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sinistra

In morte della capacità critica

Il coronavirus, lo stato d’eccezione e la recessione economica (che già bussava nel 2019)

di Ludovico Lamar

Parte prima: Covid-19, statistiche e Sanità. Parte seconda: Media, scienza e stato d’eccezione. Parte terza: Complottismo, economia e prossimo futuro. Conclusioni (provvisorie)

Coronavirus eccezione emergenzaQua Giordano nomina liberamente, dona il proprio nome
a chi la natura dona il proprio essere; non dice vergognoso
quel che fa degno la natura; non cuopre quel ch’ella mostra
aperto; chiama il pane, pane; il vino, vino; il capo, capo; il piede, piede.
(Giordano Bruno, Spaccio de la Bestia trionfante)

Premessa

L’articolo che segue tratta principalmente dell’epidemia di coronavirus, dei suoi risvolti politici e della situazione economica mondiale dal 2019 ad oggi. Data la situazione eccezionale che stiamo vivendo fra pandemia, misure politiche da stato d’eccezione e un crollo economico di grande portata ci è sembrato necessario analizzare in modo diffuso vari aspetti di tutto ciò, cercando di spiegare come mai in alcuni Stati, fra cui l’Italia, si siano prese certe misure pur nella consapevolezza che la crisi economica che vedremo provocherà probabilmente più morti della stessa pandemia. In modo inedito nella storia è stata fermata l’economia in alcuni Paesi come l’Italia, provocando crolli borsistici peggiori nel primo mese a quello addirittura del primo mese del grande crack del 1929. Fra gli economisti circolano varie teorie: un crollo peggiore del 1929, un crollo similare a quello dell’Unione Sovietica, una recessione a cui poi seguirà un grande rimbalzo, ecc.

Il presente lavoro è diviso in tre parti, più una conclusione: ognuna delle tre parti è leggibile isolatamente e arriva comunque a delle conclusioni inerenti all’argomento trattato.

La prima parte tratta specificatamente della questione del coronavirus, in particolare dai seguenti punti di vista: le posizioni in merito dei vari virologi; l’analisi delle statistiche date dai media; il confronto fra l’attuale diffusione del coronavirus con altre pandemie del passato; i morti in Italia per altre patologie (come l’influenza, le infezioni da batteri non curabili con antibiotici, l’inquinamento, ecc.); la pessima situazione in cui si trova il sistema sanitario nazionale in Italia.

La seconda parte riguarda i seguenti punti: la funzione dei media in tale situazione; il ruolo della scienza nella società contemporanea; il ruolo dei tecnici nella politica contemporanea e nel dibattito pubblico; le misure d’eccezione prese dai governi in Corea del Sud, Cina ed Italia sulla popolazione; alcune voci fuori dal coro su quanto sta accadendo sul piano politico-giuridico; le prospettive politico-giuridiche future.

La terza parte vuole dare un’ipotesi di risposta sulla causa prima di quanto accadendo: si apre con una critica alla metodologia impiegata dai vari complottisti per spiegare quanto avviene; tratta poi della situazione economica mondiale dal 2019 ad oggi, tanto nell’economia reale (industria in particolare), quanto nell’economia finanziaria (debiti privati e pubblici, bolla finanziaria, ecc.), il tutto suffragato dalle fonti ufficiali governative e intergovernative o, al limite, dai giornali.

A seguito della terza parte abbiamo una conclusione che volutamente abbiamo definito provvisoria.

Nonostante che il presente lavoro sia stato scritto in una ventina di giorni, sull’onda della situazione emergenziale che stiamo vivendo, abbiamo cercato di ampiamente documentare tutto quanto noi abbiamo scritto (vi sono più di 100 riferimenti fra articoli e libri), cercando di vagliare l’attendibilità delle fonti il più possibile e cercando altresì di analizzarle, confrontarle, porle dinanzi alla critica logica, matematica, filosofica, ecc. La critica alla scienza e alla tecnica nella seconda parte e le conclusioni politiche fanno riferimento invece alla lunga tradizione del marxismo internazionalista alla quale comunque ci richiamiamo.

Facciamo nostra la seguente frase di Marx, tratta dalla prefazione al Capitale: “Presuppongo lettori che vogliano imparare qualcosa di nuovo e che quindi vogliano anche pensare da sé”.

 

 

Parte prima

Covid-19, statistiche e Sanità

 

1. Quasi un dibattito

Com’è noto nel gennaio 2020 il governo cinese ha annunciato alla propria popolazione che vi era in atto un’epidemia di Sars-CoV-2, un virus della famiglia dei coronavirus che provoca la malattia respiratoria denominata Covid-19. Non staremo qui ad elencare la cronaca di annunci e controannunci, le polemiche fra Cina e resto del mondo sulla puntualità o sul ritardo della gestione dell’epidemia, ecc. Cominceremo la nostra analisi su quanto dicono i virologi del virus che causa la Covid-19.

La tesi principale oggi diffusa sull’attuale forma di coronavirus è quella innanzitutto del World Healt Organization (Organizzazione Mondiale della Sanità, OMS), l’agenzia dell’ONU che si occupa di salute. Il 30 gennaio 2020 l’OMS ha dichiarato l’epidemia di Covid-19 un’emergenza internazionale e il 28 febbraio ha dichiarato che il grado di minaccia di tale epidemia è da considerarsi “molto alto”. L’11 marzo 2020 il direttore generale dell’OMS, Tedros Adranom Ghebreyesus, ex Ministro della Salute dell’Etiopia, ha definito la diffusione di Covid-19 non più soltanto un’epidemia, ma una pandemia. Non interessa qui disquisire sul significato della parola “pandemia” in ambito scientifico, sapendo che in molta letteratura scientifica anglosassone, e non solo anglosassone, diversi studi, anche all’interno dell’OMS, hanno contestato ad esempio la definizione di pandemia data dall’OMS stessa negli ultimi anni.1 Quel che qui interessa è l’uso della parola “pandemia” da parte dell’OMS, in quanto tale parola è stata chiaramente impiegata nel senso di considerare la diffusione di Covid-19 molto pericolosa.

Secondo il Professor Gualtiero Ricciardi, membro italiano del Consiglio esecutivo dell’OMS e Consigliere dell’attuale Ministro della Salute, il virus Covid-19 “è altamente contagioso, ha una letalità non alta ma neanche trascurabile, ed è abbastanza persistente. (…) In ogni caso non va preso sottogamba”.2 Il Professor Roberto Burioni è stato in Italia fra coloro che hanno messo in allarme gli italiani, affermando che non si tratterebbe qui di una semplice influenza e che tale virus sarebbe invece da considerarsi alquanto pericoloso.3 Il virologo Roberto Burioni si è anche prodigato per invitare il governo a far stare a casa i cittadini di tutta l’Italia e a chiudere le attività lavorative del paese.4 Di tenore simile altri virologi: per il dottor Di Perri dell’Ospedale Amedeo di Savoia di Torino il virus in questione è sconcertante, in quanto si diffonderebbe come il morbillo, ed invita a prendere misure perché gli esseri umani non s’incontrino, esprimendo tra l’altro che non avrebbe mai immaginato di incontrare nella sua carriera professionale un virus del genere.5

Altri virologi ritengono che il coronavirus sia una sindrome poco più pericolosa dell’influenza. La virologa Maria Rita Gismondo ha affermato: “Non voglio sminuire il coronavirus, ma la sua problematica rimane appena superiore all’influenza stagionale”.6

Abbiamo però una terza categoria di virologi che la pensano ancora diversamente. La virologa Ilaria Capua ha affermato che il coronavirus “è una sindrome simil-influenzale”, cioè il suo livello di pericolosità è paragonabile appunto ad un’influenza.7

Può essere interessante capire innanzitutto chi siano le persone citate sopra. Gualtiero Ricciardi (detto Walter) è professore di Igiene e Medicina Preventiva dal 2012 presso un ateneo privato, l’Università Cattolica del Sacro Cuore dal 2012, ed è un esperto di Sanità Pubblica. Roberto Burioni è professore ordinario dal 2004 presso un altro ateneo privato, l’Università Vita-Salute San Raffaele, di cui gestisce anche il laboratorio di ricerca immunologica, ed è da diversi anni celebre soprattutto come divulgatore scientifico. La Gismondo è direttrice del laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’Ospedale Sacco di Milano, ed è esperta in bioterrorismo ed infettivologia emergenziale. La Capua, invece, è attualmente direttrice dell’One Health Center in Florida ed è riconosciuta un’esperta a livello mondiale dei virus influenzali e dell’influenza aviaria. Inoltre la Capua divenne celebre a livello mondiale nel 2006 in quanto decise di rendere pubblica la sequenza genica del virus dell’aviaria e promosse una campagna internazionale a favore del libero accesso ai dati sulle sequenze genetiche dei virus influenzali, che com’è noto le case farmaceutiche ostacolano: grazie anche a ciò la rivista Seed l’ha eletta “mente rivoluzionaria” e Scientific American l’ha inserita nella Top 50 degli scienziati mondiali.8 Siamo ben consci che non sempre le menti considerate pubblicamente più grandi hanno ragione rispetto a persone che non possono vantare certi curriculum, ma data l’aggressività delle accuse lanciate a coloro che hanno mosso rilievi critici sulla pericolosità della Covid-19, ci è sembrato utile far notare che tali critiche non sono svolte da incompetenti nella propria materia, ma proprio da virologi di grande fama.

