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mondocane

Golunov, giornalista russo, martire. Assange, Assa… chi? .....

di Fulvio Grimaldi

Loro devono sapere tutto di noi, noi niente di loro. La “Polizia del Pensiero” settant’anni dopo Orwell

censura 2Per capire chi vi comanda basta scoprire chi non vi è permesso criticare”(Voltaire)

Una premessa non del tutto fuori tema

Si succedono i momenti di sconforto-sconcerto davanti a un “capo politico”, bravo ragazzo di provincia, sveglio, a suo modo geniale, onesto per carità, buona parlantina (anche perché di fronte gli capitano nullità fuffarole), ma incolto sul piano generale e specifico e quindi portato a scopiazzare dal tema degli altri, magari da uno più ignorante di lui. Ieri, invece, addiritturanel boudoir di Lilli Bilderberg Gruber, ho vissuto un’impennata di orgoglio e soddisfazione. C’era la solita combine dei tre pitbull, tra femmina e maschi,riuniti a sbranare qualunque ospite 5Stelle, o non conforme a coloro che in Bilderberg, in Quirinale e in Vaticano, fissano la dicotomia Bene-Male. Una trasmissione di gossipari, modello tabloid, con quesiti filosofici alla “chi butteresti dalla torre?” “Da uno a 10 quanto valuti Salvini?”.Stavolta, a dar man destra alla Gruber, che si raggrinza oltre la benevolenza delle luci spiananti quando ha di fronte un governativo del momento, c’era il debenedettiano Marco Da Milano, della coppia comica Zoro-Da Milano di “Propaganda Live”, che, collateralmente, dirige anche “L’Espresso”.

 

Morra, pane per i denti di Gruber

Di solito quella combinazione democratica del 3 a 1 risolve la partita per superiorità numerica. Ma stavolta ai nanetti da giardino si contrapponeva un gigante, Nicola Morra, 5Stelle delle origini, senatore, oggi un po’ in disparte come altri della nobile schiatta, ma inflessibile combattente a capo dell’Antimafia parlamentare. Morra insegna, sa di lettere, storia e filosofia e contro tale roccia di competenza, sicurezza, sorridente ed elegante imperturbabilità le punzecchiature velenose finivano come graffi sul marmo. Rivedetevelo quell’Otto e Mezzo, è ancora meglio del video dell’altra volta, in cui la Fraulein perdeva le staffe davanti a chi aveva menzionato Soros, grande timoniere e ufficiale pagatore delle Ong di mare e di terra.

E non solo. A me, poi, suscitò particolare euforia la serena fermezza con cui questo giovane veterano dello scossone 5 Stelle rivendicava i valori delle origini del MoVimento, insieme alla sua decisione di non partecipare alla “scelta non felice” di convocare al Rousseau i sostenitori della continuità del Capo a dispetto della debacle subita..

 

Eroi dei tempi nostri e dei loro

Chiuso. L’argomento del giorno è un altro. Questa era solo una piccola chicca, la ciliegia sulla torta della stampa italiana, dei cui valori quella trasmissione è una delle tante fedeli epitomi. E che spiega quanto segue. E che porta il titolo di questo pezzo derivato, per la prima parte, dal più grosso schianto sulla privacy dell’umano dall’invenzione della Santa Confessione:la National Security Agency, e poi tutte le altre Intelligence e piattaforme pubbliche e private, che di noi innocenti spiano perfino i pensieri (ce n’eravamo già dimenticati, vero? Quella sulla memoria è un’altra vittoria loro). E, per la seconda, ci dice che chi, infame complottista, rivela qualcosa degli operatori sott’acqua deve essere tolto di mezzo. Così siamo arrivati a Julian Assange, Chelsea Manning , Edward Snowden. E Ivan Golunov. Tre eroi del nostro tempo. Il quarto, eroe dei tempi loro, tempi da diritti umani in salsa Bush-Obama-Trump-Netaniahu , cari ai media, dal “manifesto” a “Repubblica”.

Dunque, a Mosca la polizia carica in macchina un giovane di quelli che i russofobi di sinistradestra chiamano “giornalisti investigativi indipendenti”, che sono tutti quelli che a Putin preferiscono Trump, Juncker e perfino Obama (ne vengono citati, tra testate e giornalisti, un bel mucchio, proprio là dove si lamenta che l’opposizione non avrebbe diritto di parola!). Dicono di avergli trovato droga addosso e in casa e, dice, lo crocchiano. Negli Usa ci sono strade lastricate da corpi di drogati, o presunti tali, fatti fuori sul sospetto, basta che siano neri. Aveva cominciato Obama trasformando i poliziotti in Marines e santificando gli assassinii extragiudiziali di chiunque gli facesse saltare la mosca al naso. Da noi succede un giorno sì e l’altro spesso pure, ma per arrivare alla verità dell’abuso, su Cucchi, Aldovrandi, Uva, Carlo Giuliani e tanti altri, o ci vogliono dieci anni, o non basta un secolo.

