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Epidemia coronavirus, due approcci strategici a confronto

di Roberto Buffagni

light 1097599 1920 945x630Propongo una ipotesi in merito ai diversi stili strategici di gestione dell’epidemia adottati in Europa e altrove. Sottolineo che si tratta di una pura ipotesi, perché per sostanziarla ci vogliono competenze e informazioni statistiche, epidemiologiche, economiche che non possiedo e non si improvvisano. Sono benvenute le critiche e le obiezioni anche radicali.

L’ipotesi è la seguente: lo stile strategico di gestione dell’epidemia rispecchia fedelmente l’etica e il modo di intendere interesse nazionale e priorità politiche degli Stati e, in misura minore, anche delle nazioni e dei popoli. La scelta dello stile strategico di gestione è squisitamente politica.

Gli stili strategici di gestione sono essenzialmente due:

  1. Non si contrasta il contagio, si punta tutto sulla cura dei malati (modello tedesco, britannico, parzialmente francese)
  2. Si contrasta il contagio contenendolo il più possibile con provvedimenti emergenziali di isolamento della popolazione (modello cinese, italiano, sudcoreano).

Chi sceglie il modello 1 fa un calcolo costi/benefici, e sceglie consapevolmente di sacrificare una quota della propria popolazione. Questa quota è più o meno ampia a seconda delle capacità di risposta del servizio sanitario nazionale, in particolare del numero di posti disponibili in terapia intensiva. A quanto riesco a capire, infatti, il Coronavirus presenta le seguenti caratteristiche: alta contagiosità, percentuale limitata di esiti fatali (diretti o per complicanze), ma percentuale relativamente alta (intorno al 10%, mi pare) di malati che abbisognano di cure nei reparti di terapia intensiva. Se così stanno le cose, in caso di contagio massiccio della popolazione – in Germania, ad esempio, Angela Merkel prevede un 60-70% di contagiati – nessun servizio sanitario nazionale sarà in grado di prestare le cure necessarie a tutta la percentuale di malati da ricoverarsi in T.I., una quota dei quali viene così condannata a morte in anticipo.

La quota di pre-condannati a morte sarà più o meno ampia a seconda delle capacità del sistema sanitario, della composizione demografica della popolazione (rischiano di più i vecchi), e di altri fattori imprevedibili quali eventuali mutazioni del virus.

La ratio di questa decisione sembra la seguente:

  1. L’adozione del modello 2 (contenimento dell’infezione) ha costi economici devastanti
  2. La quota di popolazione che viene pre-condannata a morte è in larga misura composta di persone anziane e/o già malate, e pertanto la sua scomparsa non soltanto non compromette la funzionalità del sistema economico ma semmai la favorisce, alleviando i costi del sistema pensionistico e dell’assistenza sanitaria e sociale nel medio periodo, per di più innescando un processo economicamente espansivo grazie alle eredità che, come già avvenuto nelle grandi epidemie del passato, accresceranno liquidità e patrimonio di giovani con più alta propensione al consumo e all’investimento rispetto ai loro maggiori.
  3. Soprattutto, la scelta del modello 1 accresce la potenza economico-politica relativa dei paesi che lo adottano rispetto ai loro concorrenti che adottano il modello 2, e devono scontare il danno economico devastante che comporta. Approfittando delle difficoltà dei loro concorrenti 2, le imprese dei paesi 1 potranno rapidamente sostituirsi ad essi, conquistando significative quote di mercato e imponendo loro, nel medio periodo, la propria egemonia economica e politica.

Naturalmente, per l’adozione del modello 1 sono indispensabili due requisiti: un centro direzionale politico statale coerentemente e tradizionalmente orientato su una accezione particolarmente radicale e spietata dell’interesse nazionale (tipici i casi britannico e tedesco); una forte disciplina sociale (ecco perché l’adozione del modello 1 da parte della Francia sarà problematica, e probabilmente si assisterà a una riconversione della scelta strategica verso il modello 2).

L’adozione del modello 1, insomma, corrisponde a uno stile strategico squisitamente bellico. La scelta di sacrificare consapevolmente una parte della popolazione economicamente e politicamente poco utile a vantaggio della potenza che può sviluppare il sistema economico-politico, in soldoni la scelta di liberarsi dalla zavorra per combattere più efficacemente, è infatti una tipica scelta necessitata in tempo di guerra, quando è normale perché indispensabile, ad esempio, privilegiare cure mediche e rifornimenti alimentari dei combattenti su cura e vitto di tutti gli altri, donne, vecchi e bambini compresi, nei soli limiti imposti dalla tenuta del morale della popolazione, che è altrettanto indispensabile sostenere.

Gli Stati che adottano il modello 1, dunque, non agiscono come se i loro concorrenti fossero avversari, ma come se fossero nemici, e come se la competizione economica fosse una vera e propria guerra, che si differenzia dalla guerra guerreggiata per il solo fatto che non scendono in campo gli eserciti. La condotta di questo tipo di guerra, proprio perché è una guerra coperta, sarà particolarmente dura e spietata, perché non vi ha luogo alcuno né il diritto bellico, né l’onore militare che ad esempio vieta il maltrattamento o peggio l’uccisione di prigionieri e civili, l’impiego di armi di distruzione di massa, etc. Per concludere, la scelta del modello 1 privilegia, nella valutazione strategica, la finestra di opportunità immediata (conquistare con un’azione rapida e violenta un vantaggio strategico sul nemico) sulla finestra di opportunità strategica di medio-lungo periodo (rinsaldare la coesione nazionale, diminuire la dipendenza e vulnerabilità della propria economia dalle altrui accrescendo investimenti statali e domanda interna).

***

Alla luce di quanto delineato a proposito degli Stati che adottano il modello 1, è più facile descrivere lo stile etico-politico degli Stati che adottano il modello 2.

