza le forze produttrici si sviluppano pochissimo e i beni comuni tendono a essere distrutti. Il capitalismo non è il male assoluto”.

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rifonda

Quale ritorno a Marx per riflettere sul nostri tempi?

Laurent Etre intervista Edgar Morin e André Tosel

Con grande dispiacere apprendiamo la notizia della scomparsa del filosofo comunista francese André Tosel, studioso di Marx e Gramsci. Per ricordarlo vi proponiamo una doppia intervista che Laurent Etre sul quotidiano comunista «l’Humanité» realizzò con André Tosel e Edgar Morin nel giugno 2010

marx03 48482 210x210Con la crisi, il riferimento a Marx cessa di essere un tabù. Le opere sull’autore del Capitale si moltiplicano, così come i ‘dossier’ speciali nei giornali e nelle riviste.

Senza mettere sullo stesso piano le numerose pubblicazioni consacrate a Marx in questi ultimi mesi, non si può nemmeno non interrogarsi su questo ritorno di interesse così repentino. Quando riviste quali “Le Nouvel Observateur” o “Le Point”, ciascuno con la propria sensibilità, si occupano di Marx, ciò fornisce l’indicazione che si apre qualche crepa in un paesaggio mediatico ancora dominato dall’ideologia del capitalismo come orizzonte insuperabile della storia.

Si può ben dire che ciò a cui noi assistiamo non è soltanto la fine della guerra fredda o di una fase particolare del dopoguerra, ma la fine della storia in quanto tale: l’universalizzazione della democrazia liberale occidentale come forma finale del governo umano” scriveva nel 1989, anno della caduta del muro di Berlino, il capofila di questa concezione, l’americano Francis Fukuyama. Vent’anni dopo, nell’ottobre 2008, alcuni newyorchesi manifestano davanti alla Borsa di Wall Street brandendo dei manifesti con su scritto: “Marx aveva ragione!”. Il suo ritorno sarebbe la conseguenza meccanica della caduta degli idoli neoliberali? Rimanere a questo livello della riflessione sarebbe non voler vedere che si attribuisce a Marx un’altra concezione della fine della storia, “la società libera e senza classi”, da opporre a quella – riconosciuta fallimentare – di Fukuyama. Questo postulato della fine della storia è stato largamente strumentalizzato per legittimare il potere dei regimi autoritari all’epoca del “socialismo reale”.

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poliscritture

Appunti politici (4): “Comunismo” di F. Fortini

di Ennio Abate

lissitzky 9Commento a "Comunismo" di Franco Fortini(6° punto), articolo apparso su “Cuore”, supplemento de “L’Unità”, 16 gennaio 1989):

Il comunismo in cammino (un altro non esiste) è dunque un percorso che passa anche attraverso errori e violenze, tanto più avvertiti come intollerabili quanto più chiara si faccia la consapevolezza di che cosa gli altri siano, di che cosa noi si sia e di quanta parte di noi costituisca anche gli altri; e viceversa. Il comunismo in cammino comporta che uomini siano usati come mezzi per un fine che nulla garantisce invece che, come oggi avviene, per un fine che non è mai la loro vita. Usati, ma sempre meno, come mezzi per un fine, un fine che sempre più dovrà coincidere con loro stessi. Ma chi dalla lotta sia costretto ad usare altri uomini come mezzi (e anche chi accetti volontariamente di venir usato così) mai potrà concedersi buona coscienza o scarico di responsabilità sulle spalle della necessità o della storia.

Il «comunismo in cammino»? È chiaro o no che il comunismo non c’è, non è percepibile e descrivibile come un *oggetto*?