Non poteva dunque mancare il giudizio dato da quello che forse può considerarsi il maggior virologo italiano, il Professor Giulio Tarro, candidato al Premio Nobel per la Medicina nel 2015 e proclamato a New York miglior virologo al mondo nel 2018. Il Prof. Tarro si è esposto addirittura a scrivere una lettera il 5 marzo 2020 alle “care mamme e ai cari papà” sul coronavirus in cui scrive che “il rischio rappresentato dal Covid-19 è sostanzialmente uguale a quello delle tante epidemie influenzali che si registrano ogni anno senza per questo provocare scalpore”.9 Tra l’altro il Professor Tarro non ha ricevuto soltanto quei riconoscimenti che abbiamo accennato sopra, ma fu anche colui che isolò il virus respiratorio sinciziale che nel 1978 si diffuse, soprattutto a Napoli, nei bambini affetti da bronchiolite. Il resto del suo curriculum parla poi da sé: primario emerito dell’azienda ospedale “Cotugno” di Napoli, Chairman della Commissione sulle biotecnologie della Virosfera presso l’UNESCO, Rettore dell’University Thomas More U.P.T.M. di Roma, ricercatore del CNR e del National Cancer Institute a Frederick nel Maryland, Grande Ufficiale all’Ordine al Merito della Repubblica e tantissimi incarichi anche nelle sfere alte delle commissioni scientifiche governative, come nel caso dell’AIDS.

L’Ordine Nazionale dei Biologi, probabilmente a seguito di una serie di critiche che il Prof. Tarro aveva ricevuto, ha diramato la seguente dichiarazione: “Dinanzi alla confusione ed alla disinformazione spesso sensazionalista del sistema informativo in queste settimane [nostri corsivi], il portale Cybermed Junior ha chiesto al prof. Giulio Tarro di scrivere una lettera sul coronavirus, indirizzata a tutti i genitori, legittimamente preoccupati. Per chi non lo conosce ricordiamo che Tarro è stato uno dei più stretti collaboratori di Sabin (scienziato che ha sviluppato il vaccino contro la polio) oltre che papà e nonno”.10 Questa ci sembra una difesa della credibilità del Prof. Tarro da parte dell’Ordine Nazionale dei Biologi.

Facciamo presente che in altre interviste il prof. Giulio Tarro spiega meglio che tale virus in casi rari porta una “polmonite interstiziale” che “può richiedere la terapia intensiva” (e notiamo che alcuni virus influenzali già portarono il rischio di polmoniti), avvertendo anche però che se si fosse lanciata in passato questa attuale campagna mediatica “che provoca ansia ed è piena di falsi appelli a «non farsi prendere dal panico»” anche le varie influenze stagionali “avrebbero potuto portare a una simile emergenza”.11

Abbiamo dunque tre opzioni scientifiche diverse sul coronavirus (quella di Tarro ci sembra infatti similare a quella della Capua) e sulla sua letalità e non escludiamo che ve ne siano anche altre, altrettanto plausibili. La già citata Ilaria Capua ha ipotizzato che siano i batteri multiresistenti agli antibiotici presenti negli ospedali e/o nei malati di coronavirus la causa degli eccessivi morti in Italia.12 Il Professor Didier Raoult di Marsiglia, uno dei massimi infettivologi mondiali e scopritore di circa una decina di batteri patogeni, classificato dalla rivista Nature come uno dei primi dieci ricercatori francesi quanto a pubblicazioni scientifiche e quanto a citazioni da lui tratte in articoli e saggi scientifici, sta pubblicando al momento uno studio, già anticipato da varie testate giornalistiche, secondo il quale la Covid-19 sarebbe guaribile con la clorochina, molecola in genere usata per combattere la malaria.13

 

2. Come l’Inquisizione contro Galileo

La scienza al momento non ha una posizione condivisa da tutto il mondo scientifico e sarebbe antiscientifico ed un pesante rinculo alla Santa Inquisizione se venisse riconosciuto attraverso un tribunale qualsiasi che soltanto una sola delle varie tesi sia da considerarsi valida. Per questo motivo ci sembra alquanto grave che l’associazione Patto Trasversale per la Scienza si sia mossa sul fronte legale contro la dottoressa Maria Rita Gismondo, colpevole di non condividere la posizione di detta associazione. Il Patto Trasversale per la Scienza ha inviato infatti alla dottoressa Maria Rita Gismondo una diffida legale “per le gravi affermazioni ed esternazioni sul coronavirus, volte a minimizzare la gravità della situazione e non basate su evidenze scientifiche”.14 Tra i fondatori di tale associazione troviamo tra l’altro Roberto Burioni, perennemente presente alle trasmissioni televisive e sostenitori della prima tesi sul coronavirus sopra riportata.

Noi non siamo dei virologi, ma seguiamo gli insegnamenti di Socrate: sappiamo di non sapere. Sappiamo che l’essere umano è un soggetto a razionalità limitata, quindi portato all’errore, e tutto ciò vale in special modo per la scienza. Rimandiamo quindi tutti coloro che pensano che la scienza sia una disciplina che costruisca certezze, verità e tesi da difendere con le armi del tribunale (come il Prof. Burioni), alla lettura del libro Inquietanti azioni a distanza di George Musser, in particolare alla lettura del capitolo IV intitolato “Il grande dibattito”. In esso si parla della scienza considerata più “dura”, la fisica, la scienza che in genere si ritiene sia quella che maggiormente possa basarsi su verità non contestabili. Nonostante tale scienza sia da considerarsi molto più sicura di sé rispetto ad altre discipline, dopo cento anni dallo scontro Einstein-Bohr, spiega Musser, i più grandi fisici del pianeta non hanno ancora raggiunto un accordo scientifico condiviso su molte questioni fondamentali.15 Lo storico e filosofo della scienza Arthur Fine così ha commentato tali grandi scontri fra scienziati: “Benvenuti nella guerra dei fondamenti: una guerra hobbesiana del tutti contro tutti”.16

Dinanzi quindi a coloro che vogliono imporre una verità scientifica con le armi dei tribunali, ci riconosciamo molto di più nel concetto di scienza formulato dalla dottoressa Gismondo: “La scienza è tale perché ci si mette sempre in discussione, non si è mai certi di nulla”.17 Chi vuole invece imporre una data tesi scientifica attraverso misure legali o minacciando queste contro altri scienziati, vuole rendere invece la scienza una disciplina costituita da dogmi. Quando la scienza però si fa dogma non è più scienza, diventa religione. La vera scienza è sempre stata basatasullo scontro, la condivisione, la scissione, la ricomposizione, la formulazione di concetti che vengono scartati per essere magari ripresi dopo decenni da altri scienziati in un altro contesto teorico.

La scienza è inoltre spesso costituita da scoperte geniali e grandi intuizioni, che la comunità scientifica per diverso tempo non solo non riconosce ma addirittura osteggia e combatte in quanto considerate anti-scientifiche. Il virologo Burioni e i vari componenti del Patto Trasversale per la Scienza non solo sembrano non conoscere certi grandi dibattiti e scontri scientifici del passato, ma sembrerebbe non conoscano neppure la storia del grande medico ungherese Ignàc Semmelweis. La sua grande scoperta, datata 1847, permetteva di comprendere come mai si morisse negli ospedali facilmente: i medici e i loro studenti toccavano prima i cadaveri poi le persone malate senza lavarsi le mani. Come prese la comunità scientifica tale scoperta, apparentemente semplice? Semmelweis all’epoca venne osteggiato, vilipeso, calunniato, perseguitato, deriso dagli accademici e dalla medicina ufficiale. Soltanto qualche decennio dopo gli scienziati, i medici, i professori delle università di medicina riconobbero come corretta la scoperta di Semmelweis. Il dottor Semmelweis pagò con la follia e la vita per aver detto ai medici “lavatevi le mani!”, frase che oggi tanto sentiamo ripetere nelle televisioni. Certo, all’epoca in cui viveva questo grande medico ungherese non si giungeva – come oggi – a denunciare gli scienziati con vie legali solo perché avevano tesi contrarie a quelle dominanti, ma la storia di Semmelweis ci spiega come spesso gli scienziati, le cui tesi sono appunto dominanti, abbiano torto e possano invece essere maggiormente corrette le tesi minoritarie e ci spiega anche quanto danno facciano il dogmatismo e la sicumera in campo scientifico e particolarmente in campo medico.18

Se non è dato avere, allo stato attuale, una sicurezza scientifica sulla pericolosità della Covid-19, se il cosiddetto dibattito scientifico libero è inquinato dall’onnipresenza dei media, dalla ricerca di visibilità mediatica da parte di qualcuno, se nei fatti gli studi pubblicati fino ad ora sulla Covid-19 danno pochi elementi sicuri, cerchiamo almeno di analizzare i numeri fornitici dei contagi e dei decessi, analizzandoli però con rigore e metodo, non cioè con la faciloneria acritica oggi diffusa nei media mainstream.