Nel caso della Cina, è indubbio che il centro direttivo politico cinese sappia molto bene che la competizione economica è componente decisiva della “guerra ibrida”. Furono anzi proprio due colonnelli dello Stato Maggiore cinese, Liang Qiao e Xiangsui Wang, che negli anni Ottanta elaborarono il testo seminale sulla “guerra asimmetrica”[1]. Credo che il centro direzionale politico cinese abbia scelto, pare con successo, di adottare il modello 2 per tre ragioni di fondo: a) il carattere spiccatamente comunitario della tradizione culturale cinese, nella quale il concetto liberale di individuo e il concetto cristiano di persona hanno rilievo scarso o nullo b) il profondo rispetto per i vecchi e gli antenati, cardine del confucianesimo c) una valutazione strategica di lungo periodo, riassumibile in queste due massime di Sun Tzu, il pensatore che più ispira lo stile strategico cinese: “La vittoria si ottiene quando i superiori e gli inferiori sono animati dallo stesso spirito” e “Una guida coerente permette agli uomini di sviluppare la fiducia che il loro ambiente sia onesto e affidabile, e che valga la pena combattere per esso.” In altri termini, penso che la direzione cinese abbia valutato che il vantaggio strategico di lungo periodo di preservare e anzi rafforzare la coesione sociale e culturale della propria popolazione superasse il costo di breve-medio periodo del danno economico, e della rinuncia a profittare nell’immediato delle difficoltà degli avversari. Perché “le vie che portano a conoscere il successo” sono tre: 1. Sapere quando si può o non si può combattere 2. Sapersi avvalere sia di forze numerose che di forze esigue 3. Saper infondere uguali propositi nei superiori e negli inferiori.”

Nel caso dell’Italia, la scelta – per quanto incerta e mal eseguita – del modello 2 credo dipenda dalle seguenti ragioni. 1) Sul piano culturale, dall’influsso della civiltà italiana ed europea premoderna, infusa com’è di sensibilità precristiana, contadina e mediterranea per la famiglia e la creaturalità, poi parzialmente assorbita dal cattolicesimo controriformato e dal barocco: un influsso di lunghissima durata che continua ad operare nonostante la protestantizzazione della Chiesa cattolica odierna, e nonostante l’egemonia culturale, almeno di superficie, di liberalismo ideologico e liberismo economico 2) Sempre sul piano culturale, dal pacifismo instaurato dopo la sconfitta nella IIGM e perpetuato prima dalle sinistre comuniste e dal mondo cattolico, poi dalle dirigenze liberal-progressiste UE; un pacifismo che genera espressioni buffe come “soldati di pace”, e la negazione metodica della dimensione tragica della storia 3) Sul piano politico, sia dal grave disordine istituzionale, ove i livelli decisionali si sovrappongono e ostacolano reciprocamente, come s’è palesato nel conflitto tra Stato e Regioni all’apertura della crisi epidemiologica; sia dalle preoccupazioni elettorali di tutti i partiti; sia dalla fragile legittimazione dello Stato, antico problema italiano 4) sul piano politico-operativo, dalla sbalorditiva incapacità delle classi dirigenti, nelle quali decenni di selezione alla rovescia e abitudine a scaricare responsabilità, scelte e relative motivazioni sulle spalle dell’Unione Europea hanno indotto una forma mentis che induce sempre a imboccare la linea di minor resistenza: che in questo caso è proprio la scelta di contenere il contagio, perché per scegliere la via del triage bellico di massa (comunque la si giudichi, e io la giudico molto negativamente) ci vuole una notevolissima capacità di decisione politica.

In altre parole, la scelta italiana del modello 2 ha ragioni superficiali e consapevoli nei nostri difetti politici e istituzionali, e ragioni profonde e semiconsapevoli nei pregi della civiltà e della cultura a cui, quasi senza più saperlo, l’Italia continua ad ispirarsi, specie nei momenti difficili: siamo stati senz’altro umani e civili, e forse anche strategicamente lungimiranti, senza sapere bene perché. Però lo siamo stati, e di questo dobbiamo ringraziare i nostri antenati defunti, i Lari[2] il cui culto, sotto diversi nomi, si perde nei secoli e millenni; e che senza saperlo, oggi onoriamo e veneriamo facendo tutto il possibile per curare i nostri padri, madri, nonni, anche se non servono più a niente.

Farebbe sorridere Sun Tzu e forse anche Hegel constatare che i due modelli impongono metodi operativi di implementazione esattamente opposti rispetto allo stile strategico.

L’implementazione del modello 1 (non conteniamo il contagio, sacrifichiamo consapevolmente una quota di popolazione) non richiede alcuna misura di restrizione della libertà: la vita quotidiana prosegue esattamente come prima, tranne che molti si ammalano e una percentuale non esattamente prevedibile ma non trascurabile di essi, non potendo ottenere le cure necessarie per ragioni di capienza del servizio sanitario, muore.

L’implementazione del modello 2 (conteniamo il contagio per salvare tutti i salvabili) richiede invece l’applicazione di misure severissime di restrizione delle libertà personali, e anzi esigerebbe, per essere coerentemente effettuato, il dispiegamento di una vera e propria dittatura, per quanto morbida e temporanea, in modo da garantire l’unità del comando e la protezione della comunità dallo scatenamento delle passioni irrazionali, cioè da se stessa. Operativamente, la direzione esecutiva del modello 2 dovrebbe essere affidata proprio alle forze armate, che possiedono sia le competenze tecniche, sia la struttura rigidamente gerarchica adatte.

Concludo dicendo che sono contento che l’Italia abbia scelto di salvare tutti i salvabili. Lo sta facendo goffamente, e non sa bene perché lo fa: ma lo fa. Stavolta è facile dire: right or wrong, my country.