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geopolitica

E' tempo che i marxisti ricomincino a pensare

di Gianfranco La Grassa

tiziano archinto per gilodi bredekamp1. Nella Prefazione al Capitale, in un passo già da me citato, Marx ricorda  che egli “tratta delle persone soltanto in quanto sono la personificazione di categorie economiche, incarnazione di determinati rapporti”. Gli uomini concreti, in tutta la loro complessità, sono dunque lasciati da parte onde considerarli solo quali maschere di rapporti sociali. Questo il punto di vista fondamentale. I rapporti sociali d’insieme che si stabiliscono tra gli individui sono certamente assai ricchi di sfaccettature, di sfumature, di angolazioni molteplici. E, per quanto considerati nella loro più ampia multilateralità, mai esauriranno la complessità indefinita della “realtà” sociale. I rapporti sociali di produzione, fulcro del concetto di modo di produzione, sono però assai più semplici: nel capitalismo, e secondo Marx, essi riguardano essenzialmente gli individui in quanto portatori delle funzioni concernenti la proprietà dei mezzi di produzione e la prestazione di forza lavoro venduta come merce. E’ come se la “realtà” fosse strutturata secondo una serie di livelli dei rapporti sociali: il livello della trama, a maglie molto larghe, che “regge” tuttavia diversi livelli di ordito a maglie via via più strette. Il modo di produzione, il concetto centrale della scienza marxiana, si interessa del primo, del livello della trama.

Gli uomini che entrano fra loro in relazione nei rapporti di produzione non sono quelli dotati di tutte le loro prerogative di individui umani. Questi ultimi non sono necessariamente a una dimensione, alienati, puramente schiavi di una società dello spettacolo, e tutta una serie di altre considerazioni unilaterali elaborate da “filosofi” sociali che sinceramente mi appaiono lontane dalla “realtà”.

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ilcovile

Non più e non ancora

Carlo Formenti e Alexis Escudero

di Armando Ermini

Due opere recenti mostrano come il pensiero critico e anticapitalista cominci a ad uscire dalla gabbia dell’omologazione progressista

Pasolini Pietà Roma 2015 6 MediumIl libro di Formenti (Carlo Formenti, La variante populista, lotta di classe nel neo-liberismo, Comunità Concrete, Roma 2016)

Con questo testo Carlo Formenti intende prendere qualche distanza dal progressismo di sinistra genericamente inteso, partendo dalla constatazione che dagli anni settanta-ottanta del xx secolo, «le culture di sinistra (socialdemocrazie, nuovi movimenti sociali, femminismo, ambientalismo, movimenti per i diritti civili, ecc.)» hanno subito una mutazione sociale, politica, antropologica, cosí profonda da essere diventati «soggetti attivamente impegnati nella gestione dei nuovi dispositivi di potere», il progetto egemonico che definisce ordoliberista, teso alla costruzione di un uomo nuovo, conforme su tutti i piani all’ideologia del capitalismo globalizzato.

È da qui, dalla ricerca delle cause del fenomeno, e dall’analisi delle trasformazioni del capitalismo, che l’autore sviluppa una serie di ragionamenti che lo portano, come vedremo, a ripensare la categoria marxiana di general intellect ma anche a spostare l’identificazione dei soggetti politici anticapitalistici dalla classe operaia dei paesi sviluppati, incarnanti il punto piú alto di contraddizione fra rapporti di produzione e forze produttive, a quegli strati sociali che vivono ai «margini del sistema», quali le masse operaie super-sfruttate dei paesi in via di sviluppo, i migranti, le classi medie precipitate «nell’inferno del terziario arretrato», i precari, i sottoccupati, in generale «gli esclusi e gli emarginati di ogni regione e di ogni settore produttivo».

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palermograd

L'ultimo Marx e noi

di Annibale C. Raineri

6957212704 856f6936ba oNel 2016 Donzelli ha pubblicato il libro di Marcello Musto L’ultimo Marx 1881-1883. Saggio di biografia intellettuale. Vale la pena soffermarcisi.

Come chiarito dal sottotitolo, si tratta di un saggio di biografia intellettuale, che si avvale della gran mole di materiali che negli ultimi anni sono divenuti accessibili e che, secondo Musto, modificano l’immagine del vissuto e del pensiero di Marx fin ora consolidata.