 

3. L’influenza uccide...ma quanto?

L’Istituto Superiore di Sanità (I.S.S.) scrive sul proprio sito che ogni anno in Italia muoiono circa 8.000 persone per...influenza. Questo istituto spiega che l’Istat in realtà ne certifica soltanto poche centinaia all’anno in quanto si basa principalmente sulle persone morte pressoché di sola influenza oppure su coloro che per qualche motivo, fra altre patologie, hanno visto diagnosticata l’influenza come causa ultima del decesso. L’I.S.S. rielabora però i dati col tempo, inserendo in essi coloro che, per vari motivi che trovate nel loro sito, non vengono inizialmente individuate come persone influenzate. Pertanto la stima data dall’Istituto Superiore di Sanità è che in media 8.000 persone all’anno muoiono in Italia per influenza.19 Si consideri che la morte per influenza avviene perlopiù soltanto nel periodo invernale ed infatti i decessi, nel caso dell’inverno 2019-20, vengono calcolati dall’I.S.S. dalla 42esima settimana del 2019 alla 17esima del 2020 (in tutto 28 settimane): abbiamo cioè circa 285 morti di influenza a settimana (calcolando appunto come fa l’I.S.S. da metà ottobre alla seconda metà di aprile).20

Secondo invece una ricerca pubblicata su International Journal of Infectious Disease nel novembre 2019, negli ultimi inverni i decessi per influenza in Italia sarebbero stati i seguenti: 7.027 nel 2013/14, 20.299 nel 2014/15, 15.081 nel 2015/16 e 24.981 decessi nel 2016/17 (i calcoli sono sempre effettuati secondo le settimane invernali dette sopra).21 Nell’inverno 2016/17 ci sarebbero stati, su 28 settimane, 892 morti d’influenza a settimana!

Vorremo ora soffermarci su due concetti dell’epidemiologia importanti, quello di tasso di letalità e quello di tasso di mortalità, che a noi risulteranno utili per fare dei confronti il più possibile oggettivi.

In epidemiologia s’intende per tasso di letalità il rapporto fra i decessi per un determinata malattia e il numero totale di affetti da tale malattia. Se prendiamo, ad esempio l’ultima cifra dei decessi in Italia per influenza che abbiamo sopra riportato, 24.981, e la dividiamo per il numero totale degli affetti da influenza in quella stagione invernale, 5.441.000, avremo un tasso di letalità dell’influenza dello 0,45%. In pratica, nell’inverno 2016/17 sono morti d’influenza lo 0,45% dei contagiati.

Si usa invece il concetto di tasso di mortalità per indicare il rapporto fra i decessi di una determinata malattia e la popolazione totale del paese preso in questione. Data la popolazione italiana del 2016 pari a 60.589.445 il tasso di mortalità dell’influenza (cioè decessi / popolazione x 100) sarà dello 0,041%. Ciò significa che nell’inverno 2016/17 abbiamo avuto lo 0,041% della popolazione italiana deceduta per influenza, ovvero 41 decessi ogni 100.000 abitanti.

 

4. La letalità e la mortalità del coronavirus

In Cina alla data del 6 marzo 2020 i morti per coronavirus erano...3.042. Facciamo presente che dove la Covid-19 si è diffusa, nella sola provincia di Hubei, il cui capoluogo è Wuhan, la popolazione è di circa 60 milioni, cioè pari più o meno a quella di tutta Italia. Il tasso di mortalità risulterebbe pari allo 0,005%, se calcolato sulla sola provincia di Hubei, mentre se lo calcolassimo sull’intera Cina avremo...lo 0,00021% (0,21 decessi ogni 100.000abitanti). Sul tasso di letalità ne parleremo dopo, ma qui ci preme rispondere a chi dirà che i cinesi hanno però applicato misure eccezionali per fermare il virus: ciò è forse vero, ma secondo l’OMS e gli USA i loro interventi sarebbero stati tardivi e il virus avrebbe viaggiato per il paese per alcune settimane prima che il Governo avesse lanciato l’allarme, addirittura dai primi giorni di dicembre, secondo il New York Times.22 Se fosse così il virus in quelle 5/6 settimane di tempo avrebbe avuto il tempo di viaggiare per tutta la Cina, prima che la città di Wuhan venisse messa in quarantena, ed è strano che l’epidemia non si sia propagata velocemente per l’intera Cina; una tesi sul coronavirus sopra riportata ci diceva che il virus sarebbe “altamente contagioso”, addirittura paragonabile al morbillo, e pertanto ci sembra alquanto anomalo che esso non abbia presentato cifre di contagio e di decessi largamente superiori.

Dato che però a nostro giudizio i cinesi ci danno le notizie che vogliono e gli americani del New York Times anche e che quindi non caveremo un ragno dal buco dall’analisi delle loro informazioni, trattiamo con più diffusione il caso dell’Italia, in quanto sulla penisola abbiamo molti più dati ed informazioni su cui lavorare.

Alla data del 19 marzo 2020 (a 4 settimane esatte dal 21 febbraio, giorno nel quale è stato ufficialmente dichiarato l’inizio della diffusione della Covid-19) i decessi totali, secondo le fonti ufficiali del Ministero della Salute, sarebbero 3405, alla data del 26 marzo (alla quinta settimana) i morti sarebbero arrivati a 8165. Può darsi che nelle prossime settimane i morti giornalieri crescano molto in quanto qualsiasi epidemia, anche l’influenza, in genere ha prima una graduale crescita della diffusione e poi una graduale discesa. Le somme si dovrebbero tirare alla fine dell’epidemia, o pandemia, di Covid-19: nelle prime settimane i morti di un’epidemia in genere sono pochi, nelle settimane successive i morti crescono fino a giungere ad un picco (denominato picco epidemiologico), per poi decrescere nuovamente. In genere infatti la diffusione delle epidemie segue il modello della curva di Gauss, una dinamica a campana, secondo cui raggiunto il picco poi si scenderà gradualmente da esso più o meno in modo speculare alla prima fase. Il calcolo dei morti per settimana sarebbe da farsi, se si vuole essere rigorosi, alla fine della pandemia. Facciamo anche presente che non è chiara la modalità con la quale vengono annunciati tali numeri, ma di ciò dobbiamo rassegnarci oltre al fatto che non è chiaro se l’epidemia fosse circolante da diverse settimane in Italia o addirittura mesi (e le ipotesi dette sui giornali o in tivù non sono che mere ipotesi senza alcuna evidenza scientifica).

Noi non escludiamo che i decessi per Covid-19 superino alla fine quelli della pandemia influenzale del 2016/17, anzi riteniamo che ciò è molto plausibile, ma - per motivi che fra poco spiegheremo – vedremo che la causa principale di tali morti non sarà direttamente il virus. Prima di analizzare l’alto numero di morti, analizziamo però quel che sappiamo sul tasso di letalità e di mortalità della Covid-19.

Al 7 marzo 2020 in Italia il tasso di letalità per coronavirus era già dato come altissimo: 3,94%! Alla data del 13 marzo 2020 il tasso di letalità sarebbe passato al 6,2%, alla data 20 marzo addirittura all’8,5%, alla data 27 marzo il tasso di letalità sarebbe passato addirittura al 10,5%! Qualcosa però non torna: com’è possibile che il tasso di letalità cambi così repentinamente, pur essendo il virus sempre lo stesso? O il virus diventa via via più letale, ma sarebbe qualcosa di veramente inedito a questi livelli, oppure il motivo del tasso di letalità crescente non è dato dal virus ma da qualcos’altro.

Una cosa inoltre anomala però è la differenza fra il tasso di letalità in Italia e quello in altri paesi. Ad esempio: qual è il tasso di letalità di un altro paese in cui il terribile coronavirus è ben diffuso, come la Corea del Sud? Sotto l’1%! Com’è possibile ciò? Semplice, la Corea del Sud ad inizio marzo aveva fatto già ben 140.000 test per il coronavirus23, molti di più di quanti ne avesse fatti l’Italia (al 4 marzo i tamponi fatti erano 25.000). Per quanto riguarda il tasso di letalità in Germania i numeri risultano ancora più bassi: secondo il Robert Koch Institute, il maggior centro epidemiologico tedesco, il tasso di letalità del coronavirus in Germania sarebbe pari allo 0,22%, secondo invece la John Hopkins University il tasso di letalità sarebbe dello 0,29%.24 Secondo tali dati, insomma, il tasso di letalità della Covid-19 in Germania, sebbene il virus circolasse da due mesi per la nazione tedesca, sarebbe minore del tasso di letalità dell’influenza in Italia. Facciamo presente che qui non stiamo cercando di comprendere quale debba considerarsi il vero tasso di letalità della Covid-19, ma di mostrare come le cifre siano ballerine, per poi spiegare come mai siano così alte in Italia.

Si noti però che in tutti questi casi che abbiamo dato sul tasso di letalità (in Italia, in Corea del sud, in Germania) non abbiamo la certezza di quanti contagiati vi siano di coronavirus, quindi il tasso di letalità risulta non ancora calcolabile con certezza, tanto in Italia, quanto in Corea, quanto in Germania: i contagiati in Italia, ad esempio, potrebbero essere 100.000 o 500.000 o, perché no, uno o due milioni. Com’è noto in molti il virus risulta essere asintomatico (alcune ipotesi scientifiche danno che forse 9 su 10 dei contagiati presentano la Covid-19 in modo asintomatico, altre ipotesi la metà) oppure dà sintomi lievi, un po’ di tosse e febbre bassa, presentandosi come una semplice influenza.I bambini risultano quasi sempre asintomatici e il loro corpo reagirebbe da sé al coronavirus ed infatti, al 29 marzo,risulta un solo decesso per coronavirus sotto i 9 anni in tutto il mondo.Le fonti ufficiali ci danno il tasso di letalità secondo i contagiati conosciuti, ma quanti sono i contagiati sconosciuti perché asintomatici o perché avendo pochi sintomi non si sono recati da un medico o ancora perché non hanno fatto alcun tampone? Non ci è dato saperlo. Si noti che un 4% su 10.000, diventa un 4 per mille su 100.000 persone e se andiamo sul milione la percentuale tracolla. Non si conosce il numero di quanti siano veramente i contagiati da coronavirus, ma i media insistono a dare la cifra dei contagiati senza quasi mai aggiungere – nel bailamme delle notizie - che si reputano contagiati soltanto coloro che per qualche motivo (motivi di lavoro, sintomatologia più o meno grave, ecc.) hanno fatto delle analisi mediche per riscontrare la presenza del coronavirus. Se un paese fa tamponi soltanto sui sintomatici, come ha fatto il Regno Unito, avremo dei risultati; se un paese li fa sia agli asintomatici sia ai sintomatici, come la Germania, avremo altri risultati; se un paese non fa tamponi per alcune settimane ha ben altri risultati ancora.