Note
[1] Liang Qiao e Xiangsui Wang, Guerra senza limiti. L’arte della guerra asimmetrica fra terrorismo e globalizzazione, LEG Edizioni 2011
[2] v. https://www.romanoimpero.com/2018/07/culto-dei-lari.html

Comments

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Luigi Bellato
Friday, 20 March 2020 09:48
Mi domando come si fa a scrivere troiate del genere, come quelle scritte da Roberto Buffagni, soprattutto nella situazione attuale. Praticamente dice che in Germania e in altri paesi la gente viene lasciata morire e piu' ne muoino meglio é, mentre in Itala ci comportiamo un po' meglio solo per un retaggio religioso-culturale.
Se Roberto Buffagni avesse un po' di buon senso, capirebbe che i provvedimenti presi in Italia, anche se in ritardo ed in modo discutibile, sono gli unici possibili, ed anche gli altri paesi, chi piu' in ritardo e chi meno, si dovranno adeguare, perché non c'é altra soluzione, in attesa di un vaccino. Poi cominceranno i novax, ma questa é un'altra storia.
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Mario M
Thursday, 19 March 2020 08:46
Sono attratto dalle controversie e dispute di carattere scientifico, che però oggi si tendono a nascondere al grande pubblico, facendo credere che la scienza sia un tranquillo edificio in costruzione, dove i ricercatori della comunità collaborano amabilmente nelle università, nei laboratori, attraverso le riviste e il reciproco controllo democratico fornito dal peer review, l'impact factor.

Una delle polemiche nascoste al grande pubblico mise in contrapposizione Peter Duesberg, citato da Eros Barone, a Robert Gallo, circa l'origine e la causa dell'Aids. In quel caso la spiegazione semplice e di buon senso, e cioè l'origine tossica della malattia, non venne presa in considerazione, perché l'ipotesi virale della trasmissione sessuale soddisfaceva vari interessi: dei centri di ricerca, delle case farmaceutiche, dei moralisti, dei giornalisti. Anche l'attuale crisi sanitaria che stiamo attraversando trova nel coronavirus una comoda giustificazione, rispetto ai tanti cofattori suggeriti, quali l'alto livello di inquinamento da polveri sottili, il 5g, le campagne vaccinali, e soprattutto la carenza del nostro sistema sanitario nazionale che è stato compromesso con importanti tagli di risorse.
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Il Galileo Eretico di Pietro Redondi, allievo di Ludovico Geymonat, ha riscritto la storia del processo a Galileo: un processo di copertura per nascondere la vera e grave accusa che gli veniva rivolta dal gesuita Orazio Grassi. Questi era stato oltraggiato da Galileo nel Saggiatore, che aveva apostrofato il gesuita con parole dure, offensive: "serpe lacerata", "scorpione", "balordissimo", "solennissima bestia" . Molto probabilmente Grassi riuscì a trovare nel Saggiatore alcuni passaggi che mettevano in discussione un dogma della Chiesa, quello della transustanziazione. Redondi ipotizza questo scenario alternativo perché prima di scrivere il suo libro scopre un documento inedito, un'accusa molto probabilmente scritta dal gesuita.
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Sempre in tema di polemiche scientifiche, suggerisco il ciclo delle Storie Impossibili del matematico e storico Umberto Bartocci. Soprattutto quella riguardante la scoperta del nuovo mondo. Bartocci parte da una semplice osservazione: il raggio della terra era stato misurato con buona precisione quasi duemila anni prima da Eratostene, si conosceva anche la distanza fra l'Europa e la Cina grazie ai traffici lungo la via della seta, e quindi si poteva stimare correttamente la distanza fra l'Europa e la Cina nell'altra direzione; pertanto Colombo non poteva essere così sciocco da voler "buscar el levante por el poniente", sapeva invece di intraprendere il viaggio per scoprire il nuovo mondo.
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Eros Barone
Wednesday, 18 March 2020 15:04
Nel suo ultimo intervento Guglielmo Donniaquio ha proposto diversi spunti di riflessione. Riprendo solo quelli inerenti al reciproco condizionamento (asimmetrico) fra il contesto tecnico-scientifico e il contesto socio-politico (sebbene sullo sfondo rimanga, incancellabile e in ultima istanza soverchiante, il contesto biologico-naturale). Orbene, la scienza moderna è nata da una duplice rottura: rispetto al dualismo ontologico di derivazione platonico-aristotelica, per cui esistono due mondi, quello celeste e perfetto, la cui sostanza è l’etere, e quello sublunare, terrestre e imperfetto, costituito dai quattro elementi (aria, terra, acqua e fuoco); rispetto all’interpretazione strumentalistica della scienza moderna, sostenuta dalla Chiesa e dal suo rappresentante teologico e filosofico, il cardinale Bellarmino. Come ha spiegato con la consueta chiarezza Ludovico Geymonat, il vero nodo epistemologico e filosofico del conflitto tra Galileo e la Chiesa non fu la contrapposizione tra geocentrismo ed eliocentrismo, ma la scontro fra l’interpretazione realistica della scienza moderna, difesa dal grande scienziato pisano, e l’interpretazione strumentalistica, sostenuta da Bellarmino e dal papa Urbano VIII, nonché anticipata, in campo protestante, dal teologo luterano Osiander nella prefazione del 1543 al capolavoro di Copernico, il trattato “De revolutionibus orbium coelestium”. Il processo a Galileo e la conseguente abiura a cui l’autore del “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo” fu costretto segnarono la vittoria del “compromesso bellarminiano”, ossia del connubio tra una concezione strumentalistica della scienza moderna, che depotenziava il suo intrinseco significato materialistico, e l’ontologia religiosa creazionistica desunta dalla Bibbia. Ecco perché i ‘moderni Simplici’, che operano la separazione fra strumento e fine, si trovano esattamente nel solco tracciato dal “compromesso bellarminiano”, e pertanto sono da considerare, filosoficamente, degli ermafroditi: in parte tolemaici e in parte copernicani, essendo per loro le due concezioni (non descrizioni vere della realtà ma) strumenti utili e, quindi, intercambiabili in ragione dell’efficacia pratica. Anche se si trovano in compagnia della maggioranza della comunità dei fisici contemporanei, all’interno della quale i realisti e/o materialisti sono una minoranza, questa collocazione non li rende meno subalterni alle direttive della Chiesa che ripropone una visione strumentalistica della scienza e ne nega conseguentemente la portata intrinsecamente filosofica, orientata verso il materialismo. È superfluo ricordare, a questo proposito, che l’unificazione ontologica del mondo e il superamento del dualismo antico e medievale, se ha privato l’universo del suo fascino ‘antropocentrico’, ha messo in moto, da un lato, un processo di disantropomorfizzazione della natura, che continua ancora oggi e che è la base di ogni indagine sperimentale (si pensi al mondo controintuitivo della fisica quantistica e ai processi stocastici che lo caratterizzano), e, dall’altro, ha reso possibile l’applicazione della matematica alla fisica generando lo straordinario progresso scientifico e tecnico, di cui l’umanità contemporanea è, ad un tempo, creatura e creatrice, vittima e artefice. La separazione tra lo strumento e il fine è pertanto la radice del predominio onnipervasivo ed estetizzante che, nella fase del tardo capitalismo in cui ci troviamo, la tecnica ha acquisito nei confronti della scienza. Sennonché, la tecnica contemporanea si sviluppa nella misura in cui ha la possibilità di inserirsi nel processo di produzione globale, il che significa che la scienza, la quale necessita per la sua esistenza della tecnica, finisce essa pure col risultare dipendente dalle possibilità di applicazione nel sistema economico-sociale capitalistico. La scienza finisce così per dipendere, attraverso la mediazione soverchiante della tecnica, dal contesto socio-politico che fissa la prospettiva da perseguire. I centri di ricerca si configurano perciò, fin dalla loro nascita risalente alla prima guerra mondiale, anche e soprattutto come apparati ideologici di Stato (con tutta la panoplia, richiamata da Donniaquio, di “linee guida, protocolli, ‘gold standard’ e riviste scientifiche che governano la ricerca mondiale”). Come tali, servono a permettere allo Stato (o alle Unioni fra Stati) di intervenire con una propria politica (in ciò risiede il condizionamento asimmetrico fra il contesto socio-politico e il contesto tecnico-scientifico). Oggi è la tecnica, espressione e strumento del capitalismo monopolistico, che dirige la scienza con tutte le conseguenze che questa realtà comporta sia nella genesi che nella dinamica dell’attuale pandemia.
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Franco Trondoli
Wednesday, 18 March 2020 12:18
Leggo con interesse e piacere Guglielmo Donniaquio, come tutti gli altri. Da dilettante in tutto; ringrazio per la pazienza; mi permetto di dire questo, in estrema sintesi, rispetto al "Nazionale" ed al "Globale". Siamo di fronte ad un quesito che forse si chiarisce piano piano ad un certo livello solo in questi tempi. C'è la necessita di realizzare questa equazione: UNO=TUTTI. Bisognerebbe riuscire a diventare nello stesso tempo "Nazionali e Globali" ; Facile a dirsi, difficile a farsi. In bocca al lupo a tutti.
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guglielmo donniaquio
Wednesday, 18 March 2020 11:02
ho alcuni spunti di riflessione: il metodo scientifico non è assoluto e non è condiviso, dipende fortemente da parametri che applichiamo all'osservazione, dipende fortemente dall'osservatore, non nel senso della fisica quantistica, ma dal contesto socio culturale di provenienza. La cultura di provenienza crea cecità funzionale come, anche l'emotività dell'osservatore. Il metodo scientifico è un protocollo di comportamenti, che dovrebbero portarci più vicino alla osservazione della realtà, da cui dovrebbe partire una serie di analisi e ragionamenti personali, che dovrebbero, da questa realtà sviluppare fenomeni di astrazione che permettano di avere principi da cui dedurre e anticipare ciò che accadrà nel futuro (effetti) e ciò che è accaduto precedentemente (cause). Tutto questo crea una serie di regole e leggi ripetibili ora e nel futuro. Questo semplice meccanismo fortemente presente nell'Homo Sapiens Sapiens, subisce enormi sconvolgimenti, i più importanti derivano dal nostro carattere, visto secondo i principi della psicoanalisi (bellissimo libro esplicativo l'interpretatore dei sogni), che ci obbliga a vedere ciò che ci interessa. Quindi esplosione di opinioni proprio nel campo scientifico, splendido spettacolo di umanità, non possiamo avere la verità, non possiamo avere la realtà, possiamo però avere un'opinione e controllarla con la nostra razionalità cercando di non diventarne schiavi.

