
Ucraina, Israele, Iran e Taiwan: “a che punto è la notte?”
di Eros Barone
Pochi sanno che gli ebrei ucraini hanno fornito un contributo fondamentale allo Stato israeliano, come dimostrano i nomi, pressoché sconosciuti all’opinione pubblica europea, di Ytzhak Ben-Zvi e di Ephraim Katzir,1 entrambi, come un buon numero di altri, ucraini. Del resto, lo stesso Volodymir Zelensky, nato da genitori ebrei divenuti recentemente cittadini israeliani, delineò, in un discorso tenuto all’Onu il 5 aprile del 2022, il futuro politico dell’Ucraina, dichiarando che il suo paese avrebbe dovuto conformarsi al modello israeliano. L’Ucraina, disse, «sarà più simile allo Stato israeliano che all’Europa occidentale; di fatto, tenderà a trasformarsi in un “Grande Israele”, la cui società sarà altamente militarizzata e le cui forze armate saranno incorporate in tutte le istituzioni». 2 In effetti, come ha rilevato la rivista statunitense “Forbes”, «le analogie con Israele sono moltissime. […] Alcune di esse sono state analizzate dal gruppo di studio “Atlantic Council” e da numerosi osservatori». 3
Così, fu proprio un qualificato esponente dell’“Atlantic Council”, l’ambasciatore degli Stati Uniti in Israele, Daniel Shapiro, colui che rilanciò l’idea del presidente ucraino, accompagnandola però con alcune indicazioni essenziali per la sua realizzazione.
Non desta meraviglia, pertanto, che con Zelensky quale presidente e con Volodymir Grojsman (anche lui ebreo) quale primo ministro, l’Ucraina si sia sempre più avvicinata a Tel Aviv, fino al punto che nel 2020 decise di ritirarsi da un Comitato delle Nazioni Unite creato nel 1975 per consentire al popolo palestinese di esercitare non solo i suoi diritti di autodeterminazione, indipendenza e sovranità nazionale, ma anche il diritto a recuperare i suoi territori e le sue proprietà. Dal canto suo, il governo israeliano inviò i suoi istruttori in Ucraina per contribuire, così come faranno sulla stessa falsariga altri paesi occidentali, alla formazione militare dell’esercito di Kiev.
Sennonché, per quanto riguarda la funzione dei due regimi nei rispettivi contesti geopolitici, è evidente che essi svolgono il ruolo, sotto la vigile guida americana, di avamposti aggressivi dell’Occidente imperialista contro il mondo russo, arabo e cinese. In base alla strategia delineata da Zbigniew Brzezinski nel libro La grande scacchiera. Il mondo e la politica nell’era della supremazia americana, 4 Kiev svolge questa funzione contro la Russia, mentre Tel Aviv è, da oltre settant’anni, il principale fattore di destabilizzazione e di guerra nel Vicino Oriente.
«Annichila le madri e i bambini. Questi animali non devono continuare a vivere. Sterminali e non lasciarne vivo nessuno. Qualsiasi ebreo che abbia un’arma dovrebbe uscire di casa e ammazzarli.» Queste parole di un vecchio militare israeliano il cui nome è Ezra Yachin, diffuse in un video che ha avuto ampia circolazione, sono uno specchio inquietante dell’azione genocida intrapresa dallo Stato israeliano, il cui atto di nascita – ciò non va mai dimenticato – scaturisce dalle imprese terroristiche di organizzazioni quali la Haganah, l’Irgùn e la Banda Stern, le cui operazioni di pulizia etnica cominciarono ottant’anni fa. 5
Il presidente israeliano, Isaac Herzog, ha cercato di giustificare il massacro indiscriminato sostenendo che i civili di Gaza erano a conoscenza degli attacchi di Hamas ed erano dunque complici degli stessi; 6 il ministro dell’Interno, Moshe Arbel, ha dichiarato, a sua volta, che i palestinesi feriti e catturati non saranno curati, 7 mentre il rappresentante permanente di Israele presso l’ONU, Dan Gillerman, ha affermato che i palestinesi sono «animali orribili»; 8 infine, Giora Eiland, ex presidente del Consiglio di Sicurezza Nazionale di Israele, ha scritto sul giornale “Yedioth Ahronot” che «Gaza si trasformerà in un luogo dove nessun essere umano potrà sopravvivere». 9 Insomma, i dirigenti dello Stato israeliano, sospinti dal loro furibondo fondamentalismo ebraico, citano alla lettera, come testo paradigmatico, il Libro di Giosuè, ove viene descritto con accenti epici quel massacro di uomini, donne e bambini, così come di buoi, pecore e asini, con cui venne inaugurata la colonizzazione della “terra promessa”.