L’Italia presenta delle cifre elevatissime nel tasso di letalità innanzitutto per un motivo particolare. Il 26 febbraio 2020 il Consiglio Superiore di Sanità elaborò un documento in cui si scriveva che si raccomandava “l’esecuzione dei tamponi ai soli casi sintomatici”.25 Il 9 marzo 2020 il Governo Italiano rilasciava una circolare in cui si indicava di non fare il test a tutti i sintomatici, ma soltanto a coloro che presentano un’infezione respiratoria acuta o persone con un’infezione respiratoria grave, con poche eccezioni.26 Facciamo presente che su tale modalità di eseguire test il Governo italiano ha mostrato di non rispettare le direttive della stessa O.M.S., preferendo usare una strategiapiuttosto originale rispetto agli altri Stati.27 Ovviamente calcolando il tasso di letalità soltanto su tali casi esso non potrà che essere molto alto.

Nonostante tali direttive del Governo alcune regioni poi hanno adottato scelte autonome nel fare i tamponi: il Veneto, al momento in cui scriviamo, ha ad esempio cominciato una politica di fare tamponi su larghi strati della popolazione, abbattendo in questo modo il tasso di letalità, mentre – ci spiega un giornalista - “nelle aree più colpite della Lombardia (…) il test viene fatto prevalentemente soltanto a chi sta così male da dover essere ricoverato in ospedale”. In Lombardia inoltre risulta che molte persone “che arrivano in ospedale con sintomi non gravi (…) vengono dimesse prima di essere sottoposte a tampone”.28 Ovviamente facendo test soltanto a persone gravi il tasso di letalità è molto più alto in Lombardia che in tutte le altre regioni ed alza notevolmente la media nazionale in quanto la Lombardia presenta circa il 65% dei contagiati accertati a livello nazionale. Enrico Bucci, professore di biologia presso la Temple University di Philadelphia, ha dunque commentato che “l’unica cosa certa è che i dati in arrivo dalla Lombardia sono inutilizzabili”.29

Per avere un più corretto tasso di letalità bisognerebbe eseguire i test non solo fra i casi meno gravi, ma anche sugli asintomatici, se non – ancor meglio - sull’intera popolazione. Quando si dice che il tasso di letalità (che erroneamente spesso i media chiamano tasso di mortalità) è da considerarsi pari ad un certo numero percentuale si fa informazione statistica falsa in quanto nessuno sa quanti siano i contagiati. Abbiamo però diverse ipotesi scientifiche sul tasso di letalità del coronavirus: secondo gli autori di uno studio del New England Journal of Medecine, basato su un’analisi dei casi cinesi, il tasso di letalità del coronavirus sarebbe considerevolmente inferiore all’1%, addirittura pari allo 0,1%, simile cioè all’influenza stagionale: tale ricerca è stata condotta su 1.099 pazienti cinesi provenienti da 522 ospedali (tale tesi è stata fatta propria nelle sue interviste dal candidato al Nobel del 2015, Prof. Tarro, e coincide con quanto ritenuto anche dalla virologa Ilaria Capua).30Su un’analisi dei dati forniti dall’Istituto di Superiore di Sanità, riferendosi ai soli morti per coronavirus, un’analisi su Il Sole 24 Ore ipotizza un tasso di letalità dello 0,8%, un po’ più alto quindi dell’influenza, quindi coincidente con la tesi invece della Gismondo.31Uno studio, invece, promosso dall’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, ha stimato un tasso di letalità del coronavirus dell’1,1% calcolato su un’ipotesi che i contagiati siano 650.000.32

Il 30 marzo 2020 l’Imperial College pubblica una stima dei possibili contagiati in Italia dalla Covid-19: secondo i loro modelli matematici in Italia al 30 marzo vi sarebbero circa 5,9 milioni di contagiati. Ma al 30 marzo sono decedute in Italia 11.591 persone, quindi il tasso di letalità, se accettiamo tali stime, sarebbe pari allo 0,19%, ben minore dell’influenza!33 Burioni ha commentato tali cifre nel seguente modo: “Capite perché l’Italia ha tanti morti in più rispetto alla Germania?”.34 Elementare Watson! Ma se i contagiati sono 5,9 milioni e i morti circa 11.000 il tasso di letalità rimane sotto l’influenza e dunque non capiamo perché si ritenga tale virus molto più pericoloso dell’influenza. Si muore meno grazie alla quarantena obbligatoria imposta dallo Stato? Nononostante la quarantena obbligatoria vi sarebbero comunque 5,9 milioni di contagiati e, dinanzi alla Sanità Pubblica al collasso, la cifra dei decessi dà comunque un tasso di letalità molto al di sotto a quello dell’influenza stagionale.

Come detto sopra, il vero tasso di letalità lo si conoscerà alla fine della pandemia, forse, ed ogni cifra data in queste settimane è provvisoria ed incompleta, ma intanto ci preme notare che i pochi studi scientifici diffusi stiano dando ragione alla seconda o alla terza scuola di pensiero sul coronavirus, non alla prima che è stata protagonista in questa fase storica.

I dati che stiamo utilizzando noi per i calcoli, e che utilizzano anche le fonti giornalistiche, sono quelli che circolano nelle ultime settimane, ma sono poi attendibili? Quotidiano Sanità ha giustamente fatto notare a Walter Ricciardi che “i dati provengono da più fonti” ed il consigliere governativo e membro del Consiglio esecutivo dell’OMS ha risposto: “E’ vero”. Ad una domanda successiva da parte della testata in cui si chiede se a seguito di ulteriori accertamenti “potremmo scoprire che queste persone sono morte per cause diverse dal virus”, Ricciardi ha risposto: “E’ molto probabile”.35 Sull’affidabilità di tali dati ci dice qualcosa un Senatore della Repubblica, Alberto Bagnai della Lega, il quale scrive sul suo blog: “Le loro statistiche sui virus sono affidabili quanto quelle sulle emissioni dei loro diesel”.36 Curioso che questa ammissione ci venga fatta da un appartenente ad una forza politica, la Lega, che per prima ha voluto spingere su misure di allarme generale per il coronavirus, mentre il premier Conte e il leader del PD, Zingaretti, ancora minimizzavano la pericolosità dell’epidemia, accusando anzi l’avversario politico di mettere legna sul fuoco. Da più parti è stato poi notato come la modalità dei test per scoprire il virus della Covid-19 non sia uniforme per tutta l’Italia, cambiando da regione a regione ed a volte anche nella stessa regione, oltre al fatto che la medesima persona in 24 ore può risultare negativa e poi positiva.

La matematica si dovrebbe fare su numeri certi, ma i numeri non sono chiari per vari motivi: a) origine dei dati e loro verifica; b) mancato confronto fra la media dei decessi generali dello scorso anno con quelli di quest’anno; c) morti possibili in casa non sottoposti a test; d) differenza fra i decessi morti direttamente per coronavirus e i decessi morti con coronavirus; e) fonti eterogenee che danno i dati; f) poca analisi della letteratura scientifica in materia, per quanto sia effettivamente poca, e preferenza data ad informazioni sensazionaliste; g) mancato calcolo fra quanti muoiono per cause dirette o indirette di coronavirus e quanti invece muoiono per malasanità. Ci è toccato dunque fare un’analisi su dati non sicuri, sebbene abbiamo utilizzato le fonti che dovrebbero essere più affidabili e sicure. Abbiamo però trattato tali dati con logica ed analisi accurata, cercando di comprendere quanto ci possa essere di vero negli allarmi sull’alta pericolosità della Covid-19.

Ad onor di cronaca non abbiamo dato ancora il tasso di mortalità della Covid-19. Tale tasso ha una maggiore valenza scientifica in quanto si calcola sull’intera popolazione nazionale, quindi non su un dato stimato e non certo (cioè il numero dei contagiati) come invece il tasso di letalità. Nel calcolo del tasso di mortalità l’unico dubbio sulla sua attendibilità, come nel caso del tasso di letalità, rimane quello del numeratore, cioè su chi sia effettivamente morto per coronavirus e chi invece sia morto con coronavirus(cioè per altre patologie, pur risultando positivo al virus), ma non abbiamo altre possibilità di calcolo che quella basata sui numeri non proprio chiari che ci vengono forniti. Se in Cina il tasso di mortalità è pari allo 0,00021%, in Italia (calcolandolo sui morti al 26 marzo, cioè 8165) abbiamo un tasso di mortalità pari allo 0,013%, un po’ più alto della Cina, ma comunque più basso della mortalità da influenza.