Questo preambolo a parte, chi inventò la scienza vista come prodotto da acquistare la sapeva lunga della emotività umana, per cui come noi siamo schiavi della cultura e della nostra emotività, la scienza è al servizio del potere, si è trasformata in dogmatica e evita le discussioni aperte. Esistono linee guida, protocolli, gold standard e riviste scientifiche che governano la ricerca mondiale e via dicendo.Questo non è un complotto contro l'Italia o altro, questo è semplicemente business, nulla di personale, di personale non esiste nulla, in quanto è il denaro e il potere che comandano non più l'uomo.

Ritengo di essere ed è un'opinione, di fronte al naufragio di alcuni esperimenti andati a male del nostro tempo: il federalismo, l'europa della finanza, la dislocazione delle attività produttive, ma anche il mondo senza confini, la pace universale, siamo tutti uguali, la democrazia e potrei andare ancora avanti, insomma tutti gli ideali della della seconda metà del secolo scorso.
Dobbiamo forse ritornare ancora indietro, tornare nazionalisti, creare resistenza all'interno delle nostre nazioni per poi forse un giorno se saremo pronti esportali ma non come prodotti di consumo, come consapevolezza diversa.
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Eros Barone
Wednesday, 18 March 2020 00:45
Un ulteriore insegnamento che è possibile ricavare da questa malattia infettiva deriva dal contesto
tecnico-scientifico e dalla sua organizzazione modellata sullo schema industriale della 'big science' (schema organizzativo che, come è noto, risale alla seconda guerra mondiale e al famoso Progetto Manhattan di messa a punto dell'arma termonucleare). Il settore della biologia costituisce una parte rilevante di tale contesto ed assorbe, pur nella esiguità dei fondi per la ricerca stanziati dai vari governi del nostro paese, una quota di risorse maggiore della fisica, dell'ingegneria, della matematica e delle altre scienze. Sennonché la transizione dalla ricerca 'artigianale' di un tempo al modello della 'big science' ha creato uno strato di tecnici abili, ma di scienziati mediocri. E' questo un problema di notevole rilevanza sociale oltre che scientifica, se si considera che la biologia è anche il fondamento della medicina e che l'infettivologia e in particolare la virologia rappresentano una settore oggi centrale di questo campo della ricerca biomedica. Gli errori e le carenze che si possono manifestare in tale settore hanno quindi una ricaduta diretta e immediata sul piano sociale. Non a caso, Peter Duesberg, docente statunitense di biologia molecolare e cellulare e autore di un libro-denuncia intitolato "AIDS Il virus inventato", che suscitò un certo scalpore alcuni anni fa, ha paragonato l'epidemiologia ad un bikini, "interessante per quello che rivela, cruciale per quello che nasconde". L'insegnamento da trarre riguarda in questo caso un contesto specifico: la direzione in cui si muove la ricerca scientifico-tecnologica, la sua organizzazione, i suoi indirizzi e la sua produttività sociale. E' chiaro che l'efficacia del servizio sanitario nazionale dipende da tali fattori e quindi dal grado di condizionamento che esercitano su di essi e sulle politiche governative gli interessi delle grandi imprese multinazionali del settore chimico-farmaceutico.
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Eros Barone
Tuesday, 17 March 2020 22:38
Quali sono gli insegnamenti che si possono ricavare dalla pandemia in corso? Il primo insegnamento è di carattere ideologico e riguarda la funzione determinante dello Stato, sia in negativo sia in positivo, nel fronteggiare l’emergenza sanitaria. Dopo quattro decenni di enfasi sulla centralità dell’impresa e dell’iniziativa privata, abbiamo la prova provata della centralità del potere pubblico grazie a due esempi: la nazionalizzazione di Alitalia e l’organizzazione degli interventi di profilassi e cura della popolazione colpita da una pandemia. La requisizione delle strutture della sanità privata, misura adottata dal governo spagnolo, dimostra che ci si può spingere ancora oltre, al fine di soddisfare le crescenti necessità di intervento nella situazione di emergenza creata dalla pandemia. Il secondo insegnamento è di carattere politico e concerne l’Unione Europea, presentata per decenni come una sorta di provvidenziale panacea idonea a risolvere qualsiasi problema e che oggi, nel pieno dell’emergenza, dimostra la sua attitudine ‘solidaristica’ svelando la sua reale natura di conglomerato capitalistico funzionante in base ad un modello competitivo spietato la cui unica regola è “mors tua vita mea”. Ma l’insegnamento più importante è di carattere sociale e investe la funzione della classe operaia, poiché dimostra con una chiarezza solare, in questa fase di emergenza che è anche il frutto di due decenni di politiche economiche portate avanti da governi 'eletti' dalle multinazionali, dalle banche e dall’Unione Europea, che il lavoro salariato è fondamentale per la sussistenza del popolo italiano. Ma questo significa pure che se la classe operaia può continuare a lavorare in queste condizioni, allora può anche organizzare da se stessa e per se stessa il suo lavoro, prendendo nelle sue mani la direzione delle attività produttive del paese. Mai come in questo momento si sta rendendo visibile la centralità economica della classe operaia in quanto risorsa strategica per la sopravvivenza del popolo e forza propulsiva di una società in cui a decidere cosa, quanto, quando e come produrre siano i lavoratori e non più i padroni asserragliati nelle loro ville e nelle loro case-fortezza pagate con il furto dei salari.
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Mario M
Tuesday, 17 March 2020 15:28
L'Istituto Superiore di Sanità al 13 Marzo dichiarava che solo 2 casi di decessi, fra quelli esaminati, risultavano essere per coronavirus, ma che comunque necessitavano di ulteriori approfondimenti.

Da altre fonti alternative arriva l'avvertenza a cercare altre cause per i decessi (alto inquinamento da: polveri sottili, campagne vaccinali, 5g, abuso di medicinali). Anche negli anni precedenti si erano registrati episodi di aumento delle patologie respiratorie e di collasso delle strutture sanitarie, oggi anche aggravati dai tagli draconiani subita dalla nostra sanità. Va anche segnalato il clima di paura circa le infezioni da virus che si è diffuso in questi ultimi anni: il ministro Beatrice Lorenzin che mentiva alla nazione dichiarando che a Londra in un solo anno erano morti centinaia di bambini per il morbillo; il virologo nazional popolare, Roberto Burioni, che magnificava le virtù salvifiche dei vaccini, senza i quali l'umanità è spacciata; e nessuno che la pensava diversamente poteva controbattere, anzi veniva addirittura radiato dall'ordine...
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Guglielmo Donniaquio
Tuesday, 17 March 2020 08:30
sono costretto a contraddire alcune precisazioni, è vero che la presenza di un virus nel nostro organismo significhi ben poco, qui potremmo aprire un giorno un dibattito sull'utilità dei virus e dei batteri nei nostri tessuti. detto questo esiste ed è chiara una patologia, l'influenza stagionale nella sua complicanza polmonare colpisce i tessuti della tonaca interna dei bronchi riducendo le difese strutturali di questo epitelio, da cui un battere può facilmente installarsi e creare la polmonite batterica, per capirci la famosa Spagnola. Nel caso odierno il virus colpisce gli alveoli, un'altra struttura e sviluppa una polmonite, cioè infiammazione del tessuto polmonare, forse per eccesso di reazione infiammatoria del sistema, che crea una fibrotizzazione con grave insufficienza respiratoria, assomiglia molto di più a una bronchiolite pediatrica che a una polmonite in età adulta. Per cui la patologia esiste e come!!!!.
Per quanto riguarda la omeoprofilassi, che è l'unica cura che io conosca, se volete vi faccio avere i protocolli, questo non toglie nulla alla quarantena, perché riducendo gli effetti nell'unità tempo si riduce la carica virale che colpisce il singolo individuo, va anche detto che questo principio è in linea generale, perché con questo virus non lo sappiamo ancora.
Esistono vari ceppi di corona virus e sicuramente non tutti sono aggressivi, se avete avuto raffreddori stagionali in passato è assai probabile che abbiate incontrato già il coronavirus, ma non del ceppo odierno che è del tutto nuovo.
Per quanto riguarda i tamponi in un primo momento sono stati fatti a chiunque poi sotto spinta dell'OMS si è scelto di farli solo ai sintomatici: febbre, dispnea e una diagnosi per immagine che certifichi una polmonite in corso.

