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L'errore della composizione e la legge della redditività

di Michael Roberts

Nell'economia ufficiale, viene spesso usato il concetto di "errore della composizione". In senso generale, l'errore della composizione insorge quando viene assunto che la somma di tutte le parti individuali sarà uguali al tutto. Qualche volta, non è così. Ci sono molti esempi: se durante un concerto uno spettatore si alza in piedi, di solito riesce a vedere meglio. E ciò vale per ogni singolo, ma se si alzano tutti in piedi, avviene che tutti non riescono a vedere meglio, dal momento che questo causerà l'oscuramento della visuale della maggior parte dei partecipanti. Pertanto, ciò che potrebbe essere vero per un individuo nella folla, non è vero per tutta la folla. Questo fenomeno si verifica perché l'interazione dei comportamenti individuali può influenzare il risultato complessivo.

In economia, l'errore della composizione viene citato spesso. Paul Samuelson, nel suo onnipresente libro di testo per gli studenti universitari [Economia, edizioni Utet] ritiene che «nello studio dell'economia, l'errore della composizione sia uno dei più basilari e distintivi principi di cui si deve essere consapevoli». Ed esso viene invariabilmente usato dagli economisti keynesiani, nella loro difesa della spesa pubblica per il rilancio dell'economia.

Questo è il Paradosso della Parsimonia. Cioè, la convinzione che se un individuo spendendo meno può risparmiare denaro, allora anche la società, o un'economia, può risparmiare più denaro spendendo meno. Ma se ogni famiglia riduce la spesa, allora la domanda di prodotti e di servizi diminuirebbe. Di conseguenza, le imprese dovrebbero abbassare i salari o licenziare gli individui. La gente avrebbe meno entrate e quindi risparmierebbe meno. In economia, quello che è vero per un individuo non è necessariamente vero per l'economia nella sua totalità.

In questo contesto, l'errore di composizione è stato usato dai kenesyani per attaccare il punto di vista della scuola neoclassica e di quella austriaca. secondo cui le economie sono come le singole famiglie. Una buona economia domestica è una buona politica economica. Ma se per la famiglia, tirare la cinghia può essere un bene, può non esserlo per l'economia nel suo insieme. Così i keynesiani dicono che non è un delitto avere un deficit di bilancio ed evitare "l'austerità", anche se questo significa aumentare il livello del debito pubblico.

Ora, ho già discusso molte volte a proposito del fatto se l'aumento del debito (pubblico e privato) conti o meno per l'economia capitalista, per cui qui non tornerò di nuovo sull'argomento.

Ciò che mi interessa è che l'errore della composizione si applica anche ad un'altra area: alla confutazione di una critica fondamentale alla legge di Marx riguardo la caduta tendenziale del saggio di profitto. L'argomento più moderno che viene proposto contro tale legge, è quello di Nobuo Okishio, un economista marxista giapponese [*1]. Okishio ha sostenuto nel lontano 1961 che nel capitalismo competitivo, un capitalista individuale che massimizzi i suoi profitti, adotterà una nuova tecnica di produzione solo se essa riduce i costi di produzione per ciascuna unità, o se aumenta i profitti per ciascuna unità al prezzo corrente. Così facendo, l'accumulazione capitalista deve portare ad una crescita del saggio di profitto, e non ad una tendenza alla caduta - diversamente, perché mai un capitalista dovrebbe investire in nuove tecnologie? E anche Marx è abituato a sostenere un simile argomento: « mai nessun capitalista introduce volontariamente un nuovo metodo di produzione ...nella misura in cui questo riduce il saggio di profitto».

