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L'imboscata

di OttolinaTV

Witkoff Leaks: l’incredibile storia della Fuga di Notizie del Secolo per impedire la Pace in Ucraina

Schermata del 2025 12 01 16 38 55.png“Witkoff dovrebbe essere processato per alto tradimento, e Trump per incapacità di intendere e di volere”; da ieri notte, gli hooligan del giardino fiorito sono in fiamme. Bloomberg, infatti, ieri sera ha lanciato lo scoop dell’anno: è l’intercettazione di una telefonata di oltre un mese fa tra l’inviato USA Steve Witkoff e il consigliere di Putin Yuri Ushakov dove, però, invece che prendersi a male parole, parlano in modo amichevole e informale di come arrivare a un piano di pace “simile a quello in 20 punti per Gaza”. Tanto è bastato a mandare su tutte le furie i tifosi della guerra senza fine che, ormai, sono sull’orlo di una crisi di nervi e che, presi dall’entusiasmo per la nuova occasione di far saltare di nuovo tutti i negoziati, si sono dimenticati di farsi la domanda più importante: ma chi è che si è permesso di intercettare uno dei più alti funzionari USA mentre svolgeva un compito così delicato e, poi, di passare l’intercettazione alla stampa, manco fosse un Fabrizio Corona qualsiasi? D’altronde, come commenta sagacemente Simplicius The Thinker, vanno capiti: “Per l’establishment NeoCon e per gli europei non si tratta solo di salvare l’Ucraina e la guerra contro la Russia, ma anche di salvare la propria pelle e la propria carriera politica”; Simplicius sposa a pieno la logica del nostro appello per mandarli #tuttiacasa – e, cioè, che se una classe dirigente decide, contro il volere del popolo, di portarti in guerra, e poi quella guerra la perde pure, non dovrebbe più essere legittimata a governare nemmeno il condominio e, nella migliore delle ipotesi, dovrebbe ritirarsi a vita privata.

Ma andiamo per gradi; il punto di partenza, ovviamente, è il piano di pace in 28 punti che, qualche giorno fa, ha travolto come uno tsunami il business as usual della guerra d’attrito contro la Russia in Ucraina, un piano che è stato accolto come una resa totale a Mosca (che, effettivamente, quando per 3 anni prendi solo pizze e, nel frattempo, hai pure svuotato i magazzini, è uno degli esiti più probabili). La controparte russa aveva apprezzato, perché, per la prima volta, si cercava di rispondere agli obiettivi veri dell’operazione militare speciale; concedere a Putin la vittoria, però, è impensabile, perché se viene meno il mito dell’invincibilità dell’Occidente collettivo, per le élite parassitarie occidentali la cosa si mette veramente male.

Ed ecco, allora, che sono cominciate a fioccare nuove versioni riviste dell’accordo, tutte diverse tra loro (e manco di poco): “Il tira e molla tra i piani in 28 punti e in 19 punti, e tutto quello che sta in mezzo” commenta Simplicius The Thinker, “sta rasentando l’assurdità farsesca di uno sketch di Monty Python”; nessuna delle nuove versioni è stata recapitata ufficialmente alla controparte russa, ma, avverte Lavrov, se ci si dovesse allontanare dallo “spirito e la sostanza dell’incontro di Anchorage”, si tornerebbe esattamente punto e capo e la Russia non farebbe altro che continuare a perseguire gli stessi obiettivi di sempre direttamente sul campo.

Forrest Trump ne sarebbe piuttosto consapevole e sarebbe un po’ indispettito da questo tira e molla sulle singole clausole dell’accordo: come sottolineava ieri Politico, “Trump vuole la pace in Ucraina, indipendentemente da come sarà l’accordo”; secondo la NBC, è lo stesso messaggio che il segretario dell’esercito USA Dan Driscoll avrebbe cercato di recapitare agli interlocutori ucraini la settimana scorsa a Kiev. Secondo l’articolo, Driscoll avrebbe detto ai suoi omologhi “che le loro truppe si trovano in una situazione disperata sul campo di battaglia e che avrebbero subito una sconfitta imminente contro le forze russe”, anche perché – avrebbe sottolineato Driscoll – “l’industria della difesa americana non è in grado di continuare a fornire all’Ucraina armi e difese aeree sufficienti per proteggere le infrastrutture e la popolazione”; la tesi di Driscoll sarebbe che “la situazione dell’Ucraina è destinata solo a peggiorare nel tempo, e sarebbe meglio negoziare un accordo di pace ora piuttosto che ritrovarsi in una situazione ancora più debole nel futuro”. Ma, all’interno dell’amministrazione Trump, sembra che ancora in molti siano convinti di poter avanzare qualche pretesa; una vera e propria frattura, secondo NBC, che la riconduce in particolare alla rivalità “tra due ex senatori e potenziali candidati alla presidenza per il 2028: il vicepresidente JD Vance, e il segretario di Stato Marco Rubio” (Narco, per gli amici).