Passando ad altro argomento l'utilizzo dell'esercito per certo aspetti garantirebbe il rispetto delle costrizioni, il nostro è un paese dove esiste l'idea che l'uomo sia buono e intelligente ( umanesimo, antropocentrismo, cristianesimo e non per ultimo comunismo romantico) per cui ci appelliamo più al principio morale delle persone rispetto a scelte etiche con il rafforzino delle forze dell'obbligo mediate anche dall'esercito. Anche qui esistono gli estremi per una discussione a parte...
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Franco Trondoli
Tuesday, 17 March 2020 01:57
Come mai tutte le imprese capitalistiche del mondo hanno potuto e hanno voluto andare a fare il loro mestiere nella Cina governata da un partito comunista è una contraddizione ( Hegeliana) che solo il commentatore della nota #7 , ma non solo, può spiegare. In bocca al lupo.
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Mario M
Monday, 16 March 2020 23:46
Riporto l'intervento di un medico piemontese, Diego Tomassone, dalla sua pagina facebook, favorevole alla scelta inglese.
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C.S.I. (CORONAVIRUS SCIENTIFIC INVESTIGATION)
CONTENERE O MITIGARE?!?

Come già espresso in altro post, dal punto di vista scientifico ha ragione Sir Wallace, consigliere medico inglese, e noi in Italia come la Spagna abbiamo torto e stiamo mettendo in atto misure controproducenti.

Purtroppo si sono scambiate opinioni politiche e atteggiamenti burocratici con definizioni e concetti matematici e scientifici.

Si è sempre parlato di immunità gregge, spesso a sproposito e parlando di "immunità passiva", quando invece sarebbe opportuno parlarne adesso e applicarla in questa situazione.

La diffusione e virulenza della malattia si attenua man mano che i contagi aumentano, e per malattie a bassissima mortalità e alta percentuale di asintomatici, è la soluzione migliore (non è certo anti-etico anzi!)

Come si dovrebbe agire quindi?

Semplicemente seguire i protocolli anti-pandemia OMS stabiliti fin dal 2003 e che hanno evitato la pandemia di SARS (malattia ben più pericolosa e con mortalità molto più alta), cioè usare il CONTENIMENTO (isolamento dei casi positivi e sintomatici), e non la MITIGAZIONE (bloccare tutto come adesso), che crea solo disastri sia economici che poi sanitari di ripresa!

Si perchè pensate un attimo....vi fratturate una gamba e state in "quarantena" con il gesso fermi per 40-50 giorni, quando poi riprendete a camminare come siete? Tutti rigidi e anchilosati e dovete fare fisioterapia no?

Ecco, se rimaniamo in casa senza contatti per 1-2 mesi questo accade al nostro sistema immunitario, che ne uscirà "rigido" e più suscettibile di prima! (è esperienza facilmente verificabile da tutti che dopo un periodo chiusi in casa poi uscendo è più facile ammalarsi no? pensate anche solo ai bimbi che iniziano l'asilo!)

Quindi la strategia di mitigare è quanto di più sbagliato ci possa essere!

Aggiungiamo poi che ufficialmente non vengono dati consigli di alcun tipo, è attivo il 5G, ed abbiamo una "esplosione di immunodepressione assurda"!

Senza contare che sta arrivando la primavera, e scoppieranno le allergie dei soggetti allergici e il classico indeblimento che avviene spesso nei cambi di stagione!

Proprio per questo verranno dati consigli ulteriori e ogni post riporterà in calce il post dell'omeoprofilassi (condividete quanto potete!), perchè le strategie migliori per evitare disastri sarebbero:

- CONTENERE E NON MITIGARE;

- OMEOPROFILASSI PER TUTTI;

- DISATTIVAZIONE IMMEDIATA DEL 5G E CONTROLLO AGENTI INQUINANTI.

Questa sarebbe la strategia migliore da attuare adesso (le fonti storiche confermano!), e per curiosità leggete un pò la tabella sotto (inserita nel mio artcolo sul numero 71 di Scienza e Conoscenza), sugli effetti dei campi EM (5G grande immunodepressore in testa!), cosa ci leggete?

Meditate gente, meditate, e rimanete lucidi e attent!

https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=3368462386514671&id=100000528277958
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Mario M
Monday, 16 March 2020 21:23
Guglielmo Donniaquio, non siamo di fronte a un'epidemia, tantomeno pandemia. La presenza di un virus nel nostro organismo dal punto di vista clinico ha un senso se si può verificare che provoca una patologia.