Il tasso di mortalità definitivo lo avremo però alla fine della pandemia, ma risulta anche qui un’anomalia già riscontrata prima: il tasso di mortalità in Cina risulta più basso, nonostante quello cinese sia un dato fornito quasi alla fine della pandemia, rispetto a quello italiano, a pandemia ancora in corso. Qualcosa continua a non tornare.

 

5. Analisi particolareggiata dei decessi

Andiamo ora ad analizzare i singoli decessi secondo le poche stime realmente svolte dall’Istituto Superiore di Sanità. In data 18 marzo l’I.S.S. ha annunciato di aver fatto i dovuti accertamenti su 355 cartelle cliniche di deceduti (ne resterebbero da esaminare, a quella data, ancora 1648) e di aver riscontrato che sarebbero morti per il solo coronavirus...3 pazienti. 89 pazienti presentavano già una patologia, 91 ne presentavano 2 e 172 pazienti ne mostravano ben 3 o più. Il 76% dei pazienti presentava ipertensione arteriosa, il 35,5% diabete mellito, il 33% cardiopatia ischemica, il 24,5% fibrillazione atriale, il 20,3% un cancro attivo negli ultimi 5 anni, ecc. Tutte queste patologie erano presenti nei pazienti, secondo quanto scrive l’I.S.S., a livello cronico.37

Non cambia molto nei bollettini successivi dell’I.S.S.: in quello del 26 marzo 2020 risultano analizzate in totale 710 cartelle cliniche dei deceduti ed il risultato è che su quella cifra i morti per solo coronavirus risulterebbero... 15: quando eravamo giunti a 710 decessi ufficiali ne avevamo cioè soltanto 15 morti per il solo coronavirus.38 In sintesi soltanto lo 0,84% (3 persone) dei decessi sarebbe avvenuto in mancanza di altre patologie croniche, secondo il primo rapporto, o il 2,1% (15 persone) secondo il rapporto successivo che abbiamo citato: in quest’ultimo caso il 75% dei decessi riguarda persone con almeno 2 patologie croniche.

Per quanto riguarda le fasce d’età dei 2003 deceduti, al momento della prima analisi dall’I.S.S., vi erano stati in totale 198 decessi fra gli ultranovantenni (9,8% del totale); il 42% dei decessi nella fascia d’età 80-89; il 35% dei decessi fra persone aventi fra i 70 e i 79 anni; l’8,6% fra coloro che stavano nella fascia d’età fra i 60 e i 69; il 2,7% nella fascia d’età 50-59; lo 0,6% nella fascia 40-49; lo 0,2% nella fascia 30-39. Non è stato riscontrato nessun decesso sotto i 30 anni: quindi per le persone da 0 a 30 anni si ha lo 0% dei decessi.39

In sintesi l’86,8% dei decessi avviene nella fascia d’età superiore ai 70 anni e l’età media dei deceduti, a quella data, è di 79,5 anni.

Facciamo presente che nel caso dell’influenza muoiono anche bambini e ragazzi, sebbene a livelli estremamente bassi, mentre la Covid-19 sembra preferire le persone anziane. Non siamo esperti di organizzazione dell’immunità da virus in una popolazione, ma ci sembra alquanto singolare che non si siano messi sotto protezione eventualmente le persone più anziane e quelle con certe gravi patologie, ma l’intera popolazione, anche la più giovane.

Non bisognava però aspettare questo report dell’I.S.S. per sapere lo stato clinico di chi è deceduto per la Covid-19. GiàIl Sole 24 Ore del 5 marzo 2020 scriveva che le vittime in Italia da coronavirus sono persone che hanno un’età media di 81 anni, in genere affette da altre patologie piuttosto serie.40 Se sei anziano ed hai problemi cardiovascolari, polmoni e bronchi malmessi, un sistema immunitario che ha perso tanti colpi, hai alte probabilità di morire nel caso contrai il coronavirus. Ma, attenzione, hai alte probabilità di morire per tante altre patologie, in quelle condizioni cliniche, anche d’influenza o per una caduta dalle scale. Dirà qualcuno: “Per l’influenza c’è un vaccino, per il coronavirus no”. Certo, ma cosa vuole dire ciò? Che una persona anziana, che ha patologie gravi e che ha un sistema immunitario fragile, è bene che sia alquanto prudente, magari stia attenta ai luoghi affollati, si lavi spesso le mani, ecc...

 

6. Pandemie di ieri

Diversi studi scientifici hanno indicato da diversi anni alte possibilità future di pandemie devastanti in quanto le grandi città, la vita sui posti di lavoro e sui mezzi pubblici, i continui trasferimenti di persone da un luogo all’altro che questa società impone permettono facilmente la diffusione di un qualsiasi virus ed è molto probabile che prima o poi si presenti un virus altamente letale e che, per i motivi sopra detti, si diffonda molto facilmente.

Di pandemie la storia, d’altra parte, ne ha conosciute molte e ne ha conosciute anche l’ultimo secolo. L’Influenza Spagnola fra il 1918 e il 1920 si stima che abbia causato circa 50/100 milioni di morti l’anno o, secondo altre stime,200 milioni.

Per quanto riguarda invece un’altra epidemia, quella della cosiddetta Influenza di Hong Kong del 1968/69, Giovanni Maga, direttore dell’Istituto di Genetica Molecolare del CNR di Pavia afferma: “La causa della pandemia del 1968 era il virus influenzale di tipo A-H3N2, lo stesso che da allora circola come virus stagionale e che quindi ci ritroviamo in tutte le stagioni influenzali. La letalità di questo virus era moderata anche se con delle differenze importanti: in Europa meno intensa che negli Stati Uniti. Si calcola che in Italia, nel 1968-1969 abbia causato circa 20 mila decessi e 1 milione in tutto il mondo".41 In quel caso non risulta che venne attuata nessuna misura di contenimento della diffusione del virus; infatti gli italiani nel ‘68/’69 non stettero a casa: si lavorava, si studiava, si discuteva animatamente di politica e ogni tanto c’erano scontri violenti fra polizia ed operai e fra polizia e studenti.

La pandemia influenzale del 2009, invece, si stima abbia portato dai 150 ai 575 mila morti in tutto il mondo.42

Al 29 marzo il coronavirus ha invece portato in tutto il mondo poco più di 30 mila morti, di cui un terzo in Italia.

 

7. Le tante pandemie...del tempo presente

Un esempio però di “particolare pandemia” potrebbe essere considerata, ben più dell’influenza e del coronavirus, la morte per inquinamento atmosferico. Secondo il rapporto Air quality in Europe – 2015 Report dell’European Environment Agency, un organismo dell’Unione Europea, in Italia vi sarebbero 59.500 morti prematuri all’anno per l’esposizione al particolato sottile, 3.300 morti per esposizione all’ozono e 21.600 morti per esposizione al biossido di azoto: l’Italia sarebbe al primo posto in Europa, unitamente alla Germania, in questa classifica, mentre nei posti successivi di questa lugubre classifica abbiamo Francia, Polonia e Regno Unito.43 I morti per inquinamento in Italia sarebbero dunque circa 85.000 morti all’anno: non sarebbe il caso di dichiarare un’emergenza nazionale, anzi europea, abolire le automobili, abolire la produzione di merci inutili e nocive e dare un futuro alle nuove generazioni?

Un esempio piuttosto grave di quello che sanitariamente sta succedendo in Italia ci viene presentato nel saggio Il costo dei batteri di Alessandro Cassini, medico ed epidemiologo, e Michele Cecchini, medico specializzato in igiene e medicina preventiva ed economia sanitaria. Questo articolo è pubblicato sulla rivista italiana scientifica più autorevole, fra quelle non specialistiche, Le scienze, edizione nostrana della rivista Scientific American. In tale articolo ci viene raccontata una realtà ben terribile, per i canoni almeno occidentali. Ogni anno in Europa vi sono circa 33.110 decessi causati da infezioni ottenute con batteri resistenti agli antibiotici, di cui (attenzione!) 10.762 in Italia. Un terzo dei decessi d’Europa avviene in Italia! Non è finita. In Italia l’80% delle infezioni di questo tipo, anche non mortali, vengono prese...negli ospedali.

E’ sempre stato così? Il fenomeno risulta in crescita: fra il 2007 e il 2015 i decessi in Italia legati a questo tipo di infezioni è aumentato di...3,6 volte. L’Italia è il primo paese, fra i paesi OCSE, per morti di questo tipo: 18,17 morti per 100.000 persone. La Grecia (massacrata economicamente dall’austerity) si trova al secondo posto e ne ha quasi 15 ogni 100.000 persone (cioè sarebbe messa meglio di noi), gli USA 9, la Francia poco meno degli USA, la Germania quasi 4.44

Ancora più brutale è la cifra totale dei decessi in Italia causati da ogni tipo di infezioni ospedaliere: se tale tipologia di decessi era pari a 18.668 nel 2003, nel 2016 è passata alla cifra di 49.301 decessi. Quasi 50.000 persone in Italia muoiono per infezioni prese in ospedale! Inoltre di tutti i morti persepsi dei 28 paesi costituenti l’Unione Europea, il 30% avviene in Italia. Lo stesso Ricciardi disse nel 2018, dinanzi a tali cifre, che “c’è una strage in corso”.45

Siamo il peggior paese, fra i paesi industrializzati, per morti da infezioni batteriche a causa della radicale distruzione della Sanità Pubblica in Italia che ha raggiunto aspetti addirittura più preoccupanti della Sanità Pubblica in Grecia.