Prima dei negoziati di Ginevra, Rubio era già stato tirato in ballo da un paio di senatori NeoCon: avrebbe confessato loro che il piano in 28 punti “non era il piano dell’amministrazione”, ma una “lista dei desideri russi”; Rubio ha provato a correre i ripari e ha categoricamente respinto la ricostruzione dei colleghi, ma era troppo tardi. Da lì in poi, dentro l’amministrazione Trump c’è stata una specie di piccolo golpe e Rubio è stato silenziosamente scavalcato da Driscoll: 38 anni, amico di lunga data (dai tempi di Yale) e sostenitore politico della prima ora di JD Vance, Driscoll ricopre il ruolo di segretario dell’Esercito; “il protagonista di un’ascesa fulminea”, come sottolinea The Daily Beast. Il segretario dell’Esercito, infatti, si dovrebbe occupare del personale militare, del funzionamento delle basi, degli equipaggiamenti; non certo di diplomazia. Driscoll, invece, negli ultimi giorni si è ritrovato a incontrare personalmente Zelensky a Kiev per fargli digerire la nuova linea, poi ha raggiunto proprio Rubio a Ginevra e, infine, ha guidato la delegazione che ad Abu Dhabi si è incontrata sia con gli ucraini che con i russi; e, poi, è arrivata la bomba dello scoop di Bloomberg: “C’era da aspettarselo”, commenta su Inside Over il buon Roberto Vivaldelli.

La telefonata incriminata tra Witkoff e Ushakov risalirebbe allo scorso 14 ottobre; 5 minuti scarsi durante i quali Witkoff consiglia all’omologo russo come presentare un piano che possa trovare il consenso di Trump. I talebani banderisti di tutto il mondo si sono ovviamente scatenati: “Witkoff dovrebbe essere processato per alto tradimento, e Trump per incapacità di intendere e di volere”, tuona l’ormai fin troppo celebre voce di Radio1 Giancarlo Loquenzi; “A tutti gli effetti un agente russo” rilancia l’immarcescibile Daniele Angrisani – che è un’accusa un po’ strana, se ci pensate, perché, stando proprio alla retorica liberaldemocratica che, secondo Loquenzi e Angrisani, dà il diritto ai Paesi occidentali di esportare la democrazia con le bombe dove più gli aggrada, chi è che è stato eletto dal popolo americano per dirigere la sua politica estera? Bloomberg, il Washington Post, Nathalie Tocci o Donald Trump? E in nome di chi sta conducendo queste trattative Steve Witkoff? Come sottolinea (giustamente) su X Glenn Greenwald, “Se gli americani avessero voluto la guerra infinita in Ucraina, avrebbero potuto eleggere Kamala Harris e il suo partito. Il problema è che gli esperti di politica estera autoproclamatisi tali fingono di aver vinto, e quindi se Witkoff fa quello che Trump gli ha ordinato di fare, in qualche modo diventa tradimento”. Secondo NAFO e manistream, per non tradire, Witkoff avrebbe dovuto fare l’opposto di quanto richiesto dal presidente eletto Trump; non è un po’ strano?

Purtroppo, però, Witkoff, in realtà, ha anche numerosi difetti: di sicuro, quello di usare linee non criptate per parlare con i russi, come se – almeno da Snowden in poi – non fosse chiaro anche ai bambini che non si muove foglia che l’intelligence non voglia; d’altronde, va anche detto che il contenuto della telefonata, a ben vedere, è molto meno sensibile di quanto i talebani NAFO e la propaganda guerrafondaia non stia cercando di farci pensare. Witkoff, infatti – udite, udite – suggerisce a Ushakov di far chiamare la Casa Bianca da Putin per congratularsi con Trump per il piano di pace a Gaza: ditegli “che lo avete sostenuto, che lo rispettate, che è un uomo di pace e che siete contenti”, suggerisce. Insomma: informazioni veramente sensibili, insider trading; scusa Steve, volevo le coordinate dei sottomarini nucleari nel Pacifico, ma questo è molto meglio, grazie mille! E non è ancora finita: Witkoff annuncia a Ushakov addirittura che vorrebbe che gli USA presentassero alla Russia “una proposta di pace in 20 punti, proprio come abbiamo fatto a Gaza” e che, nella telefonata, Putin potrebbe far capire a Trump che loro sarebbero disposti a ragionare su un piano del genere; ma mi raccomando, Yuri: dì a Putin che, quando parla, nel suo tono ci sia “più speranza” e che dica chiaramente che pensa “che arriveremo a un accordo”. Basta, stop, non si dicono altro; una chiamata veramente del cazzo che, se rivela qualcosa, rivela che domattina potremmo prendere un muratore o un carpentiere qualsiasi, nominarli ministri degli Esteri delle principali potenze globali e non perderemmo assolutamente niente, anzi… Passare questa roba come lo scoop che svela la sudditanza di Washington a Mosca è un po’ come spacciare una copertina di Playmen degli anni ‘70 per un video di Pornhub: capisco che le umiliazioni al fronte, esattamente come la mancanza di gnocca, fanno diventare allupati, ma datevi un contegno, che cristo