Anzitutto biografia: Musto ci consegna l’immagine di Marx uomo negli ultimi tre anni della sua vita, alle prese con le sofferenze, i dolori e le (poche) gioie che quegli anni gli hanno concesso, ma che conserva la sua umanità nonostante il destino ostile, che lo perseguita financo con un’avversione climatica che fiacca il corpo malato. Marx affronta questo destino con lo spirito tenace di un combattente, che continua a tenere per le vicende più ampie della storia dell’umanità, nonostante viva, soggettivamente e non solo oggettivamente, una condizione di isolamento anche e specialmente nei confronti di quelli che dovrebbero essere i suoi più affini solidali, la frastagliata famiglia del movimento socialista nella penultima decade dell’Ottocento.

Resterebbe deluso chi cercasse in questo libro l’approfondimento teorico delle questioni irrisolte nell’ultima ricerca di Marx.

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materialismostorico

Marx e la sua rilevanza post-marxista: una rassegna

Bernhard H. F. Taureck*

Pubblicato su "Materialismo Storico. Rivista di filosofia, storia e scienze umane”, E-ISSN 2531-9582, n° 1-2/2016, dal titolo "Questioni e metodo del Materialismo Storico" a cura di S.G. Azzarà, pp. 322-330. Link all'articolo: http://ojs.uniurb.it/index.php/materialismostorico/article/view/613

Se non diversamente indicato, questi contenuti sono pubblicati sotto licenza Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale.

001 ballerinaQuattro libri su argomenti diversi ma interconnessi. Sul TTIP [Transatlantic Trade and Investment Partnership]1 come dernier cri della globalizzazione2. Su Piketty come sostenitore di un capitalismo dinamico3. Su Polanyi e Nancy Fraser come analisti dell’emancipazione4. Sul capitalismo come concetto-base per la comprensione del nostro mondo politico5.

Una premessa. Ogni studio che si occupi anche per via indiretta di Marx deve rispondere in maniera criticamente differenziata a tre domande, che lo faccia o meno in maniera consapevole, programmatica o esplicita. La prima domanda è la seguente: che cosa accade nel modo in cui viene descritto [da Marx]? La seconda domanda suona: che cosa viene spiegato con ciò? La terza domanda è: che cosa viene previsto in maniera argomentata?

Alla prima domanda (che riguarda la descrizione) Marx ha già risposto a sua volta richiamando fenomeni come la dissoluzione della famiglia, delle piccole e medie imprese e dello Stato come risultato delle dinamiche di mercato. Ha risposto inoltre citando il fenomeno dell’alienazione dell’uomo da se stesso dal momento che è costretto a lavorare come mezzo per gli altri. A queste risposte di Marx viene oggi obiettato il fatto che le piccole e medie imprese continuano senz’altro a esistere nonostante l’accumulazione del capitale e la produzione di plusvalore assoluto.

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gyorgylukacs

Note sul Marx di Lukács

di Carlo Formenti

Da C. Formenti, La variante populista. Lotta di classe nel neoliberismo, Derive Approdi 2016

georg lukacsta katharsis kavrami anlik bir uyanis 20160919113053Come il lettore ha avuto modo di constatare, questo libro è duramente critico nei confronti della visione postmodernista cui la maggior parte degli intellettuali della sinistra radicale ha aderito negli ultimi decenni. Mi riferisco, in particolare, agli effetti della «svolta linguistica» delle scienze sociali e all’influenza che cultural studies, gender studies, teorie del postcoloniale e la pletora dei post (post industriale, post materiale, ecc.) proliferati a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso hanno esercitato sulla cultura dei nuovi movimenti, attribuendo progressivamente al conflitto politico e sociale il carattere di una competizione fra «narrazioni» e fra «processi di soggettivazione». Questa psicologizzazione del conflitto ha rimpiazzato la lotta di classe con una sommatoria di richieste di riconoscimento identitario da parte di soggetti individuali e collettivi sostanzialmente privi di qualsiasi riferimento ai rapporti sociali di produzione, funzionando, di fatto, da involontario quanto potente alleato del progetto egemonico neoliberista.