 

8. In morte del Sistema Sanitario Nazionale

Lo Stato oggi invoca nella popolazione il senso di responsabilità a difesa della Sanità Pubblica che per questa emergenza rischia il collasso. Ma siamo sicuri che il collasso della Sanità Pubblica sia provocato dal coronavirus, dall’influenza o da certi batteri o non piuttosto da scelte politiche fatte negli ultimi decenni? Riportiamo alcuni dati ufficiali.

L’Istituto Superiore di Sanità ci spiega che nel 1981 in Italia c’erano 93 posti letto ogni 10.000 abitanti, mentre nel 2018 ne risultavano soltanto...35.46 Questi dati incontrovertibili ed ufficiali ci raccontano che i governi degli ultimi decenni hanno drasticamente tagliato la Sanità Pubblica italiana e a livelli tra l’altro maggiore di gran parte dei paesi OCSE, dimostrando quanto le considerazioni fatte da certi governi sull’interesse verso la salute dei cittadini siano alquanto discutibili.

Negli ultimi 10 anni alla sanità pubblica italiana sono stati sottratti ben 37 miliardi di euro, e non sono noccioline: in pratica ogni anno, come ogni nazione che invecchia, aumenta la quantità di soldi immessi nella sanità, ma in Italia a cifre sempre minori. Di quei 37 miliardi 25 miliardi di euro sono stati tolti fra il 2010 e il 2015 e 12 miliardi nel 2015-19: in questi 10 anni i protagonisti della politica italiana sono stati il Partito Democratico (con i governi di Letta, Renzi e Gentiloni) ed un governo tecnico (il Governo Monti).Si consideri che la media dei paesi OCSE nell’incremento della spesa sanitaria pubblica è del 37%, mentre in Italia tale media è invece attestata al...10%! L’Italia ha perso gradualmente terreno verso gli altri paesi: nel 2009 la Germania investiva solo (solo!) il 50,6% in più dell’Italia in spesa pubblica; nel 2019 ne investe il 97,7% in più!47 Secondo dati Eurostat ed OCSE l’Italia fra il 2000 e il 2017 ha perso il 30% dei posti letto arrivando alla miserevole cifra di 3,2 posti ogni mille abitanti (la Bulgaria, signori, ne ha 7,2 ogni mille abitanti e la Germania 8).48 Che un partito al governo, il Partito Democratico, invochi di aiutare la Sanità Pubblica ci pare alquanto risibile dato che tale partito, insieme a Forza Italia, è stato il principale partito al governo negli ultimi 25 anni.

Per comprendere meglio le cifre date sopra facciamo inoltre notare che in Italia vi sono enormi differenze di servizio pubblico sanitario fra Nord e Sud, con un Sud con molti meno posti letto e con situazioni ospedaliere disastrose in gran parte delle aree: la Campania ha, ad esempio, soltanto 2 posti letto ogni 1000 abitanti!

 

9. Come far collassare gli ospedali in pochi giorni e creare l’emergenza

Col problema coronavirus la Sanità Pubblica Italiana è entrata in emergenza. Come mai, però, proprio col coronavirus e non con l’influenza o con l’infezione da batteri o con i tanti morti all’anno per inquinamento? Una risposta potrebbe essere proprio nello spavento generalizzato inoculato fra gli italiani. Molti sanno bene che con un’influenza, pur con magari 39° di febbre, molta gente non va in ospedale. La differenza starebbe dunque nello spavento diffuso fra la gente che ha certi sintomi e che pertanto, a causa della disinformazione diffusa, di cui parlava l’Ordine Nazionale dei Biologi, va in ospedale. Sentiamo cos’ha scritto in merito il Prof. Tarro: “Ogni anno muoiono in Italia circa diecimila persone (per lo più anziane e affette da qualche patologia pregressa) per virus influenzale. La cosa non fa notizia, soprattutto perché queste morti sono disseminate in tutto il territorio nazionale. Immaginiamo ora che tutte le persone a rischio vengano ricoverate in un paio di posti, magari circondati da giornalisti alla ricerca di qualche scoop. La conseguente «epidemia di influenza che può causare la morte» spingerà innumerevoli persone (ogni anno sono colpiti da sindrome influenzale circa sei milioni di italiani) a pretendere analisi ed una assistenza impossibile ad ottenere. Intanto dobbiamo staccare la spina ad una «informazione» ansiogena e ipocritamente intrisa di appelli a «non farsi prendere dal panico». E questo, soprattutto, per permettere alle strutture sanitarie interventi mirati. Quali questi debbano essere non mi permetto qui di suggerirli in quanto, nonostante lo sfascio del Sistema Sanitario Nazionale, abbiamo ancora in Italia ottimi esperti. L’importante è che siano lasciati in grado di lavorare”.49

Considerando i dati inerenti al coronavirus, le morti in cifre assolute per innumerevoli altre patologie e la situazione in cui si trova ad operare il Sistema Sanitario Nazionale, siamo dunque sicuri che tutto questo caos e questa sistuazione emergenziale l’abbia creata veramente il coronavirus?

Abbiamo visto che una situazione emergenziale sanitaria poteva essere dichiarata per tante patologie, ad esempio per il fatto che siano gli stessi ospedali dei portatori di infezioni batteriche oppure per i morti per inquinamento o ancora per l’influenza. Invece per la Covid-19 è stata dichiarata l’emergenza nazionale, e non solo in Italia. Perché? Ora, al momento non sappiamo a quale cifra giungeranno i decessi da coronavirus: potrebbero essere più bassi o più alti dell’influenza del 2016/17, non abbiamo sfere di cristallo e se, come abbiamo visto, di questo virus vi sono diverse opinioni anche fra i virologi certamente non ci metteremo noi a fare i virologi. Quello che abbiamo però voluto sottolineare è che molte cose non quadrano in quello che ci viene detto e che inoltre gran parte dei morti sarebbero stati evitabili se non si fosse perpetuato sistematicamente lo sfascio della Sanità Pubblica per trasferire i soldi della popolazione altrove.

Se non ci fosse stato l’allarme indotto dai media molta gente avrebbe vissuto la Covid-19 come una normale influenza e soltanto chi si trovava al limite di una polmonite sarebbe andato in ospedale: che ci piaccia o no gli ospedali da tantissimi anni non hanno abbastanza letti per tenere le persone per giorni, se non le persone che si trovano in condizioni particolarmente gravi. Con il tam-tam mediatico ricevuto, stimolato ad arte, la popolazione si è alquanto allarmata e molta più gente del solito è accorsa all’ospedale. A questo punto l’emergenza è fatta: politici, sindaci, professori, presentatori, cantanti, calciatori e tutta la panoplia dei personaggi pubblici che ci circondano hanno cominciato a gridare all’unisono che c’è l’emergenza della Covid-19 e che ciò sarebbe dimostrabile dal fatto che gli ospedali sono collassati.

Ma la Sanità pubblica era già stata in passato al collasso: il 10 gennaio 2018, ad esempio, il Corriere della sera aveva titolato: “Milano, terapie intensive al collasso per l’influenza”.50 Ovviamente in quel caso non abbiamo avuto un tormentone televisivo su tale situazione, anzi la cosa è passata inosservata alla maggioranza della popolazione ed il collasso sanitario forse è rimasto localizzato alla Lombardia.

Un altro virologo, fino ad ora non citato, sembra d’altra parte confermare la nostra tesi: “Fomentare l’allarmismo genera soltanto panico, e quando si genera il panico il sistema sanitario rischia di andare in tilt”.51Nel medesimo articolo il prof. Bassetti aggiunge che secondo lui alla fine avremo gli stessi decessi di un’influenza pandemica, ma si può in realtà in merito fare due riflessioni: 1) i morti potrebbero essere molti di più di un’influenza proprio perché in realtà una delle cause di morte sono diventati addirittura gli ospedali italiani e il sistema sanitario nazionale in generale e questi sono stati messi sotto stress dalla campagna mediatica sul coronavirus; 2) la quarantena forzata alla popolazione, generata dall’allarmismo, farà a questo punto almeno da argine effettivamente all’epidemia, limitando quindi i contagi e di conseguenza i decessi (è piuttosto curioso però che si cerchi di bloccare il numero di decessi da coronavirus con delle misure d’emergenza che hanno causato proprio un alto numero di decessi attraverso il collasso degli ospedali); 3) le statistiche poco affidabili che ci vengono date potranno comunque far credere cose contrarie alla realtà.

Tornando al tasso di letalità, facciamo presente che esso bisognerebbe calcolarlo innanzitutto dinanzi ad una sanità pubblica sana e funzionante, cosa che qui non è possibile. Si muore per coronavirus o per malasanità endemica? Tredici medici dell’ospedale Giovanni XXIII di Bergamo hanno scritto, su uno studio pubblicato dal New England Journal of Medecine, che gli ospedali “sono diventati il principale vettore di diffusione del contagio”.52

Secondo la circolare ministeriale citata nel paragrafo precedente infatti agli asintomatici e ai casi che non presentano difficoltà respiratorie il tampone non lo si deve fare, così abbiamo medici ed infermieri che hanno la Covid-19, non hanno la certezza di averla e trasmettono la Covid anche a coloro che all’ingresso in ospedale non ce l’avevano. Il governo teme, d’altra parte, ciò che rileva un giornalista del Corriere della Sera: “Controlli più estesi [attraverso test sulla Covid al personale ospedaliero, ndr.] rispetto a quelli di oggi, considerato l’alto numero di contagiati asintomatici e inconsapevoli, potrebbero costringere alla quarantena e all’autoisolamento molte più persone. Con il rischio di sguarnire proprio quei reparti che oggi sono in prima linea nella lotta contro l’epidemia”.53 In pratica: se si controllassero medici ed infermieri si rischierebbe di avere ancor meno personale sanitario a disposizione.