Tutti concentrati sul noiosissimo contenuto per cercare un appiglio per proseguire la guerra, intanto, i nostri giornalisti si sono distratti di fronte a un punto che, invece, a me sembra piuttosto rilevante, e cioè: chi è che tiene sotto controllo un funzionario di primissimo livello come Witkoff? E chi è che ha deciso di dare le intercettazioni alla stampa come un paparazzo qualsiasi? “Mentre tutti si concentrano sulle cose superficiali – Oddio, l’ha detto alla Russia”, sottolinea su X il sempre lucidissimo Arnaud Bertrand, “nessuno si pone la domanda più importante: chi ha registrato la chiamata? Chi l’ha fatta trapelare? E perché?”; d’altronde, continua, “tutti sapevano che stava negoziando con la Russia, e niente di quello che c’è nell’intercettazione può essere considerato sorprendente”. “Qualcuno ha fatto una mossa disperata” commenta l’ex giornalista della BBC Leonid Ragozin; chi sia quel qualcuno, nessuno lo sa: secondo il Telegraph, i principali indiziati sarebbero da cercare “in un’amministrazione russa che sembra accontentarsi di tergiversare mentre le sue bombe e i suoi droni cadono su obiettivi ucraini” – un po’ come quando si sono sabotati da soli il Nord Stream o si sono bombardati la centrale nucleare a Zaporizhia.

Forse, però, non c’è bisogno di usare tutta questa fantasia; potrebbe essere stato esattamente quello che viene in mente a tutti d’istinto – soprattutto a uno come Glenn Greenwald, l’uomo che ha raccontato le vicende di Edward Snowden a tutto il pianeta: “Chi sta intercettando le telefonate di Steve Witkoff con i funzionari russi per porre fine alla guerra in Ucraina, per poi farle trapelare a Bloomberg?” si chiede; “E’ la stessa cosa che la NSA” (e, cioè, esattamente l’agenzia denunciata da Snowden) “ha fatto a Michael Flynn quando stava negoziando con i funzionari russi. E’ il reato di fuga di notizie più grave previsto dal Codice statunitense”. Il riferimento è al caso del consigliere per la Sicurezza Nazionale della prima amministrazione Trump Michael Flynn, che fu costretto alle dimissioni dopo che erano state date in pasto alla stampa, in modo del tutto illegale, alcune intercettazioni telefoniche che lo immortalavano mentre negoziava con altri funzionari russi riguardo alle sanzioni da poco introdotte dall’amministrazione Obama, per presunte interferenze sul voto USA: “Sia questa fuga di notizie che quella su Flynn”, insiste Greenwald, “sono il frutto dell’uso che la NSA fa dei suoi poteri, che non ha niente a che vedere con lo scopo per cui sono stati concepiti, e cioè spiare avversari stranieri, e che, invece, usa per spiare cittadini e funzionari americani per poi far trapelare le loro conversazioni e sabotare le politiche del presidente eletto”; invece che accusare Witkoff di tradimento per fare quello che gli ha chiesto il presidente eletto, non avrebbe più senso accusare di tradimento chi intercetta e poi diffonde le comunicazioni riservate di un alto funzionario mentre svolge il suo compito?

La buona notizia comunque, al momento, sembrerebbe sia che il tentato sabotaggio, alla fine, non ha funzionato granché; come riporta Ria Novosti, Peskov ha commentato la fuga con una certa sufficienza: “Non esagererei l’importanza di questo episodio”, avrebbe dichiarato, “ma il fatto che ci sono e ci saranno moltissime persone in vari Paesi, a partire dagli USA, che sono pronte a fare di tutto per ostacolare ogni sviluppo pacifico, questo è certo”. Di sicuro c’è, come ribadiamo da mesi, che la sconfitta inflitta sul campo dalla Russia in Ucraina è una delle più gigantesche disfatte che l’Occidente collettivo abbia mai subìto, e che uscirne non sarà un pranzo di gala. Di sicuro, che chi è stato umiliato per 3 lunghi anni sia ancora al suo posto a pontificare, non aiuta: andrebbero mandati tutti a casa; per farlo, tra le tante cose, di sicuro servirebbe come il pane un vero e proprio media che, invece che gli universi paralleli dove l’Occidente buono vince sempre, anche quando perde, racconti la realtà per quella che è. Aiutaci a costruirlo: metti mi piace a questo video, condividilo, ma (soprattutto) aderisci alla campagna di sottoscrizione di Ottolina Tv su GoFundMe e su PayPal.

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