A Mosca, nel giro di ore, mentre le cellule dormienti di Soros si risvegliavano in piazza e, appresso a loro, in Occidente tutta la compagnia cantante della voce del padrone, il procuratore di Mosca rimetteva le cose a posto, liberava Ivan Golunov, apparso assolutamente indenne a dispetto della “brutale aggressione” (del resto roba come quella successa ai Gilet Gialli e che prevede il nostro Decreto Bis, in Russia non si è mai vista). E il governo apriva un’immediata inchiesta sull’unità che aveva operato l’arresto. Effetto della pressione sul Cremlino dell’indignazione democratica russa e occidentale? Del Fatto Quotidiano? Del manifesto? Del Corriere? De La 7? Di Sky? Forse.

 

Through a glass darkly (Attraverso un vetro scuro)

Il titolo del film di Bergman (in italiano erroneamente “Come in uno specchio”) si riferisce alla schizofrenia di una persona che, guardando dio, vede un mostruoso ragno. Fa pensare ai soggetti della nostra opinione pubblica e relativa stampa quando guardano – e disconoscono – la verità. Divinità che, nella dialettica molteplicità degli dei antichi, era accessibile all’uomo e che nel dio unico si è tramutata in mostro.

Il fatto è che nessuna pressione di questi impavidi e incorruttibili crociati della libertà di stampa, e tantomeno degli organi alla loro difesa predisposti, tipo FNSI, Ordine dei Giornalisti, Articolo 21, Arci, unione sacrée sindacato-confindustria, Reporters Sans Frontieres, o consorzi “indipendenti” altrettanto simpatici a Soros come “Investigate Europe”, sui tre whistleblowers che Washington vuole liquidare ha emesso un mero guaito. Manning, l’americana che ha fornito a Wikileaks gran parte delle notizie su crimini e intrighi della politica estera Usa, è chiusa in prigione a tempo indeterminato e sanzionata con migliaia di dollari per ogni giorno che resiste perché si rifiuta di testimoniare contro Assange. Snowden, che ci ha fatto conoscere l’intrusione dello spionaggio Usa, pubblico e privato, in ogni fibra della vita di tutti, grazie a Wikileaks è riuscito a rifugiarsi a Mosca. Assange, dopo 7 anni di asilo politico e poi di forzato isolamento, grazie alla tangente pagata dall’FMI al presidente fellone Moreno, nell’ambasciata ecuadoriana, è stato rapito da Scotland Yard e schiaffato in prigione per aver voluto evitare un’estradizione in Svezia per l’accusa di violenza sessuale mossagli da una collaboratrice della Cia e poi archiviata.

Per sette anni senza luce del sole, la tortura psicologica e fisica subita dai carcerieri, Assange ha dovuto essere trasferito nella clinica della prigione ed è stato giudicato incapace di sostenere un’ udienza in tribunale. Il delegato ONU per i diritti umani parla di assassinio strisciante. E’ ovvio che lo vogliono morto. La richiesta di estradizione inoltrata ieri dagli Usa è basata su 17 capi d’accusa, tutti inerenti allo spionaggio, all’alto tradimento e alla collusione col nemico, sulla base di un “Espionage Act” vecchio di 102 anni e mai utilizzato contro giornalisti. Washington pretende di esercitare la sua giurisdizione punitiva, oltreché su un giornalista che ha fatto il suo dovere di comunicare al pubblico delitti e complotti che lo riguardano, su un cittadino australiano che ha commesso i suoi “reati” fuori dagli Usa. Vecchia pratica, la conosciamo dai tempi del Cermis. Ma qui i buoni sbraitano contro il fascismo incombente di Casa Pound, o, peggio, di chi si oppone alla nuova tratta degli schiavi.

 

Lo vogliono morto

prima che la protesta degli onesti, dei colleghi non all’italiana, di nomi di prestigio e di tanti cittadini in tanti paesi possa arrivare a un’opinione pubblica più vasta, superando l’omertà dei pennivendoli nostrani, innescando una coscienza e una denuncia globale contro l’incredibile assalto a quanto rimane della libertà di stampa, espressione, comunicazione, rivelazione di nequizie, quando compiute in alto, dai pochi e ai danni di tutti.