Al momento in cui scriviamo sono deceduti 51 medici in Italia per o con coronavirus. Un medico di Bergamo ha chiamato ciò “una strage di Stato”.54

 

10. Tesi sul tasso di letalità del coronavirus

Ci sembra quindi che possiamo dare delle conclusioni forse definitive sul perché il tasso di letalità ufficiale sia così alto:

  1. Il Governo italiano, attraverso una circolare governativa, ha scelto di fare tamponi soltanto a coloro che risultano in situazione polmonare preoccupante, non dunque a chi ha sintomi lievi o è asintomatico;

  2. Con la campagna mediatica terrorizzante la popolazione si è riversata negli ospedali anche per sintomi per i quali in precedenza non si sarebbe rivolto alle strutture ospedaliere ed in questo modo la Sanità Pubblica è stata mandata al collasso;

  3. La Sanità Pubblica, secondo quanto denunciato da 13 medici di Bergamo, è diventata lei stessa portatrice della Covid-19;

  4. L’Italia ha una delle popolazioni più anziane al mondo, quindi il tasso di letalità non potrà che comunque essere superiore a paesi come la Cina che invece presentano una popolazione mediamente più giovane.

Non solo dunque sarebbero pochi, per ora, i morti per solo coronavirus, secondo l’Istituto Superiore di Sanità, ma molti dei morti per o con Covid-19 prendono il virus nelle stesse strutture ospedaliere. Non solo inoltre il tasso di letalità è sovrastimato per il modo scelto dal Governo di fare i tamponi sulla popolazione, ma esso cresce notevolmente per le condizioni della Sanità Pubblica italiana, quella stessa che i media amano definire una delle migliori sanità pubbliche del mondo. Quale giudizio dunque dare al tasso di letalità che i media ci propinano?

Il tasso di letalità del coronavirus si è in poco tempo alzato, secondo i dati fornitici dai media, ma si è alzato perché la Sanità è stata mandata al collasso dal terrore mediatico sulla popolazione, gli ospedali sono diventati diffusori del virus e la Sanità era già a pezzi da diverso tempo. E’ curioso però che il Governo voglia abbassare il tasso di letalità con leggi speciali che vietano di uscire alle persone, quando poteva invece vietare una campagna mediatica terrorizzante e non basata su prove scientifiche, non cavalcare l’onda del terrore generalizzato per istituire lo stato d’eccezione, programmare degli investimenti sulla Sanità Pubblica che la riportino ai livelli di un tempo ed istituire nuovamente il Nucleo di Epidemiologia e Sorveglianza per affrontare le epidemie, che nel 2016 fu smantellato dall’allora presidente dell’Istituto Superiore di Sanità,... Walter Ricciardi. Quando l’Imperial College stima il tasso di letalità allo 0,19% ci fa comprendere quanto tale virus sia stato enormemente sopravalutato, ma quando lo stesso elogia le misure del Governo per frenare la diffusione e quindi vuole spiegare che tale tasso di letalità è forse rimasto basso grazie proprio al Governo Italiano e alle sue misure di contenimento non solo entra in contraddizione coi numeri (dato che comunque 5,9 milioni di persone sarebbero state contagiate ed il tasso di letalità lo si deve calcolare su tale cifra), ma dimentica che in realtà si sta morendo di più in Italia proprio per il terrore inoculato sui cittadini, per lo sfascio organizzato della Sanità Pubblica e per la modalità con cui è stata lanciata l’emergenza in Italia.

Rimane da comprendere come mai allora si sia creato un tale allarme se non sembrano probanti le prove date da certi virologi e nessuno studio finora ha dimostrato che questo virus avrà un’alta letalità.

Prima di dare la nostra ipotesi vorremo però trattare degli aspetti politici della faccenda, analizzando innanzitutto l’uso dei media da parte degli Stati, il ruolo degli scienziati e dei tecnici nella politica ed infine le leggi straordinarie applicate in vari Stati.

 

Comments

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Ludovico Lamar
Tuesday, 23 June 2020 15:09
Quoting aldo zanchetta:
Buin articolo ma sarebbe utile disporre anche delle note

Aldo Zanchetta

Le note sono alla fine della parte terza, dopo la bibliografia.
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aldo zanchetta
Wednesday, 27 May 2020 10:32
Buin articolo ma sarebbe utile disporre anche delle note

Aldo Zanchetta
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Ludovico Lamar
Saturday, 25 April 2020 01:23
Quoting paolo:
chiedo delucidazioni rispetto al passaggio riguardante il virologo Giulio Tarro, definito dall'autore come "il maggior virologo italiano", anche alla luce dell'articolo pubblicato da L'Espresso on line che linko di seguito: https://espresso.repubblica.it/attualita/2020/04/24/news/chi-e-davvero-giulio-tarro-il-virologo-anti-burioni-e-de-luca-tra-titoli-inventati-e-bufale-1.347616?ref=HEF_RULLO&fbclid=IwAR3JIVMifbwJoqRceamolBjt4ZwwygPJeCwpikUEIYPPSwYnJ0MQkWQUrkA


E’ curioso che in genere, in quest’epoca in cui le cose si leggono velocemente e male, quando si fa una critica la si fa su questioni di dettaglio anziché sulle questioni essenziali.
Nell’articolo che ho scritto sopra avrei preferito ricevere critiche sulla descrizione della situazione finanziaria mondiale prima del coronavirus, piuttosto che su questioni di virologia, che vengono tra l’altro pronunciate in modo scorretto. La critica del signor Paolo ci mette in bocca tra l’altro qualcosa che noi non abbiamo detto: noi abbiam detto del prof. Tarro che “forse può considerarsi il maggior virologo italiano”, ben diverso dal dire che noi lo consideriamo “il maggior virologo italiano”. Facciamo anche presente che il professor Tarro è stato a sua volta, prima che da noi, difeso a marzo dall’Ordine Nazionale dei Biologi, quindi non da un’autorità scientifica secondaria. Inoltre il signor Paolo cita un articolo de L’Espresso che riprende perlopiù una serie di accuse che già vennero lanciate contro il Prof. Tarro da due siti “noti per il loro prestigio scientifico”, NextQuotidiano e Butac, a cui ci risulta che il Prof. Tarro ha risposto a sua volta con una querela. Non entriamo in merito a questioni che verranno sciolte nei prossimi mesi o anni, ma ricordiamo che se – come ricorda il citato Arthur Fine – fra scienziati già normalmente vi sia una “guerra hobbesiana del tutto contro tutti”, non immaginiamo cosa stia diventando oggi la guerra fra virologi, dati gli interessi politici (addirittura statali) che dietro oggi vi stanno.
Facciamo infine presente che, a differenza di molti, non solo abbiamo ammesso di “non essere virologi”, ma anche di ...”socraticamente non sapere”. Chi ci tiene oggi a calunniare ogni posizione in virologia contraria a quella dominante “rincula all’Inquisizione”, abbiamo spiegato, e va contro i fondamenti della scienza. E forse avrebbe sostenuto le calunnie contro il dottor Semmelweis da parte della maggioranza dei medici del suo tempo, le calunnie contro Darwin da parte della maggior parte dei biologi del suo tempo e nel XVII secolo avrebbe sostenuto quei professoroni ultraquotati ed ultrapubblicizzati dai regimi dell’epoca che scrivevano sull’esistenza della stregoneria, del diavolo e degli untori e che abbiam trattato nella seconda parte. Non sappiamo se Tarro abbia ragione, come la ebbero Semmelweis o Darwin o Galilei dinanzi all’Inquisizione, ma sappiamo che non è detto che abbia ragione chi scrive su media importanti strettamente vicini alla posizione dominante del potere attuale o è spesso nei principali canali televisivi.
Facciamo infine presente che alcune questioni di dettaglio del nostro lavoro potranno essere sbagliate e che qualora le accuse contro il professor Tarro fossero fondate e che quindi sia noi sia l’Ordine Nazionale dei Biologi (che largo spazio in passato diede al prof. Tarro in varie occasioni) avessimo torto, l’impianto generale del nostro lavoro non ne verrebbe più di tanto intaccato. Per quanto riguarda la prima parte del nostro articolo infatti rimarrebbero in piedi tutte le nostre conclusioni: a) che la scienza non può essere decisa né dai tribunali né dalle tivù; b) che è normale che nella scienza vi siano posizioni contrastanti fra studiosi (e diversi virologi internazionali sono contrari alla versione dominante sui media sul coronavirus); c) che le statistiche date ufficialmente, se lette con attenzione, dicono il contrario di quanto poi si dice in televisione in modo sensazionalistico; d) che la maggior parte dei morti sarebbero stati evitabili se si avesse avuta una Sanità decorosa (la Germania ha 10 volte i posti letto di terapia intensiva che ha l’Italia, pur non avendo 10 volte la nostra popolazione, ed un quinto dei nostri morti!); e) che un certo ruolo nella confusione su cosa sia il coronavirus lo hanno avuto le scelte politiche del Governo nel fare i tamponi soltanto ai casi gravi e a conteggiare fra i morti per Covid anche chi non è chiaro di cosa possa essere morto (avendo più patologie a livello cronico).
Per concludere, ammettiamo di essere diffidenti degli scienziati che fanno passarelle in televisione, magari ben pagate, come siamo diffidenti verso chi ritiene che quanto detto dai media sia corretto (tutta gente che avrebbe dunque creduto che nel 1915 e nel 1939 fosse giusto andare in guerra perché i giornali scrivevano che era una guerra per la civiltà, la libertà et similia).