Tra poco faranno il tampone anche a chi è caduto dalle scale o travolto da un auto.
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Guglielmo Donniaquio
Monday, 16 March 2020 20:31
posso aggiungere solo poche cose alla vostra discussione, Mi permetto di affermare che non siamo di fronte ad una epidemia, ma bensì ormai ad una pandemia, cioè il virus circola all'interno di una comunità liberamente, sono saltati i rapporti di contagio, non è più importante avere misure cautelari solo se si abbiano rapporti con persone positive, perché potenzialmente può esserlo chiunque. la differenza tra epidemia e pandemia è questa, in epidemia ogni nuovo contagio è riconducibile a un focus epidemico, in pandemia non è possibile ricostruire la dinamica del contagio.
l'epidemia si identifica nella curva dei dati statistici di nuovi ingressi di pazienti affetti dalla stessa malattia, virale in questo caso, se la curva cresce verticalmente abbiamo molti casi nell'unità di misura tempo, se questo fenomeno continua siamo di fronte ad una epidemia.
a questo punto abbiamo i due modelli per affrontare questi dati statistici, possiamo ridurre la crescita verticale spalmandola nel tempo, oppure evitiamo cautele e facciamo esplodere la curva in altezza sapendo che durerà meno tempo, alla fine dei conti in entrambe le condizioni il numero assoluto dei malati sarà lo stesso, con la differenza che nel primo caso si avranno più guariti, perché presumiamo che il servizio sanitario provveda efficacemente, questo è la scelta italiana. Esistono due grosse incognite in questo modello: l'efficacia effettiva del servizio sanitario (sicuramente meglio in lombardia che in puglia) e fondi economici da poter usufruire.
L'incognita dell'altra possibilità è che alla fine non avrai un guadagno eugenetico perché i migliori sono quelli che muoriranno maggiormente, e nello specifico del caso della Gran Bretagna quando usciranno dalla epidemia sia la Cina e sia l'Italia saranno presumibilmente già fuori dalla crisi e quindi non avranno nemmeno il privilegio dello scenario economico favorevole.

detto questo sono felice di essere in Italia, ho amici colleghi italiani in Gran Bretagna che in questo momento sono particolarmente preoccupati come la molti inglesi.

Per quanto riguarda Francia, Germania e Spagna purtroppo ci raggiungeranno presto, non vorrei essere catastrofico ma vedremo 80000 infettati in Italia così come nel resto di europa e questo sarà solo una piccola parte dei contagiati in quanto solo il 20% dei contagi esprime sintomatologie importanti.
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Mario Galati
Monday, 16 March 2020 17:03
Una correzione: "individuati" a suo tempo da Hegel...
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Mario Galati
Monday, 16 March 2020 16:59
È indicativo che tra le ragioni della scelta "comunitaria" n. 2 cinese si indichi esclusivamente il retaggio culturale dell'antica tradizione e non si prenda in nessuna considerazione il fatto che la Cina sia governata da un partito comunista. Secondo Mao, il cristianesimo è approdato in Cina tramite il marxismo. Non è forse una scelta che guarda alle persone e agli individui la scelta "comunitaria" operata dal partito comunista cinese? Si tratta forse di un comunitarismo olistico e organicista? O non è tale, invece, visto che sacrifica gli individui e le persone al sistema, la scelta dei liberali inglesi e americani?
L'universalismo astratto, la cattiva infinitá, l'olismo e l'organicismo della cultura orientale, individuate a suo tempo da Hegel, ormai, almeno per quanto riguarda la Cina, il Vietnam e tutti i paesi interessati dal movimento marxista anticoloniale, sono soltanto un cliché, uno stereotipo (con il solito "dispotismo orientale") che sa un po' di razzismo. Quel razzismo che si ricicla nel differenzialismo culturale eterno e che non vede dialetticamente la storia. Né vede i rapporti di classe, come ha sottolineato Eros Barone.
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Massimo Trodini
Monday, 16 March 2020 14:26
Non è detto che chi s'infetta ne divenga automaticamente immune, così come non è detto che la viralità diminuisca col caldo. Sono due scommesse diverse e contrapposte e io tifo per l'estate!
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Massimo Trodini
Monday, 16 March 2020 13:59
Non è detto che chi s'infetta ne divenga automaticamente, così come non è detto che l'ansia diffusione diminuisca col caldo. Sono due scommesse diverse e contrapposte e io tifo per l'estate!
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Mario M
Monday, 16 March 2020 10:48
Va discussa l'ipotesi precedente l'ipotesi di Roberto Buffagni, e cioè se ci troviamo di fronte a una reale epidemia. Più che discussa, la prima ipotesi va contestata, perché la presenza di un'epidemia non deve essere caratterizzata solamente da un nome che poniamo a caratterizzare un'influenza, una bronchite, una polmonite, come ce ne sono ogni anno. L'epidemia è l'aumento rapido di una malattia contagiosa, ma entrambi i requisiti non mi sembrano verificati: non mi sembra ci siano stati più decessi - almeno di 5-10 volte - degli anni precedenti e nello stesso periodo; e poi, come è possibile verificare il contagio? quando non c'è neanche un modello animale su cui testare, e quando si parla di portatori asintomatici, che forse sono la stragrande maggioranza? Pertanto le regole di Robert Koch - le basi dell'epidemiologia - non trovano applicazione.

Fortunatamente fuori dalle grida dei media main stream abbiamo delle voci fuori dal coro, come Fulvio Grimaldi, Stefano Montanari, Paolo Bellavite, Giuseppe Di Bella. Vi segnalo questo intervento di Wolfgang Wodarg, con sottotitoli in inglese
https://www.youtube.com/watch?v=p_AyuhbnPOI
Denuncia l'operazione semantica intorno alla situazione sanitaria attuale, che ha come effetto il controllo della popolazione e la riduzione delle libertà, come denunciato da Ugo Mattei.