Dopo le tre guerre del Golfo (1980-1988, 1991, 2003), dopo l’intervento nel Kosovo (1999), dopo quello in Afghanistan (2002) sfociato in un completo ritiro delle truppe statunitensi e della Nato (2021), dovrebbe essere chiaro che le cause per cui l’imperialismo scatena una guerra sono sempre più di una. Pesano, infatti, almeno tre fattori: l’economia, la geopolitica e la storia. Rispetto a due di questi fattori (storia ed economia), determinanti per la conquista e il mantenimento dell’egemonia, gli Stati Uniti stanno segnando il passo. E questa è la ragione per cui sono sempre più pericolosi. Consideriamo dunque il fattore geopolitico. Nel ‘limes’ lungo circa 10.000 chilometri che, presidiato dalle forze armate statunitensi, parte dalla Turchia e, passando attraverso l’Iraq e l’Afghanistan, giunge al confine nord-occidentale della Cina, c’è solo un anello che manca: l’Iran.
Non è forse assolutamente chiaro che, nel corso della “guerra ibrida” praticata dagli Stati Uniti assieme ad Israele (o, se si preferisce, praticata da Israele assieme agli Stati Uniti), l’uccisione del generale iraniano, Qassem Soleimani, nel 2020 e le recenti uccisioni del comandante militare di Hezbollah, Fuad Shukr, e del leader di Hamas, Ismail Hanyieh, segnano altrettante tappe della campagna terroristica che queste due potenze stanno conducendo, per l’appunto, contro l’Iran, un paese che, con la sua estensione di oltre un milione e seicentomila chilometri quadrati, con le sue risorse e con la sua posizione strategica, è il vero gigante del Medio Oriente? E non è forse assolutamente chiaro che la Cina, divenuta con la sua progressiva ascesa economica, tecnologica e militare il nuovo antagonista mondiale degli Usa, è il vero obiettivo strategico della guerra israelo-americana? Del resto, il piano principale degli Usa prevede il controllo del petrolio nel Medio Oriente e la creazione di un dispositivo militare orientato in direzione della Cina. Finora soltanto due paesi si sono opposti a questo piano: l’Iraq e l’Iran. L’Iraq è stato neutralizzato – e l’impresa, tuttora non conclusa, è stata quanto mai impegnativa - con l’invasione militare e con la guerra civile; adesso è rimasto solo l’Iran ad ostacolare il piano principale degli Usa. 10
Attualmente esistono nel mondo, a livello geopolitico, diversi focolai di crisi: Ucraina, Israele, Armenia e Azerbaigian, Iran, Yemen, Etiopia, Repubblica Democratica del Congo, Sahel, Haiti, Pakistan e Taiwan. La domanda che sorge allora spontanea è la seguente: quale di questi focolai può appiccare il fuoco alla prateria mondiale nei prossimi anni? Orbene, siccome gli analisti statunitensi, seguìti a breve distanza da quelli europei, reputano indispensabile frenare l’ascesa della Cina, la quale rappresenterebbe, ai loro occhi, la principale minaccia per la supremazia mondiale degli Stati Uniti, la risposta alla domanda testé formulata è che, fra i ‘punti caldi’ geopolitici, sia da privilegiare, sia pure in prospettiva, Taiwan.