È vero che in queste pagine ho preso anche le distanze da una serie di temi cruciali del marxismo: la tesi che presenta la contraddizione fra forze produttive e rapporti di produzione quale ineludibile presupposto della transizione dal capitalismo al socialismo; la convinzione che il progresso tecnologico e scientifico svolgano in ogni caso un ruolo progressivo e l’idea che la storia incorpori un principio evolutivo immanente. Cionondimeno resto convinto del fatto: 1) che la teoria marxista offra strumenti assai più potenti di quelli delle teorie postmoderniste per analizzare e comprendere la realtà economica, sociale e politica in cui viviamo; 2) che nella monumentale opera di Marx esistono spunti che consentono di superare i suoi stessi limiti.

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sebastianoisaia

Sul potere sociale della scienza e della tecnologia (II)

di Sebastiano Isaia

Alcune riflessioni intorno alla natura storico-sociale della scienza e della tecnologia, sul concetto di uso capitalistico delle macchine, sul “neoluddismo” e sulla possibilità di una scienza e di una tecnica pienamente – o semplicemente – umane [Qui la prima parte]

c30bfcf102b3ec973f9c6f2ff67a51c5Prolungate, le linee conducono
all’intreccio sociale (T. W. Adorno).

1.

I nuovi sistemi digitali di controllo del lavoro, come quelli basati sulla tecnologia messa a punto dalla Motorola, permettono di calcolare in tempo reale, e con la precisione caratteristica delle nuove tecnologie “intelligenti”, la produttività oraria di ogni lavoratore. La singola ora di lavoro viene “virtualmente” dilatata attraverso un numero discreto di operazioni standardizzate e monitorate da un piccolo tablet che il lavoratore indossa come fosse un braccialetto elettronico. Secondo dopo secondo il lavoratore riceve ordini e informazioni dal tablet, e in ogni momento sa se sta rispettando – al secondo! – la tabella di marcia; egli soprattutto sa che in base ai risultati ottenuti gli verranno assegnati o tolti dei punti. Il cronometro di Frederick Taylor, al confronto, fa sorridere quanto a efficacia e a disumanità. Non mi sorprenderei se a fine giornata il lavoratore odiasse a morte la “macchina intelligente” che lo controlla e lo incalza secondo dopo secondo. «Concepito per un utilizzo continuativo, il tablet Wi-Fi ET1, è predisposto con un accesso protetto da password e può essere condiviso tra più lavoratori in modo immediato. Ogni lavoratore potrà accedere alle sole applicazioni abilitate, secondo il livello di responsabilità. Il manager potrà quindi controllare l’utilizzo e garantire che la produttività sul lavoro non sia compromessa.

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geopolitica

Per la formulazione di una teoria più generale

Gianfranco La Grassa

Avvertenza: uso reale, realtà, ecc. per indicare ciò che ritengo esistente nel suo senso più vero e oggettivo, indipendentemente dalle scelte umane. Indico invece con “reale”, “realtà”, ecc. – cioè mettendovi le virgolette – ciò che l’essere umano costruisce con il suo pensiero nel tentativo di rappresentare il realmente esistente

hopper ef6e091. Vediamo di chiarire alcuni punti essenziali di una possibile teorizzazione. Intanto è necessario vi sia, come sempre o quasi, un postulato, qualcosa che si ponga quale premessa impossibile a dimostrarsi; nemmeno ve n’è però la necessità poiché il postulato assolve una duplice funzione “pratica”: 1) fornire un punto di partenza per una serie di argomentazioni che dovranno proseguire fra loro concatenate in successione, ognuna delle quali è quindi premessa alla successiva, per cui vi è bisogno di un inizio senza premessa alcuna; 2) esprimere la concezione generale che chi lo pone ha della “realtà” in cui si “sente” immerso (o se la trova, cioè immagina, davanti a sé, ecc.).