Non ci va molta scienza per acquisire un atteggiamento critico riguardo a questo allarmismo, caccia alle streghe, canea. Del resto in precedenza abbiamo avuto altre presunte epidemie, come l'Aids, l'ebola, l'aviaria, la suina, la mucca pazza.
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Alberto Botte
Monday, 16 March 2020 10:11
La scelta 2 è sbagliata perché in seguito alla fortecrecessione che ne consegue lo stato taglia pesantemente il welfare causando molti più morti.
Inoltre le 10 pagine di necrologio sull'Eco di Bergamo indicano che la quarantena è inutile. Sul The New York Times è uscito un articolo a firma del professore di storia dell medicina Howard Markel che dimostra che le quarantene del passato sono state inefficaci.
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Francesco. Zucconi
Monday, 16 March 2020 02:29
Infatti, rispondendo all'intervento, e a costo, al solito, di passare per fascista,
io credo sia necessario un salto di livello e che sia direttamente l'esercito
a prendere in mano la situazione o,
comunque una giunta il più possibile autorevolve e
lontana da inutili e nocivi
condizionamenti...
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Eros Barone
Sunday, 15 March 2020 23:11
La pandemia in corso ha le seguenti caratteristiche: a) è un evento catastrofico; b) modifica radicalmente le nostre abitudini (in questo duplice senso, ‘a’ e ‘b’, è corretto il paragone, che Buffagni mutua dai polemologi cinesi, con la guerra asimmetrica e con lo stile strategico); c) ne sappiamo poco. In effetti, a tutt’oggi di questo virus sappiamo ancora poco o niente: sappiamo che è nuovo e che, se non accade qualcosa che lo spegnerà, come è avvenuto con la Sars, presto o tardi colpirà tutti. Sappiamo, certo, che non è un virus letale, ma sappiamo anche che, essendo fortemente epidemico, può creare problemi seri al nostro sistema sanitario, ragione per cui può diventare fortemente critico. Presenta, però, un vantaggio: rende facilmente individuabili gli idioti, perché li spinge a compiere azioni corrispondenti al loro livello mentale. Mi riferisco agli idioti dell’“happy hour” in tempo di epidemia, oppure a coloro che sono scappati da Milano di notte per non essere visti, andando in regioni italiane dove la sanità pubblica è un miraggio e dove troveranno sicuramente un focolare, ma anche parenti anziani cardiopatici o diabetici. L’età e la comorbilità, abbinate al virus, formano infatti una miscela potenzialmente letale.
L’amico e compagno Guglielmo Donniaquio, osteopata e ricercatore in campo biologico, cui devo queste incisive considerazioni, sottolinea, dal canto suo, che è un virus nuovo, che sappiamo poco delle sue ‘abitudini’; che non sappiamo con esattezza quanti giorni duri la sua incubazione, così come non sappiamo se sia in grado di infettare soggetti anche quando il portatore si presenta sano né se i guariti siano immunizzati: insomma, meno che meno. Sappiamo però che si trasmette attraverso l’aria e le goccioline di saliva che emettiamo dalla nostra bocca parlando, tossendo o starnutendo; sappiamo che non esiste finora alcuna cura, che non è disponibile un vaccino e quindi dobbiamo ricorrere ai metodi del passato e istituire la quarantena, come accadde in occasione delle pandemie pestose del Trecento e del Seicento. Se siamo stati infettati dobbiamo essere isolati, mentre, se siamo sani, per non infettarci dobbiamo stare distanti almeno un metro gli uni dagli altri. E poi igiene igiene igiene. Donniaquio ammette di non conoscere le cause di questa pandemia; suppone però, visto che il virus non si è indebolito, che esso non dovrebbe essere di sintesi, ma dovrebbe essere la mutazione biologica di un ceppo di “Coronavirus”. Osserva, inoltre, che l’Italia sta mettendo a repentaglio la sua economia per salvare i cittadini e questo è un dato etico-sociale altamente positivo. Il “modello 2”, cioè il metodo inglese consistente nel far esplodere l’epidemia ha sì una base fortemente scientifica, ma, avendo come presupposto ideologico il darwinismo sociale, ha ben poco da invidiare ad una concezione nazista (si chiarisce allora il senso cinico e raggelante della frase di Boris Johnson, secondo cui “molte famiglie si dovranno abituare a perdere i loro cari prima del tempo”). La premessa maggiore del sillogismo è che le curve epidemiche, più sono ampie in altezza, più sono corte in lunghezza, sicché è bene che il virus si scateni determinando, da un lato, una morìa in breve tempo, ma generando, d’altro lato, la cosiddetta “immunità di gregge”. Teoricamente, la conseguenza sarà che a morire saranno i più deboli in base al principio secondo cui chi non è in grado di adattarsi muore. Il nostro paese, per una serie di ragioni che Buffagni ìndica, ha invece scelto di istituire la quarantena, allungando in tal modo la curva di contagio per non mettere in crisi gli ospedali e per cercare di salvare quante più persone possibile. Come ho rilevato nel mio articolo “Specchi lontani e vicini” pubblicato in questa stessa sede, ricostruendo sinteticamente la storia delle epidemie e mettendone in luce la selettività sociale, il “modello 2” oblitera seccamente il fatto che siamo esseri umani e non numeri e che in una epidemia di questo tipo moriranno non i più deboli, ma i più esposti socialmente e, assieme a loro, quelli che, come i medici e i volontari, hanno maggior forza interiore per aiutare gli altri, talché alla fine sopravviveranno i ricchi e i più codardi, come del resto avviene in guerra. Per questa corposa e inconfutabile ragione l’appello all’‘union sacrée’, contenuto nel messaggio interclassista e filogovernativo di Buffagni, risulta irricevibile. Anche Lenin ha delineato, dal punto di vista del materialismo storico-dialettico, una gerarchia axiologica discendente fra gli interessi del genere umano, gli interessi della singola nazione, gli interessi del proletariato e gli interessi del partito comunista, affermando, in congiunture analoghe a quella che stiamo vivendo (carestie, epidemie, terremoti ecc.), le relative priorità e ricavando da esse la necessità, transitoria e circoscritta, che il movimento di classe dia il suo contributo alla lotta contro un pericolo grave, quando questo rappresenta una minaccia per la vita dell’intera convivenza sociale. Non è accettabile, però, che “il poter che, ascoso, a comun danno impera” (così Leopardi nel canto “A se stesso”) sia identificato unicamente con il contesto biologico-naturale, assolvendo dalle loro pesanti responsabilità nella genesi e nella dinamica dell’evento catastrofico il contesto tecnico-scientifico e, segnatamente, il contesto socio-politico che dirige il nostro paese: in altre parole, ‘right or wrong, it’s not my government’.
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