Questa isola riveste infatti un’importanza strategica cruciale, poiché delimita il Mar Cinese Meridionale, ovvero un’area che non solo è ricca di risorse naturali, ma è anche attraversata da un terzo dei flussi commerciali internazionali. L’isola di Taiwan si trova proprio a mezza strada fra la potenza commerciale giapponese e lo Stretto di Malacca che, essendo la principale via di comunicazione fra l’Oceano Indiano e l’Oceano Pacifico, è una delle vie marittime più importanti del mondo. Conseguentemente, senza Taiwan, la Cina non solo sarebbe incompleta, ma resterebbe confinata tra il Mar Cinese Meridionale e il Mar Giallo, sottoposta alla minaccia di una potenziale “portaerei americana” che staziona a non più di duecento chilometri dalle sue coste. 11
Perciò, nel suo rapporto al XX Congresso del Partito Comunista Cinese celebrato nell’ottobre del 2022, il presidente Xi Jinping ha dichiarato: “Taiwan è la Cina. Risolvere il problema di Taiwan spetta ai cinesi e a nessun altro”. 12 È dunque facile comprendere che, se gli Stati Uniti si ostineranno a negare a Pechino il diritto di tornare ad unire Taiwan alla madrepatria, la situazione di crisi che ne deriverà sarà ancora più esplosiva di quella che si registra ora nel Vicino Oriente. Sono queste le ragioni per cui, nella dinamica che scandisce la crisi dell’ordine mondiale e la contesa sempre più aspra fra le potenze che da tale crisi scaturisce, quelli verso l’Ucraina, verso Israele, verso l’Iran e verso Taiwan sono, per chiunque li intraprenda senza mutare direzione, obiettivi e modalità, viaggi senza ritorno.






































Lei o altri vogliono regalare gli ebrei (tutti) al sionismo?
A questo fascismo coloniale?
Bene, se vuole fare questo ogni volta che parla dello schifo dei sionisti parli degli ebrei senza distinzioni.
I sionisti Ballano ogni volta che questo succede. Da sempre cercano di Intestarsi in modo esclusivo la rappresentanza degli ebrei ( Tutti gli ebrei, anche quelli che li prenderebbero a calci) e di attingere al triste patrimonio di persecuzioni subite da quel popolo.
Non e' importante cosa lei distingue tra ebrei e sionisti (che tra l'altro esistono anche i cristiano sionisti peggiori degli autentici macellai in corso d'opera, si informi, li foraggiano e supportano), l'importante, per i Sionisti (ebrei o cristiano sionisti) , e' che chiunque (qualsiasi persona, stato, commento) assimili gli ebrei ai sionisti e al sionismo, non nella sua testa certamente attenta, ma nella Comunicazione.
Veda lei gli sforzi che fanno gli antisionisti per smarcarcarsi, come ebrei credenti o laici, dal sionismo. Veda le botte che prendono quelli che protestano not in my name.
Veda lei a chi vuole andare incontro quando scrive, non quando pensa o elucubra in merito.
Saluti
A parte la voce di wikipedia in inglese, recensioni su varie riviste cattoliche e/protestanti o laiche, ma non dichiaratamente sioniste esiste anche un documentario
https://www.cineagenzia.it/film/praying-for-armageddon/
Il titolo e' gia un programma.
Numericamente sembra siano piu numerosi delle persone di origine ebraica nel mondo.
Hanno idee spaventose, predicano la fine dei tempi, l'avvento, girano spesso armati e ... in ultimo, ma solo dopo la conquista dell'intera terra d'israele otterrano pure la conversione (spontanea?) dei credenti nell'ebraismo alla vera unica religione, la loro.
Sembra una pagliacciata a chi tra marx e idee filosofiche si barcamena su teorie del presente e del divenire. Quanti siamo? Quanta gente si conta a far ragionamenti su questo e altri siti? Un milione, due? Tre?
Bene, tra sionisti e cristiano sionisti fate voi i conti di quanti sono quelli che combattono direttamente i poveri palestinesi, indirettamente diritti e futuro di parecchi, noi compresi.
Questo e' il mondo, queste sono forze (di persone, di potere) vicine a governi importanti, lo ribadisco perche' vedo intorno a me molta umanita' che del reale vede spesso quello che gli pare e come gli pare. Governi che adattano il presente ed il futuro a loro aspettative di piccolo cabotaggio e anche molti non di governo che si rifugiano su ripetute tesi mai aggionare al presente.
Il presente parla, queste cristano sioniste sono masse che sembrano folklore in caso uno li incroci su google, ma dovrebbero mettere paura in caso si aprofondisca
Sono pedante?
Ma, no, e' solo perche' e' iniziato ferragosto e non sapevo cosa fare tranne sudare per il caldo.
Buoni antisionismi a tutti