Certo, di Assange, come dei suoi compagni è lecito pensare tutto e il contrario di tutto. “Il manifesto” ne ha parlato con dileggio e scherno. Qualcuno ha pubblicato un trafiletto, visto che non se ne poteva fare a meno. FNSI e i suoi coscritti, non dicendo niente, si sono schierati con coloro che da certe note parti, strizzando l’occhio, giurano “nente vidi, nente sacciu e nenti vogghiu sapiri”.

 

Lo vogliono vivo

alcuni milioni di esseri umani cui ha potuto rendere, se non giustizia, verità. Chiediamo cosa pensano di Julian alle famiglie di quella quindicina di civili, tra cui due giornalisti Reuters, crivellati da un Apache Usa a Baghdad nel 2007, con l’equipaggio che sghignazza e urla “spara, spara, incendiali quei bastardi morti”. Chiediamolo anche a Sajad, 10 anni, e alla sorella Doaha, allora 5 anni, entrambi feriti, il cui papà venne seccato mentre cercava di assistere una delle vittime. Nessuno mai è stato arrestato per questi crimini. Assange che li ha fatti conoscere a chi ne aveva diritto, sì.

Chiediamo cosa pensano di Chelsea, Julian e Edward, i genitori del quindicenne strozzato con filo spinato e poi ucciso a colpi di mitra dai Marines nel 2006, a Ramadi. O i congiunti di Huda, 18 anni, e Raghad, 5, mitragliati a morte dai marines a Dyala nel 2006 Di quanti altri sapremmo la risposta a questa domanda?

Dovremmo chiedere cosa pensano di questi tre che, da soli, a mani nude, hanno sfidato il mostro, a popoli interi, dall’Iraq, all’Afghanistan, alla Libia, alla Siria,all’America Latina, sui quali si sono abbattute le nefandezze delle guerre, degli abusi, delle atrocità, dei crimini di guerra e contro l’umanità commessi da Clinton, Bush, Obama. Dovremmo chiederlo anche ai cittadini statunitensi che hanno votato nell’elezione presidenziale e,grazie a Wikileaks, hanno saputo con quali contributi e quali trucchi Hillary Clinton, cocca del “manifesto”, ha potuto soffiare a Sanders la candidatura. I milioni di dollari arrivatile da Arabia Saudita, Qatar, Goldman Sachs, le promesse fatte alle élites finanziarie di “liberi mercati tra libere frontiere”, i meriti acquisiti tra neocon e Pentagono per essere stata l’architetta della distruzione della Libia e della riduzione dell’Honduras a tirannia mafiofascista, da cui estrarre manovalanza migrante a basso costo. Eccetera eccetera eccetera. Nessuno ha mai fatto tanto e a tale prezzo per esporre gli abusi e i crimini del potere.

 

E’ arrivata la Polizia del Pensiero di Orwell

Silenziare loro, uccidere la loro voce significa silenziare tutti, uccidere ogni voce. Impedire di dire parole libere e, dunque necessariamente, salutarmente, critiche, significa proibire e punire il pensiero libero e dunque necessariamente critico. Già le nuove generazioni scrivono, grazie agli apostoli del Cristo digitale, come bambini di prima elementare. E come tali devono pensare, ma senza la fantasia incorrotta dei bambini cancellata dai videogiochi dello sterminio. Bambini invecchiati. Nani del pensiero. Nel deserto del Verbo.

Dicono gli scienziati che stiamo a 2 minuti dalla mezzanotte sull’orologio dell’olocausto nucleare. Non gli sarà più permesso di dircelo, perché siamo a 30 secondi dalla mezzanotte sull’orologio della libertà. E quando ci sarà il Grande Botto, non dovremmo neanche preparare il panico, nessuno ce ne darà preavviso. Prima di accorgercene, saremo già morti. E dunque zitti.

A Julian, Chelsea, Edward, che hanno strappato le vesti gargianti al re putrescente, l’umanità deve dire grazie. A coloro, in Italia, la cui omertà li pugnala alle spalle non diciamo niente. Noi ci occupiamo di giornalisti.


https://www.facebook.com/Comitato-per-la-Liberazione-di-Julian-Assange-Italia-2124476570984287/
https://www.youtube.com/watch?v=H90cjP4339o Stefano Rosso “Libertà”
Primo link: Comitato per la Liberazione di Julian Assange Italia, con appello da firmare. Secondo link: una canzone da sottofondo.
http://adriacola.altervista.org/2397-2/ (La morte del giornalismo A. Colafrancesco)

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