Già, nessun singolo capitalista introdurrebbe una nuova tecnologia, a meno che questa contribuisse ad aumentare i profitti e le quote di mercato, il tasso di profitto individuale. Ma è qui che entra in gioco l'errore della composizione. Il capitalista innovatore batte gli altri capitalisti per mezzo dell'abbassamento dei costi di produzione, rispetto ai prezzi di mercato prevalenti. I suoi profitti aumentano. Ma quelli che sono i profitti degli altri capitalisti cominciano a cadere, via via che perdono il loro vantaggio competitivo. E quindi devono reagire introducendo la nuova tecnologia (o addirittura una tecnologia ancora migliore) che abbassi anche i loro costi. Ma a questo punto la produttività della forza lavoro esistente, che ora si è probabilmente ridotta, aumenta per tutti i capitalisti, e quindi abbassa il valore di ciascuna unità prodotta. Una volta che tutti i capitalisti hanno adottato la nuova tecnologia, la composizione organica del capitale (la proporzione di lavoro speso in attrezzature e in salari) andrà a crescere e, ceteris paribus, il tasso generale di profitto cadrà.

Il professor Simon Mohun ha fornito un eccellente esempio della teoria dei giochi al fine di mostrare perché l'innovazione nel contesto del capitalismo e della concorrenza possa portare ad una caduta del tasso medio di profitto, contrariamente a quanto afferma Okishio:

Ci sono due capitalisti: A e B. Ciascuno di loro inizia con una quota di profitto pari a 3. Se né A né B innovano al fine di ridurre i costi ed aumentare i profitti, sia A che B rimangono a 3.

Ma se A innova e B non lo fa; allora A ottiene un profitto più alto (4), mentre B perde mercato ed ottiene meno profitto (1). In alternativa, se A non innova ed invece lo fa B, Allora è A ad ottenere 1, di profitto, mentre B ottiene 4.

Se invece innovano entrambi, allora sia A che B finiscono per ottenere 2.

C'è una spinta all'innovazione che fa sì che A o B potrebbero far sì che il loro profitto da 3 divenga 4. Perciò non ci può essere un accordo a non innovare, che lascia sia A che B ad un profitto di 3.

Ma se uno riesce ad innovare per primo ed ottiene un profitto di 4, allora deve farlo anche altro, oppure il suo profitto cadrà ad 1.

Innovando tutt'e due, si troveranno entrambi ad avere un profitto di 2, anziché 3 (che manterrebbero, se non avessero fatto niente!)

Quindi l'innovazione aumenta il profitto individuale di quello che dei due è leader.

Però, se eventualmente innovano entrambi, allora il profitto si abbassa.

Ancora una volta, questo avviene col tempo. Se A e B potessero introdurre simultaneamente l'innovazione (come presume Okishio), potrebbero di comune accordo decidere di non farlo, e rimanere così con un profitto di 3, anziché far cadere il loro profitto a 2. Solo che questa non sarebbe la realtà. La realtà è temporale!

Il teorema di Okishio è un esempio dell'Errore della Composizione.

Tale errore non fa altro che sommare semplicemente il guadagno di un singolo capitalista al guadagno di tutta l'economia capitalista nel suo insieme. Ma ciò che è buono per il singolo capitalista, non è buono per la redditività dell'intera economia capitalista nel suo insieme.

Quando lo fanno tutti, la redditività complessiva nel suo insieme, diminuisce!

Inoltre, dopo tutto, ogni singolo capitalista individuale non fa questo "volontariamente", ma lo fa per la necessità di competere e non perdere quote di mercato. Come dice Marx, la legge del valore e della redditività opera "dietro le spalle" dei capitalisti - non è è sotto il loro controllo cosciente! Per Adam Smith, si trattava della "mano invisibile" del mercato. Per Marx, tanto per usare la metafora di Murray Smith [Smith, Murray. Forthcoming, 2018. Invisible Leviathan (Second Edition): Marx’s Law of Value in the Twilight of Capitalism. Leiden: Brill Academic Publishers (Historical Materialism Book Series)], si tratta di un "Levitano invisibile".


Pubblicato il 30 maggio 2018 -

Note
[*1: N.d.T.] : " Partendo da un apparato analitico simile a quello di Sraffa e da un altro contributo di Samuelson (1957), l'economista giapponese Nobuo Okishio ha potuto dimostrare un famoso teorema che ha preso il suo nome, in base al quale l'innovazione tecnologica non può che accrescere il saggio del profitto, contrariamente a quanto sostenuto con la marxiana legge della caduta tendenziale del saggio del profitto (N. Okishio, 1961)." (fonte: Wikipedia)

fonte: Michael Roberts Blog

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