Cordialmente
L.L.
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paolo
Friday, 24 April 2020 18:47
chiedo delucidazioni rispetto al passaggio riguardante il virologo Giulio Tarro, definito dall'autore come "il maggior virologo italiano", anche alla luce dell'articolo pubblicato da L'Espresso on line che linko di seguito: https://espresso.repubblica.it/attualita/2020/04/24/news/chi-e-davvero-giulio-tarro-il-virologo-anti-burioni-e-de-luca-tra-titoli-inventati-e-bufale-1.347616?ref=HEF_RULLO&fbclid=IwAR3JIVMifbwJoqRceamolBjt4ZwwygPJeCwpikUEIYPPSwYnJ0MQkWQUrkA
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Ludovico Lamar
Friday, 10 April 2020 12:31
Quoting Paolo Iafrate:
COndivido le perplessità di Lamar sulla situazione in atto. Da profano ho provato a mettere insieme i dati dei deceduti in Italia del 2019 (647000) e li ho divisi per provincia proporzionalmente alla popolazione. Rispetto a giorni del contagio (dati istat fino al 21 marzo 2020 dove sono suddivisi i deceduti per provincia), risulta che per la Lombardia Cremona avrebbe 6 volte in più i morti dell'anno precedente, così come più alto è il numero dei deceduti per Lodi e Bergamo. C'è anche da rilevare però che le altre province avrebbero un numero di deceduti minore, molto minore, dell'anno 2019: Varese 7 volte in meno!


Buongiorno,

prendo nota dei suoi calcoli: forse fra qualche mese pubblicherei un altro lavoro per vedere quanto di ciò che ho scritto ed ipotizzato sia corretto o meno. Tante cose che stanno succedendo e che si raccontano sono alquanto strane! Fra qualche mese dovremmo avere cifre più obiettive (si spera!), si potranno fare calcoli sul tasso di mortalità nei vari paesi (confrontando magari paesi che hanno preso misure diverse) e forse ci sarà qualche studio scientifico sulla Covid-19 che dirà qualcosa di un po' più definitivo. Non solo, si vedrà a livello macroeconomico cosa accadrà (ritengo che o sarà peggio del '29 o se la recessione economica verrà rinviata l'italia farà comunque una brutta fine) perché in fondo la mia tesi di base è: la situazione finanziaria internazionale era peggiore che nel 2007-08, l'industria stava già rallentando dall'anno scorso, toccava aspettare che la bolla finanziaria e di liquidità scoppiasse, esplosione inevitabile se si hanno presenti le leggi economiche date da Marx; anziché far scoppiare in modo disordinato e non controllabile la crisi si sarebbe sfruttato invece questo evento (forse casuale) per governare il crollo, ma soprattutto per far ritenere l'attuale crack economico un evento causato dal coronavirus, anziché dalle dinamiche del capitale, e prepararsi politicamente a gestire la possibilità futura di grandi scontri sociali.. Staremo a vedere. La mia rimane un'ipotesi. Tra l'altro ieri combinazione ho scoperto che nel novembre 2019 il "Sole 24 Ore" già parlava di crisi nel mercato interbancario USA, cioè fiducia estremamente bassa fra le banche americane nel prestarsi i soldi. Forse il coronavirus sarà peggio di un'influenza, ma rimane cosa alquanto strana che si voglia rischiare di far la fine dell'Unione Sovietica per un virus di cui non è dimostrata l'alta letalità. Oppure quella fine l'avremmo comunque fatta ed ora la si giustifica in questo modo?
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Angelo Attolini
Friday, 10 April 2020 12:23
Ha ragione. Cordiali saluti
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Ludovico Lamar
Friday, 10 April 2020 12:09
Quoting Angelo Attolini:
Questa disquisizione ha un'aria di parentela, nella logica e nelle conclusioni, con l'articolo di Giorgio Agamben pubblicato su "Il manifesto" il 26 febbraio 2020 (https://ilmanifesto.it/lo-stato-deccezione-provocato-da-unemergenza-immotivata/), che tanto scalpore ha sollevato. Diversa, meritevole e degna di rispetto è in ogni caso l'acribia dell'estensore del testo, ma il tutto purtroppo fa fortemente sospettare che altro non sia che una disquisizione che avalla una teoria del complotto. E per rimanere in tema, poi mi domando: chi è Ludovico Lamar, non affiliato a nessuno rivista (come di solito succede con gli articoli di "Sinistra in rete") e del quale non esiste traccia ricercandolo su Internet?


Buongiorno,

ritengo che lei abbia letto alquanto male lo scritto che commenta, per i seguenti motivi: a) Agamben si limita al piano del diritto, mentre nel lavoro che ho pubblicato tratto nella terza parte della causa principale di tutto ciò, cioè l'economia, che dal 2019 stava rallentando bruscamente e che prima o poi doveva sfogarsi finanziariamente in modo catastrofico; b) non può considerarsi un complotto ritenere che la crisi economica fosse già in atto e che qualcosa venga sfruttato per gestire questa: se avesse ragione lei non si spiegherebbe perché si sia sempre giustificato guerre e repressioni con propagande sulla giustezza di esse; sarebbe dunque complottista dire che una guerra è una guerra di rapina soltanto perché i media ne parlano come di una guerra giusta, civile, umanitaria, ecc.; c) sull'inesistenza di Ludovico Lamar nel web faccio notare che è per ora lecito non passare il tempo sul web, sui social, ecc., e vivere ancora come un tempo si faceva, magari seguendo il vecchio precetto di Epicuro: "Vivi nascosto!"; questo non toglie che in casi eccezionali come quello che stiamo vivendo si possa ritenere importante scrivere qualcosa e pubblicarlo.

Distinti saluti
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Paolo Iafrate
Friday, 10 April 2020 00:32
COndivido le perplessità di Lamar sulla situazione in atto. Da profano ho provato a mettere insieme i dati dei deceduti in Italia del 2019 (647000) e li ho divisi per provincia proporzionalmente alla popolazione. Rispetto a giorni del contagio (dati istat fino al 21 marzo 2020 dove sono suddivisi i deceduti per provincia), risulta che per la Lombardia Cremona avrebbe 6 volte in più i morti dell'anno precedente, così come più alto è il numero dei deceduti per Lodi e Bergamo. C'è anche da rilevare però che le altre province avrebbero un numero di deceduti minore, molto minore, dell'anno 2019: Varese 7 volte in meno!
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Angelo Attolini
Thursday, 09 April 2020 20:45
Questa disquisizione ha un'aria di parentela, nella logica e nelle conclusioni, con l'articolo di Giorgio Agamben pubblicato su "Il manifesto" il 26 febbraio 2020 (https://ilmanifesto.it/lo-stato-deccezione-provocato-da-unemergenza-immotivata/), che tanto scalpore ha sollevato. Diversa, meritevole e degna di rispetto è in ogni caso l'acribia dell'estensore del testo, ma il tutto purtroppo fa fortemente sospettare che altro non sia che una disquisizione che avalla una teoria del complotto. E per rimanere in tema, poi mi domando: chi è Ludovico Lamar, non affiliato a nessuno rivista (come di solito succede con gli articoli di "Sinistra in rete") e del quale non esiste traccia ricercandolo su Internet?
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Ludovico Lamar
Thursday, 09 April 2020 11:31
Buongiorno, Lei mi ha fatto troppo onore nell'attribuirmi quell'ipotesi sui batteri multiresistenti: da profano in materia ho riportato uno studio pubblicato su "Le scienze" di febbraio (edizione cartacea) da due specialisti. Mi son segnato l'articolo a cui mi ha rimandato e lo leggero' al piu' presto. L'elemento del lavoro che ho citato che mi ha stupito in realtà non è tanto quello dei morti da tali infezioni, ma il fatto che secondo questi due studiosi 3/4 di tali infezioni si prenderebbero negli ospedali. Mi muovo decisamente meglio nell'ambito di Marx e del 'Capitale' che in ambito medico-scientifico (nella seconda parte quando tratto di tecnici e scienziati mi son rifatto, ad esempio, in parte ad una tradizione di certo marxismo a cui mi richiamo e pertanto certe tesi - ad esempio sulla medicina - non hanno nulla di originale, erano già presenti in certi scritti della Sinistra Comunista degli anni 50/60). Cordialmente (Spero che proverà interesse anche per la seconda e la terza parte del lavoro)
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Malek al Kuffar
Thursday, 09 April 2020 06:06
Secondo Lei, un terzo dei decessi causati da infezioni ottenute con batteri resistenti agli antibiotici d’Europa avviene in Italia.
In Italia però i batteri resistenti agli antibiotici sono molto più frequenti che negli altri paesi europei, a l'eccezione della Grecia. Per lo meno questo accade colla resistenza alla carbapenema dalla Klebsiella pneumoniae. Veda le mappe su: "Where Antibiotic Resistance Is Worst Around the World".
https://www.wired.com/2015/09/antibiotic-resistance-worst-around-world/
Questa resistenza può essere il risultato dell'uso eccessivo degli antibiotoci in Italia, oppure dell'immigrazione di gente da paesi dove prendono troppi antibiotici.
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