Il postulato da cui parto afferma la nostra esistenza e il nostro movimento in una “realtà” situata all’esterno di noi e con cui entriamo in interazione, non essendone però parte costitutiva. Probabilmente non è così, probabilmente lo siamo invece, siamo strettamente intrecciati e connessi alla realtà. Tuttavia, si pensa di esserne all’esterno perché è ben difficile immaginare un altro modo di muoversi e agire che non implichi preliminarmente la semplice interazione con un mondo al di fuori di noi. Quest’ultimo viene da me considerato in continuo squilibrio, come fosse un fluire disordinato, casuale, indistinto, privo di forma definita e di parti costitutive.

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manifesto

Il comunismo del sentire

R. Ciccarelli intervista Roberto Finelli

Comunismo17. Nuove antropologie. Intervista al filosofo Roberto Finelli sul progetto di un’utopia concreta post-capitalista. Come costruire una lotta politica e sociale a partire da un’idea più ampia di libertà. "Bisogna accedere a un ideale più ricco di libertà per il quale la libertà non è più solo la libertà liberale come libertà da, o la libertà comunista intesa come libertà di, ma libertà come affrancamento dalla paura di rimanere soli con se stessi. E quindi libertà anche, e direi soprattutto, come libertà di accedere senza terrorismi al proprio sentire

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Un’utopia postcapitalista e postcomunista è alla base del ripensamento radicale del pensiero marxiano condotto da Roberto Finelli. Il filosofo romano propone una doppia strategia: da un lato, sganciare Marx, e il marxismo, dall’«antropologia della penuria» che vede la ricchezza nell’accumulo di beni e servizi legati al soddisfacimento di bisogni solo materiali e a un’autorappresentazione ancestrale e primitiva di sé; dall’altro lato, considerare il comunismo come un nuovo rapporto tra l’autonomia dei singoli e l’autorealizzazione dell’altro. La sua riflessione ha raccolto l’eredità della critica dell’autoritarismo e del pensiero della differenza e dialoga con un’originale lettura psicoanalitica del concetto di libertà e un materialismo spinozista fondato sul nesso corpo-mente.

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Con quali strumenti?In questa prospettiva qual è l’eredità della rivoluzione sovietica?

Al di là dell’ovvia constatazione dell’enorme importanza storica di questo primo tentativo di realizzare il comunismo, tutta l’esperienza sovietica, nelle sue diverse fasi, si è strutturata su un’antropologia monocolturale dell’eguaglianza.

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sebastianoisaia

Sul potere sociale della scienza e della tecnologia

di Sebastiano Isaia

Alcune riflessioni intorno alla natura storico-sociale della scienza e della tecnologia, sul concetto di uso capitalistico delle macchine, sul “neoluddismo” e sulla possibilità di una scienza e di una tecnica pienamente – o semplicemente – umane

kazimir severinovich malevich peasant woman with buckets and a childDopo millenni di illuminismo, il panico
torna a calare su di una umanità il cui
dominio sulla natura, in quanto dominio
sugli uomini, supera di gran lunga, in fatto
di orrore, tutto ciò che gli uomini ebbero
mai a temere dalla natura.
T. W. Adorno, Minima moralia.

Il capitale, forzando la scienza a servirlo,
costringe sempre alla docilità la mano ribelle
del lavoro (A. Ure, La filosofia delle manifatture).
E non solo la mano, se posso chiosare.

La miseria viene non tanto dagli uomini,
quanto dalla potenza delle cose.
E. Buret, Corso di economia politica.
Ma la «potenza delle cose» non è che la
potenza del Capitale!

La razionalità tecnica di oggi non
è altro che la razionalità del dominio.
M. Horkheimer, T. W. Adorno, Dialettica dell’illuminismo.

Qui di seguito riprendo parte delle considerazioni che su alcuni aspetti del capitalismo del XXI secolo ho svolto in diversi scritti (1) nel tentativo, non so quanto riuscito, di proiettare un cono di luce soprattutto su un punto del tema da me affrontato, la cui grande rilevanza teorica e politica certamente non sfuggirà al lettore, ossia sull’intima e inscindibile relazione che corre tra l’uso (capitalistico) della tecnologia e della scienza e la loro natura storico-sociale (capitalistica).

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euronomade

Una grande politica della transizione aperta all’imprevisto

Chiara Giorgi intervista Étienne Balibar

BOCCHE Sketch26322130 960x640Étienne Balibar interverrà al La conferenza di Roma sul comunismo, il giorno 21 gennaio (ore 16, Esc Atelier Autogestito) su «Poteri comunisti». Essendo tra i filosofi marxisti più noti e autorevoli del dibattito europeo contemporaneo relativo ai temi della cittadinanza e della democrazia, abbiamo deciso di intervistarlo al fine di anticipare alcune delle questioni più salienti che verranno affrontate durante la conferenza romana.

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La rappresentazione che Marx aveva del comunismo era di alternativa al capitalismo, il quale d’altronde ne preparava già le condizioni. Su questo si è aperta una delle grandi questioni del comunismo (centrale nel dibattito marxista novecentesco e nella storia dei paesi socialisti), quella relativa alla nozione stessa di transizione. Lei ha osservato in La filosofia di Marx che lungi dall’esserci in questi una visione evoluzionistica, la “transizione” intravista è invece «una figura politica della “non contemporaneità” del tempo storico a sé, ma che rimane iscritta nel provvisorio». Non è in questo antievoluzionismo e nel suo rinvio all’imprevisto, ad una molteplicità di processi, alla stessa rottura rivoluzionaria a risiedere uno dei punti vitali del comunismo oggi?

L’idea di comunismo ereditata da Marx ha una storia lunga, che attraversa tutta la modernità ed è legata a doppio filo con eresie religiose e rivolte sociali.

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materialismostorico

Nella fossa dei leoni. Si può leggere Il capitale di Marx a partire dalle Tesi su Feuerbach?1

di Wolfgang Fritz Haug*

Pubblicato su "Materialismo Storico. Rivista di filosofia, storia e scienze umane”, E-ISSN 2531-9582, n° 1-2/2016, dal titolo "Questioni e metodo del Materialismo Storico" a cura di S.G. Azzarà, pp. 75-91Link all'articolo: http://ojs.uniurb.it/index.php/materialismostorico/article/view/602

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a4f31296777f5ac938a3eeecf966b1afCercheremo qui di abbattere i muri che agli occhi di molti impediscono alla filosofia della prassi di introdursi nel regno del Marx più maturo. Il primo di questi muri è stato eretto tra le Tesi su Feuerbach e la critica dell’economia politica; un secondo tra il giovane Marx e il Marx maturo, con la conseguenza della nascita di una specie di dualismo marxologico; un terzo muro, infine, è stato costruito tra la società e la natura.

Se riusciremo a sospendere la quarantena nella quale gli strutturalisti hanno rinchiuso le Tesi su Feuerbach, il sarcasmo di Althusser dovrà cessare e la filosofia della prassi non sarà più «la bella conversazione notturna dei nostri leoni intellettuali da salotto»2. Non si potrà più dire allora, con il filosofo francese, che «il primato della prassi è la prima parola di ogni idealismo». E vacillerà anche l’ultima separazione, quella tra la società, o la cultura, e la natura.

 

Nella bocca del lupo economico: l’asse metodologico

Althusser arriva alla conclusione per cui le Tesi non possono essere utilizzate come punto di partenza della filosofia marxista. Questa, dice, «dovrà cercare il suo punto di partenza in un altro luogo, […] per poter partecipare da lontano alla trasformazione del mondo. Se si assume ciò, le Tesi su Feuerbach tornano al loro glorioso passato e finalmente si può parlare di un’altra cosa: di Per la critica dell’economia politica, dei Grundrisse, del Capitale».